sabato 23 luglio 2011

SOLIDARIETA' E CORDOGLIO AL CIVILE E PACIFICO POPOLO NORVEGESE

“Il sogno infranto del Paese disarmato”


La Repubblica, 23/07/2011, Adriano Sofri

Quando arrivò a capo della creazione, Dio si frugò nelle tasche e trovò una manciata di granelli di polvere. Rovesciò le tasche, strofinò i polpastrelli, la polvere cadde e fece la Norvegia, mari e monti, isole e fiordi. Nessun posto del mondo è così bello e così civile. Ieri il primo ministro Jens Stoltenberg, bersaglio lui stesso della guerra scatenata da qualche miserabile farabutto, ha detto: «Non ci toglieranno il nostro modo di vivere». Era la cosa più importante da dire, e tuttavia la Norvegia dopo ieri non sarà più lo stesso Paese, prima di tutto per i norvegesi. Non è più stata quella di prima la Svezia, dopo la sera del 1986 in cui il primo ministro Olof Palme, che tornava a casa da un cinema, a piedi, con sua moglie, fu assassinato.
La convivenza e la semplicità di modi riescono a suscitare un odio speciale. La semplicità senza ostentazione segna la monarchia, il cui erede ha sposato un´ottima ragazza madre, cui si attribuivano trascorsi di droga. Ancora ieri, un poliziotto di Oslo ha detto a chi lo intervistava: «Noi siamo disarmati, e spero che non ci costringano mai ad armarci».
I norvegesi tengono la natura come la cosa più preziosa, e più che rispettarla le appartengono. Senza smancerie, perché è spesso una natura durissima. Averci a che fare è impossibile senza contare sui propri vicini, e questa solidarietà va assieme a un riserbo e una sobrietà leggendari. Si scherza, neanche tanto: se una famigliola norvegese arriva a piantare la tenda sulla sponda di un lago e ne intravede un´altra sulla sponda opposta riparte brontolando: «C´è troppa folla qui». L´individualismo coincide con una sensazione invincibile del proprio diritto: non c´è soggezione all´autorità, sfiderebbe il ridicolo il norvegese che dicesse a un altro: «Lei non sa chi sono io».
Il rispetto per la legge dello Stato vale finché il cittadino senta di condividere la morale dello Stato. Anche ora che è molto più americanizzata, la Norvegia conserva un suo sentimento sdegnosamente fiero. Non c´è hytte che non abbia il pennone per la bandiera, issata a segnalare che in quel momento la casa è abitata: un clamoroso segnale a vantaggio dei ladri, in un paese dove si devono temere molto i ladri.
Fra i paesi scandinavi, la Norvegia era la sorella povera, e anche dopo l´indipendenza, nel 1905, gli svedesi la guardavano con una certa condiscendenza. Poi il petrolio del Mare del Nord l´ha resa improvvisamente ricca, ma senza che se ne dimenticasse. A un armatore oggi ricchissimo fu intentata una causa, con l´accusa di aver comprato la patente nautica. La vinse quando il suo avvocato spiegò che uno che era nato pescatore e a 12 anni col primo paio di scarpe era imbarcato sui pescherecci nell´oceano non avrebbe avuto bisogno di comprarsi patenti.
Il petrolio coincide ovunque con la tirannide e l´oscurantismo (con poche eccezioni, ora il Ghana, forse). Siccome il petrolio finisce, i norvegesi ne hanno fatto una risorsa da accantonare largamente per le generazioni a venire, e hanno selezionato i loro partner economici in modo da escludere dittatori e violatori di diritti umani e corrotti.
Oggi la Norvegia resiste alle pressioni congiunte di Usa Canada e Russia sul petrolio nel mare di Barents, per difendere un modo di estrazione non distruttivo e il futuro della pesca: «Il petrolio finirà e noi mangeremo di nuovo aringhe». Il futuro della pesca del resto è spacciato dovunque, e anche alle Lofoten si moltiplicano le annate in cui la pesca del merluzzo è sospesa.
La Norvegia, che non arriva ai cinque milioni di abitanti, non fa parte dell´Unione Europea - ripetuti referendum hanno respinto l´ingresso - e conserva la sua moneta, la corona. Tiene il primo posto nelle graduatorie sui diritti e sulla qualità della vita. Internazionale ripubblicava ieri il servizio di Le Monde sui padri norvegesi - nove su dieci - che vanno in congedo per stare coi figli neonati. Dal 2006 nei consigli di amministrazione deve sedere per legge il 40 per cento di donne, di fatto sono più numerose. Si immaginarono cortei di uomini: «Non siamo panda».
Tutti i cittadini partecipano degli aiuti al mondo povero, per i quali la Norvegia è di gran lunga al primo posto. Lo è anche per le missioni delle Nazioni Unite. Un lettore o uno spettatore italiano resterebbe stupito di fronte all´estrema sobrietà con cui in Norvegia si dà notizia della morte di militari o volontari norvegesi in zone di guerra o di missione. L´accoglienza agli stranieri, specialmente asiatici - a cominciare dai vietnamiti - è stata molto vasta, e ha sperimentato, prima di altri paesi, le difficoltà e anche i fallimenti di programmi di integrazione troppo fiduciosi. Oslo conosce tensioni e paure, ma niente poteva far immaginare una violenza così sfrenata e feroce, se non proprio l´odio speciale che provocano la calma e la bellezza. Mentre scrivo non so quanti morti è costata la giornata di ieri, nel centro della città e sull´isola dei ragazzi. Mi tornano in mente i cimiteri norvegesi, che somigliano a giardini e si chiamano così. Noi iscriviamo nostri ricordi e saluti sulle tombe dei morti. Là sono i morti a salutare chi è rimasto, con tre monosillabi: «Takk for alt». Grazie di tutto.



La pista islamica e quella interna

La Repubblica, 23/07/2011, Renzo Guolo

C´è una sola firma – finora – sulla giornata di sangue che ha terrorizzato la Norvegia: quella di un gruppo Jihadista che si è manifestato via Internet annunciando che "questo è solo l´inizio". Ma gli inquirenti non sanno ancora se dare peso a questa rivendicazione (peraltro smentita sulla Rete) o se seguire invece altre piste non legate alle organizzazioni internazionali, e di puntare su gruppi sovversivi anti-sistema interni.
L´unico arrestato è infatti un cittadino norvegese, come annunciato dal governo di Oslo. È lui che ha sparato e fatto strage di ragazzi alla convention giovanile laburista nell´isola Utoya. Il fatto lascia la porta aperta all´ipotesi che dietro l´atto terroristico ci sia la mano di gruppi di estrema destra, significativamente presenti e sostenuti da un pezzo della società norvegese. Gruppi ostili al melting pot norvegese. Nessuno di loro, però, si è mai reso finora responsabile di atti di sangue.
L´altra ipotesi è la pista qaedista. E non sarebbe difficile capire perché gli attentatori hanno colpito Oslo, trasformandone strade e edifici in un drammatico fotogramma di Baghdad o Mumbai. Un colpo inatteso per molti norvegesi che, nel corso del tempo, avevano cancellato anche l´ormai sbiadito ricordo del tentato assassinio, nel 1993, dell´editore dei Versetti Satanici di Salman Rushdie, William Nygaard, caso riemerso solo recentemente. In realtà la Norvegia, così come Danimarca e Svezia, è da tempo nel mirino qaedista. Il coinvolgimento militare in Afghanistan, al quale si è aggiunto recentemente quello in Libia, ha confermato agli occhi degli jihadisti il carattere "empio" del regno di Harald V.
Il fattore capace di scatenare la jihad pare vada rintracciato, più che nell´accusa di terrorismo rivolta da un procuratore al Mullah Krekar, il fondatore del gruppo curdo-iracheno Ansar al-Islam che ha reagito con minacce a una sua possibile espulsione, nelle dinamiche militari ed editoriali. Il kombinat vignette-guerra in Afganistan è da sempre un ingrediente micidiale della mobilitazione jihadista. In passato la polizia norvegese ha arrestato, su input americano, un uiguro in contatto con militanti di Al Qaeda in Pakistan. Oslo poi, è diventata un obiettivo di prima grandezza da quando un giornale locale ha riproposto le vignette su Maometto, pubblicate originariamente dal danese Posten: un´onta da lavare con il sangue del Nemico.
E´ presto per dire chi siano gli autori della strage. Cellule locali potrebbero avere avuto contatti con operativi di Al Qaeda in Medioriente o in Asia. Un´operazione che dimostrerebbe la rinnovata capacità operativa del gruppo, duramente provato dal blitz di Abbotabad, e insieme il rilancio della linea del jihad globale a scapito di quella locale. In Norvegia sono presenti gruppi di immigrati che provengono dal Pakistan, dall´Iraq, dalla Somalia, aree di guerra o di conflitto a alto tasso ideologico islamista. Il rancore verso l´Occidente, potrebbe essere maturato, o anche solo innescato, nelle enclave etniche e religiose dell´ormai multietnica Oslo.
Se fosse confermata la natura qaedista dell´attacco, si tratterebbe comunque di un tentativo del fronte del jihad di riprendersi quella centralità divelta dalle rivolte arabe, prima e dopo la morte di Bin Laden. Qualunque sia l´esito della "campagna di Oslo" è un tentativo destinato a fallire. Lo jihadismo può certo riprendersi drammaticamente la scena ma solo per brevi, anche se tragici, momenti. Il pallino è ormai in mano a altri. E ci resterà a lungo.

Lo stesso giornale da cui abbiamo tratto i due articoli pubblicati ne pubblica anche un terzo dal titolo 
"Estrema destra o Jihad islamica, il cuore di tenebra della Norvegia". La polizia norvegese ha impiegato poche ore per capire che il cuore di tenebra era, anche fisicamente un tipico rappresentante della razza "ariana", alto, bello, biondo e con gli occhi azzurri iscritto a un movimento di estrema destra e autoproclamantesi difensore delle radici cristiane dell'Europa e nemico dell'Islam. Molti giornali italiani ci hanno messo più tempo per pubblicare notizie sulle certezze della polizia norvegese, anche perché è difficile che un "fondamentalista islamista" sia biondo con gli occhi azzurri.
Non va invece dimenticato che numerosi gruppi e gruppuscoli di estrema destra norvegesi e non, neo nazisti e non, amano richiamarsi alla mitologia vichinga, che fanno cerimonie in onore del Dio Odino o del Dio Thor (ce ne sono anche in Italia). Non va neppure dimenticato che la Norvegia, fra tutti i paesi occupati militarmente dagli eserciti nazisti (oltre alla Norvegia c'è anche la Danimarca, la Polonia, l'Olanda) è stato il solo che ha potuto contare su una base "indigena" che ha espresso un governo fantoccio presieduto dal signor Quisling che si è adattato a fare il primo ministro di un governo filo nazista norvegese, il cui nome è per altro diventato sinonimo di "traditore". E' evidente che qualche emulo di Quisling ancora circola tra i fiordi. Siamo certi che i norvegesi, profondamente democratici e colti, lo spazzeranno via senza bisogno dell'aiuto di qualcuno. 

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