mercoledì 25 maggio 2011

L'ISLAM NEL MONDO ATTUALE - 8a parte

VIII - LA LIBIA


Alla fine della guerra Muhammad Idris Al-Sanusi, capo dei Senussiti che per anni erano stati protagonisti della resistenza anti italiana, proclamò l'indipendenza della Cirenaica (1949) ottenendo il riconoscimento di Londra. In quello stesso periodo l'ONU sostenne la necessità di costituire uno stato indipendente libico formato da Tripolitania, Cirenaica e Fezzan e nel 1951 costituitosi effettivamente il regno unito di Libia, Idris ne divenne re. Egli inserì la Libia nel quadro del mondo arabo senza rompere con l'Inghilterra e avviò la riorganizzazione economica del paese avvalendosi di consistenti aiuti britannici.
In seguito alla scoperta e allo sfruttamento di ricchi giacimenti petroliferi nel suo territorio, la Libia legò sempre più strettamente il suo sviluppo energetico agli aiuti tecnici e agli investimenti di capitali anglo-americani. Come contropartita il paese venne utilizzato per il controllo occidentale sul Mediterraneo, mediante la presenza di basi militari inglesi e statunitensi. Sul piano politico interno la vita dello stato si caratterizzò fin dall'inizio per lo svuotamento delle istituzioni democratiche, perché di fatto i pubblici poteri erano monopolio di pochi clan feudali vicini alla corte e dei capi tribù nomadi, soprattutto Tuareg che si spostavano sull'immenso territorio libico.
Caute riforme furono avviate da re Idris all'inizio degli anni 60'; ma dagli ambienti intellettuali e studenteschi cominciò a levarsi una moderata opposizione contro gli orientamenti politici filo occidentali del governo. La ventata nazionalista panaraba sollevata dal conflitto arabo israeliano del 1967 accelerò la crisi della monarchia: larghi settori della popolazione, soprattutto giovani, piccola borghesia e quadri intermedi dell'esercito, cominciarono ad accusare il re per il suo atteggiamento rinunciatario nei confronti di Israele e per l'immobilismo a cui aveva costretto la società libica. In questo clima, il 31 Agosto 1969, un gruppo di ufficiale rovesciò la monarchia con un colpo di stato e proclamò la Repubblica araba di Libia, il cui governo venne affidato a Mahmud Soliman El-Maghrabi, sotto la supervisione di un consiglio della rivoluzione, presieduto dal colonnello Muhammar El-Gheddafi.
Il nuovo governo intraprese una politica nazionalistica fortemente ancorata ai principi dell'Islam più ortodosso. Le prime misure adottate furono la nazionalizzazione delle banche e delle proprietà straniere e l'avvio di negoziati con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna per un rapido sgombero delle loro basi militari.
Nel 1970 Gheddafi esautorò El-Maghrabi e assunse la presidenza del consiglio attribuendo ai militari tutti i ministeri chiave. Gheddafi riaffermò gli orientamenti ideologici del nuovo regime: tenace opposizione tanto all'imperialismo occidentale quanto al comunismo, ricerca di una terza via fondata sul nazionalismo arabo e sulla tradizione islamica, sostegno incondizionato alla resistenza palestinese. All'interno venne istituito un partito unico, l'Unione socialista araba, ispirata al modello nasseriano.
In pochi anni il nasserismo di Gheddafi si tradusse in un frenetico panarabismo. All'inizio degli anni 70' egli dispiegò un'intensa attività diplomatica volta ad avvicinare i paesi arabi al suo regime: nel 1973 si adoperò per la fusione con l'Egitto e, fallito questo tentativo, fece analoghe proposte alla Tunisia. Nel 1974 il primo ministreo Jalloud si vide attribuire le funzioni rappresentative amministrative di capo dello stato, mentre Gheddafi manifestava il suo desiderio di dedicarsi ad attività ideologiche.
Il relativo isolamento in cui venne a trovarsi la Libia dopo la svolta filo occidentale dell'Egitto indusse Jalloud ad avvicinarsi all'URSS, interessata a consolidare la propria presenza nella regione. Nel Marzo 1967 entrò in vigore una nuova costituzione: il paese assunse la denominazione Jamahiriya (potere alle masse); i vecchi istituti di governo vennero sostituiti da un consiglio generale del popolo destinato a svolgere le funzioni di consiglio dei ministri e da una segreteria generale guidata da Gheddafi. Il Corano venne assunto come legge fondamentale dello stato e agli organismi popolari di base fu affidato il compito di realizzare il modello di democrazia diretta a cui il nuovo sistema istituzionale si era ispirato. Gheddafi intendeva promuovere l'esportazione di tale sistema e il suo impegno militante si accentuò, al pari degli atteggiamenti anti occidentali, che si affiancarono con corrette relazioni amichevoli con l'URSS.
Ciò indusse gli USA a svolgere una sempre più decisa azione contro la Libia. Nel 1977 si giunse a una guerra con l'Egitto, sia pure di breve durata, nella quale l'esercito libico, nonostante l'enorme disparità delle forze, resistette senza arretrare. Successivamente gli Stati Uniti adottarono un pesante embargo commerciale anti-libico agli inizi degli anni 80', mentre nel corso di esercitazioni navali americane effettuate nei pressi delle coste libiche si arrivò più volte vicino allo scontro militare. La situazione precipitò dopo i disastrosi attentati del Dicembre 1985 agli aeroporti di Roma e di Vienna di matrice palestinese, ma molte circostanze fecero pensare alla complicità di Tripoli; e la vicenda determinò l'aggravamento delle sanzioni economiche sia da parte degli USA e dai paesi europei. Le manovre condotte nel Marzo 1986 dalla 6a flotta americana nelle acque del Golfo della Sirpe, considerate dalla Libia "acque interne", provocarono un conflitto militare diretto che si tradusse nella distruzione di alcune basi libiche lungo la costa. In Aprile ebbe luogo un nuovo attentato a Berlino e Washington ne attribuì la responsabilità alla Libia. Subito dopo Tripoli subì un pesante bombardamento dai caccia bombardieri statunitensi, che distrussero la residenza di Gheddafi, provocando la morte di una sua figlioletta di 6 anni.
Successivamente la tensione si allentò pur restando i due paesi divisi da un'ostilità di fondo, tale che tutta la politica estera libica degli anni 80' fu influenzata dalla sfida con gli Stati Uniti. La tensione ebbe notevoli ripercussioni sulla crisi del Ciad che rappresentò il maggior banco di prova della tenuta del regime gheddafiano. Dopo che i libici avevano occupato la Striscia di Auzu nel 1973, per una decina d'anni la Libia aveva tentato di porre sotto controllo il Ciad, instaurandovi un governo fantoccio. All'inizio degli anni 80' la fazione anti libica guidata da Hissene Havré, Gheddafi intervenne militarmente nel paese (1983). Ne derivò un confronto tra Tripoli e Parigi cui Havré aveva chiesto aiuto a conclusione del quale, non essendo i francesi riusciti a prevalere, i libici ottennero il controllo del Ciad settentrionale. Nel 1987 gli Stati Uniti intervennero in appoggio ad Havré e Gheddafi fu costretto a ritirarsi dal Ciad, tranne che da Auzu. Verso la metà degli anni 80' la principale preoccupazione del governo di Tripoli diventò il superamento dell'isolamento internazionale. Ciò spiega l'unificazione con il Marocco, stabilita con il trattato di Oujda del 1984, per altro denunciato due anni dopo dal governo marocchino. Sul piano economico, dimezzatesi gli introiti petroliferi, per la caduta del prezzo del greggio sui mercati internazionali, la situazione libica peggiorò e costrinse Gheddafi ad applicare una politica di austerità. Nella seconda metà degli anni 80' il governo di Tripoli dovette affrontare una nuova fase di isolamento internazionale. Nuove tensioni si svilupparono con gli Stati Uniti in seguito all'accusa mossa dalla Libia di produrre armi chimiche; nello stesso periodo furono interrotti i rapporti con l'URSS di Gorbaciov, con il Marocco, con la Siria e con l'Iran. In risposta al crescente isolamento Gheddafi si concentrò sui problemi interni, avviando un processo di trasformazione e di riconciliazione che culmino nell'abolizione del monopolio statale sul commercio estero e nell'invito dei fuoriusciti a rientrare nel paese; quindi nel biennio 1987-1988 la Libia si riavvicinò alla Tunisia, alla Giordania e all'Iran mentre nel 1989 riallacciò i rapporti diplomatici con il Ciad che prevedeva la cessione al paese africano della controversa fascia di Auzu.
Dopo un breve periodo di distensioni nelle relazioni con l'Europa occidentale e con gli Stati Uniti si ebbe un nuovo deterioramento nelle relazioni con l'occidente quando, in occasione della prima guerra del golfo, Gheddafi si dichiarò contrario all'intervento militare multinazionale in medio oriente.
La reazione occidentale più dura si espresse contro gli atti di terrorismo internazionale: nel 1982 il Consiglio di Sicurezza dell'ONU riconobbe alla Libia la responsabilità di due sanguinosi attacchi terroristici commessi rispettivamente nel 1979 contro un aereo francese precipitato sopra il Niger e nel 1988 contro un aereo americano precipitato a Lockerbie in Scozia. A rifiuto di Gheddafi di consegnare gli agenti libici incriminati del secondo attentato, entrò in vigore un embargo aereo militare e aereo totale contro la Libia.
Nel 1993 si verificarono alcune rivolte militari subito sanguinosamente represse. L'anno successivo, in quello che sembrò uno sforzo per contenere l'espansione del fondamentalismo islamico fu estesa l'applicazione della Sharia in campo penale e civile. Nello stesso anno il congresso generale del popolo nominò un segretario del comitato generale popolare con funzioni di primo ministro, ma il potere reale restava saldamente in mano a Gheddafi.
Nonostante il progressivo deterioramento dell'economia libica causata dall'embargo internazionale, cessato solo nel 1999 dopo la dissociazione della Libia dal terrorismo e la consegna degli imputati di Lockerbie, Gheddafi dichiarò di considerare favorito alla sua successione il figlio Saadi. La strategia politica perseguita in campo internazionale fu gradatamente improntata alla ricerca della distensione con i paesi occidentali, come dimostra la collaborazione libica in relazione all'attentato di Lockerbie e all'appoggio dato da Gheddafi all'azione militare anglo-americana in Afghanistan dopo gli attentati dell11 Settembre 2001. Nella stessa direzione vanno collocati i sempre più stretti rapporti con l'Italia che la Libia ha consolidato con l'acquisto del 2% del capitale FIAT e, successivamente con la stipulazione di un trattato di amicizia firmato nel 2008, con il quale si chiudeva ogni contenzioso legato alla dominazione coloniale italiana in Libia e con l'impegno del governo Berlusconi di investire svariati miliardi di euro per la costruzione di una grande autostrada Tripoli-Bengasi.

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