martedì 10 maggio 2011

L'ISLAM NEL MONDO ATTUALE - 2a parte

II - L'ARABIA SAUDITA 


Contrariamente al nord di lingua turca del precedente impero ottomano, nel sud di lingua araba, soprattutto in Arabia si tentò di affrontare il modernismo tecnico-scientifico attraverso l'adozione del Wahhabismo, che voleva ricondurre l'Islam alla sua presunta forma primitiva e pura, contro il lassismo morale e contro il malessere spirituale, estirpando tutte le innovazioni post-coraniche e soprattutto le interpretazioni popolar-religiose e spesso superstiziose diffusissime in Arabia, insieme alle pratiche del Sufismo, della venerazione dei santi e del culto dei morti. Secondo Ibn Abd Al-Wahhab, il Sufismo andava spazzato via: venne addirittura distrutto il sepolcro di Muhammad e della sua prima moglie a Medina; a Kerbela venne distrutta anche la tomba di Husayn. Le idee di Ibn Abd-Al-Wahhab, che conducevano a un rigorismo puritano e a un monoteismo rigidamente maniacale, trovarono un sostegno politico nei secoli XVIII e XIX negli emiri Muhammad Bin Saud e in suo figlio
Abd Al-Aziz I, creatori per la prima volta di uno stato sovrano nell'Arabia centrale con capitale l'oasi-città Riad. A partire dal 1821, molto tempo dopo la morte della guida religiosa, il principe Saud assunse in se le due cariche di capo temporale e spirituale; Abd Al-Aziz III riconquistò Riad nel 1902 e in seguito espanse ulteriormente il proprio dominio: nel 1924 occupò la Mecca, nel 1926 fu proclamato sovrano dai capi tribù, nel 1932 unificò i territori da lui dominati con il nome di Arabia Saudita. I sovrani sauditi, ora insigniti del titolo di guardiani dei luoghi santi impostarono un ordine statale e sociale plasmato su un Islam arcaico, pur aspirando a collegarlo con la modernizzazione dell'infrastruttura economica.
Il crescente sfruttamento dei ricchi giacimenti petroliferi, i più grandi del mondo, consentì all'Arabia Saudita di diventare rapidamente uno dei paesi più ricchi della terra. Nel 1933 venne fondata da 4 società petrolifere statunitensi la compagnia petrolifera arabo-americana (AMARCO). Più avanti le compagnie cedettero i diritti all'Arabia Saudita senza perdere la loro influenza. Solo dopo la morte di Abd Al-Aziz III (1953) la società tribale arabo saudita venne organizzata come stato con ministri, provincie e regioni. Le posizioni importanti all'interno dei ministeri, delle amministrazioni provinciali e dell'esercito vennero occupate da figli, nipoti e zii di stirpe regale, legate con altre tribù attraverso vincoli matrimoniali o altri legami. Il re conservava, nella sua funzione di sovrano un indiscusso potere di fatto e di diritto su uno stato che arrivò rapidamente ad avere 20 milioni di abitanti.
Sotto re Faisal, figlio di Abd Al-Aziz III, si arrivò al conflitto dell'Arabia Saudita con il presidente egiziano Gamal Abdel Nasser, che aspirava a costruire una grande Arabia nel segno del panarabismo tendenzialmente socialista. L'Arabia Saudita si impegnò nella guerra civile yemenita (1962), ergendosi a protettrice dei poteri monarchici dello Yemen; e solo dopo la sconfitta di Nasser nella guerra dei sei giorni contro Israele, il re saudita si accordò in Yemen con l'Egitto e si unì alla lotta degli stati arabi contro Israele. Insieme ad altri stati estrattori di petrolio, associati nell'OPEC, l'Arabia Saudita organizzò l'embargo petrolifero nei confronti degli stati europei filo israeliani e del Nord America dopo la guerra del Kippur del 1973.
A questo punto per la dinastia saudita cominciò a profilarsi una grave minaccia: con la rivoluzione islamica in Iran nel 1979 venne alla luce un islamismo socio radicale di radice sciita la cui onda lunga arrivò fino in Arabia. Nel Novembre e nel Dicembre 1979 pellegrini sciiti occuparono la grande moschea della Mecca, e solo dopo battaglie cruente con centinaia di morti l'esercito saudita riuscì a porre fine all'occupazione.
Nel 1975 Faisal morì e gli successe il fratello Khalid Ibn Abd Al-Aziz, che scelse come principe ereditario il fratello Fahd e in pratica ricalcò le orme del suo predecessore. L'Arabia di Khalid svolse un attivo ruolo politico nei conflitti che dilaniavano il Libano. Le relazioni diplomatiche con l'Egitto furono invece interrotte dopo la firma del trattato di pace tra il presidente egiziano Sadat e Israele. Una grossa congiuntura critica si ebbe durante lo scoppio della guerra fra Iran e Iraq nel 1980. Temendo di restarvi coinvolta l'Arabia creò, insieme con altri stati della penisola, il Consiglio per la Cooperazione del Golfo, al fine di coordinare le necessarie politiche di difesa. Morto Khalid nel 1982, gli successe sul trono Fahd, che scelse come principe ereditario il fratello Abdullah. L'inizio del regno di Fahd registrò il crollo dei prezzi del petrolio: le entrate annue dell'Arabia Saudita diminuirono e imposero una fase di relativa austerità.
L'arrivo di re Fahd non mutò la politica estera saudita. Nonostante il forte legame con gli Stati Uniti, infatti, l'Arabia mantenne un risoluto rifiuto verso Israele e continuò a finanziare le organizzazioni palestinesi, puntando a conquistare la leadership del mondo arabo. A incrinare queste ambizioni sopravvenne il dinamismo della Siria e della Giordania e il tentativo iraniano di diffondere la rivoluzione di Khomeyni che spinse l'Arabia ad appoggiare l'Iraq nel conflitto esploso con l'Iran. Mentre nel 1989 l'Arabia ritornava ad avere all'interno positivi risultati economici, in ambito estero si profilò un difficile periodo iniziato con l'invasione irachena del Kuwait (Agosto 1990), che re Fahd condannò nettamente, schierandosi affianco degli Stati Uniti e partecipando all'intervento militare. Cambiarono anche le alleanze nel mondo arabo con l'avvicinamento alla Siria e il peggioramento dei rapporti con Giordania, Yemen e OLP.
Il costo della guerra del Golfo fu imponente e costrinse l'Arabia a ricorrere per la prima volta al prestito di banche straniere. In seguito alla guerra, inoltre riaffiorò una dura contestazione interna di carattere religioso: numerosi Ulema accusarono la famiglia reale di corruzione e chiesero profonde riforme, tanto che nel 1994 essi ottennero l'istituzione per gli affari religiosi e per l'orientamento islamico. Anche le relazioni con il restante mondo arabo rimasero difficili e complesse, in particolare quelle con la Giordania, interrotte nel 1994 e riprese solo nel 1996.
Nello stesso anno le precarie condizioni di salute di re Fahd portarono alla reggenza del fratello Abdullah. Sempre più difficile si delineo negli anni successivi la posizione dell'Arabia nei confronti degli Stati Uniti: dopo ripetuti attentati terroristici organizzati dal neonato movimento di Al Qaeda guidato dallo sceicco saudita Osama Bin Laden, che quasi sicuramente aspirava a detronizzare la dinastia saudita per prenderne il posto, la tradizionale alleanza con gli USA si scontrò con il veto posto all'uso delle basi militari per le operazioni belliche americane in Afghanistan, mentre sul piano interno si rafforzavano sempre di più le istanze integraliste, in qualche modo sostenute dal crescente peso di Al Qaeda.

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