giovedì 24 maggio 2012

ELEZIONI EGIZIANE

La sfida di Amr Moussa "Vincerò le elezioni e porterò la democrazia"

Alle otto di sera di una giornata davvero fuori dell´ordinario, Amr Moussa segue l´andamento del voto, fra il gongolante e il sereno: «Certo, che oggi è un giorno straordinario», la sua voce stentorea arriva al telefono dal Cairo: non solo perché lui spera in un risultato positivo - «O una vittoria o un testa a testa col passaggio al secondo turno» - ma anche perché, continua tutto d´un soffio, «queste elezioni sono l´avvenimento più significativo nella storia dell´Egitto dal 1952, e cioè dalla rivoluzione di Nasser. C´è, però, una differenza fondamentale: allora il cambiamento avvenne attraverso un colpo di Stato, invece ora siamo guidati dalla democrazia». 
Per una parte dei 50 milioni di elettori in Egitto, i suoi vent´anni ai vertici della diplomazia egiziana non l´hanno logorato, prima alle Nazioni Unite, poi agli Esteri, poi catapultato alla guida della Lega Araba. E forse gli giova in queste ore il ricordo che il suo spostamento alla Segreteria della Lega sia stato interpretato, con una punta di malizia, come il viatico amministrato da Mubarak a un concorrente troppo popolare. Mediatore ideale per alcuni, è parte dell´establishment - un "fouloul", un reduce del regime, secondo i rivali. Ha carisma e - questa è forse la sua arma più formidabile - è simpatico ai giovani, per quella sua vecchia abitudine di calare tra la moltitudine di studenti. Ancora a 75 anni, Moussa era sceso fra i manifestanti a piazza Tahrir.
Cosa promette al nuovo Egitto, che esce frammentato dalla rivoluzione?
«Non è una mia promessa, è una svolta evidente: questo giorno segna un cambiamento epocale nel Paese. Da questo nascerà la Seconda Repubblica egiziana, guidata dalla democrazia. Spero che sia una repubblica efficiente, stabile, funzionante».
E lei si aspetta un buon risultato dalle urne?
«Secondo i nostri calcoli, io sto procedendo bene. C´è un´ottima possibilità che io vinca, oppure che il voto finisca con un testa a testa; in quel caso passerei al secondo turno, per andare al ballottaggio. In entrambi i casi, il risultato è positivo. Intanto, aspettiamo e vediamo».
Non la preoccupa il fatto che le elezioni presidenziali si svolgano nell´assenza di una Costituzione definitiva? Che il suo programma si riveli impraticabile alla luce di una futura carta costituzionale? 
«Niente affatto. Già esiste un documento programmatico, un accordo riguardo alle linee fondamentali della Costituzione, e riguardo ai poteri che spettano al Presidente. Restano da chiarire gli ultimi dettagli, però una cosa è certa: stiamo parlando di un sistema politico presidenziale».
Nelle urne è in gioco anche l´identità dell´Egitto, il futuro di un Paese laico, contro una deriva teocratica impressa dagli islamisti?
«Dimenticate la teocrazia. L´identità dell´Egitto è, e sarà, una: un Paese laico e democratico. E, possibilmente, ben funzionante. Lo so, gli islamisti stanno distribuendo sacchi di riso e taniche di olio da cucina, promettendo il Paradiso. Ma la gente non è stolta; mi creda, è esperta: sa che questa elezione è cruciale: non si farà sviare da una botte di olio o dalla promessa di un paradiso».

Alix Van Buren


"Il futuro lo decidiamo noi" viaggio tra i seggi del Cairo presi d´assalto dalle donne

IL CAIRO - Eccitati, ansiosi e talvolta anche un po´ smarriti, oltre cinquanta milioni di egiziani hanno iniziato a votare ieri per la prime elezioni presidenziali dopo la caduta di Hosni Mubarak. Alla scuola "Gamal Abdel Nasser", nel quartiere di Dokki, ieri mattina molti elettori sono arrivati anche un´ora prima dell´apertura delle urne. Uomini e donne, come si conviene in un Paese islamico, sono allineati in due file differenti, sotto l´occhio vigile dei soldati armati. 
Rania Mohammed, elegante signora in tailleur grigio e foulard sul capo, sembra esitare tra due candidati. «Deciderò nella cabina elettorale. Si può dire che sarà la penna a decidere». Una ragionamento che riflette perfettamente gli umori degli elettori egiziani dominati dall´incertezza. Sono dodici, dopo un ritiro dell´ultimo minuto, i candidati che si sfidano per la presidenza. Tra loro difficilmente qualcuno raggiungerà il 50 per cento dei voti e il rinvio al ballottaggio del 16 e 17 giugno sembra inevitabile. La vittoria di un candidato islamico a queste presidenziali chiuderebbe un cerchio. La Fratellanza che già insieme ai salafiti domina il Parlamento eletto a novembre, sostiene che la religione avrà un peso relativo nel futuro Egitto, che nessuno costringerà le donne a indossare il velo, né verranno applicate le punizioni della legge islamica, come le amputazioni. Si pensa a una versione più moderata della Sharia, che però sostengono a ragione, liberali, moderati e laici, limiterà gravemente molti diritti, soprattutto delle donne, che non a caso ieri hanno votato in massa. 
I due principali sfidanti islamisti sono Mohammed Morsi, dei Fratelli musulmani, e Abdel-Moneim Abol Fotoh, moderato che ha ottenuto anche il sostegno di parte di liberali, cristiani e intellettuali di sinistra. I candidati islamici sperano di bissare la quota di voti raggiunta nelle parlamentari di novembre, ma registrano un evidente calo; specie dopo che una delle tv pubbliche ha iniziato a trasmettere in diretta tutte le sedute del Parlamento - una novità assoluta per l´Egitto - mostrando a milioni di egiziani l´inanità del dibattito e l´assurdità delle proposte di legge di buona parte dei deputati islamici. I due candidati laici con speranza di arrivare al ballottaggio sono l´ex premier Ahmed Shafik e l´ex capo della Lega Araba Amr Moussa, entrambi veterani del regime Mubarak, per questo i loro oppositori temono che faranno poco per cambiare status quo. Soprattutto Moussa ha raccolto dietro di sé un fronte ampio di consensi, compresi alcuni religiosi moderati; conosce la macchina dello Stato, ha esperienza internazionale, gode di buona fama nel mondo arabo e in Occidente. I militari, i veri arbitri del futuro Egitto, ufficialmente non sostengono nessun candidato ma è innegabile che il prossimo 1 luglio - come promesso dai generali della Giunta - vorrebbero passare i poteri a un presidente non islamista. 
All´interno della scuola "Nasser", dove le pareti sono coperte di manifesti sbiaditi e cartine geografiche ingiallite, un giudice controlla come in tutti i seggi nel Paese lo svolgimento delle operazioni di voto, uno scrutatore allunga schede agli elettori in cambio della carta d´identità. Dietro una cabina elettorale, gli elettori fanno la loro scelta e poi bagnano il dito con inchiostro indelebile (prova della partecipazione al voto) e recuperano il documento. Youssra Amin, 22 anni, è una rappresentante di lista per il candidato dei Fratelli musulmani Mohammed Morsi. Tiene conto degli elettori che sono venuti a votare in questo seggio, dove sono registrati più di 4.000 cairoti. Indossa il velo e suoi occhi, evidenziati dall´eyeliner turchese, scintillano d´entusiasmo. «Non riesco a immaginare che stia succedendo davvero. Stiamo votando per eleggere il nostro primo vero presidente, solo molto felice».
Nella scuola "Chayma", nel quartiere operaio Sayeda Zeinab, le code sono più lunghe, gli elettori perdono la pazienza con l´aumentare della temperatura. Alla fine della giornata elettorale, che si è svolta nella massima calma, si registreranno in tutto l´Egitto solo 13 feriti per la ressa e per il caldo. Ahmed Gassan, architetto, sorride sulla porta del seggio mostrando il dito macchiato di inchiostro blu: «E´ stato perfetto, è così bello sentire che si può decidere qualcosa». Anche qui il giudice segue con attenzione il via vai dei votanti. Si avvicina un elettore piuttosto anziano, curvato dagli anni e da una vita di stenti. Sembra un po´ smarrito. «Posso scegliere più di un nome?», chiede al magistrato. Lui bonario replica sorridendo: «Dipende. Cosa vuole un presidente oppure due?».

Fabio Scuto


Amr Moussa, come i lettori avranno già capito da tempo, è uno dei begnamini del cosiddetto laicismo occidentale: per questo la maggior parte dei giornali fanno il tifo per lui così come avevano fatto il tifo per El Barade'i. Sempre per questo gli si attribuiscono dichiarazioni molto risolute del tipo di quelle riportate nel titolo del secondo articolo. In realtà, se non sono un'invenzione dell'autore del testo, le dichiarazioni di Moussa ci sembrano quanto meno presuntuose:
I - La democrazia egiziana è in marcia da quando milioni di persone sono scese in piazza e hanno costretto Mubarak ad andarsene;
II - Il compito di costruire la democrazia, già in fase avanzata di realizzazione, non può che essere opera dell'elettorato egiziano: il fatto che l'opinione pubblica è mobilitata con un'intensità di mobilitazioni che noi in Italia ormai ci sogniamo è la migliore testimonianza che in Egitto la democrazia ha ripreso la sua marcia, che era stata interrotta dal colpo di stato provocato dagli inglesi nel 1910 e successivamente bloccata da monarchi corrotti e asserviti allo straniero e da dittatori militari che, con l'eccezione di Nasser, sono sempre stati disposti a fare le guardie armate per gli interessi petroliferi americani e le aspirazioni finali del sionismo internazionale;
III - Finalmente il popolo egiziano, musulmano all'85%, dimostrerà ai paladini di certo democraticismo occidentale che la democrazia come regime di libertà è perfettamente compatibile con il vero Islam.

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