lunedì 11 febbraio 2013

ISRAELE

Israele al voto, la carica dei religiosi record di rabbini nella nuova Knesset

Corre con la certezza che dal voto di oggi in Israele, otterrà il suo quarto mandato da premier Benjamin Netanyahu, ma non sarà quella vittoria trionfale che "King Bibi", soltanto tre mesi fa, si aspettava. La sua formazione Likud-Beitenu, con il nazionalista Avigdor Lieberman, uscirà - ci dicono i sondaggi israeliani che però non azzeccano una previsione dal 1999 - come partito di maggioranza relativa con 33-35 seggi sui 120 della Knesset. Un' erosione rispetto al 2009, quandoi due partiti separati portarono a casa 42 deputati, provocata dalla forte aspettativa per la novità nella destra del panorama politico: "Focolare ebraico", il partito nazionalista religioso animato dal milionario Naftali Bennett, ex capo dello staff di Netanyahu, si appresta a diventare il terzo partito con 14 seggi in Parlamento. Bennett, portavoce per anni dei coloni, fra le altre cose sostiene che sia «inevitabile» l' annessione del 60 per cento della Cisgiordania palestinese. È con questa "nuova destra" e con i famelici partiti religiosi Shas e United Torah Judaism (15 seggi previsti) che Netanyahu dovrà trovare una maggioranza che affronti prima di tutto i seri problemi economici che attraversa Israele, come chiede la maggioranza degli elettori. Sul fronte dell' opposizione risale, sull' onda delle grandi proteste sociali dell' estate 2011, il Labor guidato dall' ex giornalista Shelly Yachimovich (16-18 seggi) e "Hatnua" - il neo-partito guidato da Tzipi Livni (7-9). Ma anche con il sostegno dei tre partiti arabi un fronte anti-Netanyahu che unisca tutta l' opposizione sembra destinato a restare inchiodato ai 55-57 seggi. Fino a ieri sera per tutti, da Netanyahu alla Yachimovich, è stata caccia all' ultimo voto, perché come titolava il quotidiano Haaretz ieri mattina c' è ancora il 15 per cento di indecisi. Una fetta elettorale che vale 18 seggi. Non può passare inosservata in queste elezioni la forte presenza di candidati religiosi. Gli ebrei FOTO: ANSA ortodossi hanno lasciato i partiti di nicchia per unirsi al Likud e agli altri partiti principali, sfidando il dominio laico fra i politici e infondendo alla politica israeliana un fervore religioso e certamente una linea più dura nel negoziato con palestinesi. Tutti i partiti, di destra, di centro e di sinistra, hanno candidato rabbini e personalità religiose ortodosse. Le previsioni indicano che la 19esima Knesset avrà un record di 40 deputati religiosi, in quella uscente erano 25 e solo una ventina di anni fa si contavano sulle dita di una mano. Mentre alcuni settori della società israeliana gioiscono, ha molti timori invece la maggioranza laica. Perché la tendenza può alterare l' identità di una nazione che non ha mai segnato i delicati confini fra religione e Stato, e che al suo interno ha anche una sostanziale minoranza araba musulmana. Una inchiesta condotta lo scorso anno indica che solo il 22 per cento degli ebrei israeliani si dichiara osservante- ortodosso o ultra-ortodosso - mentre ben il 78 per cento si dichiara laico. I religiosi si troverebbero a esercitare quindi un ruolo e un' influenza sproporzionata nella società israeliana. Stando a molti sociologi israeliani i movimenti religiosi che cercano di espandere gli insediamenti ebraici nella Cisgiordania occupata e che negano ai palestinesi uno Stato, stanno soppiantando, come simbolo auto-dichiarato della missione di Israele, i potenti kibbutz di una volta. E quest' ascesa nella società israeliana è stata alimentata dalla diffusa disillusione sul negoziato di pace con i palestinesi, e dall' esito delle rivolte arabe che negli ultimi due anni hanno portato al potere gli islamisti, facendo sembrare fragile anche il trattato di pace di Camp David con l' Egitto del 1979.
FABIO SCUTO


Israele, verso l'accordo Netanyahu-Lapid

GERUSALEMME - È una vittoria che ha il sapore amaro della sconfitta e Benjamin Netanyahu è costretto rivedere i suoi piani all'indomani del voto che ha ridimensionato l'alleanza elettorale del premier uscente Likud-Beitenu (31 seggi) e premiato invece nuovi partiti di centro come Yesh Atid (19), e a sinistra il Labour (15) e Meretz (6). E' mancata quell'ondata di voti di voti che si aspettava il milionario hi-tech Naftali Bennett, leader del partito dei coloni "Focolare ebraico", che però incassa 11 seggi. Al momento attuale la Knesset appare divisa in due blocchi eguali, di 60 deputati ciascuno: quello della destra e dei partiti confessionali, e quello della sinistra con le liste laiche e quelle arabe.
La situazione potrebbe cambiare oggi, con la fine dello spoglio dei voti dell'esercito e il possibile passaggio di un seggio dall'area di sinistra a quella di destra.
Ma la sostanza politica non cambia: senza Yesh Atid guidata da Yair Lapid sarà difficile formare una coalizione con un margine di maggioranza accettabile.
Il partito centrista fondato solo un anno fa dall'ex anchorman di Channel Two - sull'onda delle proteste sociali e contro i privilegi concessi ai religiosi ortodossi - è la seconda forza politica del Paese.
Il primo ministro Netanyahu, a cui il presidente Peres dovrebbe affidare l'incarico di formare un governo essendo il leader del partito di maggioranza relativa, già ieri pomeriggio ha promesso di impegnarsi in riforme socio-economiche e di formare una coalizione la più ampia possibile. «Ci siamo svegliati con un chiaro messaggio degli elettori», ha detto dopo essersi consultato con l'alleato ed ex ministro degli Esteri Avigdor Lieberman. La sicurezza rimarrà una priorità ma il prossimo governo, ha spiegato, si occuperà anche di riequilibrare la situazione fra laici e ortodossi, riduzione del costo degli alloggi e riforma elettorale. Tutti cavalli di battaglia su cui l'ex volto della tv ha costruito la sua fortuna elettorale. Una telefonata di complimenti di Netanyahu l'altra notte a Lapid ha aperto di fatto le consultazioni e ieri dal premier uscente è venuto un invito ancora più chiaro a partecipare al prossimo esecutivo.
Sulla stampa e alla tv israeliana impazzano gli scenari. Quello dato per possibile prevede l'esclusione dei religiosi e degli ultraortodossi per un governo formato dal Likud-Beitenu, "Focolare Ebraico", Yesh Atid e Hatnuah, il nuovo partito della signora Livni (6 seggi). Il totale dei seggi sarebbe 67 su 120, un compromesso che ricorda il precedente di Ariel Sharon, che tenne fuori appuntoi religiosi. Come le dichiarazioni di Lapid di ieri sera lasciano intravedere. Il risiko politico, però, è appena iniziato.

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