martedì 8 febbraio 2011

IL CONFLITTO ISRAELO PALESTINESE

Il ruscello dell'emigrazione ebraica, abbastanza contenuto fino a metà degli anni 30', era destinato a diventare fiume quando iniziarono le politiche di persecuzione contro gli ebrei da parte del governo nazista in Germania e di quello fascista in Italia. La fuga dall'Europa fornì inoltre alla popolazione ebraica di Palestina gruppi dirigenti di notevole livello: ingegneri, intellettuali, insegnanti e tutto quanto poteva servire a costruire l'ossatura di un nuovo stato. Viceversa i palestinesi si trovarono a fronteggiare l'ondata sionista nel momento peggiore che potesse capitare: le rivolte anti inglesi degli anni precedenti avevano fornito il pretesto per esiliare gran parte degli attivisti politici arabi, mentre il terrorismo dell'Irgun aveva spinto la borghesia commerciale e gli agricoltori più ricchi a rifugiarsi in Libano o in Egitto, lasciando la comunità palestinese di fatto decapitata.
Le vicende palestinesi durante la Seconda Guerra Mondiale furono solo apparentemente contraddittorie. La popolazione ebraica alternò momenti di contrapposizione dura contro l'occupazione inglese a fasi di convinta collaborazione che culminò con la costituzione di una brigata ebraica che dal '43 al '45 combatté a fianco degli alleati su tutti i fronti europei contro il comune nemico nazista; agli arabi non rimase che la controproducente risorsa di qualche isolato attentato contro le comunità agricole ebraiche (Kibbutz), grazie alle quali gli ebrei di Palestina accreditarono un ben modesto volto "socialista" e, addirittura, "comunista". L'Irgun proseguì invece un'azione di terrorismo sempre più massiccia contro i villaggi palestinesi per iniziare a futura memoria una efficace pulizia etnica dei territori.
Nel frattempo l'Organizzazione Sionistica Mondiale mise appunto un compiuto di stato ebraico, che trovò crescente riscontro nell'agenzia ebraica per la Palestina.
Terminata la Seconda Guerra Mondiale, nel Febbraio 1947 la Gran Bretagna annunciò la propria rinuncia al mandato palestinese rimettendo ogni decisione sulla Palestina all'ONU: a indurre il governo inglese a tale decisione furono diversi fattori:
1 - La ininterrotta serie di azioni terroristiche dell'Irgun che culminò nel terribile attentato al King David Hotel di Gerusalemme dove 232 cittadini britannici, in gran parte donne e bambini, vennero uccisi;
2 - L'impopolarità che i tentativi britannici suscitavano nell'opinione pubblica europea e americana nel momento in cui le loro navi da guerra cercavano di bloccare le navi che trasportavano i superstiti ebrei dei campi di sterminio in Palestina: tale impopolarità raggiunse il culmine quando una nave ebraica piena di profughi si fece saltare in aria nel Mar Nero, piuttosto che tornare ai porti di partenza;
3 - La tragedia della Shoah venne abilmente usata come strumento propagandistico dalle organizzazioni sionistiche, anche se, per la verità raggiunsero la futura Israele non più di 20.000 sopravvissuti ai lager. I sionisti non mancarono anche di accreditare la leggenda secondo la quale numerosi ex ufficiali delle SS avevano trovato rifugio nei paesi arabi ed erano diventati ufficiali o consiglieri dell'esercito egiziano ed iracheno: favola del tutto inconsistente se si considera che i due governi erano totalmente subalterni alla potenza britannica, mentre il comandante della Legione Araba di re Abdullah di Transgiordania era l'inglese Glubb Pascià. A tutto questo gli arabi non avevano molto da contrapporre ove si eccettui l'argomento che i loro rappresentanti nell'assemblea delle nazioni uniti cercarono in vano di far valere: "L'Europa nutre nei confronti del popolo ebraico un fondato complesso di colpa per aver fatto ben poco per bloccare le persecuzioni anti semite naziste. Ma perché vuole liberarsi di tale complesso facendolo pagare ai palestinesi? Perché non crea uno stato ebraico in Baviera o in qualche altra regione della Germania?"
A parte gli elementi di tipo propagandistico e psicologico gli ebrei di Palestina godevano di un'altra ben più forte arma, ed era l'appoggio totale da parte del governo sovietico e di Stalin, che non aspettò molto per riversare nel porto di Haifa centinaia di tonnellate di armi per l'esercito israeliano in fase di avanzata costituzione.
Si giunse così al Novembre 1947 quando l'assemblea generale dell'ONU votò un piano di spartizione della Palestina. Esso prevedeva due stati separati, uno arabo-palestinese e l'altro ebraico, geograficamente incastrati uno nell'altro. La decisione venne accolta con entusiasmo dagli ebrei i quali, consapevoli della debolezza del popolo palestinese, e della imbelle subalternità dei governi arabi all'Inghilterra e agli USA erano perfettamente consapevoli che di li a qualche anno avrebbero avuto la possibilità di impadronirsi dell'intera Palestina scacciandone o distruggendone la popolazione araba. Del resto i propositi sionisti vennero simbolicamente rappresentati sulla bandiera che lo stato nascituro avrebbe adottato: una bandiera nella quale la Stella di David a sei punte era contenuta tra due linee parallele azzurre, una delle quali rappresentava il Mar Mediterraneo mentre l'altra raffigurava il fiume Giordano (ma i gruppi ebraici più estremisti già sognava una grande Israele estesa dal Canale di Suez fino al fiume Eufrate e comprendente anche la Siria). Galvanizzati dal voto dell'assemblea i gruppi dell'Irgun cui si unì l'ancor più criminale "Brigata Stern", intensificarono i loro attacchi terroristici contro i villaggi arabi per costringerne gli abitanti alla fuga. I governi arabi, da parte loro contestarono il piano di spartizione, facendo notare come gli ebrei fossero proprietari solo del 26% del territorio della Palestina  mentre la parte che veniva loro assegnata era pari al 47%.
Secondo la risoluzione dell'assemblea ONU, i due nuovi stati avrebbero dovuto vedere la luce il 14 Maggio 1948. I mesi che precedettero tale data furono carichi di tensione, che giunse al massimo quando si diffuse la notizia che gruppi congiunti dell'Irgun e della Brigata Stern avevano attaccato di notte il villaggio palestinese di Dear Yassin distruggendolo a colpi di bombe a mano, fotografando i cadaveri e stampando manifestini diffusi in quasi tutte le comunità arabe con l'avvertimento "Se non ve ne andate, farete la stessa fine!". I palestinesi ricordano ancora oggi quei giorni come "la Catastrofe" perché circa 600.000 persone abbandonarono le loro case per rifugiarsi nei paesi arabi confinanti, in particolare in Giordania. Solo dopo molte situazioni gli eserciti d'Egitto, Siria e Libano, platonicamente appoggiati da modesti contingenti iracheni e sauditi, attaccarono Israele, ma vennero rovinosamente sconfitti. Del resto l'Egitto era all'epoca un protettorato britannico di fatto governato da un re fantoccio come Faruk e privo di un esercito moderno, Siria e Libano erano di fatto protettorati francesi, mentre l'Iraq, sotto controllo britannico aveva un re ascemita, figlio di Faysal il cui primo ministro Nuri Al-Sa'id era un'agente delle compagnie petrolifere inglesi. I soli che opposero un'effettiva resistenza agli Israeliani furono i beduini della legione araba giordana, che opposero una resistenza accanita in grado di impedire agli israeliani di impadronirsi della parte araba di Gerusalemme.
I combattimenti cessarono nel Gennaio 1949, dopo aver creato quasi mezzo milione di profughi palestinesi. In seguito al conflitto i confini dello stato ebraico risultarono molto più estesi, fino a comprendere il 73% dell'intera Palestina. Al di fuori dei confini israeliani restarono la Striscia di Gaza, dove si riversarono molte migliaia di profughi e che passò sotto l'amministrazione dell'Egitto e la Cisgiordania, che divenne parte integrante della Giordania di re Abdullah (1950).

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