mercoledì 29 dicembre 2010

LE VIOLENZE CONTRO I CRISTIANI




Nelle sue allocuzioni natalizie Papa Benedetto XVI ha più volte denunciato le persecuzioni anti cristiane verificatesi negli ultimi tempi in numerosi paesi a maggioranza musulmana, e ha in particolare sottolineato le violenze anti cristiane verificatesi in Nigeria, Iraq, Pakistan, Filippine e Palestina. Naturalmente gli ha fatto eco la grandissima maggioranza della stampa e delle reti televisive italiane, che hanno quasi con gioia colto l'occasione per stilare quotidiani bollettini di propaganda anti islamica. Poichè pagare un tributo alla verità è un preciso dovere non solo di ogni musulmano ma di ogni persona di comune moralità, riteniamo necessario fornire ai lettori di questo blog informazioni volte a togliere spazio ad ogni strumentalizzazione anti musulmana: ci preme in particolare mettere in evidenza come l'affermazione secondo la quale tra le vittime delle innumerevoli guerre e guerriglie in atto nel mondo i 4/5 sarebbero di religione cristiana.

I - La Nigeria è uno degli stati "mostro" nati negli anni '60 in seguito al processo di decolonizzazione. Già colonia inglese da circa un secolo la Nigeria ha ottenuto l'indipendenza nel 1963, quando è stata proclamata la repubblica federale democratica di Nigeria, costituita da 4 stati federati che in larga misura cercavano di tener conto delle caratteristiche ambientali, etniche, economiche e religiose delle varie parti dell'immenso paese che, con i suoi 112 milioni di abitanti era lo stato più popoloso dell'intera Africa. La buona qualità della colonizzazione inglese, che aveva lasciato una rete amministrativa moderna e affidata alla gestione di una classe dirigente indigena e di un esercito di elevata qualità, unita alla grande ricchezza di materie prime del paese, fecero presagire per la Nigeria un prossimo futuro di grande potenza africana. Purtroppo non andò così. Poco tempo dopo la proclamazione dell'indipendenza il sud, più ricco e popoloso, e a prevalente popolazione di etnia Hibo di religione cattolica, con l'appoggio del Portogallo e della Francia dichiarò la secessione e si auto-elesse nazione del Diafra con presidente un ex-ufficiale inglese di nome Ojiwkw. Allo stato federale furono necessari due anni di atroce guerra per riassorbire una secessione che avrebbe privato il paese della maggior parte delle ricchezze naturali. A pagare il prezzo più alto della guerra (circa un milione di morti) furono le popolazioni centrali di etnia Yoruba di religione prevalentemente animista, che si trovarono schiacciate tra i più potenti contendenti del sud e del nord: questi ultimi appartenenti alle etnie Hausa e Fulbe di religione musulmana e ad economia pastorale.
Seguì un periodo di relativa tranquillità, assicurato anche dal notevole sviluppo economico che la Nigeria conobbe grazie alla scoperta e allo sfruttamento di grandi giacimenti pretoliferi che le consentirono persino di entrare nell'OPEC (organizzazione dei paesi produttori di petrolio). Ma fu proprio il petrolio che determinò il riesplodere di ripetute crisi, con colpi di stato militari, nuovi tentativi di secessione, guerre inter-claniche, dietro le quali non era certamente difficile indovinare la presenza fomentatrice delle multinazionali occidentali petrolifere. I governanti nigeriani, una volta che una parvenza di governo democratico centrale potè riaffermare la sua autorità varando una nuova costituzione, cercarono di ovviare alle cause che avevano provocato le crisi del passato sostituendo ai 4 stati originari 19 stati federati, 4 nel nord pastorale musulmano, 4 nel sud agricolo a maggioranza cristiana e gli altri a costituire il cosiddetto Plateau centrale a popolazione mista, prevalentemente Hibo e Yoruba. Due fenomeni resero precario l'equilibrio tanto faticosamente creato. Nel nord le prolungate siccità che sconvolsero il Sahel sub-sahariano e il quasi prosciugamento del fiume Niger, costrinsero le popolazioni pastorali a cercare nuovi pascoli nell'area del Plateau; la grande crescita demografica del centro-sud seguita agli anni del boom petrolifero, incentivarono l'emigrazione delle popolazioni agricole nella stessa area del Plateau. A partire dagli ultimi anni '90 la modificata consistenza numerica delle varie etnie nell'area centrale accompagnata dal prepotere politico delle popolazioni agricolo cattoliche, fece esplodere dapprima una strisciante guerriglia e a partire dal 2008 ripetuti massacri, una volta cristiani e successivamente musulmani, cui faceva da sfondo la crescente ricchezza della componente cattolica e la progressiva miseria dei musulmani a economia pastorale hanno raggiunto il culmine della violenza nel corso del 2010 quando, all'incendio di una chiesa con l'uccisione di alcune decine di fedeli da parte di un gruppo islamico estremista risposero ben armate milizie cattoliche che nel silenzio dell'opinione pubblica occidentale (compreso il Papa) incendiarono in pochi giorni 8 moschee e massacrarono 400 fedeli di religione musulmana. Negli ultimi giorni alla bomba di non accertata matrice islamica che il giorno di natale ha fatto saltare una chiesa cattolica nella città di Jos che ha provocato la morte di 39 cattolici, e nonostante l'intervento dell'esercito federale, la vendetta delle milizie cattoliche, che ha preso di mira anche le truppe regolari, ha portato all'uccisione di 87 persone di religione musulmana. E' più che evidente che massacri, rappresaglie, vendette, incendi di chiese e di moschee, trovano nelle differenze religiose soltanto una comoda copertura di chi gioca al peggio e trascura le cause di fondo che sono la base della tragedia: all'origine la creazione di uno stato tracciato in maniera artificiosa dalle potenze coloniali che si divisero l'Africa con riga e compasso per finire ai sempre più gravi problemi di natura economica e politica. Gridare al mondo "La persecuzione dei cristiani in Nigeria" è, quantomeno, un'impropria e inopportuna strumentalizzazione, che certo non giova all'avvio di seri tentativi di pacificazione;
II - In Iraq, prima dell'operazione anti-Saddam scatenata da Bush sulla base di inventate accuse contro il regime iracheno (accusato falsamente di essere il responsabile degli attentati dell'11 settembre e di dare ospitalità ai terroristi di Al-Qaeda, oltre a possedere inesistenti armi di distruzione di massa) i cristiani iracheni (più di un milione) non solo non avevano mai subito molestie, persecuzioni e attacchi armati, ma a parte la più completa libertà religiosa, avevano goduto di notevole prestigio politico, testimoniato dal fatto che il vice di Saddam era il cattolico Tarek Aziz. Con la guerra di Bush e Tony Blair l'Iraq è letteralmente esploso e alla guerra americana è seguita una ancora più sanguinosa guerra di tutti contro tutti, con decine di migliaia di morti sunniti, sciiti, curdi, etc etc. Pensare che in mezzo a questo cataclisma solo i cristiani potessero rimanere indenni da rappresaglie e attacchi sanguinosi, significa nutrire una scarsa buona fede;
III - In Pakistan esiste un caos non inferiore a quello iracheno, ma esso è in larga misura l'effetto della vicina e decennale guerra che provoca la decimazione della popolazione dell'Afghanistan, portata avanti prima dai sovietici e poi dalla coalizione USA-NATO. In Pakistan si scontrano pachistani di etnia Urdu con pachistani di etnia Pashtum (affine agli Afghani); a sud opera una pluridecennale guerriglia secessionista di Beluci; non vanno dimenticate le tensioni che da sempre contrappongono il Pakistan all'India e neppure l'esistenza di una fascia di confine tra Pakistan e Afghanistan, eufemisticamente definita zona tribale dove gruppi eterogenei e clan divisi da secolari ostilità fungono da strumenti dei vari servizi segreti. Anche in Pakistan i massacri a base di attentati sono all'ordine del giorno; e anche qui il fatto che possa essere coinvolta la minoranza di religione cristiana è praticamente un fenomeno inevitabile. A scrivere i pochi dolorosi episodi in cui sono vittime i cristiani come una programmata persecuzione anti-cristiana da parte degli "islamici" è, quantomeno, pura propaganda;
IV - In Palestina il milione di arabi cristiani che ancora vi risiedono, non sono perseguitati dai musulmani ma subiscono gli stessi soprusi e le stesse sanguinose operazioni degli Israeliani. L'unica chiesa cattolica esistente a Gaza con annessa scuola è stata bombardata dall'aviazione israeliana con bombe al fosforo durante la recente operazione piombo fuso; la città cristiana di Betlemme è stata circondata da un alto muro (vi si entra solo attraverso un massiccio check point) dal governo israeliano perchè giudicata covo di terroristi; durante l'ultimo natale il sindaco di una cittadina israeliana ha emesso un'ordinanza che vietava ai cristiani di Nazareth di allestire presepi e alberi di natale definiti dai rabbini osceni segni pagano-cattolici;
V - Quanto alle Filippine, che hanno una popolazione all'85% di religione cattolica (ricevuta in eredità dalla colonizzazione spagnola), conducono dalla fine dell'800 una spietata guerriglia contro le popolazioni delle tre isole meridionali dell'arcipelago, Nindanao, Sulu, Palawan a popolazione musulmana e di etnia malese. I musulmani delle tre isole, significativamente denominati "Moros" (Mori) dai cattolici filippini non hanno mai smesso di rivendicare l'indipendenza. Contro di loro si accanirono per un non breve periodo di tempo anche i Marines americani. Il fatto che tra di loro siano fioriti come funghi gruppi guerriglieri e attentatori terroristi non è certo un fenomeno che può suscitare meraviglia. In 50 anni i Moros delle tre isole hanno avuto decine di migliaia di morti.

In conclusione: che nelle aree in cui sono costretti a convivere popoli diversi per lingua, etnia, strutture economiche siano pressochè inevitabili scontri e massacri è qualcosa che prescinde persino dall'appartenenza religiosa. Un esempio per tutti: il Rwanda, come è noto è stato teatro del terzo grande genocidio del secolo scorso: su una popolazione complessiva di 8 milioni di abitanti furono massacrati a colpi di machete circa 850.000 Tutsi, massacrati dai loro secolari nemici Hutu, che costituivano l'85% della popolazione. I massacri vennero diretti da una radio gestita da belgi e da francesi (radio 1000 colline) che incitava gli Hutu a sterminare gli Hynianze (gli scarafaggi). Attivi nei massacri furono anche numerosi preti e persino suore cattoliche che sparavano dai campanili delle chiese sui Tutsi in cerca di rifugio. Il massacrò durò dal mese di marzo e finì a metà agosto, quando l'esercito di liberazione Rwandese, a maggioranza Tutsi e guidato dal generale Kagame entrò nella capitale Kigali costringendo alla fuga le milizie assassine degli Hutu. Da notare che durante i mesi del massacro nessuna voce si levò da piazza San Pietro in Roma per denunciare il genocidio. Solo il 16 agosto, a massacro ultimato, Papa Giovanni Paolo II lanciò un disperato grido: "Fermate il genocidio nel Rwanda", ringraziando Dio c'aveva già pensato il generale Tutsi Kagame ora presidente eletto democraticamente della repubblica di Rwanda dove, grazie anche al suo operato Hutu e Tutsi convivono pacificamente. Un particolare che non è mai emerso: mentre gli Hutu sono al 100% di religione cattolica grazie all'evangelizzazione operata dai belgi, la grande maggioranza dei Tutsi sono di religione protestante-luterana, grazie all'evangelizzazione dei pastori tedeschi che avevano colonizzato il Rwanda prima dei belgi.

Nessun commento:

Posta un commento