L'Islam riconosce Mosè e Gesù quali suoi Profeti e si limita ad attribuire valore di Profeta persino a Muhammad, l'ultimo dei Profeti e Sigillo di essi; in questo senso, l'Islam rimane una religione profetica per eccellenza. In quanto religione tipicamente profetica, l'Islam, mentre può essere con tutte le differenze accostato all'Ebraismo e al Cristianesimi, va distinto dalle religioni indiane mistiche e da quelle cinesi sapienziali e quindi dall'Induismo, dal Buddismo, dal Confucianesimo e dal Taoismo. L'evento decisivo della storia della salvezza dell'uomo è opera dell'unico Dio con il quale l'uomo, grazie ai propri sforzi diventa un tutto unico. In altri termini l'uomo di trova ad agire davanti a Dio, alla sua presenza e a Dio può affidare se stesso in forza della sua fede. Possiamo così individuare con maggiore precisione gli aspetti che accomunano l'Islam alle altre due religioni monoteiste:
1 - Anche l'Islam è una religione della rivelazione: Dio si è rivelato una volta per sempre nelle parole del testo sacro, il Corano;
2 - Anche l'Islam è una religione a carattere storico-escatologico. La storia non è concepita come somma di cicli mitologici, ma come sviluppo organico che ha avuto inizio con la creazione e avrà fine quando si compirà il tempo prescritto da Dio;
3 - Anche l'Islam è una religione a indirizzo etico al cui interno è possibile individuare un ethos fondamentale rivolto all'essere umano fondato sulla parola e sulla volontà di Dio. Anche nel Corano non abbiamo a che fare con leggi impersonali, ma con comandamenti formulati dallo stesso Dio: ogni appello è infatti preceduto dall'introduzione: "Nel nome di Dio Clemente e Misericordioso". Costituiscono parte irrinunciabile dell'ethos dell'umanità gli imperativi sulla condotta umana, trasmessi per la prima volta al popolo ebraico nelle 10 parole e decalogo; anche il Cristianesimo le ha poi adottate integralmente, con alcune modifiche. Il Corano offre a sua volta una sintesi dei più importanti comandamenti etici che mostra numerosi paralleli con le 10 parole consegnate da Dio a Mosè. La versione islamica dei doveri del credente è contenuta nella sura XVII, 22/38: "Nel nome di Dio Clemente e Misericordioso non aggiungere a Dio altri dei, il tuo Signore ha decretato che non adoriate altri che Lui, e che trattiate bene i vostri genitori. E tu dà ai parenti quel che ad essi spetta, e così anche ai viandanti e ai poveri. E non uccidete i vostri figli per paura di cadere in miseria. E non uccidete alcuno perchè Dio l'ha proibito. E non abbandonatevi alla fornicazione. E non vi accostate alle sostanze dell'orfano. E rispettate i patti. E fate piena la misura quando misurate e pesate con la bilancia giusta. E non seguire quello di cui nulla conosci. E non incedere sulla terra pieno di stupido orgoglio".
Il fatto che Muhammad sia il Profeta di Dio ha un doppio significato:
1 - Già nel Corano Muhammad è presentato come un Profeta in senso stretto. Egli non è semplicemente Nabì ma un Rasul, un messaggero di Dio che consegna al suo popolo la scrittura;
2 - Nello stesso tempo, il Corano pone l'accento sul fatto che Muhammad non è assolutamente niente di più che un uomo. Come egli stesso dice espressamente: "Certo, io sono un uomo come voi, un uomo cui è stato rivelato che il vostro Dio è un Dio solo".
Nella devozione religiosa islamica più tarda Muhammad appare quasi venerato talvolta alla strenua di Cristo nel Cristianesimo. Ma sulla base dello stesso Corano occorre comunque tener sempre conto di due aspetti:
A - Dio e il Profeta sono uniti: "Crediamo in Dio e nel suo messaggero...Quelli che a Dio si ribelleranno e al suo messaggero, avranno il fuoco della Gehenna dove resteranno in eterno;
B - Nonostante ciò la persona del Profeta è totalmente subordinata alla sua missione profetica: Nel Corano non vi è il minimo accenno all'eventualità che Muhammad debba essere oggetto di adorazione e di preghiera. Muhammad viene esplicitamente menzionato come essere mortale al pari di tutti i Profeti che lo hanno preceduto. Anche se Muhammad è, in quanto ultimo Profeta, "Hatan An-Nabiyin", "Sigillo dei Profeti", colui che ha confermato e portato le missioni dei Profeti precedenti, egli è tuttavia nient'altro che il portavoce di Dio e suo strumento.
Per i musulmani ciò significa che il Corano non può essere attribuito allo stesso Profeta: esso è opera di Dio e il Corano è stato solo trasmesso da Muhammad. Il libro non è una sua ingegnosa invenzione letteraria ma la benevola rivelazione di Dio, avvenuta lungo un notevole arco temporale e attraverso diversi momenti.
La prima biografia classica del Profeta dell'Islam è stata scritta da Muhammad Ibn Ishaq (704-768 d.C.): essa è suddivisa in 4 parti e nel secondo e nel terzo volume, sulla base di informazioni ricavate da numerose fonti storiche antiche, la vita del Profeta viene presentata circa 120 dopo la sua morte. A integrazione di quanto abbiamo scritto in un precedente articolo, riportiamo le fasi più salienti della vita di Muhammad:
I - La prima rivelazione. Muhammad conduceva una vita dedita al lavoro e alla famiglia, nella parte occidentale della penisola arabica (Higiaz), nella città nel cantile della Mecca. Originario della tribù dei Quraish e del clan degli Hasin. Quando Muhammad nacque, il padre Abd-Allah era già morto e presto il bambino rimase orfano anche della madre Amina, e venne allevato dal nonno Abd Al-Muttalid e poi dallo zio e capo clan Abu Talib. Da adolescente fece il pastore, poi il commerciante, viaggiando fino in Palestina e Siria per diventare poi capo carovaniere, e dopo 5 anni, marito di una ricca vedova di nome Hadigia. Improvvisamente, all'età di 40 anni, egli dichiarò di aver ricevuto una rivelazione da Dio: "...Infine la Verità giunse a Lui, in modo inaspettato e disse: "O Muhammad, tu sei il Messaggero di Dio". Muhammad disse: "Ero in piedi, eppure caddi in ginocchio; strisciai via e le mie spalle tremavano; poi entrai nella stanza di Hadigia e dissi :"avvolgimi, avvolgimi fino a quando il terrore non mi avrà abbandonato", ma la verità mi si avvicinò nuovamente e disse: "O Muhammad, tu sei il Messaggero di Dio". Muhammad disse: "Avevo pensato di gettarmi da una rupe, ma mentre pensavo questo l'Angelo mi si avvicinò e disse: "O Muhammad, io sono l'Angelo Gavril, tu sei il messaggero di Dio" Muhammad disse: "Che cosa devo dire?" l'Angelo mi afferrò e mi strinse forte a sé per tre volte, fino a che non mi colse un senso di spossatezza; quindi disse: "Parla nel nome del tuo Signore che ti ha creato, e io parlai e andai da Hadigia e dissi: "Ho tanta paura per me stesso", e le raccontai della mia esperienza. Lei disse: "Rallegrati! Se sei vicino a Dio, Dio non ti farà mai sprofondare nella vergogna; Fai ciò che è buono per te, annuncia la verità, restituisci ciò che ti è stato affidato, sopporta la fatica, accogli l'ospite e aiuta coloro che servono la verità".".
Nella sura LIII,(la sura della Stella) la prima rivelazione viene descritta nel modo che segue: "Il tuo interlocutore non sbaglia, non si inganna e non parla di suo impulso. No, la sua è rivelazione rivelata, appresa da un Potente di Forze, sagace, librantesi, alto sul sublime orizzonte! Poi discese ondeggiando nell'aria, si avvicinò a due archi e rivelò al suo servo quel che rivelò. E non smentì la mente quel che vide. Volete voi dunque discutere quel che vede?".
II - La lotta per la giustizia. La chiamata a messaggero di Dio cambiò radicalmente la vita di Muhammad. Tormentato da paure e da dubbi, egli si limitò inizialmente ad annunciare il suo messaggio nella cerchia famigliare e fra gli amici. Solo col tempo egli sentì che la sua missione profetica doveva estendersi al resto del mondo. Egli riceveva continue rivelazioni, che "recitava" davanti al suo seguito (la parola "Corano" viene dal verbo "Qur'an"). Dopo 3 anni egli decise di renderle pubbliche; e solo allora comprese in pieno di essere il messaggero di Dio: "Sorgi e predica! Ammonisci dunque, perchè utile sarà il mio monito!".
Muhammad annunciò coraggiosamente ai meccani la potenza e la bontà di Dio e predicò la gratitudine, la generosità e la solidarietà tra gli uomini. Egli esponeva con moniti e avvertimenti, in un periodo di grande prosperità, quando la Mecca controllava le carovane dallo Yemen fino a Damasco, che era necessario cambiare stile di vita per seguire una via erta e per niente invitante: "Liberate un collo prigioniero, nutrite in un giorno di stenti un parente orfano o un povero che giace nella polvere e appartenete a coloro che credono e si invitano a gara alla pazienza e alla pietà... Guai ad ogni diffamatore maligno! Egli ammucchia ricchezze e le prepara per il dopo poichè crede che le ricchezze lo faranno eterno".
Fra i Meccani il messaggio di Muhammad suscitò curiosità e incredulità. Pochissimi prestarono fede alle sue parole: non i componenti del suo clan; lo ascoltarono invece pochi giovani uomini appartenenti anche a clan prestigiosi ma soprattutto gente delle classi più umili, gli schiavi e gli stranieri. Muhammad accoglieva tutti nella sua comunità: non si trattava di attivisti socio-rivoluzionari ma credenti convinti insoddisfatti della situazione sociale e morale della Mecca. Si formarono così le prime comunità musulmane, che non erano fondate sull'appartenenza a un determinato status sociale ma sulla fede comune, sul rituale liturgico, e su un'etica di giustizia.
Muhammad non diventò subito il profeta del suo popolo, ma venne invece emarginato dalla sua società, temuto e minacciato al tempo stesso. I suoi avversari della Mecca erano soprattutto i ricchi uomini di affari, i nobili che governavano i clan più potenti che consideravano con disprezzo un profeta appartenente all'oscuro clan degli Hashin. Muhammad venne in un primo tempo ridotto alla figura del veggente, del poeta visionario, del mago, dotata di particolari poteri soprannaturali ma certo inadatta a svolgere importanti missioni all'interno della società. La resurrezione dei morti e il giorno del giudizio di cui predicava Muhammad venivano squalificati come ridicole e bizzarre supposizioni che esigevano spiegazioni miracolose a riprova della loro verità.
La problematica sociale inoltre era strettamente connessa a quella religiosa, la vita economica e la struttura sociale da una parte e la religione e le concezioni morali dall'altra costituivano un sistema di idee e di istituzioni indistinguibile. L'unica risposta di Muhammad alle pretese sempre respinte di miracoli prova era lo stesso Corano. Esso, nei suoi contenuti e nella ineguagliata bellezza della sua lingua, era un miracolo unico, il segno più evidente della rivelazione di Dio e della testimonianza del valore del suo profeta.
III - La lotta per l'unicità di Dio. Ben presto nella città della Mecca sorsero anche contrapposizioni in merito all'interrogativo di fondo: esiste un solo Dio o esistono tante divinità? La tribù di Muhammad, i Kuraish, era preposta alla custodia dell'antichissimo santuario della Mecca, la Ka'ba, che costituiva il fulcro coesivo per la convivenza pacifica dei vari clan. La Ka'ba è un edificio cubico (10 metri per 12 metri) contenente la pietra nera, una roccia di basalto o di lava, forse di origine meteoritica. I musulmani credono che le fondamenta della Ka'ba siano state gettate da Abramo e da suo figlio Ismaele e che lo stesso Abramo abbia prescritto il pellegrinaggio a questo santuario. All'epoca di Muhammad la Ka'ba era piena di immagini e di sculture di divinità. Secondo il testo di alcuni "versetti satanici" del Corano che sarebbero stati più tardi cancellati, Muhammad, in un primo tempo avrebbe tollerato che nella Ka'ba venissero venerate le tre figlie di Allah. Ma nel testo del Corano si legge: "Nessun messaggero o profeta inviammo prima di te, cui Satana non gettasse qualcosa nel desiderio; ma Dio abrogherà il suggerimento di Satana, poi confermerà i suoi Segni, perchè Dio è saggio e onnisciente. Dei presunti versetti satanici sarebbe rimasta traccia nella sura LIII del Corano: "Che ne pensate voi di Al-Lat e di Al-Uza? Essi sono soltanto nobili volatili, uccelli dall'alto volo simili ad Angeli. Si può sperare nella loro intercessione perchè essa è cara a Dio.
Secondo le cronache Muhammad recitò questi fatali versetti di fronte ai commercianti riuniti nella Ka'ba e si prostrò al suolo, imitato dai commercianti. Pochi giorni dopo egli si rese conto che quei versetti erano di ispirazione satanica e aveva ricevuto da Dio la loro correzione: "Voi dunque avreste i maschi e Lui le femmine? Di visione iniqua! Esse non sono che nomi dati da voi e dai padri vostri, per i quali Dio non vi inviò autorità alcuna.
Da questo momento in poi la lotta di Muhammad per affermare l'esistenza di un unico Dio diventa una lotta implacabile contro le divinità minori che avrebbero dovuto intercedere presso il Dio supremo Allah. Nelle sure del medio periodo Meccano è contenuta un'aspra polemica contro il culto politeista: "Dì! O negatori! Io non adoro quel che voi adorate nè voi adorate quel che io adoro! Io non venero quel che voi venerato e nè voi venerate quel che io venero: voi avete la vostra religione, io la mia... In verità Dio non sopporta che altri vengano associati a lui: tutto il resto Egli perdona a chi vuole, ma chi associa altri a Dio forgia la suprema colpa". Questa inflessibilità ha il suo prezzo perchè, mettendo a rischio la sacralità dei suoi santuari, dei suoi simboli e delle sue tradizioni si mette in dubbi l'identità stessa della tribù. Il santuario della Mecca è infatti da sempre immagine di un tempo sacro e intangibile e costituisce la premessa, con il pellegrinaggio, per lo svolgimento del grande mercato interregionale dove tutte le tribù e i clan si riuniscono pacificamente per esercitare il culto e il commercio. Non è tollerabile che proprio un Quraish metta in discussione i fondamenti della sua tribù e che, con il suo messaggio di sottomissione all'unico Dio, egli oltraggi il venerabile culto delle divinità degli antenati, rigetti tutte le tradizioni tribali rimandate da tempo immemorabile e, anzichè identificarsi totalmente con la sua gente, la renda ridicola agli occhi altrui, mettendo così in serio pericolo l'unità e la coesione dei clan.
In breve il messaggio profetico di Muhammad assunse una forte valenza politica: esso intendeva distruggere il culto politeista, infrangere i tabù del tempo, realizzare una riforma sociale, eliminando le disuguaglianze; esso rappresentava una minaccia radicale che incrinava l'unità dei clan, l'autorità dei capi e la sacralità della Ka'ba e degli altri santuari dell'Arabia occidentale. Si trattava in breve di una minaccia per la classe economica dominante nella Mecca e per il prestigio politico dei Quraish nell'intera regione. In un primo momento la grande maggioranza dei Meccani si contrappose a Muhammad e al suo piccolo gruppo con offerte in denaro che il profeta sistematicamente respinse; successivamente si verificarono le prime vessazioni; infine si impose ai seguaci del Profeta una scelta: o l'intera tribù deciderà di convertirsi al Profeta e al suo messaggio o il Profeta e i suoi seguaci dovranno lasciare la tribù. La situazione si face sempre più difficile tanto che nel 615 il Profeta raccomandò ad alcuni suoi seguaci di rifugiarsi per un certo periodo nell'Etiopia cristiano copta dove furono assai benevolmente dal Negus. Nella Mecca, invece, le ostilità e le vessazioni dei clan contro il Clan degli Hashim culminarono nel divieto di matrimoni e rapporti commerciali con i suoi componenti.
Nel 619 il conflitto entrò in una fase critica. Morì la moglie di Muhammad Hadigia; poco dopo morì anche lo zio di Muhammad Abu Talib, che pur non essendo musulmano, aveva tenuto testa alle pressioni dei Quraish perchè Muhammad venisse privato della protezione del clan. Il suo successore nel comando del clan, Abu Lahab cedette alle pressioni dei più influenti personaggi del gruppo e in alleanza con un altro clan avverso al profeta, gli Umaiya abolì ogni forma di protezione nei confronti di Muhammad.
Una svolta sembrò profilarsi nel 620 quando, durante il pellegrinaggio e la fiera annuale alla Mecca, un gruppo proveniente dalla città di Yatrib, più nota col nome di Al-Madina (Medina), rimasero profondamente colpiti dalle rivelazioni di Muhammad e dalla sua coraggiosa personalità. L'anno successivo un gruppo di 12 funzionari di Medina si incontrò segretamente con Muhammad e siglò con lui un accordo temporaneo. Nel giugno del 622 l'accordo venne siglato in modo definitivo, suggellato dal giuramento di 73 convertiti all'Islam i quali promisero di credere in un unico Dio, e di astenersi dal commettere furto, calunnia, adulterio e infanticidio e di obbedire al Profeta accordandogli protezione. Muhammad lasciò la Mecca insieme all'amico Abu Bakr e il 24 settembre del 622 si rifugiò nell'oasi di Medina. Questo episodio viene detto Higira (espatrio); e poichè esso rappresentò una svolta fondamentale non solo nella vita del Profeta ma in quella dell'Islam in generale, la tradizione islamica vede nella data del 16 luglio 622 l'anno 1 della cronologia islamica.
IV - Il Profeta come figura guida. A differenza della Mecca che, come s'è detto era una città di commerci e di pellegrinaggi, Medina era un oasi di palme e di cereali dedita a una fiorente agricoltura, di cui si occupavano soprattutto le numerose tribù ebraiche, fronteggiate con scarsi risultati da numerosi gruppi tribali e clan in perenne discordia tra loro. Muhammad intuì immediatamente quale importante ruolo poteva svolgere grazie alle sue qualità diplomatiche e al suo carisma e in poco tempo riuscì ad ottenere un giuramento di obbedienza e un accordo con i gruppi non ebraici e, circostanza più importante, assunse il ruolo di arbitro super partes nelle diatribe che dividevano i gruppi arabi. In breve tempo egli riuscì a portare la pace tra i contendenti ed essi divennero i suoi più fedeli sostenitori, si dichiararono ben disposti ad accogliere quanti fuggivano dalla Mecca, e diedero vita alla confederazione (Umma) Medinese che divenne il primo nucleo della grande comunità islamica. Va sottolineato che il sopraggiunto cambiamento delle condizioni di vita e di ruolo sociale non incrinarono minimamente la continuità della sua fede nell'unico Dio onnipotente e misericordioso, anche se egli era ormai costretto ad esercitare una vera e propria funzione di uomo di stato. In questa seconda veste la sua abilità si manifestò nella facilità con cui riuscì a fondere in un clima di fraternità i medinesi di nascita con gli immigrati dalla Mecca, che si avvalsero come luogo di preghiera della prima moschea della storia. Muhammad non trascurò neppure di potenziare militarmente la comunità islamica perchè anche a Medina i nemici non mancavano: non tanto i politeisti, scalzi e disorganizzati, quanto invece l'opposizione delle tribù beduine che praticavano il nomadismo pastorale intorno alla città e, soprattutto con le potenti comunità ebraiche, organizzate in 3 tribù ricche e influenti sul piano economico.
Con gli ebrei la rottura divenne presto totale. Dal suo punto di vista, infatti, Muhammad in quanto profeta non aveva fatto altro che annunciare la verità di Dio: se gli ebrei seguitavano a rifiutarlo come profeta non solo risultavano alleati inaffidabili sotto ogni profilo compreso quello militare (il pericolo di una reazione armata dei Meccani era sempre in agguato) ma anche sotto il profilo religioso: non era infatti accettabile che in nome di una pretesa qualità di popolo eletto da Dio, gli ebrei tendessero ad isolarsi come gruppo privilegiato. La polemica anti-ebraica di alcuni influenti capi clan contribuì a peggiorare il quadro. In origine il profeta aveva adottato molti usi religiosi ebraici come le scansioni della preghiera rituale e la preghiera del venerdì; ora egli introduce due modifiche che accelerano il processo di formazione dell'Islam come religione distinta dall'ebraismo: invece del giorno di digiuno in occasione del giorno dell'espiazione, viene prescritto un periodo di digiuno obbligatorio da praticarsi durante l'intero mese islamico di Ramadan; la direzione della preghiera non è più orientata verso Gerusalemme, ma verso la Mecca in direzione della Ka'ba. Muhammad infatti si considera ormai come il profeta del popolo arabo, discendente dai profeti dell'antico e del nuovo testamento, che conduce il popolo arabo lungo la retta via, liberandolo dall'età dell'ignoranza.
Con questa maturata consapevolezza in questa fase della sua vita prevale in Muhammad la dimensione del condottiero e del capo militare, e i primi a farne le spese furono gli ebrei. Nel 624 i Qainuua, dediti perlopiù alla fabbricazione di armi e all'oreficieria furono sconfitti sanguinosamente e costretti ad abbandonare tutte le loro proprietà e ad emigrare; nel 625 anche i Nadir di cui Muhammad ordinò di abbatterne il palmeto, furono costretti a lasciare Medina consegnando tutti i loro beni; infine nel 627, in un solo giorno circa 600 uomini della tribù ebraica dei Quraiza vennero massacrati, mentre le donne e i bambini vennero spartiti tra i musulmani.
Ma è con la Mecca che Muhammad combatterà una vera e propria guerra che durerà con varie interruzioni 6 anni (624-630):
A - Nel 624 presso l'oasi di Badr i musulmani, benchè assai inferiori di numero sconfissero un grosso esercito meccano. La vittoria, data l'enorme disparità tra le forze combattenti venne ascritta alla volontà di Dio;
B - Nel 625, nella battaglia del monte Uhud a nord di Medina, i meccani vendicarono con una indiscutibile vittoria la precedente sconfitta senza riuscire tuttavia a scalfire il prestigio di Muhammad nella popolazione Medinese;
C - Nel 627, diecimila meccani si schierarono lungo la trincea di difesa medinese ma lo scontro terminò con esiti incerti perchè le tribù beduine, dietro abili pressioni di Muhammad disertarono il fronte dell'esercito Meccano;
D - Nel 628 Muhammad decise di intraprendere insieme a 1500 seguaci un pellegrinaggio alla Mecca. Bloccato al confine riuscì tuttavia a siglare con i meccani una tregua armata di 10 anni e ad ottenere un permesso di pellegrinaggio per i musulmani da effettuarsi annualmente per un periodo di 3 giorni;
E - Nel 630 la tregua armata venne sospesa e Muhammad marciò con un esercito di 10.000 uomini contro la Mecca. Le sue schiere si ingrossarono strada facendo e i capi della città si rassegnarono a permettere il trionfale e pacifico ingresso nella città natale al Profeta (11 gennaio). Pur procedendo alla distruzione delle immagini degli idoli nella Ka'ba venne indetta un'amnistia generale a favore degli ex nemici. Nello stesso anno, presso Hunayn Muhammad sconfisse l'esercito della città di Ta'if e delle tribù sue alleate, grande due volte il proprio. Il bottino raccolto alla fine della battaglia è talmente ricco che grazie alla sua distribuzione fra gli ex nemici meccani Muhammad ne conquistò la definitiva amicizia e la professione di fede.
Ormai il Profeta era riuscito a realizzare la prima parte del suo gigantesco disegno religioso e politico: unire in un unico popolo il disperso popolo degli arabi, dando ad essi una religione universale, la fede in un unico Dio e una sola lingua.
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