martedì 3 maggio 2011

L'UCCISIONE DI BIN LADEN

La moderna storiografia, in prevalenza di impronta marxista (come correttamente ricorda nella sua "amaca", Michele Serra) ha sempre dato scarso peso ai "personaggi" e ha preferito dedicarsi alle società e ai conflitti di massa. Il racconto mediatico, che sia giornalistico o televisivo fa l'esatto contrario: esso è una star system che si fonda sul racconto delle gesta, delle malefatte e dei delitti di un cast di "vip" estremamente mutevole, appena mitigato da approfondimenti pseudo culturali che al cospetto della Chanson de Geste dei telegiornali diventano subito vagamente noiosi.
Sostanzialmente noioso (vorrei usare il più efficace termine di Michele) è stato il primo pensiero che mi è balenato in testa bevendo il thè del mattino al cospetto del defunto Osama Bin Laden. Vi è stato solo posto per un piccolo, brindisi in memoria delle tante persone che sono state ammazzate sotto la sua responsabilità, e poi sono stato pervaso dall'idea e dalla regola, che vale anche per i Papi, che morto un capo se ne fa un altro.
Non succede come nei film e nei fumetti, soprattutto quelli americani (tipo Indipendence Day o come gli innumerevoli film vecchia maniera sugli indiani), che la morte del Cattivo chiude in bellezza la vicenda.
Il groviglio del mondo è ben più intricato e doloroso. Le folle che a Times Square e a Manhattan festeggiavano l'Happy End, suscitavano una sorta di tenerezza perché la loro esultanza era in qualche misura condivisibile, al pari della consapevolezza di essere direttamente o indirettamente parti in causa.
Per altre piazze o per periferie miserabili più povere e turbolente, Osama Bin Laden era un eroe vendicatore, al massimo, o vedendo a un istinto di naturale bontà un fratello che sbaglia; ma quelle piazze e quelle periferie dove incrociano miliardi di persone, all'occidente viene riservato lo stesso ruolo di carnefice che noi per anni abbiamo destinato a Bin Laden. Le masse dell'una e dell'altra parte, che la televisione usa solo per suggestive scene di contorno, sopravvivono alle star anche se queste sono dei sanguinari esaltati, e sono loro a fabbricare in ogni tempo il nostro destino e quello del mondo.
Mi capita quasi ogni sera di vedere una pubblicità/propaganda contro la fame nel mondo. Un signore dalla voce virile, una bella ragazza vestita all'ultima moda si alternano a dire che nella giornata odierna "un miliardo di persone non ha mangiato". "E' ora di finirla!" esclama il "virilone". Purtroppo nel mondo di persone che non mangiano tutti i giorni, e spesso neppure bevono ce ne sono 2 miliardi, e per fortuna di quelli che di pasti ne fanno almeno tre al giorno (poco più di un miliardo) la loro stragrande maggioranza è costituita da persone miti, pazienti e buone che non farebbero male a una mosca. Però in mezzo a loro può capitare che più di qualcuno si arrabbi, e in preda alla disperazione, acuita magari dal fatto che ha visto morire qualcuno dei suoi figli di fame, di malattie non curate per mancanza di medicinali o per qualche "bomba meno intelligente"; e allora i "Bin Laden" di turno sanno dove possono reclutare i loro seguaci pronti a tutto.
Oggi l'occidente si interroga con un brivido di paura se la morte di Bin Laden ha aumentato i pericoli. Ma in realtà non è questa morte che fa aumentare o diminuire i motivi di terrore, ma il fatto che la condizione umana su questa terra peggiora di giorno in giorno. Di questo, una volta tanto si abbia paura.
Se vogliamo entrare più nello specifico nessuno si illuda che la morte di Bin Laden faccia maturare più in fretta sentimenti benevoli, dei palestinesi in specie e degli arabi in generale, nei confronti di quel permanente pericolo per la pace mondiale che è Israele.
E la smettano gli esecutori materiali della morte di un assassino, che è stato "giustiziato", di inscenare pagliacciate di pessimo gusto come le foto false del suo volto insanguinato; non si reciti la macabra commedia di un "funerale islamico" celebrato a bordo di una nave e concluso dal cadavere gettato negli abissi, come si usava una volta sulle navi da guerra di tutto il mondo. La si smetta di celebrare questa sconcia pantomima dell'Imam che avrebbe recitato la preghiera dei morti sul cadavere di un uomo che, almeno da morto meritava almeno il rispetto di un cane. Voglio concludere esprimendo una mia personale convinzione, alla luce di quanto in un caso analogo capitò in Italia e precisamente in Sicilia quando fu ucciso, dopo una lunga caccia e qualche centinaio di morti, il bandito Giuliano venne ammazzato in una masseria. La versione ufficiale attribuì l'uccisione a una squadra di carabinieri. Dopo qualche anno si scoprì che il giustiziere del pericoloso bandito era stato suo cugino Gaspare Pisciotta, suo luogotenente. Quando nel processo stava per parlare, Gaspare Pisciotta, fu avvelenato in carcere con una tazzina di caffè alla Stricnina. Per eliminare i grandi criminali, soprattutto quelli che avrebbero MOLTE storie da raccontare (e Bin Laden doveva conoscerne parecchie... visti i suoi legami americani), si ricorre a questi metodi oppure si auspica un provvidenziale infarto o ictus mortale, come è capitato anche a Milosevic. A ogni buon conto credo che si possa affermare che materialmente Bin Laden è stato ammazzato da specializzatissimi Top Gun americani oppure da qualche compiacente sicario dei servizi segreti pakistani. Dal punto di vista politico a decretare la morte di Bin Laden è stato il fatto che non contava più niente così come conta poco ormai quel che resta di Al Qaida. A darle la bastonata definitiva hanno contribuito non poco le grandi rivolte popolari del mondo arabo.

Nessun commento:

Posta un commento