lunedì 11 febbraio 2013

ALGERIA

Algeria, assalto ai rapitori ma è strage di ostaggi C'è la mano di Al Qaeda

PARIGI - Un blitz che si è trasformato in un disastro. Decine di morti, una pioggia di polemiche e il laconico commento del presidente francese Hollande: «La faccenda ha preso una piega drammatica». L'intervento armato voluto da Algeri nel sito petrolifero della Bp di In Amenas, dove i ribelli avevano preso in ostaggio una quarantina di occidentali, è stato un bagno di sangue. L'obiettivo era quello di annientare i terroristi che avevano attaccato l'impianto.
L'esercito ha dato l'assalto a fine mattinata, un portavoce dei terroristi ha annunciato la morte di 34 ostaggi (sette gli stranieri) e 15 integralisti tra cui il leader Abou Al Bara. Ma le notizie sono confuse e contraddittorie: secondo un'agenzia di stampa algerina, l'attacco è finito ieri sera, alcune fonti parlano della liberazione di «metà» degli ostaggi stranieri, senza che se ne conosca il numero esatto. I paesi occidentali non nascondono l'inquietudine e le critiche: la Casa Bianca ha chiesto chiarimenti: «C'è dietro Al Qaeda», dice il Pentagono. Cameron ha fatto sapere al primo ministro algerino che avrebbe voluto essere avvertito; il premier giapponese ha chiesto l'immediato arresto delle azioni militari. L'assalto dell'esercito è cominciato verso mezzogiorno. Secondo le diverse testimonianze, impossibili da verificare, si sa che i terroristi avevano fatto irruzione nella base abitativa del sito petrolifero, che si trova a quattro chilometri dalla raffineria e dai giacimenti di gas. I fondamentalisti avevano in ostaggio almeno 41 stranieri, ai quali sarebbero state messe cinture cariche di esplosivo. Al tempo stesso, 600 lavoratori algerini sono rimasti intrappolati nella base, ma liberi di muoversi al suo interno.
La tragedia degli ostaggi, come tante altre volte in passato, arriva sugli schermi occidentali attraverso Al Jazeera: tre di loro, un britannico un giapponese e un irlandese, chiedono il ritiro dell'esercito che accerchia la base. Difficile parlare di negoziato: i fondamentalisti vogliono la fine della guerra in Mali, la liberazione di cento terroristi detenuti in Algeria e soprattutto di potersene andare in Libia con gli ostaggi. Richieste inaccettabili per Algeri. Alcuni stranieri e una manciata di lavoratori algerini riescono a fuggire, poi, verso mezzogiorno, arriva l'assalto, violento.
Secondo un portavoce integralista, i primi scontri a fuoco provocano, come detto, la morte di 34 ostaggi e di 15 integralisti. I seicento lavoratori algerini riescono a uscire indenni. Il conflitto a fuoco continua, senza che se ne sappia granché: l'agenzia di stampa mauritana che aveva i contatti con i terroristi resta senza notizie. Il cellulare del portavoce non risponde più. Ma queste notizie frammentarie lasciano aperti molti interrogativi sulla dinamica dei fatti.
Il ministro della Comunicazione algerino, ieri sera, non ha dato dettagli. Ha detto che il dialogo coi terroristi si è rivelato impossibile a causa del loro oltranzismo. Il blitz avrebbe consentito la «neutralizzazione» di molti terroristi e «purtroppo alcuni morti e feriti.
Daremo il numero esatto appena lo avremo». Il premier britannico Cameron resta pessimista: «Dobbiamo prepararcia brutte notizie», dice ai giornalisti. Il bilancio del governo algerino tarda ad arrivare, mentre nel Mali le truppe francesi continuano ad avanzare verso il nord del paese con molta cautela.
- DAL NOSTRO CORRISPONDENTE GIAMPIERO MARTINOTTI



Costretti a mettere cinture esplosive e siamo diventati degli scudi umani

ALGERI - L' intervento militare algerino è ancora in corso attorno alla base di Tigantourine presa dai jihadisti di Mokthar Belmokhtar vicini ad Al Qaeda; le comunicazioni dall' interno della base sono interrotte, i familiari degli ostaggi seguono le notizie con il fiato sospeso. Le prime notizie filtrate dopo la fuga di alcuni sequestrati, restituiscono un quadro del terrore: stando a uno degli scampati, gli islamisti hanno fatto sapere che «uccideranno gli ostaggi cristiani e infedeli», dotati di maggior valore ai loro occhi, risparmiando i musulmani. Per separare i due gruppi, hanno imposto a ognuno di recitare in arabo un versetto del Corano. Alcuni sono stati costretti a infilare cinture esplosive, trasformati in scudi umani per frenare l' intervento delle forze algerine. Il campoè stato minato. Fra gli ostaggi ci sarebbero parecchi feriti in gravi condizioni. «Li ho visti uccidere uno a sangue freddo». Lyès, ingegnere nella divisione tecnica dello stabilimento per l' estrazione del gas di Tiguentourine a In Aménas (alla frontiera con la Libia), è ancora incredulo: «Non riesco a capire come i terroristi siano riusciti a entrare con tanta facilità nella base, nonostante la presenza della sicurezza: devono avere avuto dei complici all' interno». Di ritorno a casa dopo essere stato liberato dai sequestratori con una quarantina di lavoratori algerini, Lyès non smette di pensare a quello che ha vissuto. «Quando sono penetrati nella base, stavo per uscire dalla mia stanza per andare al ristorante a fare colazione. Ci sono state raffiche di mitra. Ho capito subito che si trattava di un attacco, ma pensavo che a sparare fossero i militari da una postazione proprio accanto a noi». Gli è impossibile immaginare che i terroristi «possano entrare senza ostacoli fino allo stabilimento e forzare la porta d' ingresso con un' autoariete. Come hanno fatto», si chiede, «a superare il primo posto di controllo della polizia, a 10 chilometri dall' ingresso dello stabilimento, sulla strada di Illizi, e la barriera fissa che si trova sulla strada secondaria che porta all' impianto?». Ieri quattro ostaggi stranieri (un francese, un keniano, due britannici)e 600 algerini sono stati liberati dopo l' assalto militare disposto dal governo. Il raid è avvenuto in seguito a un tentativo di fuga dei sequestratori a bordo di due fuoristrada. In mancanza di un bilancio ufficiale, il ministro algerino delle Comunicazioni, Mohamed Said, parla di «un notevole numero di ostaggi liberatie purtroppo di alcuni morti e feriti». Una valutazione rosea rispetto alle dichiarazioni degli islamisti che parlano di più di 30 ostaggi e una quindicina di sequestratori uccisi. All' alba, una trentina di impiegati algerini era già riuscita a sfuggire. «Ma sono tutti sotto shock», dice Samir, che li ha incontrati all' aeroporto di Tébessa, dove 11 dei "miracolati" sono atterrati nel pomeriggio. «Oltre a non aver dormito, hanno dovuto fare l' autostop per più di 40 chilometri prima di arrivare all' aeroporto». A Djanet, un agente di sicurezza della base, in ferie, ha saputo per telefono della morte di un collega. «Aveva solo 30 anni», si dispera. «Stava lasciando il campo in autobus: i terroristi li hanno intercettati e riportati all' impianto». Tutto lascia pensare che l' Algeria abbia deciso da sola il momento di lanciare l' attacco. Il primo ministro britannico, David Cameron, si è lamentato di «non essere stato avvertito». La Casa Bianca, che conta diversi americani tra gli ostaggi, aspetta «chiarimenti» dalle autorità locali. Il Giappone, a sua volta, ha chiesto all' Algeria di far cessare immediatamente il suo intervento militare sull' impianto di gas.
MÉLANIE MATARESE





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