venerdì 31 dicembre 2010

LE VERITA' DI FEDE DELL'ISLAM

Una delle grandi forze dell'Islam è la sua chiara struttura teorica e pratica. Alla sua base sta la professione di fede semplice, comprensibile e inequivocabile nell'unico Dio, l'onnipotente e misericordioso, creatore e giudice e nel suo inviato Muhammad. Secondo l'ideologia degli arabi del VII secolo la fede in Dio comprende anche la fede in numerose entità spirituali sovraumane, ripetutamente menzionate nel Corano:

1 - Gli Angeli (Mala'ika): messaggeri di Dio fra cui il più importante è Gabrìl, il portatore della rivelazione;
2 - Il Diavolo che è l'istigatore al male, il "maligno" o Satana (As-Saitan), chiamato anche Iblis o Diavolo;
3 - I Geni (Gin): innumerevoli forze naturali, entità intermedie tra uomini e angeli, nate dal fuoco, per le quali è altrettanto valido il messaggio di Muhammad;

Indiscutibili sono ovviamente le poche verità dell'Islam, non accettando le quali non si può dire di far parte della "Umma" dei credenti. Assieme alla fede nella missione profetica di Muhammad, l'Islam reputa indiscutibili alcuni passaggi escapologici, legati al giudizio divino nel giorno finale. In esso Dio decreterà il premio eterno del paradiso per i suoi servi (Muslimun) e il castigo dell'inferno per chi non gli avrà obbedito. Verità di fede è anche il tormento della tomba, inflitto fino al giorno del giudizio finale al defunto che non sia morto da buon musulmano dai due angeli Munkar e Nakir; lo stesso periodo sembrerà un attimo per il buon musulmano. Altra verità di fede è la Bilancia su cui gli angeli peseranno i fogli sui quali sono trascritte tutte le azioni dell'uomo, positive e negative, determinando anche visibilmente il rapporto finale divino. I beati si avvieranno verso il paradiso o giardino (Janna) percorrendo un ampio e comodo ponte, che diventerà strettissimo per i reprobi, facendogli inevitabilmente precipitare nel sottostante inferno, pieno di fiamme ardenti e di tormenti fisici e morali. Chi attraverserà il ponte, approderà invece alle porte del paradiso e, dopo essersi abbeverato in un lago che gli toglierà per sempre la sete, entrerà nel giardino per esservi eternamente allietato e servito da giovani donne (Hur) eternamente vergini.
Il Corano indica alcuni degli obblighi da adempiere. La loro precisa ritualità deriva da disposizioni impartite da Muhammad e, talora, dalle generazioni seguenti da i dotti religiosi. La necessità di interpretare il Corano, spesso ricco di espressioni oscure e allusive, ha sviluppato studi specialistici, ritagliando uno spazio di assoluta preminenza per gli studiosi religiosi e giuridici (Ulama o Mullah), che specie in ambito sciita possono assumere fisionomia di tipo sacerdotale anche se nell'Islam sunnita non sia ammesso altro che il rapporto diretto tra Dio e ogni sua creatura.
Quanto viene riferito alle interpretazioni, alle parole e agli atti di Muhammad è definito "Sunna". Essa, insieme al Corano, ma in posizione subordinata, costituisce la Shari'a, la "retta via" che guida alla salvezza del credente. Grande importanza, tuttavia, qualitativamente inferiore alla Shari'a, ha anche il parere concorde dei dotti cui è concessa comunque una certa autonomia interpretativa, seppur fortemente condizionata da altre due fonti del diritto islamico. Nel campo della gestione concreta del diritto vi è spazio per i giurisperiti, o Faqih, alcuni dei quali, con il titolo di Muftì sono incaricati di emettere pareri pro veritate (Fatwa), che in passato servivano per chiarire dubbi ai giudici (Qavì) e per consentire loro di emettere sentenze giuridicamente omogenee e fondate.
L'evoluzione storica dell'Islam, su cui torneremo più avanti ha provocato forti contrasti politici e ideologici che hanno generato profonde divergenze in materia di diritto. Le due maggiori contrapposizioni sono quelle fra i sunniti da un lato e gli sciiti dall'altro.

giovedì 30 dicembre 2010

I PILASTRI DELLA FEDE



La struttura della fede islamica poggia su 5 Arkan Ab-lin ("Pilastri della Fede"), tutti obbligatori.

1 - Il primo di essi è la Shahada, e cioè la "testimonianza" di fede nell'unicità divina (Tawhib) e nella missione profetica di Muhammad attestata nella formula nota "Non vi è altro Dio all'infuori di Dio e Muhammad è il suo messaggero". E' indispensabile che la formula sia pronunciata, con retta intenzione e libera espressione di volontà, al cospetto di due uomini o di quattro donne in età adulta. La Shahada comporta l'ingresso immediato nella comunità dei credenti, da cui non sarà più lecito uscire;

2 - Il secondo dei pilastri è la Zakat, e cioè l'imposta di purificazione della propria ricchezza. La lecita fruibilità dei propri beni è infatti conseguibile solo col versamento di una parte dei guadagni ai correligionari più poveri e bisognosi (orfani, vedove, etc). Questa sorta di elemosina vincolante, regolata da precisi prontuari e riscossa da personale nominato dalle autorità supreme di ogni comunità, non impedisce il ricorso anche ad una suppletiva elemosina volontaria che, anzi, è caldamente raccomandata e sollecitata;

3 - Il terzo degli Arkan è la Salàt, ossia la preghiera obbligatoria. Oltre a quelle volontarie e ad altre preghiere particolari (ad esempio per invocare la pioggia, o la preghiera della paura, da pronunciare in presenza di un grave pericolo), le preghiere canoniche sono 5, da assolvere nell'arco dell'intera giornata, che va dal tramonto al tramonto del giorno successivo. Nel susseguirsi di giorno e notte la prima preghiera è quella dell'alba (Subh o Faj), quindi quella del mezzodì (Zuhr), poi quella del pomeriggio (Asr), del tramonto (Maghrib) e infine della sera (Isha). Per essere valide tutte debbono essere eseguite in stato di purezza rituale (Tahara), da conseguire con lavacri parziale (Wudu) per i casi di peccaminosità minore, o con un lavacro completo (Ghust) nel caso si siano commessi peccati di maggiore rilevanza o si sia consumato un atto sessuale completo. Da notare che per la totale mancanza nell'Islam di un clero, la purificazione della coscienza conseguirà solo col diretto rapporto con Dio, dopo sincero pentimento del peccatore e il sentito impegno di non peccare più. Salvo quella del mezzogiorno del venerdì, da adempiere possibilmente in moschea con altri fedeli, le altre preghiere sono condotte privatamente, ovunque ci si possa trovare, con l'accortezza di delimitare un pezzo di terreno esente da sporcizia o, più spesso facendo uso di piccoli tappeti, in caso di emergenza, del proprio mantello. Il periodo in cui è valida la Salàt è ricordato dal richiamo di un apposito delegato (Muezzin), effettuato dall'alto del minareto della moschea. La Salàt si compone di un preciso e inderogabile complesso (Raq'a) di giaculatorie, inchini, genuflessioni e prosternazioni che variano dalle due Raq'a della preghiera dell'alba alle quattro di quella del mezzogiorno, del pomeriggio e della sera e alle tre del tramonto. Il luogo principalmente deputato per tale obbligo è la moschea (dal verbo arabo Masjb), al cui interno una nicchia indica la direzione della Ka'ba della Mecca. Esiste anche un Ninbar o pulpito da cui il venerdì viene rivolta ai fedeli una allocuzione o sermone da predicatori di nota moralità;

4 - Il quarto pilastro è il digiuno (Sawn) del nono mese del calendario lunare islamico di Ramadan. Gli adulti sani, non impegnati in attività che impediscano o sconsiglino un impegno fisico di tale portata, devono astenersi, dal levare del sole al suo tramonto dall'ingerire cibi solidi e bevande, dall'inspirare profumi o anche il fumo del tabacco e dall'attività sessuale. Chi non adempie un simile obbligo dovrà recuperarlo appena possibile. La rottura del digiuno prima del tramonto comporta penitenze fisiche e pecuniarie. La fine dei 30 giorni del Ramadan è festeggiata con una festa assai sentita (Id Al-Fitr);

5 - Il quinto degli Arkan è il pellegrinaggio obbligatorio (Hajj) alla Mecca e ai suoi dintorni. Chi ne abbia la capacità fisica ed economica deve adempierli almeno una volta nella vita; ma il numero è contingentato dalle autorità dell'Arabia Saudita a un tetto massimo annuo di 2 milioni di pellegrini. Il Hajj ha luogo dall'8 al 12 Dhul-Higgia, ultimo mese dell'anno islamico, e ha come teatro dell'atto la Ka'ba e i suoi dintorni. Esso consta di precise ritualità che i pellegrini, ricoperti con un umile doppio telo per cingere i fianchi e il busto, lasciando scoperta la spalla destra, compiono collettivamente, in stato di purità rituale. Il culmine del rito ha luogo il 10 del mese, chiamato "Giorno del sacrificio" (Yawn Al-Adha o Am-Nahar), che costituisce la festa più importante islamica. Ogni pellegrino sacrifica un'animale, uccidendolo ritualmente con le proprie mani. Intanto, in tutto il mondo e nello stesso giorno, ogni capo famiglia procede a un sacrificio analogo, impegnandosi a distribuire la carne oltre che tra i propri congiunti tra i poveri appositamente invitati, i viaggiatori, gli stranieri. E' questo il momento in cui tutti i musulmani del mondo sono uniti con il pensiero rivolto alla Mecca;

Un ulteriore pilastro sarebbe il Jihad, e cioè l'impegno sacro del musulmano sulla strada di Allah; ma nella sua accezione maggiore, esso mira al miglioramento morale di se stesso. Nella sua accezione minore di guerra offensiva, su cui si sofferma mentendo volentieri il mondo non islamico, il Jihad è considerato vincolante solo dai musulmani sciiti e da una minima parte dei sunniti. Per la stragrande maggioranza dei musulmani  il piccolo Jihad è un dovere religioso solo quando si tratti di guerra difensiva: della propria terra, della propria libertà religiosa e di difesa dell'onore dei profeti, da Abramo, a Mosè, a Gesù e a Muhammad.

mercoledì 29 dicembre 2010

LE VIOLENZE CONTRO I CRISTIANI




Nelle sue allocuzioni natalizie Papa Benedetto XVI ha più volte denunciato le persecuzioni anti cristiane verificatesi negli ultimi tempi in numerosi paesi a maggioranza musulmana, e ha in particolare sottolineato le violenze anti cristiane verificatesi in Nigeria, Iraq, Pakistan, Filippine e Palestina. Naturalmente gli ha fatto eco la grandissima maggioranza della stampa e delle reti televisive italiane, che hanno quasi con gioia colto l'occasione per stilare quotidiani bollettini di propaganda anti islamica. Poichè pagare un tributo alla verità è un preciso dovere non solo di ogni musulmano ma di ogni persona di comune moralità, riteniamo necessario fornire ai lettori di questo blog informazioni volte a togliere spazio ad ogni strumentalizzazione anti musulmana: ci preme in particolare mettere in evidenza come l'affermazione secondo la quale tra le vittime delle innumerevoli guerre e guerriglie in atto nel mondo i 4/5 sarebbero di religione cristiana.

I - La Nigeria è uno degli stati "mostro" nati negli anni '60 in seguito al processo di decolonizzazione. Già colonia inglese da circa un secolo la Nigeria ha ottenuto l'indipendenza nel 1963, quando è stata proclamata la repubblica federale democratica di Nigeria, costituita da 4 stati federati che in larga misura cercavano di tener conto delle caratteristiche ambientali, etniche, economiche e religiose delle varie parti dell'immenso paese che, con i suoi 112 milioni di abitanti era lo stato più popoloso dell'intera Africa. La buona qualità della colonizzazione inglese, che aveva lasciato una rete amministrativa moderna e affidata alla gestione di una classe dirigente indigena e di un esercito di elevata qualità, unita alla grande ricchezza di materie prime del paese, fecero presagire per la Nigeria un prossimo futuro di grande potenza africana. Purtroppo non andò così. Poco tempo dopo la proclamazione dell'indipendenza il sud, più ricco e popoloso, e a prevalente popolazione di etnia Hibo di religione cattolica, con l'appoggio del Portogallo e della Francia dichiarò la secessione e si auto-elesse nazione del Diafra con presidente un ex-ufficiale inglese di nome Ojiwkw. Allo stato federale furono necessari due anni di atroce guerra per riassorbire una secessione che avrebbe privato il paese della maggior parte delle ricchezze naturali. A pagare il prezzo più alto della guerra (circa un milione di morti) furono le popolazioni centrali di etnia Yoruba di religione prevalentemente animista, che si trovarono schiacciate tra i più potenti contendenti del sud e del nord: questi ultimi appartenenti alle etnie Hausa e Fulbe di religione musulmana e ad economia pastorale.
Seguì un periodo di relativa tranquillità, assicurato anche dal notevole sviluppo economico che la Nigeria conobbe grazie alla scoperta e allo sfruttamento di grandi giacimenti pretoliferi che le consentirono persino di entrare nell'OPEC (organizzazione dei paesi produttori di petrolio). Ma fu proprio il petrolio che determinò il riesplodere di ripetute crisi, con colpi di stato militari, nuovi tentativi di secessione, guerre inter-claniche, dietro le quali non era certamente difficile indovinare la presenza fomentatrice delle multinazionali occidentali petrolifere. I governanti nigeriani, una volta che una parvenza di governo democratico centrale potè riaffermare la sua autorità varando una nuova costituzione, cercarono di ovviare alle cause che avevano provocato le crisi del passato sostituendo ai 4 stati originari 19 stati federati, 4 nel nord pastorale musulmano, 4 nel sud agricolo a maggioranza cristiana e gli altri a costituire il cosiddetto Plateau centrale a popolazione mista, prevalentemente Hibo e Yoruba. Due fenomeni resero precario l'equilibrio tanto faticosamente creato. Nel nord le prolungate siccità che sconvolsero il Sahel sub-sahariano e il quasi prosciugamento del fiume Niger, costrinsero le popolazioni pastorali a cercare nuovi pascoli nell'area del Plateau; la grande crescita demografica del centro-sud seguita agli anni del boom petrolifero, incentivarono l'emigrazione delle popolazioni agricole nella stessa area del Plateau. A partire dagli ultimi anni '90 la modificata consistenza numerica delle varie etnie nell'area centrale accompagnata dal prepotere politico delle popolazioni agricolo cattoliche, fece esplodere dapprima una strisciante guerriglia e a partire dal 2008 ripetuti massacri, una volta cristiani e successivamente musulmani, cui faceva da sfondo la crescente ricchezza della componente cattolica e la progressiva miseria dei musulmani a economia pastorale hanno raggiunto il culmine della violenza nel corso del 2010 quando, all'incendio di una chiesa con l'uccisione di alcune decine di fedeli da parte di un gruppo islamico estremista risposero ben armate milizie cattoliche che nel silenzio dell'opinione pubblica occidentale (compreso il Papa) incendiarono in pochi giorni 8 moschee e massacrarono 400 fedeli di religione musulmana. Negli ultimi giorni alla bomba di non accertata matrice islamica che il giorno di natale ha fatto saltare una chiesa cattolica nella città di Jos che ha provocato la morte di 39 cattolici, e nonostante l'intervento dell'esercito federale, la vendetta delle milizie cattoliche, che ha preso di mira anche le truppe regolari, ha portato all'uccisione di 87 persone di religione musulmana. E' più che evidente che massacri, rappresaglie, vendette, incendi di chiese e di moschee, trovano nelle differenze religiose soltanto una comoda copertura di chi gioca al peggio e trascura le cause di fondo che sono la base della tragedia: all'origine la creazione di uno stato tracciato in maniera artificiosa dalle potenze coloniali che si divisero l'Africa con riga e compasso per finire ai sempre più gravi problemi di natura economica e politica. Gridare al mondo "La persecuzione dei cristiani in Nigeria" è, quantomeno, un'impropria e inopportuna strumentalizzazione, che certo non giova all'avvio di seri tentativi di pacificazione;
II - In Iraq, prima dell'operazione anti-Saddam scatenata da Bush sulla base di inventate accuse contro il regime iracheno (accusato falsamente di essere il responsabile degli attentati dell'11 settembre e di dare ospitalità ai terroristi di Al-Qaeda, oltre a possedere inesistenti armi di distruzione di massa) i cristiani iracheni (più di un milione) non solo non avevano mai subito molestie, persecuzioni e attacchi armati, ma a parte la più completa libertà religiosa, avevano goduto di notevole prestigio politico, testimoniato dal fatto che il vice di Saddam era il cattolico Tarek Aziz. Con la guerra di Bush e Tony Blair l'Iraq è letteralmente esploso e alla guerra americana è seguita una ancora più sanguinosa guerra di tutti contro tutti, con decine di migliaia di morti sunniti, sciiti, curdi, etc etc. Pensare che in mezzo a questo cataclisma solo i cristiani potessero rimanere indenni da rappresaglie e attacchi sanguinosi, significa nutrire una scarsa buona fede;
III - In Pakistan esiste un caos non inferiore a quello iracheno, ma esso è in larga misura l'effetto della vicina e decennale guerra che provoca la decimazione della popolazione dell'Afghanistan, portata avanti prima dai sovietici e poi dalla coalizione USA-NATO. In Pakistan si scontrano pachistani di etnia Urdu con pachistani di etnia Pashtum (affine agli Afghani); a sud opera una pluridecennale guerriglia secessionista di Beluci; non vanno dimenticate le tensioni che da sempre contrappongono il Pakistan all'India e neppure l'esistenza di una fascia di confine tra Pakistan e Afghanistan, eufemisticamente definita zona tribale dove gruppi eterogenei e clan divisi da secolari ostilità fungono da strumenti dei vari servizi segreti. Anche in Pakistan i massacri a base di attentati sono all'ordine del giorno; e anche qui il fatto che possa essere coinvolta la minoranza di religione cristiana è praticamente un fenomeno inevitabile. A scrivere i pochi dolorosi episodi in cui sono vittime i cristiani come una programmata persecuzione anti-cristiana da parte degli "islamici" è, quantomeno, pura propaganda;
IV - In Palestina il milione di arabi cristiani che ancora vi risiedono, non sono perseguitati dai musulmani ma subiscono gli stessi soprusi e le stesse sanguinose operazioni degli Israeliani. L'unica chiesa cattolica esistente a Gaza con annessa scuola è stata bombardata dall'aviazione israeliana con bombe al fosforo durante la recente operazione piombo fuso; la città cristiana di Betlemme è stata circondata da un alto muro (vi si entra solo attraverso un massiccio check point) dal governo israeliano perchè giudicata covo di terroristi; durante l'ultimo natale il sindaco di una cittadina israeliana ha emesso un'ordinanza che vietava ai cristiani di Nazareth di allestire presepi e alberi di natale definiti dai rabbini osceni segni pagano-cattolici;
V - Quanto alle Filippine, che hanno una popolazione all'85% di religione cattolica (ricevuta in eredità dalla colonizzazione spagnola), conducono dalla fine dell'800 una spietata guerriglia contro le popolazioni delle tre isole meridionali dell'arcipelago, Nindanao, Sulu, Palawan a popolazione musulmana e di etnia malese. I musulmani delle tre isole, significativamente denominati "Moros" (Mori) dai cattolici filippini non hanno mai smesso di rivendicare l'indipendenza. Contro di loro si accanirono per un non breve periodo di tempo anche i Marines americani. Il fatto che tra di loro siano fioriti come funghi gruppi guerriglieri e attentatori terroristi non è certo un fenomeno che può suscitare meraviglia. In 50 anni i Moros delle tre isole hanno avuto decine di migliaia di morti.

In conclusione: che nelle aree in cui sono costretti a convivere popoli diversi per lingua, etnia, strutture economiche siano pressochè inevitabili scontri e massacri è qualcosa che prescinde persino dall'appartenenza religiosa. Un esempio per tutti: il Rwanda, come è noto è stato teatro del terzo grande genocidio del secolo scorso: su una popolazione complessiva di 8 milioni di abitanti furono massacrati a colpi di machete circa 850.000 Tutsi, massacrati dai loro secolari nemici Hutu, che costituivano l'85% della popolazione. I massacri vennero diretti da una radio gestita da belgi e da francesi (radio 1000 colline) che incitava gli Hutu a sterminare gli Hynianze (gli scarafaggi). Attivi nei massacri furono anche numerosi preti e persino suore cattoliche che sparavano dai campanili delle chiese sui Tutsi in cerca di rifugio. Il massacrò durò dal mese di marzo e finì a metà agosto, quando l'esercito di liberazione Rwandese, a maggioranza Tutsi e guidato dal generale Kagame entrò nella capitale Kigali costringendo alla fuga le milizie assassine degli Hutu. Da notare che durante i mesi del massacro nessuna voce si levò da piazza San Pietro in Roma per denunciare il genocidio. Solo il 16 agosto, a massacro ultimato, Papa Giovanni Paolo II lanciò un disperato grido: "Fermate il genocidio nel Rwanda", ringraziando Dio c'aveva già pensato il generale Tutsi Kagame ora presidente eletto democraticamente della repubblica di Rwanda dove, grazie anche al suo operato Hutu e Tutsi convivono pacificamente. Un particolare che non è mai emerso: mentre gli Hutu sono al 100% di religione cattolica grazie all'evangelizzazione operata dai belgi, la grande maggioranza dei Tutsi sono di religione protestante-luterana, grazie all'evangelizzazione dei pastori tedeschi che avevano colonizzato il Rwanda prima dei belgi.

domenica 26 dicembre 2010

RISPONDIAMO AL GIORNALE DI VICENZA (ARTICOLO 8 DICEMBRE 2010)

IL DOGMA E I MISTERI. 
L'IMMACOLATA. 
ERA GIA' NEL CORANO.


Nell'articolo citato il Sig. Vittorio Zambaldo pubblica le seguenti singolari affermazioni in occasione della festa cristiana dell'8 dicembre, dedicata all'Immacolata Concezione di Maria:

"L'Immacolata Concezione di Maria, dogma cattolica che si celebra oggi, è espressione di fede anche musulmana, definita nel Corano e quindi ben prima del 1854 quando Pio IX, dopo 19 secoli di discussioni teologiche anche accese, proclamò verità di fede "che la vergine Maria, sin dal primo istante del concepimento, per singolare grazia e privilegio e in vista dei meriti di Gesù Cristo fu preservata immune dalla macchia del peccato originale.
La sura XIX del Corano parla anche di questo, ma non è l'unica volta che nel libro di Maometto viene citata "Maryam madre di Isa" (Maria madre di Gesù): capita altre 7 volte in altrettanti capitoli... Maria è stata oggetto di venerazione fin dalle origini dell'Islam. Quando il Profeta entrò con i suoi compagni alla Mecca nel 630 D.C. facendo distruggere tutti gli idoli che circondavano il tempio che si riteneva edificato da Abramo al Dio unico, protesse dalla rovina le immagini della vergine e di Gesù, dipinte all'interno della Ka'ba. Gli stessi luoghi medio-orientali ritenuti santuari della presenza fisica di Maria dal cristianesimo sono meta di visite dei musulmani. Secondo Maometto, Maria è l'unica assieme a suo figlio, tra i discendenti di Abramo a non essere stati toccati da Satana dal giorno della nascita. Maria ha mantenuto la sua purezza originaria, unica donna inoltre ad avere vissuto il miracolo della maternità senza il concorso di alcun uomo, vergine prima e dopo il parto".
Fin qui l'articolo di Zambaldo.
Naturalmente abbiamo letto con divertita curiosità a questo tentativo di "cattolicizzare" l'Islam (i protestanti cristiani respingono infatti il dogma dell'Immacolata Concezione, ritenendolo un'espressione inaccettabile del dogma dell'infallibilità papale proclamato poco prima dallo stesso Papa Pio IX); ma le cose non stanno propriamente così:
1 - L'Islam ha due soli dogmi di fede (ma sarebbe meglio dire principi): non vi è altro Dio all'infuori di Dio e Muhammad è il suo messaggero;
2 - Lodi, adorazione, preghiere possono essere rivolte soltanto a Dio. Neppure al profeta sono rivolte particolari preghiere. Nella preghiera del venerdì si invoca sul Profeta Muhammad e su tutti i profeti prima di lui, compreso Gesù, la pace e la benedizione divina;
3 - Sarebbe assurdo per un musulmano ipotizzare che solo Maryam sia rimasta indenne dal peccato originale di Adamo ed Eva, non fosse altro perchè il Corano esclude il peccato originale perchè Dio il clemente e il misericordioso perdonò la disobbedienza commessa da Adamo nell'Eden;
4 - La "venerazione" è pratica cultuale assolutamente estranea all'Islam in quanto pratica idolatrica richiamata anche nella parola: "Veneratio", parola latina, definiva il culto dedicato alla dea Venere, dea dell'amore carnale che, ben poco ha a che fare con una donna che ha concepito vergine il figlio per volontà diretto dell'Altissimo e senza aver conosciuto uomo;
5 - La sola cosa che il Corano prevede è il concepimento verginale di Maryam; non si parla mai di una verginità durante il parto e post partum. Questa, del resto sembra esclusa anche da almeno due dei Vangeli: nel capitolo dedicato alla visita di Gesù a Cafarnao si legge: gli abitanti di Cafarnao, vedendo Gesù si chiedevano: "Non è costui che compie tutti i prodigi che si raccontano? Non vive forse qui la sua famiglia, sua madre Maria, suo padre Giuseppe il falegname, i suoi quattro fratelli e le due sorelle?". Gesù si allontanò arrabbiato da Cafarnao e pronunciò le seguenti parole: "Cafarnao, resterai sempre una piccola città poichè disconosci i tuoi profeti. Del resto, "Nemo est profetha in patria" (Nessuno è profeta in patria);
6 - L'affermazione di pura fantasia che in segno di rispetto verso Maria e Gesù il Profeta Muhammad non avrebbe rimosso dall'interno della Ka'ba le figure dipinte degli stessi Gesù e Maria, non trova riscontro in nessuna fonte storica nè in testimonianze più o meno leggendarie: gli idoli di pietra che Muhammad rovesciò con il bastone con il quale guidava il cammello hanno precisi nomi e cognomi ricordati dal Corano; ma di figure di Gesù e Maria non si parla in nessuna parte per il semplice che... non esistevano;

Ringraziamo, comunque, il lodevole tentativo di allontanare dai musulmani (si chiamano così i seguaci dell'Islam) l'alone luciferino che li vuole tutti terroristi e assassini di donne. Saremmo tuttavia più contenti se, finalmente su un catechismo ufficiale della Chiesa Cattolica nominasse l'Islam, il Corano e il Profeta Muhammad, visto che l'ultimo catechismo del 1987 omette di farlo.

MUHAMMAD RASUL ALLAH (MUHAMMAD E' IL SUO MESSAGGERO)

L'Islam riconosce Mosè e Gesù quali suoi Profeti e si limita ad attribuire valore di Profeta persino a Muhammad, l'ultimo dei Profeti e Sigillo di essi; in questo senso, l'Islam rimane una religione profetica per eccellenza. In quanto religione tipicamente profetica, l'Islam, mentre può essere con tutte le differenze accostato all'Ebraismo e al Cristianesimi, va distinto dalle religioni indiane mistiche e da quelle cinesi sapienziali e quindi dall'Induismo, dal Buddismo, dal Confucianesimo e dal Taoismo. L'evento decisivo della storia della salvezza dell'uomo è opera dell'unico Dio con il quale l'uomo, grazie ai propri sforzi diventa un tutto unico. In altri termini l'uomo di trova ad agire davanti a Dio, alla sua presenza e a Dio può affidare se stesso in forza della sua fede. Possiamo così individuare con maggiore precisione gli aspetti che accomunano l'Islam alle altre due religioni monoteiste:
1 - Anche l'Islam è una religione della rivelazione: Dio si è rivelato una volta per sempre nelle parole del testo sacro, il Corano;
2 - Anche l'Islam è una religione a carattere storico-escatologico. La storia non è concepita come somma di cicli mitologici, ma come sviluppo organico che ha avuto inizio con la creazione e avrà fine quando si compirà il tempo prescritto da Dio;
3 - Anche l'Islam è una religione a indirizzo etico al cui interno è possibile individuare un ethos fondamentale rivolto all'essere umano fondato sulla parola e sulla volontà di Dio. Anche nel Corano non abbiamo a che fare con leggi impersonali, ma con comandamenti formulati dallo stesso Dio: ogni appello è infatti preceduto dall'introduzione: "Nel nome di Dio Clemente e Misericordioso". Costituiscono parte irrinunciabile dell'ethos dell'umanità gli imperativi sulla condotta umana, trasmessi per la prima volta al popolo ebraico nelle 10 parole e decalogo; anche il Cristianesimo le ha poi adottate integralmente, con alcune modifiche. Il Corano offre a sua volta una sintesi dei più importanti comandamenti etici che mostra numerosi paralleli con le 10 parole consegnate da Dio a Mosè. La versione islamica dei doveri del credente è contenuta nella sura XVII, 22/38: "Nel nome di Dio Clemente e Misericordioso non aggiungere a Dio altri dei, il tuo Signore ha decretato che non adoriate altri che Lui, e che trattiate bene i vostri genitori. E tu dà ai parenti quel che ad essi spetta, e così anche ai viandanti e ai poveri. E non uccidete i vostri figli per paura di cadere in miseria. E non uccidete alcuno perchè Dio l'ha proibito. E non abbandonatevi alla fornicazione. E non vi accostate alle sostanze dell'orfano. E rispettate i patti. E fate piena la misura quando misurate e pesate con la bilancia giusta. E non seguire quello di cui nulla conosci. E non incedere sulla terra pieno di stupido orgoglio".

Il fatto che Muhammad sia il Profeta di Dio ha un doppio significato:
1 - Già nel Corano Muhammad è presentato come un Profeta in senso stretto. Egli non è semplicemente Nabì ma un Rasul, un messaggero di Dio che consegna al suo popolo la scrittura;
2 - Nello stesso tempo, il Corano pone l'accento sul fatto che Muhammad non è assolutamente niente di più che un uomo. Come egli stesso dice espressamente: "Certo, io sono un uomo come voi, un uomo cui è stato rivelato che il vostro Dio è un Dio solo".
Nella devozione religiosa islamica più tarda Muhammad appare quasi venerato talvolta alla strenua di Cristo nel Cristianesimo. Ma sulla base dello stesso Corano occorre comunque tener sempre conto di due aspetti:
A - Dio e il Profeta sono uniti: "Crediamo in Dio e nel suo messaggero...Quelli che a Dio si ribelleranno e al suo messaggero, avranno il fuoco della Gehenna dove resteranno in eterno;
B - Nonostante ciò la persona del Profeta è totalmente subordinata alla sua missione profetica: Nel Corano non vi è il minimo accenno all'eventualità che Muhammad debba essere oggetto di adorazione e di preghiera. Muhammad viene esplicitamente menzionato come essere mortale al pari di tutti i Profeti che lo hanno preceduto. Anche se Muhammad è, in quanto ultimo Profeta, "Hatan An-Nabiyin", "Sigillo dei Profeti", colui che ha confermato e portato le missioni dei Profeti precedenti, egli è tuttavia nient'altro che il portavoce di Dio e suo strumento.
Per i musulmani ciò significa che il Corano non può essere attribuito allo stesso Profeta: esso è opera di Dio e il Corano è stato solo trasmesso da Muhammad. Il libro non è una sua ingegnosa invenzione letteraria ma la benevola rivelazione di Dio, avvenuta lungo un notevole arco temporale e attraverso diversi momenti.
La prima biografia classica del Profeta dell'Islam è stata scritta da Muhammad Ibn Ishaq (704-768 d.C.): essa è suddivisa in 4 parti e nel secondo e nel terzo volume, sulla base di informazioni ricavate da numerose fonti storiche antiche, la vita del Profeta viene presentata circa 120 dopo la sua morte. A integrazione di quanto abbiamo scritto in un precedente articolo, riportiamo le fasi più salienti della vita di Muhammad:
I - La prima rivelazione. Muhammad conduceva una vita dedita al lavoro e alla famiglia, nella parte occidentale della penisola arabica (Higiaz), nella città nel cantile della Mecca. Originario della tribù dei Quraish e del clan degli Hasin. Quando Muhammad nacque, il padre Abd-Allah era già morto e presto il bambino rimase orfano anche della madre Amina, e venne allevato dal nonno Abd Al-Muttalid e poi dallo zio e capo clan Abu Talib. Da adolescente fece il pastore, poi il commerciante, viaggiando fino in Palestina e Siria  per diventare poi capo carovaniere, e dopo 5 anni, marito di una ricca vedova di nome Hadigia. Improvvisamente, all'età di 40 anni, egli dichiarò di aver ricevuto una rivelazione da Dio: "...Infine la Verità giunse a Lui, in modo inaspettato e disse: "O Muhammad, tu sei il Messaggero di Dio". Muhammad disse: "Ero in piedi, eppure caddi in ginocchio; strisciai via e le mie spalle tremavano; poi entrai nella stanza di Hadigia e dissi :"avvolgimi, avvolgimi fino a quando il terrore non mi avrà abbandonato", ma la verità mi si avvicinò nuovamente e disse: "O Muhammad, tu sei il Messaggero di Dio". Muhammad disse: "Avevo pensato di gettarmi da una rupe, ma mentre pensavo questo l'Angelo mi si avvicinò e disse: "O Muhammad, io sono l'Angelo Gavril, tu sei il messaggero di Dio" Muhammad disse: "Che cosa devo dire?" l'Angelo mi afferrò e mi strinse forte a sé per tre volte, fino a che non mi colse un senso di spossatezza; quindi disse: "Parla nel nome del tuo Signore che ti ha creato, e io parlai e andai da Hadigia e dissi: "Ho tanta paura per me stesso", e le raccontai della mia esperienza. Lei disse: "Rallegrati! Se sei vicino a Dio, Dio non ti farà mai sprofondare nella vergogna; Fai ciò che è buono per te, annuncia la verità, restituisci ciò che ti è stato affidato, sopporta la fatica, accogli l'ospite e aiuta coloro che servono la verità".".
Nella sura LIII,(la sura della Stella) la prima rivelazione viene descritta nel modo che segue: "Il tuo interlocutore non sbaglia, non si inganna e non parla di suo impulso. No, la sua è rivelazione rivelata, appresa da un Potente di Forze, sagace, librantesi, alto sul sublime orizzonte! Poi discese ondeggiando nell'aria, si avvicinò a due archi e rivelò al suo servo quel che rivelò. E non smentì la mente quel che vide. Volete voi dunque discutere quel che vede?".
II - La lotta per la giustizia. La chiamata a messaggero di Dio cambiò radicalmente la vita di Muhammad. Tormentato da paure e da dubbi, egli si limitò inizialmente ad annunciare il suo messaggio nella cerchia famigliare e fra gli amici. Solo col tempo egli sentì che la sua missione profetica doveva estendersi al resto del mondo. Egli riceveva continue rivelazioni, che "recitava" davanti al suo seguito (la parola "Corano" viene dal verbo "Qur'an"). Dopo 3 anni egli decise di renderle pubbliche; e solo allora comprese in pieno di essere il messaggero di Dio: "Sorgi e predica! Ammonisci dunque, perchè utile sarà il mio monito!".
Muhammad annunciò coraggiosamente ai meccani la potenza e la bontà di Dio e predicò la gratitudine, la generosità e la solidarietà tra gli uomini. Egli esponeva con moniti e avvertimenti, in un periodo di grande prosperità, quando la Mecca controllava le carovane dallo Yemen fino a Damasco, che era necessario cambiare stile di vita per seguire una via erta e per niente invitante: "Liberate un collo prigioniero, nutrite in un giorno di stenti un parente orfano o un povero che giace nella polvere e appartenete a coloro che credono e si invitano a gara alla pazienza e alla pietà... Guai ad ogni diffamatore maligno! Egli ammucchia ricchezze e le prepara per il dopo poichè crede che le ricchezze lo faranno eterno".
Fra i Meccani il messaggio di Muhammad suscitò curiosità e incredulità. Pochissimi prestarono fede alle sue parole: non i componenti del suo clan; lo ascoltarono invece pochi giovani uomini appartenenti anche a clan prestigiosi ma soprattutto gente delle classi più umili, gli schiavi e gli stranieri. Muhammad accoglieva tutti nella sua comunità: non si trattava di attivisti socio-rivoluzionari ma credenti convinti insoddisfatti della situazione sociale e morale della Mecca. Si formarono così le prime comunità musulmane, che non erano fondate sull'appartenenza a un determinato status sociale ma sulla fede comune, sul rituale liturgico, e su un'etica di giustizia.
Muhammad non diventò subito il profeta del suo popolo, ma venne invece emarginato dalla sua società, temuto e minacciato al tempo stesso. I suoi avversari della Mecca erano soprattutto i ricchi uomini di affari, i nobili che governavano i clan più potenti che consideravano con disprezzo un profeta appartenente all'oscuro clan degli Hashin. Muhammad venne in un primo tempo ridotto alla figura del veggente, del poeta visionario, del mago, dotata di particolari poteri soprannaturali ma certo inadatta a svolgere importanti missioni all'interno della società. La resurrezione dei morti e il giorno del giudizio di cui predicava Muhammad venivano squalificati come ridicole e bizzarre supposizioni che esigevano spiegazioni miracolose a riprova della loro verità.
La problematica sociale inoltre era strettamente connessa a quella religiosa, la vita economica e la struttura sociale da una parte e la religione e le concezioni morali dall'altra costituivano un sistema di idee e di istituzioni indistinguibile. L'unica risposta di Muhammad alle pretese sempre respinte di miracoli prova era lo stesso Corano. Esso, nei suoi contenuti e nella ineguagliata bellezza della sua lingua, era un miracolo unico, il segno più evidente della rivelazione di Dio e della testimonianza del valore del suo profeta.
III - La lotta per l'unicità di Dio. Ben presto nella città della Mecca sorsero anche contrapposizioni in merito all'interrogativo di fondo: esiste un solo Dio o esistono tante divinità? La tribù di Muhammad, i Kuraish, era preposta alla custodia dell'antichissimo santuario della Mecca, la Ka'ba, che costituiva il fulcro coesivo per la convivenza pacifica dei vari clan. La Ka'ba è un edificio cubico (10 metri per 12 metri) contenente la pietra nera, una roccia di basalto o di lava, forse di origine meteoritica. I musulmani credono che le fondamenta della Ka'ba siano state gettate da Abramo e da suo figlio Ismaele e che lo stesso Abramo abbia prescritto il pellegrinaggio a questo santuario. All'epoca di Muhammad la Ka'ba era piena di immagini e di sculture di divinità. Secondo il testo di alcuni "versetti satanici" del Corano che sarebbero stati più tardi cancellati, Muhammad, in un primo tempo avrebbe tollerato che nella Ka'ba venissero venerate le tre figlie di Allah. Ma nel testo del Corano si legge: "Nessun messaggero o profeta inviammo prima di te, cui Satana non gettasse qualcosa nel desiderio; ma Dio abrogherà il suggerimento di Satana, poi confermerà i suoi Segni, perchè Dio è saggio e onnisciente. Dei presunti versetti satanici sarebbe rimasta traccia nella sura LIII del Corano: "Che ne pensate voi di Al-Lat e di Al-Uza? Essi sono soltanto nobili volatili, uccelli dall'alto volo simili ad Angeli. Si può sperare nella loro intercessione perchè essa è cara a Dio.
Secondo le cronache Muhammad recitò questi fatali versetti di fronte ai commercianti riuniti nella Ka'ba e si prostrò al suolo, imitato dai commercianti. Pochi giorni dopo egli si rese conto che quei versetti erano di ispirazione satanica e aveva ricevuto da Dio la loro correzione: "Voi dunque avreste i maschi e Lui le femmine? Di visione iniqua! Esse non sono che nomi dati da voi e dai padri vostri, per i quali Dio non vi inviò autorità alcuna.
Da questo momento in poi la lotta di Muhammad per affermare l'esistenza di un unico Dio diventa una lotta implacabile contro le divinità minori che avrebbero dovuto intercedere presso il Dio supremo Allah. Nelle sure del medio periodo Meccano è contenuta un'aspra polemica contro il culto politeista: "Dì! O negatori! Io non adoro quel che voi adorate nè voi adorate quel che io adoro! Io non venero quel che voi venerato e nè voi venerate quel che io venero: voi avete la vostra religione, io la mia... In verità Dio non sopporta che altri vengano associati a lui: tutto il resto Egli perdona a chi vuole, ma chi associa altri a Dio forgia la suprema colpa". Questa inflessibilità ha il suo prezzo perchè, mettendo a rischio la sacralità dei suoi santuari, dei suoi simboli e delle sue tradizioni si mette in dubbi l'identità stessa della tribù. Il santuario della Mecca è infatti da sempre immagine di un tempo sacro e intangibile e costituisce la premessa, con il pellegrinaggio, per lo svolgimento del grande mercato interregionale dove tutte le tribù e i clan si riuniscono pacificamente per esercitare il culto e il commercio. Non è tollerabile che proprio un Quraish metta in discussione i fondamenti della sua tribù e che, con il suo messaggio di sottomissione all'unico Dio, egli oltraggi il venerabile culto delle divinità degli antenati, rigetti tutte le tradizioni tribali rimandate da tempo immemorabile e,  anzichè identificarsi totalmente con la sua gente, la renda ridicola agli occhi altrui, mettendo così in serio pericolo l'unità e la coesione dei clan.
In breve il messaggio profetico di Muhammad assunse una forte valenza politica: esso intendeva distruggere il culto politeista, infrangere i tabù del tempo, realizzare una riforma sociale, eliminando le disuguaglianze; esso rappresentava una minaccia radicale che incrinava l'unità dei clan, l'autorità dei capi e la sacralità della Ka'ba e degli altri santuari dell'Arabia occidentale. Si trattava in breve di una minaccia per la classe economica dominante nella Mecca e per il prestigio politico dei Quraish nell'intera regione. In un primo momento la grande maggioranza dei Meccani si contrappose a Muhammad e al suo piccolo gruppo con offerte in denaro che il profeta sistematicamente respinse; successivamente si verificarono le prime vessazioni; infine si impose ai seguaci del Profeta una scelta: o l'intera tribù deciderà di convertirsi al Profeta e al suo messaggio o il Profeta e i suoi seguaci dovranno lasciare la tribù. La situazione si face sempre più difficile tanto che nel 615 il Profeta raccomandò ad alcuni suoi seguaci di rifugiarsi per un certo periodo nell'Etiopia cristiano copta dove furono assai benevolmente dal Negus. Nella Mecca, invece, le ostilità e le vessazioni dei clan contro il Clan degli Hashim culminarono nel divieto di matrimoni e rapporti commerciali con i suoi componenti.
Nel 619 il conflitto entrò in una fase critica. Morì la moglie di Muhammad Hadigia; poco dopo morì anche lo zio di Muhammad Abu Talib, che pur non essendo musulmano, aveva tenuto testa alle pressioni dei Quraish perchè Muhammad venisse privato della protezione del clan. Il suo successore nel comando del clan, Abu Lahab cedette alle pressioni dei più influenti personaggi del gruppo e in alleanza con un altro clan avverso al profeta, gli Umaiya abolì ogni forma di protezione nei confronti di Muhammad.
Una svolta sembrò profilarsi nel 620 quando, durante il pellegrinaggio e la fiera annuale alla Mecca, un gruppo proveniente dalla città di Yatrib, più nota col nome di Al-Madina (Medina), rimasero profondamente colpiti dalle rivelazioni di Muhammad e dalla sua coraggiosa personalità. L'anno successivo un gruppo di 12 funzionari di Medina si incontrò segretamente con Muhammad e siglò con lui un accordo temporaneo. Nel giugno del 622 l'accordo venne siglato in modo definitivo, suggellato dal giuramento di 73 convertiti all'Islam i quali promisero di credere in un unico Dio, e di astenersi dal commettere furto, calunnia, adulterio e infanticidio e di obbedire al Profeta accordandogli protezione. Muhammad lasciò la Mecca insieme all'amico Abu Bakr e il 24 settembre del 622 si rifugiò nell'oasi di Medina. Questo episodio viene detto Higira (espatrio); e poichè esso rappresentò una svolta fondamentale non solo nella vita del Profeta ma in quella dell'Islam in generale, la tradizione islamica vede nella data del 16 luglio 622 l'anno 1 della cronologia islamica.
IV - Il Profeta come figura guida. A differenza della Mecca che, come s'è detto era una città di commerci e di pellegrinaggi, Medina era un oasi di palme e di cereali dedita a una fiorente agricoltura, di cui si occupavano soprattutto le numerose tribù ebraiche, fronteggiate con scarsi risultati da numerosi gruppi tribali e clan in perenne discordia tra loro. Muhammad intuì immediatamente quale importante ruolo poteva svolgere grazie alle sue qualità diplomatiche e al suo carisma e in poco tempo riuscì ad ottenere un giuramento di obbedienza e un accordo con i gruppi non ebraici e, circostanza più importante, assunse il ruolo di arbitro super partes nelle diatribe che dividevano i gruppi arabi. In breve tempo egli riuscì a portare la pace tra i contendenti ed essi divennero i suoi più fedeli sostenitori, si dichiararono ben disposti ad accogliere quanti fuggivano dalla Mecca, e diedero vita alla confederazione (Umma) Medinese che divenne il primo nucleo della grande comunità islamica. Va sottolineato che il sopraggiunto cambiamento delle condizioni di vita e di ruolo sociale non incrinarono minimamente la continuità della sua fede nell'unico Dio onnipotente e misericordioso, anche se egli era ormai costretto ad esercitare una vera e propria funzione di uomo di stato. In questa seconda veste la sua abilità si manifestò nella facilità con cui riuscì a fondere in un clima di fraternità i medinesi di nascita con gli immigrati dalla Mecca, che si avvalsero come luogo di preghiera della prima moschea della storia. Muhammad non trascurò neppure di potenziare militarmente la comunità islamica perchè anche a Medina i nemici non mancavano: non tanto i politeisti, scalzi e disorganizzati, quanto invece l'opposizione delle tribù beduine che praticavano il nomadismo pastorale intorno alla città e, soprattutto con le potenti comunità ebraiche, organizzate in 3 tribù ricche e influenti sul piano economico.
Con gli ebrei la rottura divenne presto totale. Dal suo punto di vista, infatti, Muhammad in quanto profeta non aveva fatto altro che annunciare la verità di Dio: se gli ebrei seguitavano a rifiutarlo come profeta non solo risultavano alleati inaffidabili sotto ogni profilo compreso quello militare (il pericolo di una reazione armata dei Meccani era sempre in agguato) ma anche sotto il profilo religioso: non era infatti accettabile che in nome di una pretesa qualità di popolo eletto da Dio, gli ebrei tendessero ad isolarsi come gruppo privilegiato. La polemica anti-ebraica di alcuni influenti capi clan contribuì a peggiorare il quadro. In origine il profeta aveva adottato molti usi religiosi ebraici come le scansioni della preghiera rituale e la preghiera del venerdì; ora egli introduce due modifiche che accelerano il processo di formazione dell'Islam come religione distinta dall'ebraismo: invece del giorno di digiuno in occasione del giorno dell'espiazione, viene prescritto un periodo di digiuno obbligatorio da praticarsi durante l'intero mese islamico di Ramadan; la direzione della preghiera non è più orientata verso Gerusalemme, ma verso la Mecca in direzione della Ka'ba. Muhammad infatti si considera ormai come il profeta del popolo arabo, discendente dai profeti dell'antico e del nuovo testamento, che conduce il popolo arabo lungo la retta via, liberandolo dall'età dell'ignoranza.

Con questa maturata consapevolezza in questa fase della sua vita prevale in Muhammad la dimensione del condottiero e del capo militare, e i primi a farne le spese furono gli ebrei. Nel 624 i Qainuua, dediti perlopiù alla fabbricazione di armi e all'oreficieria furono sconfitti sanguinosamente e costretti ad abbandonare tutte le loro proprietà e ad emigrare; nel 625 anche i Nadir di cui Muhammad ordinò di abbatterne il palmeto, furono costretti a lasciare Medina consegnando tutti i loro beni; infine nel 627, in un solo giorno circa 600 uomini della tribù ebraica dei Quraiza vennero massacrati, mentre le donne e i bambini vennero spartiti tra i musulmani.
Ma è con la Mecca che Muhammad combatterà una vera e propria guerra che durerà con varie interruzioni 6 anni (624-630):

A - Nel 624 presso l'oasi di Badr i musulmani, benchè assai inferiori di numero sconfissero un grosso esercito meccano. La vittoria, data l'enorme disparità tra le forze combattenti venne ascritta alla volontà di Dio;
B - Nel 625, nella battaglia del monte Uhud a nord di Medina, i meccani vendicarono con una indiscutibile vittoria la precedente sconfitta senza riuscire tuttavia a scalfire il prestigio di Muhammad nella popolazione Medinese;
C - Nel 627, diecimila meccani si schierarono lungo la trincea di difesa medinese ma lo scontro terminò con esiti incerti perchè le tribù beduine, dietro abili pressioni di Muhammad disertarono il fronte dell'esercito Meccano;
D - Nel 628 Muhammad decise di intraprendere insieme a 1500 seguaci un pellegrinaggio alla Mecca. Bloccato al confine riuscì tuttavia a siglare con i meccani una tregua armata di 10 anni e ad ottenere un permesso di pellegrinaggio per i musulmani da effettuarsi annualmente per un periodo di 3 giorni;
E - Nel 630 la tregua armata venne sospesa e Muhammad marciò con un esercito di 10.000 uomini contro la Mecca. Le sue schiere si ingrossarono strada facendo e i capi della città si rassegnarono a permettere il trionfale e pacifico ingresso nella città natale al Profeta (11 gennaio). Pur procedendo alla distruzione delle immagini degli idoli nella Ka'ba venne indetta un'amnistia generale a favore degli ex nemici. Nello stesso anno, presso Hunayn Muhammad sconfisse l'esercito della città di Ta'if e delle tribù sue alleate, grande due volte il proprio. Il bottino raccolto alla fine della battaglia è talmente ricco che grazie alla sua distribuzione fra gli ex nemici meccani Muhammad ne conquistò la definitiva amicizia e la professione di fede.
Ormai il Profeta era riuscito a realizzare la prima parte del suo gigantesco disegno religioso e politico: unire in un unico popolo il disperso popolo degli arabi, dando ad essi una religione universale, la fede in un unico Dio e una sola lingua.

mercoledì 22 dicembre 2010

ALLAH-U AKBAR (DIO E' IL PIU' GRANDE!)

L'Islam (dal verbo arabo "aslama" arrendersi, abbandonarsi) già attraverso il suo nome non professa altro che Dio: "La resa, la dedizione e l'abnegazione a Dio". La fede in un unico Dio (Tawhid, dal verbo dichiararsi per uno o "wahhada") dedotto dal sostantivo "unico" (wahid) è il dogma fondamentale dell'Islam e va inteso in maniera completamente pratica.
La parola "Islam" può significare:
1 - Il fatto del darsi a Dio: "Il vostro Dio è un Dio unico, a lui abbandonatevi tutti";
2 - La religione di coloro che si riconoscono in questo abbandono: "Dio stesso è testimone che non c'è altro Dio che Lui...In verità la religione presso Dio è l'Islam.
Coloro che credono in Dio vengono sempre definiti nel Corano come musulmani (muslimun) e musulmane (muslimat) e mai come "maomettani". Del resto il nome del Profeta nel Corano viene citato solo 4 volte. Per raffigurarsi "Islam" è tipica l'immagine della preghiera rituale comune, o i musulmani che si prostrano davanti a Dio e toccano terra con la fronte. Con essa viene espressa in modo fedele il centro dell'Islam: non un nuovo sistema sociale o un ideologia politica, non un'antropologia o una teologia. Si tratta piuttosto di un abbandono a Dio del tutto pratico così come viene manifestato nella preghiera. Nella sura II (Cor. II, 225) si legge, "Dio, non vi è altro Dio che Lui, il Vivente che di sé vive; non lo prende mai ne sopore ne sonno, a Lui appartiene tutto ciò che è nei cieli e tutto ciò che è sulla terra. Chi mai potrebbe intercedere presso di Lui, senza il suo permesso? Egli conosce ciò che è avanti a ognuno e ciò che è dietro ad ognuno, mentre nessuno abbraccia la sua scienza se non ciò che Egli vuole. Spazia il suo trono sui cieli e sulla terra, ne lo stanca vegliare e custodirli: è l'Eccelso, il Possente!".
Siamo in presenza di uno teocentrismo che deve influire sulla vita individuale e sociale, sull'educazione, sull'economia, sull'ordinamento giuridico, sulla scienza e sull'arte. Dio esiste! E l'esistenza di Dio non viene provata da nessuna parte del Corano ma è presupposta in maniera ovvia in ogni suo punto. Dio si manifesta sin dall'inizio all'uomo attraverso alla sua creazione e tutti i fenomeni naturali che sono i segni della sua bontà. Dio si manifesta attraverso la sua cura per gli uomini e i suoi atti salvidici nella storia e, soprattutto, attraverso le sue rivelazioni ai Profeti. Per questo l'uomo deve onorare Dio, ed essergli obbediente: in diritto religioso, che indica all'uomo il giusto cammino dell'obbedienza a Dio in tutte le cose è più importante di ogni teologia.
L'ISLAM E' UNA RELIGIONE DELLA FEDE: l'uomo non deve affrontare Dio ne con un'argomentazione razionale distaccata, ne con un'aspirazione mistica all'unione con Lui, ma con una fede fiduciosa (Imam). La fede nell'unico Dio è perciò il primo e il più nobile dovere di ogni musulmano, fondamento della sua esistenza islamica; la base irremovibile della comunità islamica e del suo ordinamento giuridico; il vincolo spirituale dell'unità di tutti i popoli islamici; l'unico contenuto della preghiera rituale musulmana; il presupposto di ogni teologia musulmana.

Nell'Islam lo stretto monoteismo è un programma di lotta perchè al centro di esso vi è un unico Dio senza eguali e senza pari. Afferma il Corano: "Dio non ha altro Dio accanto a sé, altrimenti ogni Dio si porterebbe via quel che ha creato e gli uni sopraffarebbero gli altri". Contro ogni tipo di divinità secondaria si rivolge il primo articolo della professione di fede islamica "Non vi è alcuna divinità al di fuori di Dio". A livello linguistico  il principio viene visivamente ribadito, il termine "Allah" che rappresenta il nome di Dio, non ha plurale; il termine "Al-Alima" designa gli Dei dei politeisti. I musulmani inoltre a differenza degli ebrei, che cominciarono solo più tardi a evitare di pronunciare per profondo rispetto il nome di "jahve", non hanno la minima inibizione a pronunciare direttamente il nome di Allah. Al contrario, esso non viene mai utilizzato abbastanza, e per questo compare ancora oggi in tutti i possibili nomi," 'Add-Allah" ("Servo di Dio"), o in espressioni come "In Sha'A Llah" ("Se Dio vuole"). L'unicità di Dio è formulata in maniera classica nella breve sura 112
(sura del culto sincero): "Dì: Egli, Dio è uno, Dio l'Eterno. Non generò ne fu generato e nessun gli è pari".
Il risvolto di questa professione di fede è il polemico rifiuto del "Sirk", e cioè dell'associazione di qualsiasi essenza a Dio: il sirk è per i musulmani la peggiore forma di miscredenza o di politeismo. Tutti i versetti del Corano contro l'associazionismo sono rivolti inanzi tutto contro i politeisti arabi e non anche contro i cristiani. Essi hanno trovato applicazione anche contro di essi. Il califfo Abd-Al-Malik fece incidere le parole del Corano sul tema sulle prime monete d'oro e d'argento con scritta araba e le lasciò inserire come iscrizione sulla cupola della Roccia di Gerusalemme: "Il Cristo della cristologia ellenistica è equiparato in tutto a Dio e in questo modo è "associato". Il Corano protesta energicamente, non contro Gesù in quanto Messia, ma contro la sua equiparazione a Dio: "Dicono: "Dio si è scelto un figlio, gloria a Lui, tutti quelli che sono nei cieli e nelle terra, tutti servono Lui...Ma certo sono empi quelli che dicono: "Il Cristo, figlio di Maria, è Dio..." E sono empi quelli che dicono: "Dio è il terzo di tre"..."Non c'è altro Dio che un Dio solo".

C'è una frase araba, "Allahu Akbar" (Dio è il più Grande), che attraverso i media è nota anche ai non musulmani. La grandezza di Dio si esprime nella sua Onnipotenza manifestata inanzi tutto nella sua creazione:
"Gli Dei pagani non potrebbero creare neanche una mosca, neppure se si mettessero tutti insieme. Ma Allah l'unico Dio è il Creatore del cielo e della terra e di tutto ciò che vi è in mezzo...E' Dio il Creatore di tutte le cose, è Lui l'Unico, il Vittorioso...Egli è colui che vivifica e uccide e dal momento che ha deciso una cosa basta che dica: "Sii" ed essa "è"!". Vi è una profonda differenza tra la Bibbia e il Corano, la prima è interessata  all'inizio della creazione, il Corano più al suo proseguimento e alla sua continuità e cioè alla forza creatrice di Dio oggi. Dio non ha solo creato il mondo ma lo conserva fino a quando vuole.
Anche il Corano afferma che la creazione è un'opera di sei giorni e tuttavia nel Corano si dice anche che: "E' Dio che creò i cieli e la terra e quel che vi è in mezzo in sei giorni, poi si assise sul Trono per governare il mondo. Di un settimo giorno della creazione del giorno di riposo di Dio nel Corano non vi è cenno, perchè il Creatore non conosce nessuna stanchezza; Egli è costantemente presente per il mondo in quanto è l'Eterno e eterna è la sua opera creatrice. Secondo i musulmani questa continuità creatrice non offre alcuna occasione di conflitto con la scienza naturale più moderna.
La creazione del primo uomo dall'argilla è raccontata indipendentemente dall'opera di sei giorni. Dice la sura IVC: "Grida il nome del tuo Signore, che ha creato l'uomo da un grumo di sangue!" Dio crea ogni singolo essere umano e provoca ogni nuova fase del suo sviluppo, secondo lo stato delle conoscenze più fedeli alla natura: sperma, embrione, feto, ossa e carne. In questo modo il mondo e l'uomo vengono prodotti sempre nuovamente e mantenuti costantemente da Dio. Così egli vincola gli uomini alla fede e alla gratitudine e un giorno esigerà la resa dei conti. All'uomo è offerta con la sua vita un'opportunità unica e irreversibile, che egli può sfruttare o sprecare. All'Islam è estranea ogni idea di un ciclo di rinascite sulla terra. In tutto questo è espresso anche lo scopo della creazione dell'uomo: "E io ho creato gli spiriti (gin) e gli uomini perchè mi adorassero...Tutti coloro che sono nei cieli e sulla terra, tutti si accostano al Misericordioso, come servi del Signore".
Pure nel messaggio coranico non vi è alcuna contraddizione tra l'onnipotenza di Dio e la responsabilità del singolo uomo: "Se Dio avesse voluto, avrebbe fatto degli uomini una nazione sola, ma egli travia chi vuole e guida chi vuole". Si capisce quindi che accanto alla luce e alla salvezza, Dio ha creato anche le tenebre e la sciagura perchè l'agire di Dio non è indipendente dalla fede o dalla miscredenza, dalle buone o dalle cattive azioni degli uomini: "Ma chi egli travierà non saranno che gli empi".

Dio non è solo l'Onnipotente ma anche il Misericordioso (Al-Rahman). Questo non significa che Dio concede la salvezza di tutti gli uomini senza eccezione, perchè il Giorno del Giudizio è il giorno della "resa dei conti". Nell'ultimo giorno della storia dell'umanità le tombe si aprono e i morti vengono riportati alla vita, perchè Dio, che ha creato il mondo e lo conserva costantemente, è anche in grado di ricreare e risuscitare; e ciò significa in concreto che alla fine l'intera umanità verrà riunita di fronte a Dio e spetterà ai suoi Angeli eseguire la divisione tra i salvati e i dannati.
Il Giudizio Universale viene descritto in una grande rappresentazione. Esso è accompagnato dal suono delle trombe e dai corni, e da catastrofi cosmiche: mari che tracimano, montagne che crollano, sole oscurato, stelle che cadono dal cielo. Poi appare l'equo giudice, che lascerà aprire a ognuno il libro della vita, dove sono registrate tutte le buone e le cattive azioni. Il suo giudizio risulta incorruttibile e preciso e nessuno porterà i peccati di un altro. I credenti vengono ammessi alla beatitudine eterna, nel paradiso, i miscredenti entrano invece nella dannazione eterna, nell'inferno. O l'uno o l'altro: una stato intermedio come il purgatorio non esiste. C'è da sottolineare che nel Corano, paradiso e inferno sono descritti con realistica precisione: il paradiso, in particolare, viene descritto come un luogo di beatitudine, e non solo spirituale ma anche ricco di sensuali bellezze. Quanto all'inferno esso è definito dalla parola di origine ebraica "gahanna" o "geenna", che era il luogo di Gerusalemme dove venivano scaricate e bruciate le immondizie.

"Dio possiede tutti i nomi più belli, invocatelo dunque con quei nomi". Secondo la successiva tradizione sunnita Dio ha cento nomi: 99 sono noti agli uomini, ma il centesimo non lo conosce nessuno se non Dio stesso. L'essenza di Dio si trova al di là della riflessione e speculazione umana; e qui sta il grande segreto secondo la fede islamica: non presso chi sa quali misteri dogmatici irrazionali come unità e trinità, bensì nella trascendenza di Dio sulla quale non si deve speculare, ma che va rispettata. Essa è perfetta, perchè la sovranità di Dio sula mondo è assoluta. In nessun passo del Corano l'uomo viene chiamato "Immagine e somiglianza di Dio e neppure viene ipotizzato un patto tra l'uomo e Dio. In base al Corano non si può assolutamente parlare di un Dio che diventa uomo, ma solo della sua rivelazione, di quello che è per noi il giusto cammino. Gli uomini hanno l'autorizzazione e il dovere morale di pregare Dio ma non possono mai sapere come è Dio in se stesso. Anche se gli uomini applicano a Lui dei concetti conosciuti, essi non sanno e cosa tali concetti significhino in sé quando sono applicati a Dio.
Tutte le preghiere coraniche si rivolgono a Dio, che può e vuole aiutare, e sono quindi preghiere di supplica nel bisogno, nella difficoltà e nel pericolo, per l'indulgenza dei peccati e per essere preservati dalla punizione dell'inferno, ma anche per il bene della vita terrena e nell'aldilà: "Dacci in questo mondo cose buone e nell'altro cose buone". Le preghiere di lode sono più rare, quelle di ringraziamento si ritrovano a malapena anche se il ringraziamento talvolta è compreso nella richiesta: "Signore, concedimi che io ti ringrazi dei favori che hai accordato a me e ai miei genitori, e che compia opere buone a te accettabili, e fammi entrare per la tua misericordia tra i tuoi servi buoni .
Nell'Islam la fede si rivolge all'unico Dio che agisce storicamente e che non è solo, alla maniera dei Greci, "archè" il primo principio della natura e causa prima di tutto, ma che è attivo nella storia come creatore del mondo e dell'uomo, che parla attraverso i Profeti, sebbene il suo agire rimanga sempre nuovo il segreto impenetrabile. Dio è certamente trascendente la storia, ma anche immanente a essa: "Più vicino che la vena grande del collo".
Con molti dei nomi più belli ci si rivolge direttamente a Dio nelle preghiere, ma il nome "padre" (walid) viene rigorosamente evitato, sia perchè eccessivamente antropomorfo, sia perchè il Dio dell'Islam possiede al sommo grado la bontà e la misericordia che Bibbia e Vangelo definiscono qualità paterne.

domenica 19 dicembre 2010

IL "CENTRO" DELL'ISLAM

Con il termine "centro" non si intende un'idea fondamentale rispetto alla quale le idee della religione islamica sarebbero solo manifestazioni e sviluppi storici. La questione pone il tema del tutto pratico di ciò che è stabilmente valido e permanentemente vincolante nell'Islam e cioè quale sia la sua peculiarità specifica. Per l'Ebraismo la peculiarità specifica è che Israele è il popolo di Dio cui è stata destinata la "Terra Promessa"; per il Cristianesimo è invece Gesù Cristo come Messia e figlio di Dio incarnato in un uomo.
Nell'Islam non si può dire nulla di simile, il Profeta Muhammad non è il centro dell'Islam; per questo i musulmani considerano quasi un'offesa l'essere chiamati "maomettani". Qui vale piuttosto il principio che il centro della religione islamica è la Parola di Dio diventata libro e con ciò è anticipata la risposta fondamentale alla domanda sul centro dell'Islam: la peculiarità specifica della loro religione consiste per i musulmani in questo: il Corano è il verbo e il libro di Dio.
A ben vedere vi è in questo elemento una notevole affinità terminologica con la frase di apertura del Vangelo di Giovanni: "En Archè èn o logos; kai o logos apò theou; kai o logos theos" ("In principio era il Pensiero; e il Pensiero era presso Dio; e il Pensiero era Dio"). La stessa frase, formulata da un musulmano, può essere formulata così: "In principio era Dio, il suo Pensiero e la sua Parola; e il Corano è la Parola e il Pensiero di Dio".
"Nel nome di Dio Clemente e Misericordioso! Sia lode a Dio, il Signore dei Mondi, il Clemente e il Misericordioso; il Sovrano del Giorno del Giudizio! Te noi adoriamo, Te invochiamo in aiuto. Guidaci per la retta via, la via di colore sui quali hai effuso la tua grazia, la via di coloro che non sono incorsi nella tua ira e non sono stati forviati vagando nell'errore".
Così recita la prima sura del Corano (Al-Fatiha cioè l'apriente) che introduce anche la preghiera obbligatoria. Essa infatti è una specie di summa del Corano perchè contiene in forma concentrata tutti gli insegnamenti messi per iscritto nel Corano: "Unità unicità di Dio; Dio Origine e Tutore dell'universo; Dio di fronte al quale ci si deve giustificare; Dio, unica forza che può guidare nel giusto e aiutare; dottrina della vita dopo la morte e delle conseguenze dei comportamenti di ognuno; giusta direzione attraverso i portatori del messaggio divino e continuità di tutte le vere religioni; necessità di abbandonarsi alla volontà di Dio e di adorare solo Lui" (Muhammad Asad).
Il Corano, dunque è il centro dell'Islam. Nel corso di 1400 anni l'ordine sociale delle comunità islamiche si è continuamente trasformato, l'ideologie politiche si sono date il cambio, i sistemi culturali hanno attraversato grandi cambiamenti epocali; ma in ogni mutamento delle persone, delle strutture, delle istituzioni e delle interpretazioni il Corano è sempre rimasto e rimane origine, fonte e criterio di distinzione di tutto ciò che è islamico, di tutta la fede, l'agire e la vita islamica. Come scrive Hans Kung: "...Lo straniero che A Rabat, Al Qairo, ad Amman, o al Laore sente la mattina all'alba recitare la chiamata alla preghiera e i versi del Corano dai minareti non può avere la minima idea di quale fascino possa scaturire per i musulmani dal Corano". Lo studioso arabo Toufic Fahd scrive: "Il Corano sembra essere l'ultimo testimone di un'antichissima tradizione, nella quale il mondo delle immagini si congiunge con la realtà e la parola crea la magia dell'espressione e il fisico è spiegato attraverso il metafisico. Un pensiero discorsivo che si propaga in frasi messe l'una accanto all'altra, spesso senza sostegno grammaticale e senza rapporto di causalità; idee che si ripetono, si sviluppano, si pervadono a vicenda in un insieme di parole dello stesso contesto; un'armonia di sonorità monotona, ma allettante e tranquillizzante, che si forma secondo il ritmo del respiro e che produce l'effetto dell'astrazione; così appare il Corano a che è addestrato alle finezze della lingua araba ed è sensibile al ritmo della poesia che sostiene l'anima senitica nata nei deserti e passata attraverso tutte le incarnazioni delle civiltà che essa conosce da più di 5000 anni. Il Corano, quindi, non è per i musulmani un retaggio del passato ma un libro sacro pieno di vita attuale in cui ogni parola è importante".
Per tutti questi motivi è necessario fare a proposito del Corano numerose precisazioni:
1 - In quanto libro, esso ha il vantaggio che ogni credente sa in che cosa crede: nel Corano c'è tutto quello che Dio ha rivelato in maniera diretta e ha fissato in modo inequivocabile quel che vuole. Qui non c'è più nulla da cambiare: il musulmano si deve imprimere tutto nella memoria, possibilmente fin da bambino.
IL LIBRO ANNUNCIA L'ISLAM: l'abbandona a Dio regola la vita dei musulmani e regola i loro doveri;
2 - Il Corano non è come la Bibbia ebraica, una raccolta di scritti perfettamente eterogenei, e neppure come il Nuovo Testamento, che riferisce il suo messaggio in quattro Vangeli molto differenziati e perfino contraddittori (e non teniamo conto qui degli innumerevoli Vangeli "apocrifi"). Il Corano è un libro unico, di un unico Profeta, trasmesso nell'arco di 22 anni, perciò coerente e, nonostante tutte le differenze di tempo e di stile, uniforme. Esso fu ordinato successivamente in 114 capitoli ("suwar" plurale di sura) costituite da versi (ayat);
3 - Il Corano, con i suoi 6666 versi, è la più antica opera araba in prosa; esso ha favorito la diffusione della lingua e della scrittura araba che ancora oggi svolge la funzione di criterio unificante della sintassi e della morfologia. Il Corano è soprattutto il libro della rivelazione donato agli arabi, che grazie ad esso sono diventati come gli ebrei e i cristiani "gente del libro" (Ahl Al-Kitav). Il Corano affascina e trascina anche i musulmani non arabi con la sua melodia commovente e con il suo ritmo spesso sfrenato. Anche per i non musulmani l'arabo è la lingua del culto e la scrittura araba è in qualche modo anche la propria. "Nella storia della lingua araba non vi è stato alcun avvenimento che abbia influenzato il destino di essa in maniera più durevole della diffusione dell'Islam". La scrittura araba è la scrittura del berbero, del persiano, del curdu, del durdu e del sid indiano. Ancora oggi la letteratura araba è plasmata dal Corano nelle sue metafore, nei suoi detti, nei suoi temi e nei suoi personaggi. Attraverso il Corano l'arabo divenne la lingua sacra dell'intero mondo islamico;
4 - Il Corano non è un libro che sta sull'armadio usata solo di rado. Esso viene recitato continuamente ad alta voce in ogni occasione pubblica. Del resto la parola Qur'Am deriva dal verbo "Qar'A" "leggere ad alta voce, recitare, declamare". Ciò che il Profeta udì dall'Angelo egli lo ha esattamente ritrasmesso agli uomini;
5 - Grazie alla prosa rimata, le sure e i versi hanno un suono tale che esse devono essere recitate ritmicamente. Le sue parole e le sue frasi accompagnano il musulmano dalla nascita, quando gli viene mormorata all'orecchio la professione di fede coranica, fino all'ultima ora quando le parole del Corano lo accompagnano nell'eternità. Ascoltando, memorizzando e recitando il musulmano professa la rivelazione di Dio e la fa propria. I migliori reclamatori professionisti (Afiz), che recita nel Corano il testo in forma salmoriata, vengono stimati come artisti;
6 - Il Corano non è un libro come gli altri:  prima di leggerlo ci si deve lavare le mani con l'acqua o con la sabbia e si deve aprire il cuore con un umile preghiera. Esso è un libro sacrale talmente onnipresente, che i suoi versi lavorati nella pietra con lo scalpello ricamati e dipinti su maioliche ornano gli edifici islamici, le opere dell'arto dell'intaglio o della lavorazione dei metalli, della ceramica, della miniatura e della tessitura. La moschea non conosce quadri, perchè la calligrafia del Corano è da sola sufficiente. La liturgia musulmana non conosce strumenti musicali ne canto corale perchè la declamazione festiva del Corano è sufficiente senza musica. Il Corano offre una guida spirituale che produce ricordo e discernimento in modo incomparabile perchè veniva direttamente da Dio: non è solo ispirata da Dio, bensì rilevata da Dio e perciò verbo di Dio.

Secondo la versione corrente il Corano è la sacra scrittura dell'Islam che contiene le sacre rivelazione del Profeta Muhammad, ma i musulmani ritengono ambigua questa affermazione. Il Profeta non è l'autore di questa rivelazione, ma il suo destinatario: il soggetto-autore è solamente l'unico Dio. Dio dice al Profeta all'inizio della sura di Giuseppe: "Ecco i segni del libro chiarissimo. L'abbiamo rivelato indizione araba affinchè abbiate a comprenderlo. Noi vi narreremo ora la più bella delle storie, col rivelarti questa lettura, nonostante che tu, prima sia stato fra i non credenti...Fu Gibril che depose il Corano nel tuo cuore, col permesso di Dio, a conferma dei precedenti messaggi. Guida divina e Buona Novella ai credenti".
L'originale del libro non è custodito sulla Terra, ma in cielo come si può capire leggendo il Corano stesso:
"Questo è un Corano nobilissimo, in originale lassù nel cielo, vergato sul libro nascosto che solo i puri possono toccare...preservata su tavole pure. In questo modo il Corano è diventato il libro del verbo di Dio: nella Notte del Destino (Laylat Al-Quadr), nel mese di digiuno di Ramadan, i musulmani festeggiano la rivelazione del Corano, mandata da Dio agli uomini perchè seguano la retta direzione. In questo modo il Corano si manifesta come il costante presupposto dell'Islam, la sua idea fondamentale e la sua forza trainante. In effetti il Corano è per tutti i musulmani:
A - La verità: la vera possibilità di superare il mondo e la norma etica di comportamento valida in eterno;
B - La vita: il fondamento durevole del diritto islamico, l'anima della preghiera, la materia di insegnamento già per i bambini, l'ispirazione dell'arte e della civiltà islamica. Secondo la tradizionale dottrina musulmana il Corano è perfetto dal punto di vista linguistico, unico nel suo genere, inimitabile e insuperabile. Il Corano supera le capacità umane  e gli infedeli non avrebbero mai potuto produrre un simile scritto. Il Profeta, perciò, non ha bisogno di compiere nessun miracolo per essere creduto, perchè il Corano è il più grande miracolo di attestazione.






















Ogni giovane musulmano dovrebbe conoscere a memoria il Corano in arabo; ma poichè ciò è praticamente impossibile, si devono utilizzare delle traduzioni, che però vengono definite spiegazioni o parafrasi dell'originale. In effetti il Corano, con il suo ritmo e le sue parole in rima, è straordinariamente difficile da tradurre, tanto che, nelle traduzioni fatte da musulmani viene normalmente riprodotto anche il testo arabo. Secondo l'interpretazione islamica peraltro non è un libro caduto dal cielo; esso fu piuttosto calato nel cuore del profeta, fu annunciato da lui e soltanto in seguito fu scritto e raccolto.
Secondo la tradizione ci fu un'edizione provvisoria del Corano già sotto il primo califfo Abu Bakr, ma che sia stata ordinata una raccolta delle sure già sotto di lui, il cui dominio durò solo 2 anni, o del successivo califfo Umar viene messo in dubbio nella ricerca storica. L'edizione canonica del Corano è invece quella del califfo 'Utman durante le campagne militari arabe verso l'Armenia e l'Azerbaigian. In ogni caso è certo che durante questo califfo venne compilato un testo del Corano che in futuro doveva essere l'unico testo vincolante, e cioè una specie di "vulgata" coranica. Dall'edizione insufficiente a quella pienamente valida passano molti secoli: si deve infatti arrivare all'edizione standard del 1923, pubblicata su iniziativa del re egiziano Fu'ad dagli studiosi dell'università di Al-Azhar sulla base della tradizione testuale irachena. In questo modo disponiamo ora di un testo del Corano perfettamente definito: le 114 sure con tutti i segni delle vocali, con i punti diacritici, le indicazioni per la recitazione e talvolta anche con la sottotitolazione in singoli capitoli e sezioni. Le sure sono ordinate in generale secondo la lunghezza decrescente: dopo la sura di apertura la più lunga è la sura II che conta 286 versi, mentre la più corta è l'ultima con non più di 3. Tutte le sure sono provviste di brevi intitolazioni, aggiunte più tardi: non titoli veri e propri ma spunti per aiutare la memoria nella declamazione. L'intitolazione può essere presa dal nome del personaggio principale della sura oppure semplicemente da una parola tratta da essa.
La ricerca coranica musulmana è molto sensibile alla questione dell'ordine cronologico, come si evince dall'indicazione del luogo di provenienza, che permette anche un'approssimativa suddivisione dei tempi:

I - Le sure del primo periodo, quello iniziale della Mecca (610 - 615) appartengono alla prima emigrazione di famiglie musulmane verso l'Etiopia e mirano alla conversione degli infedeli verso l'unico Dio. Le sure sono brevi, la lingua dei versi ritmata e poetica, il discorso è imponente, solenne e pieno di immagini ardite;

II - Nelle sure del secondo periodo, quello medio della Mecca (615 - 620, ritorno di Muhammad nella città di Taif) la lunghezza delle sure aumenta ma in esse non vi è alcun tratto comune: prevalgono illustrazioni della natura della storia, in particolare dei primi profeti della Bibbia ebraica, che richiamano alla fede nell'onnipotenza e nella bontà di Dio;

III - Le sure del terzo periodo, quello tardo della Mecca (620 - 622, grande migrazione verso Medina) sono più lunghe, danno l'impressione di essere meno ispirate e sembrano talvolta ripetitive;

IV - Le sure del periodo di Medina (622 - 632, morte del profeta) sono indirizzate a consolidare la comunità dei musulmani e l'attività di Muhammad come il loro capo spirituale e temporale riconosciuto. Esse attaccano il politeismo dei pagani e si difendono dalle pretese degli ebrei e dei cristiani; inoltre esse contengono numerose norme giuridiche, prescrizioni rituali e disposizioni amministrative.


venerdì 17 dicembre 2010

L'ISLAM, DOTTRINA E STORIA


Capitolo I : La religione islamica prima della rivelazione di Muhammad.
In ogni semplice introduzione all'Islam si può leggere ciò che è scritto nel Corano: il primo musulmano fu Adamo, il primo uomo. Fu lui infatti il primo a sottomettersi al solo e unico Dio, così come poi si sottomisero Noè e Abramo, Mosè e tutti i Profeti fino a Gesù. Tutti loro, realizzarono già l'Islam, e cioè la sottomissione e l'abbandono alla volontà del solo e unico Dio. Gli sviluppi di questa credenza furono sempre adeguati ai diversi popoli e tempi, e quindi diversi sotto alcuni aspetti; tuttavia si trattò sempre dell'unico identico messaggio: sottomissione e abbandono a Dio.
Il Profeta Muhammad non annunciò nulla di diverso. Come ultimo dei Profeti, egli ha soltanto innalzato al suo massimo, definitivo livello questa dottrina eterna. L'Islam è quindi la sola vera, completa ed eterna religione degli uomini: la religione del principio. Non è solo il Corano, ma è anche la Bibbia a insegnare che il primo uomo credette nell'unico Dio; e questa verità, attraverso Gesù, è entrata nel Cristianesimo.
In questo nucleo essenziale della religione islamica ha un'importanza fondamentale una figura quasi certamente storica: Abramo o Ibrahim che la tradizione vuole proveniente dalla città Ur capitale dell'impero dei Sumeri e cioè di quell'area geografica che, per antichità e per l'importanza fondamentale di alcune sue innovazioni (la città, le leggi, la scrittura, l'agricoltura, l'allevamento del bestiame) viene considerata dagli storici come la civiltà umana più antica che sia esistita. Abramo ha una tale importanza per l'Islam che il Corano dopo Mosè è la figura biblica menzionata più spesso: circa 245 versetti distribuiti in 25 sure si riferiscono ad Abramo e un'intera sura è dedicata a lui.
Dal punto di vista storico l'importanza di Abramo è testimoniata dal fatto che già prima della comparsa di Muhammad come Profeta, vi fu tra gli arabi un movimento religioso monoteistico che si richiamava alla religione di Ibrahim e i cui seguaci venivano chiamati Hanif, "Coloro che cercano Dio e sono devoti a Dio".
Nelle prime sure riferibili alla fase meccana del Corano, Abramo compare soprattutto come il combattente contro l'idolatria di suo padre Adar e della sua gente, dimostrandosi così come il modello originario di portavoce della verità e di grande Profeta. Nelle successive sure del periodo medinese, compare anche Ismaele (Ismail) il quale sostiene il padre Abramo nello sforzo di costruire la Ka'Ba alla Mecca, di trasformarla in un luogo di pura adorazione monoteistica di Dio e di renderla un centro di pellegrinaggio. Dopo la costruzione della Mecca, sempre secondo il Corano, Ibrahim operò in palestina dove morì e venne sepolto ad Hevron.
Abramo, comunque, presenta tutti i caratteri dell' "Hanif" e del primo consapevole musulmano. L'immagine coranica di Abramo può essere determinata attraverso i seguenti punti fermi:
1 - Abramo è sostenitore di un monoteismo coerente ed inequivocabile, riscoperto e risvegliato dal Profeta Muhammad;
2 - Abramo è la figura archetipa di ogni rifiuto dell'idolatria che rigetta radicalmente come contraria a Dio ogni forma di venerazione o glorificazione di valori terreni o di idoli;
3 - Abramo è il modello per la salvezza e la promessa da parte dello stesso Dio della discendenza di un monoteista combattente per la fede ed è anche un interscessore per i giusti.
In tal modo Abramo è stato sin dall'inizio per i musulmani un grande Profeta dell'unico Dio. Si comprende così come la pretesa dell'Ebraismo e del Cristianesimo di essere la sola vera religione venga contestata dal Corano. Abramo non fu ne ebreo ne cristiano, bensì dopo Adamo, il musulmano per eccellenza: "Io ti farò principe del popolo" per i musulmani egli è un monoteista credente, eletto da Dio, molto prima che ci fossero la Torah ebraica e il Vangelo: i due libri sono certamente sacri, ma purtroppo, falsificati da ebrei e cristiani. L'Islam, quindi si legittima attraverso Abramo come la religione più antica e insieme più autentica, che sarebbe stata insegnata da tutti i Profeti, cui è stata rivelata come unica verità e, infine annunciata nuova e definitiva da Muhammad, il sigillo che conferma i Profeti dopo averla ricevuta direttamente da un Angelo del Dio unico e vero. Poichè i musulmani sono i più vicini ad Abramo, essi non sono gli unici suoi discendenti, ma sono tuttavia i soli adoratori autentici di Dio. A lui essi devono molto: il loro nome (Muslim), la loro fede, i loro riti della Mecca e il loro universalismo.
Sui discendenti di Abramo esiste una specifica divergenza tra musulmani ed ebrei. Secondo questi ultimi il primogenito di Abramo sarebbe stato Isacco, progenitore degli ebrei, e figlio di Sara, moglie legittima del patriarca. Ismail, sarebbe invece figlio di una schiava egiziana di nome Agar, che Abramo fecondò col permesso della moglie che era sterile. Poi, per intercessione divina Sara concepì Isacco e Abramo la scacciò insieme al piccolo Ismaele.
I musulmani hanno facile gioco nel dimostrare la infondatezza di questa pretesa. Intanto è incontestabile che Ismail, anche se è nato da Agar, ha preceduto nella nascita Isacco. In secondo luogo è la stessa Bibbia che si premura di esaltare la figura di Ismaele. Nella Genesi, Dio dice espressamente ad Agar: "Anche riguardo a Ismaele io ti ho esaudito: ecco io lo benedico e lo renderò fecondo e molto numeroso. Dodici principi egli genererà e di lui farò una grande nazione". Ciò è sufficiente a legittimare la convinzione musulmana che le dodici tribù di cui parla il Vecchio Testamento sono le dodici tribù rette dai principi generati da Ismaele, di cui Dio farà una grande nazione, gli arabi.
Non solo Isacco, ma anche Ismaele è presente alla sepoltura di Abramo nonostante la narrazione della Genesi che ricorda la cacciata di Agar e Ismaele nel deserto, alla fine Ismaele ricompare alla morte del padre Abramo: "Lo seppellirono i suoi figli, Isacco e Ismaele".

mercoledì 15 dicembre 2010

LA CONOSCENZA DELL'ISLAM NELL'OCCIDENTE EUROPEO

Ritratto su maiolica del Profeta Muhammad (da Sanarcanda Uzbekistan)

I primi autori greco-cristiani che vivevano nei territori musulmani del medio oriente e in Egitto, si mostrarono ben informati sulla dottrina islamica e sul Profeta Muhammad. Nell'occidente cattolico, fatta eccezione per la Spagna araba (Andalucia), non si ebbe alcun confronto di contenuti con l'Islam fino al XII secolo.
Nell'oriente diventato islamico i cristiani nestoriani, sirii e copti duramente perseguitati dai bizantini in nome del credo ortodosso di Nicea non sentirono la dominazione araba come qualcosa di oppressivo. Che i cristiani potessero essere quindi informati sulla vita e l'insegnamento del Profeta Muhammad lo dimostra la prima storia mondiale arabo-cristiana di Mahbub Ibn Qustantin (Agatio, vescovo di Ieropoli in Siria ) che narra obbiettivamente le origini dell'Islam e la vita del Profeta Muhammad. Per far capire ai suoi confratelli cristiani il motivo per cui grandi e importanti territori erano stati conquistati dai musulmani praticamente senza combattere, il vescovo si appello a uno scritto dell'imperatore bizantino Eraclio, contemporaneo del Profeta: riferendosi alla promessa biblica fatta al figlio di Ibrahim, Ismail capostipite degli arabi, l'imperatore avrebbe ordinato ai suoi luogotenenti in Egitto, Siria, Armenia e Mesopotamia di non frapporre resistenza contro i musulmani. Non è da escludere che Eraclio si riferisse a un passaggio del Vangelo di Giovanni, che riportava una profezia di Gesù: "Dopo di me verrà un "paraklitos" (compassionevole"), inviato da Dio, nel quale non solo i musulmani, ma anche molti cristiani, riconobbero il Profeta Muhammad.
Il primario della chiesa nestoriana Timoteo I ebbe persino l'onore di portare avanti per due giorni un dialogo erudito sulle differenze ideologiche tra Cristianesimo e Islam con il Califfo Al-Mahdi. Purtroppo un allievo di Timoteo conosciuto in occidente come Giovanni Damaceno, presentò l'Islam come la più recente eresia subita dal Cristianesimo, mentre nel mondo greco Muhammad fu sempre più spesso presentato come un impostore epilettico, anticristo e servitore di Satana.
In occidente l'abate di Cluny, Pietro Divenerabile dopo un viaggio in Spagna che lo convinse di poter vincere l'Islam unicamente con la forza della parola organizzò nel 1143 la prima traduzione in latino del Corano.
Furono tuttavia le crociate a portare ad un esatta conoscenza dell'Islam e del suo Profeta. L'imperatore Federico II divenne un grande ammiratore della cultura araba, mentre, in seguito al suo viaggio in Egitto, Francesco d'Assisi dissuase i crociati dalla battaglia: ad ascoltarlo fu tuttavia il sultano che convinse gli aggressori a tornare indietro. La figura di Salah-Al-Din divenne una figura rispettata anche in Europa come modello di uomo cavalleresco; mentre si esprimeva sempre maggiore ammirazione per la superiorità della cultura, della filosofia e delle scienze arabe anche se in questi sentimenti positivi non venne mai ricompreso l'Islam come religione. 
Tommaso d'Aquino conosceva l'Islam solo attraverso le opere dei grandi filosofi musulmani e credette di poter difendere i dogmi cristiani da un punto di vista strettamente filosofico senza interessarsi al Corano e al dialogo con i musulmani. Il nobile catalano Ramon Lullus, che dedico la propria vita alla conversione dei musulmani, nel corso dei suoi viaggi in nord Africa si impegnò in un dialogo non polemico nel quale si basava su documentazioni razionali e non su documenti eclesiastici.
La svalutazione e il rifiuto su tutto ciò che era arabo cominciò nel Rinascimento nonostante la creazione di cattedre di arabo e le numerose traduzioni e nonostante gli sforzi di studiosi e uomini di stato come Nicola Pusano ed Enea Silvio Piccolomini il futuro Papa Pio III.
Circa 100 anni dopo Papa Clemente VII fece bruciare il testo arabo del Corano immediatamente dopo la sua pubblicazione. Il testo era stato pubblicato a Venezia, città che all'epoca, a causa dei suoi intensi rapporti commerciali con l'impero ottomano veniva chiamata "La puttana dei Turchi". A Venezia, ineffetti, esisteva un grande albergo, chiamato significamente "Fondaco dei Turchi" ("Funduq" in arabo significa albergo). Forse dovrebbe tenerne conto il presidente leghista della regione Veneto Zaia, cui si deve il singolare proposito di inserire nello statuto della regione Veneto che le radici della regione sono esclusivamente cristiane.
Martin Lutero da parte sua si era pronunciato a favore della traduzione e della pubblicazione del Corano, ma solo perchè ognuno potesse vedere che razza di libro "maledetto" dannoso e senza speranza esso fosse, pieno di bugie e pieno di nefandezze. Lutero demonizzò i musulmani identificati con i conquistatori turchi, evidenti servitori del Diavolo in un'epoca di fine del mondo. Forse è a questa esagitata vena anti islamica che si ricollegano gli anti islamisti fanatici dell'Olanda e, il folle esaltato a caccia di notorietà che recentemente, negli USA voleva bruciare in pubblico il Corano; e questo spiega perchè i più virulenti e volgari dignettisti pseudo satirici che in Danimarca e in Svezia hanno raffigurato il Profeta Muhammad in veste di terrorista che reca una bomba al posto del turbante. Costoro, ammesso che abbiano un sia pur modesto barlume di cultura     storico-religiosa dovrebbero sapere che se un musulmano raffigurasse Gesù (la pace e la misericordia siano sopra di lui) in veste di avviatore americano che bombarda Baghdad verrebbe considerato un volgare bestemmiatore.
L'opera di un orientalista tedesco Adrian Reland (e religione mohammedica) fu la prima rappresentazione abbastanza obbiettiva dell'Islam e del suo Profeta tanto è vero che venne rapidamente inserita nell'Indice dei libri proibiti dalla Chiesa Cattolica. Una più sostanziale rivalutazione della religione islamica si ebbe soltanto con il fiorire dell'illuminismo in Europa occidentale. Vanno qui ricordate l'opera teatrale "Nathan" del Lessing e soprattutto "Il Diario occidentale-orientale" del grande poeta tedesco Wolfgang Goethe: una raccolta nata dall'incontro con l'opera del poeta persiano Hafiz. Non a caso il presidente in carica della Repubblica federale tedesca Yohann Wolf, nel suo discorso celebrativo del decennale della riunificazione tedesca, ha coraggiosamente affermato che grazie a Goethe l'Islam è parte dell'identità germanica, e che egli è fiero di avere 3 milioni di cittadini tedeschi di origine turca e araba e di religione islamica. Naturalmente tutta la stampa italiana ha dato scarsissimo rilievo a queste parole, mentre ha indugiato con larghi spazi alle sciocchezze di segno contrario e di impronta anti islamica della Cancelliera Angela Merkel, pronunciate quasi sicuramente per deteriore opportunismo elettorale.
Da qualche anno, infatti si assiste in Europa a un preoccupante dilatarsi di movimenti razzisti di estrema destra, che hanno sostituito i pregiudizi anti islamici a quelli che, 100 anni fa, furono alla base dell'antisemitismo contro gli ebrei. Un aspetto che sarebbe comico se non fosse tragico di questa fobia è l'affermazione del capo neonazista olandese, assurto agli onori della cronaca politica dell'anno in corso per aver portato il suo partito al 15% dei voti:  "Il Corano è un libro simile al "Mein Kampf" di Hitler". Con personaggi simili in circolazione vien da dire: povera Europa! 

Il XIX fu contrassegnato dall'espansione coloniale europea, soprattutto anglo-francese che ebbe come obiettivo non secondario la spartizione del sempre più decadente impero ottomano; con essa fiorì una sorta di moda tra l'esotico e l'erotico che vedeva nei paesi musulmani una sorta di sogno realizzato di "1001 notte" e che invogliò alla conquista avventurieri di ogni risma. In contemporanea vi fu un enorme progresso dell'orientalistica e dell'islamistica che fu il presupposto per una valutazione meno polemica dell'Islam da parte del Cristianesimo. Un decisivo progresso si delineò da diversi punti di vista:
1 - Un apprezzamento storico-critico del Profeta Muhammad attraverso l'opera di ricercatori come Aloys Sprenger;
2 - Una storia del Corano di Theodor Noldeke, rimasta fondamentale fino a oggi;
3 - Una vasta indagine della cultura islamica, dalla funzione religiosa alla mistica, al diritto e ai costumi, alla letteratura e all'arte;
4 - Un approfondimento storico-critico dell'immagine coranica di Gesù;
5 - Una storia in più volumi della teologia classica islamica , basata su un preciso studio delle ponti.
Su tutto il processo esercitò la sua influenza il fascino dell'Islam che ha finito per coinvolgere anche ebrei e cristiani. Un importante testimone di tale fascino può essere considerato Ignaz Goldziher, un intellettuale ebreo di origine ungherese che soggiorno a Damasco e Al Qairo nel 1873-74. Nel suo diario di viaggio si legge: "Io mi immedesimai così profondamente nello spirito musulmano, che mi convinsi infine interiormente di essere anche io musulmano e trovai ragionevole che questa fosse l'unica religione capace di accontentare le menti filosofiche. Il mio ideale era di innalzare l'ebraismo ad un eguale livello di razionalità. L'Islam è l'unica religione nella quale l'idolatria e i rudimenti pagani vengono eliminati non attraverso il razionalismo, bensì attraverso una dottrina ortodossa...Il mio modo di pensare era completamente dedicato all'Islam, la mia simpatia mi spingeva anche soggettivamente in tal senso. Io chiamavo il mio monoteismo "Islam" e non mentivo quando dicevo di credere alle profezie di Muhammad. I miei maestri musulmani attendevano seriamente il momento della mia conversione". 
Altri noti intellettuali europei hanno subito il fascino dell'Islam fino alla conversione. Per venire più vicino ai nostri giorni ricordiamo il francese Roger Garaudy, il quale denunciò duramente la boria e la cecità dell'occidente cristiano, e appassionandosi all'Islam del sufismo, che egli sentiva capace di portare alle civiltà l'anima di una nuova vita comune; Mulad Wilfried Hofmann, che vede nell'Islam classico sunnita una religione ideale, viva che merita di essere vissuta: "Finchè ancora si opponevano il mondo occidentale e il comunismo, l'Islam si poteva intendere come terza via, ovvero come una scelta tra queste due diverse concezioni del mondo. Oggi, tuttavia, esso si vede come un progetto alternativo per il compimento della vita in un mondo divenuto nuovamente dualista. E' evidente agli osservatori lugimiranti che l'Islam diventerà nel XXI la religione dominante in tutto il mondo. Il motivo per cui sarà così, se Dio vorrà lo spiega il titolo del mio libro: 
"L'Islam è l'alternativa". 
Prima di concludere questa introduzione generale ad un organica esposizione della dottrina e della storia dell'Islam non possiamo non sottolineare l'enorme rilevanza di un fenomeno. Molti musulmani e molti cristiani soffrono per il fatto che l'Islam e il Cristianesimo possono essere deturpati, falsificati e abusati nella vita privata di tutti i giorni e nella grande politica. Ogni volta che l'Islam e il Cristianesimo sono stati usati dai detentori del potere come strumenti politici invece che essere vissuti come "ethos" (fede) essi hanno seminato odio e violenza, hanno ispirato e legittimato l'oppressione e la guerra, invece di diffondere giustizia e umanità. Per stroncare questa grave possibilità di deformazione sarebbe sufficiente interiorizzare due insegnamenti. l'uno del  Profeta Gesù, l'altro del Profeta Muhammad:
"...Non guardare il fuscello che è nell'occhio dell'altro se prima non vedi la trave che è nel tuo..." - Gesù
"...La religione non può mai essere oggetto di costrizione..." - Muhammad