Nel suo libro recentemente pubblicato Papa Benedetto XVI ha scritto che i residenti in Italia di religione islamica hanno tutto il diritto di praticare i loro culti e di pregare in moschee dignitose (che non si debbano nascondere dietro l'etichetta di "circolo o centro culturale"). Per il Papa, in sostanza, per i musulmani avere moschee in cui pregare rientra nella categoria dei diritti umani inalienabili: circostanza, questa, ampiamente prevista dall'articolo 19 della Costituzione italiana.
Chi, come me, partecipa alle preghiere collettive del venerdì e conosce ormai parecchie centinaia di fratelli di fede sa che i musulmani residenti nel nostro paese, da qualsiasi parte del mondo provengano sono per lo più modesti lavoratori, oppressi da una serie interminabile di problemi quotidiani: il permesso di soggiorno che scade, il lavoro precario, la difficoltà di pagare affitti di case e bollette varie, la lontananza della famiglia, le umiliazioni quotidiane che debbono sorbirsi da parte di una popolazione che non brilla certo per spirito di ospitalità e accettazione di chi è diverso per lingua, colore di pelle, origine e religione. In breve l'esistenza dei miei confratelli è un'esistenza triste e dura: il solo momento di autentica felicità, di sollievo dalle pene quotidiane e di calore umano coincide con la breve ora nella quale ascoltano il sermone dell'iman e recitano le preghiere accogliendo l'invocazione del muezzin e prosternandosi fino a toccare la terra con la fronte; è allora che, come credenti, sentono la mano di Dio sul loro capo. Voler privare questa gente di una gioia siffatta che, tra l'altro è anche uno dei pilastri della religione islamica, dimostra in chi cerca di frapporre ostacoli all'esercizio del diritto di preghiera una insensibilità così totale da far pensare che se ve ne fosse la possibilità si riaprirebbero quei campi tipici del terzo Reich germanico, recanti la scritta: "Arbeit Macht Frei" (il lavoro rende liberi). Solo che invece degli ebrei ci si metterebbero i musulmani.
Un fulgido esempio di questa ottusa ferocia, xenofoba, intollerante e incolta è il recente regolamento adottato dal consiglio comunale del Comune di Arzignano recante il titolo: "ART.63 BIS: CIRCOLI PRIVATI, SALE CONFERENZE E CONVEGNI E CENTRI CULTURALI".
Articolo 1: Campo di Applicazione. Le presenti disposizioni concernono gli immobili ove insediare luoghi di ritrovo quali circoli privati, sale conferenze e centri culturali, il cui affollamento sia superiore alle 60 persone. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente regolamento gli immobili di proprietà in uso allo Stato, alla Regione, alla Provincia, al Comune, all' Ulss; inoltre sono esclusi gli immobili vincolati ai sensi del D.Lgs.42/2004 (si tratta di edifici destinati ai culti di religione cattolica).
Articolo 2: Affollamento massimo. L'affollamento massimo è calcolato da parte del personale dell'ufficio tecnico comunale in base alle superfici utili o effettivamente oggetto di utilizzo. Nei locali utili esclusi gli accessori quali servizi igenici, corridoi, ripostigli, disimpegni, dovrà essere garantita una densità massima di affollamento di 0,7 persone al mq. E' obbligatorio esporre in zona ben visibile dell'affollamento massimo consentito. Se viene superato tale limite, si applicano le sanzioni amministrative di cui all'Art 7 Bis del D.Lgs.267/2000 e la sospensione temporanea dell'attività per una durata di 90 giorni. Qualora per particolari esigenze di ordine tecnico e funzionale l'affollamento previsto fosse diverso a quello determinato dall'ufficio tecnico, potrà essere avanzata motivata richiesta di revoca alla giunta comunale.
Articolo 3: Prevenzione incendi. I locali cui sopra, allo scopo di garantire un'adeguata protezione incendi e allo scopo di raggiungere i primari obbiettivi di sicurezza relativi alla salvaguardia delle persone e dei beni sono assimilabili ai locali di cui all'Art.1 D.M 19 Agosto 1996.
Articolo 4: Sorvegliabilità dei locali. I locali oggetto del seguente provvedimento devono avere caratteristiche costruttive tali da non impedire la sorvegliabilità delle vie d'accesso o di uscita. Gli ingressi devono consentire l'accesso diretto dalla strada, piazza o altro luogo pubblico e non possono essere utilizzati anche per l'accesso per abitazioni private. In caso di locali parzialmente interrati gli accessi devono essere integralmente visibili dalla strada, piazza o altro luogo pubblico. Nel caso di locali ubicati a un livello o piano superiore a quello della strada, piazza o altro luogo pubblico di accesso, la visibilità esterna deve essere specificatamente verificata dalla autorità di pubblica sicurezza che può prescrivere, l'apposizione di idonei sistemi di illuminazione e di segnalazione degli accessi e la chiusura di ulteriori vie di accesso o d'uscita. Nessun impedimento deve essere frapposto all'ingresso o uscita dei locali durante l'orario di apertura e gli accessi devono essere realizzati in modo da consentire sempre l'apertura anche dall'esterno. Le suddivisioni interne del locale, ad esclusione dei servizi igenici e dei vani non aperti al pubblico o ai fruitori, non possono essere chiuse da porte o grate munite di serratura o da altri sistemi di chiusura che non consentano un immediato accesso. Eventuali locali interni non aperti ai fruitori o al pubblico devono essere precisati nel progetto allegata alla richiesta di insediamento dell'attività. In ogni caso deve essere assicurata mediante targhe o altre indicazioni anche luminose l'identificabilità degli accessi ai vani interni nell'esercizio e le vie d'uscite dal medesimo.
Articolo 5: Requisiti Tecnici dei locali.
A - Abitabilità-agibilità dei locali
B - L'altezza utile interna di tutti i locali deve essere almeno m 3.00
C - La superficie finestrata apribile di ogni singolo locale, escluse porte e portoni, deve corrispondere ad almeno 1/8 della superficie di calpestio per locali di superficie in pianta fino a 50 mq; ad almeno 1/10 della superficie di calpestio per la parte eccedente.
D - Devono essere ricavati servizi igenici a servizio dei fruitori distinti da sesso con almeno 2 wc anti-wc con lavabo cadauno, oltre ad un servizio attrezzato per persone diversamente abili. La superificie utile dei servizi igenici non può essere inferiore di 15 mq, e allo 0.3 % della superficie dei locali. Ogni locale wc deve essere completamente separato dagli altri e dall'anti-wc e deve avere una superficie utile in pianta di almeno mq 1,5 con lato minimo di almeno m1; le porte di accesso ai servizi igenici devono essere apribili verso l'esterno e devono essere dotate di serratura di emergenza azionabile dall'esterno e indicatore di presenza e, nei casi di ventilazione artificiale, di griglia o fessura nella porzione inferiore alta almeno cm 5. In ciascun vano wc deve essere presente una finestra apribile di superficie almeno 0.40 mq. E' ammessa la ventilazione artificiale, purchè l'antibagno sia munito di finestra apribile comunicante con l'esterno o quanto meno di una presa d'aria comunicante con l'esterno, anche tramite condotta. La ventilazione artificiale deve assicurare almeno 5 ricambi ora se continua e 10 se temporizzata con durata tale da garantire un ricambio completo ad ogni utilizzo.
E - I locali aperti all'uso dei fruitori devono essere opportunamente dotati di impianto di riscaldamento e ottenere il certificato di conformità degli impianti con il relativo attestato di qualificazione energetica.
F - Deve essere garantito il requisito di accessibilità di tutti i locali da parte delle persone diversamente abili, secondo quanto previsto dalla legge 13/89, dal D.M. e successive modifiche ed integrazioni.
Articolo 6 - Aree a Parcheggio. La dotazione minima di parcheggio effettivo, con esclusione della viabilità di accesso e di manovra, con accesso diretto dalla pubblica via, da identificare nell'area di pertinenza del fabbricato in cui viene svolta l'attività o il servizio deve essere:
A - Per le strutture in zona territoriale omogenea a carattere residenziale, non inferiore a 0,80 mq della superficie di calpestio complessiva dei locali (compresi locali accessori e di servizio);
B - Per le strutture in zona territoriale omogenea a carattere produttivo non inferiore a 1 mq*mq della superficie di calpestio dei locali (compresi locali accessori e di servizio).
Articolo 7 - Impatto Acustico: ove stabilito dal piano di zonizzazione acustica comunale, è obbligatoria la presentazione della documentazione di previsione di impatto acustico atta a dimostrare il rispetto dei limiti di legge. All'interno dei locali non devono essere superati i limiti massimi di esposizione al rumore fissati dal D.Lgs. N. 277/91 per i laboratori. In ogni caso le persone presenti continuativamente all'interno delle strutture non potranno essere sottoposte a un livello sonoro superiore a 90 dB . Per gli edifici in parola debbono essere rispettati i valori minimi di indice di potere fono isolante fissati dal DTCM 05/12/1977. Ai fini dell'utilizzo dell'immobile dovrà essere prodotto il certificato di collaudo acustico.
Articolo 8 - Disposizioni per i locali esistenti. I locali esistenti già destinati a circoli privati, sale conferenze o convegni e centri culturali alla data di entrata in vigore della presente modifica al regolamento edilizio devono essere adeguati alle disposizioni sopra richiamate entro un termine massimo di 12 mesi ad esclusione dei commi riguardanti la sorvegliabilità esterna, le altezze dei locali, l'attestato di qualificazione energetica e le aree a parcheggio. I requisiti sopra descritti devono essere garantiti da tutti gli immobili destinati ad attività di circoli privati, sale conferenze o convegni e centri culturali non ancora insediati, compresi i provvedimenti in corso. Qualora in un termine massimo di 12 mesi non si fosse provveduto all'addeguamento degli immobili si provvederà alla sospensione temporanea di qualunque attività all'interno dei locali.
Articolo 9 - Sanzioni. Ferme restando le sanzioni specifiche previste dalle normative di riferimento per le singole fattispecie, per ogni violazione delle disposizioni di cui sopra si applicano le sanzioni di cui all'Articolo 7 BIS del D.Lgs. 277/2000.
E' estremamente difficile dar conto del guazzabuglio giuridico che agita lo pseudo regolamento che viene contrabbandato come un integrazione del vigente regolamento edilizio (Art.63 Bis), avente ad oggetto gli immobili in cui insediare luoghi di ritrovo, il cui affollamento sia superiore alle 60 persone ed individuati genericamente in circoli privati, sale conferenza, sale convegno e centri culturali di proprietà privata o, comunque facenti capo a soggetti, gestori o fruitori diversi dagli enti pubblici. Dovremmo così procedere per punti che costituiranno i contenuti del ricorso che presenteremo nei prossimi giorni alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo con sede a Strasburgo:
1 - Non è chiaro nella formulazione dell'articolo 1 se si parla di immobili in cui si insedieranno gli elencati luoghi di ritrovo. Il verbo usato, "insediare" lascerebbe intendere che il regolamento dovrebbe valere per il futuro ed essere quindi privo di efficacia retroattiva. Questa, del resto sarebbe abbastanza problematico immaginare per i mobili che, essendo sedi di entità già esistenti, hanno ottenuto l'agibilità già in passato. Solo negli ultimi articoli si precisa che il regolamento è retroattivo, e cioè vale per il passato anche se ai gestori in atto viene concessa una sorta di salvaguardia temporale di un anno;
2 - Non si precisano i destinatari del regolamento in questione; ma data la natura degli immobili a cui si applica si deve intendere che essi sono le associazioni, fornite o meno di personalità giuridica, che svolgano attività culturali, divulgative, sociali, ludiche, o , magari di culto religioso. Essendo queste i soggetti gestori o fruitori dei luoghi di ritrovo di cui all'articolo 1c.1, ci vediamo costretti, in mancanza di puntuale ed esaustivo elenco dettagliato nel testo del regolamento, a fornirne uno noi: i destinatari dello pseudo regolamento edilizio sono tutte le associazioni culturali, tutti i sindacati e i partiti politici, tutte le aggregazioni che perseguono finalità sociali di assistenza e beneficenza, tutte le associazioni con finalità di culto religioso, tutti i soggetti che al di fuori della scuola pubblica svolgono attività didattiche, tutte le associazioni di volontariato, le parrocchie, il Lion Clubs e persino i Rotari Clubs;
3 - Letta la elencazione appare evidente che l'innocente regolamento mascherato da regolamento edilizio è in realtà un marchingegno che pone gravi limitazioni funzionali ai seguenti articoli della Costituzione:
A - Articolo 17: I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senza armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o incolumità pubblica;
B - Articolo 18: I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.
C - Articolo 19: Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.
D - Articolo 20: Il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività;
4 - L'Articolo 2 dello pseudo regolamento (prevenzione incendi) stabilisce che, allo scopo di garantire adeguata prevenzione incendi ed allo scopo di raggiungere i primari obbiettivi di sicurezza relativi alla salvaguardia delle persone e dei beni sono assimilabili ai locali di cui all'articolo 1, (D) del D.M. 19 Agosto 1996. Chiarito tuttavia che le sale convegno a cui si riferisce il richiamato D.M. sono le sale in cui si svolgono convegni di grande dimensione e non certamente le salette in cui può tenere la riunione, ad esempio una società bocciofila o un gruppo di amanti della poesia, chiarito che le norme contenute nel D.M. medesimo, in quanto norme di ordine pubblico, non sono suscettibili di applicazione analogica estensiva, raggiunto che lo stesso D.M nel successivo articolo 2 (A) esclude la sua applicabilità ai locali destinati esclusivamente a riunioni operative, di pertinenza di sedi, di associazioni e di enti;
Per completezza aggiungiamo che lo pseudo regolamento è potenzialmente lesivo anche dell'Articolo 14 della Costituzione che dispone: Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale. Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali.
La circostanza più importante del regolamento è che essa è stata ipocritamente nascosta. Poichè nessun folle può immaginare di adottare regolamenti che limitano i diritti organizzativi di sindacati, partiti politici, associazioni culturali ecc.ecc, anche se le persone che nutrono vocazioni golpiste sono più numerose di quanto non si immagini, dobbiamo ricostruire il vero obbiettivo che gli amministratori arzignanesi hanno avuto di mira nell'adottare un regolamento. A questo riguardo è sufficiente riferirci alle dichiarazioni che l'assessore alla sicurezza del Comune di Arzignano ha rilasciato alla stampa: "Dobbiamo colpire la "moschea selvaggia", e con questo regolamento vogliamo creare uno strumento di avanguardia che può servire a livello nazionale". Più in dettaglio ciò che i valorosi amministratori di Arzignano perseguono è la chiusura del centro culturale islamico e dei luoghi di culto degli immigrati di religione sikh o buddista e, infine, dei seguaci della religione dei testimoni di Geova.
E' quest'ultima, effettiva motivazione del regolamento adottato che ne induce, da cittadino italiano di religione islamica, a predisporre ricorso alla corte europea dei diritti dell'uomo contro un regolamento liberticida mascherato da integrazione di un regolamento edilizio.
P.S: I latini dicevano: "Uni cuique suum" (a ciascuno il suo): è opportuno che gli estensori dei regolamenti, che sono pur sempre norme giuridiche concrete, siano delle persone professionalmente esperte in diritto e non geometri o architetti. E' vero, tuttavia, che i leghisti a vocazione celtica non danno credito alle massime espresse in lingua latina...
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