venerdì 9 dicembre 2011

LE PRIMAVERE ARABE - CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Abbiamo dedicato gran parte degli ultimi post a raccogliere i più significativi articoli che sull'argomento sono stati pubblicati negli ultimi mesi sulla guerra libica, sulla rivolta siriana e su la guerra di Libia, non mancando di accennare al crescente ruolo della Turchia nella vicenda medio orientale e sull'estendersi dell'influenza di un Islam "politico", in larga misura collegabile al movimento dei Fratelli Musulmani.
Per uscire dalla genericità e per inquadrare il fenomeno delle cosiddette primavere arabe in una dimensione spazio temporale più ampia, ci sembra a questo punto opportuno fornire taluni interessanti approfondimenti, giustificati dal fatto che il sommovimento che ha scosso dalle fondamenta l'intera sponda sud del Mediterraneo, dal Marocco fino alla Siria, non ha mancato di influenzare anche realtà esterne al mondo islamico e, comunque, per il fatto di aver attraversato la quasi totalità dei paesi arabofoni (circa 300 milioni di abitanti) non ha mancato di estendere le sue onde più esterne molto oltre gli stretti confini geografici del mondo arabo: non a caso si parla di "primavera russa" per definire la sempre più massiccia ondata di contestazione contro il potere oligarchico di Putin e della sua cerchia.


I - Vogliamo iniziare la disamina facendo un salto indietro nel tempo per dedicarci ad illustrare il vecchio precedente degli studi del conte Leone Caetani, discendente di un'antichissima famiglia di nobiltà romana, che ancora agli inizi del secolo XX e fino agli anni della guerra di Libia si dedicò con passione allo studio del mondo arabo con opere che ne fanno probabilmente il più grande orientalista italiano. L'originalità del suo pensiero, una riuscita combinazione di positivismo e di spirito religioso molto influenzato dalle opere di Leone Tolstoi emerge in tutta la sue nettezza in un'affermazione che è una sorta di premessa ideale a tutta la sua opera:
"Noi europei non possiamo e non dobbiamo volere la distruzione dell'Oriente. Esso per le più sacre ragioni di umana giustizia, ha diritto a una vita propria, a un proprio sviluppo lungo le tracce segnate da una tradizione più antica della nostra. Ciò è conforme alle leggi della vita, che sono alte e complesse, anche se per noi si perdono nelle nebbie del mistero. Siccome esistono e sono più forti di noi, se le ignoreremo esse agiranno lo stanno e a nostro grande smacco e danno. Cooperiamo quindi con esse perché la loro azione non può che essere per il bene, a beneficio del continuo illimitato progresso del genere umano".

Il Caetani condusse lunghissimi viaggi in Oriente, padroneggiò la lingua araba e quella persiana, si dotò di una delle biblioteche orientaliste più grandi dell'occidente e si cimentò fin da giovanissimo in un'opera ambiziosissima dal titolo "Gli annali dell'Islam", dalla quale riportiamo i passaggi più significativi:
A - "L'arabo è un uomo sostanzialmente tendente al sacrificio. In ogni momento della vita sembra gravare su di lui il peso mentale dell'atabico conflitto tra popoli semiti del cuore dell'Arabia e i popoli ariani d'origine indo europea e persiana. Sabbia e desolazione si possono ancora leggere nei suoi occhi...Le genti semitiche hanno sviluppato una tenace affezione per il loro paese e arrivano addirittura a preferirlo a tutti gli altri paesi della Terra...Il deserto è stato il vero fortificatore ed educatore della razza araba. Viaggiare per giorni senza acqua e dissetarsi a miseri pozzi d'acqua amara e malsana solo la tempra ferrea dell'arabo può assorbire senza danno. Per l'ostilità dell'ambiente circostante l'arabo ha sempre vissuto in uno stato continuo di guerra, sempre pronto a difendersi contro gli uomini, le belve, la natura ostile, fondendo l'ardire più temerario con la più preveggente prudenza. Gli arabi, per natura irrequieti e aggressivi, vivendo in paesi sconfinati e senza leggi, divennero amanti assoluti della libertà, intolleranti anche alla forma più mite di autorità. Egli può essere a volte mirabilmente ospitale e generoso, ma nessun nemico è più temibile di lui quando è mosso dalla sete di vendetta";
B - "L'Arabia ai tempi di Maometto era un immenso campo di battaglia nel quale le infinite unità vivevano in uno stato di guerra perenne. La guerra era, dopo la pastorizia, l'occupazione prediletta, l'essenza stessa della vita. La fine più ambita di ogni uomo era quella di morire sul campo di battaglia coperto di gloria. Armi, poesia, gloria, bottino, amore sensuale, furono forse questi gli ingredienti che propiziarono la nascita dell'Islam, una fede che, nata come dottrina morale, si tramutò rapidamente in un ordinamento politico e militare capace di fondere in un unico fascio le molteplici tribù in perpetuo conflitto intestino e fratricida. Il moto di espansione araba poté paragonarsi all'ora alle molecole d'acqua che, condensandosi improvvisamente per l'azione di un fattore fortuito, rapidamente precipitano in pioggia e, cadendo lungo i fianchi di un monte si uniscono in rigagnoli, confluiscono in ruscelli, si raccolgono in torrenti e infine irrompono in un fiume impetuoso che sommerge il piano e travolge ogni cosa";
C - "Il Profeta Maometto fu il più grande uomo d'Arabia, il grande riformatore, il fondatore di una fede forte, semplice e ardita. L'Islam sorse come una rivoluzione, uno stretto connubio tra socialismo e religione. Il Profeta disprezzò sempre la ricchezza e tra le sue ultime dichiarazioni vi è la condanna assoluta di ogni forma di lusso, la minaccia della pena eterna per chi accumula tesori. Egli stesso morì povero e raccomandò ai suoi di dare ai più bisognosi tutto ciò che possedevano oltre allo stretto necessario. Maometto fu un vero socialista, nel pensiero e nell'azione, sia quando era un misero nullatenente sia quando divenne un autocrate assoluto. Fu un uomo onesto e sincero che mantenne saldi i suoi principi fin sulle rette più vertiginose del potere, quando l'Arabia si inchinava dinanzi a lui. Al pari di Gesù venne additato come pazzo e mentecatto dai mercanti della Mecca che, nel periodo pagano, avevano fatto del santuario della Kaaba un crocevia per i loro guadagni e per i loro commerci. Vivissima si accese l'opposizione di questi mercanti ai precetti religiosi, che dovevano avere anche valenza di legge sociale imprescindibile e in particolare al dovere di beneficenza portata quasi alla spoliazione dei propri beni e alla condanna del capitale considerato dal Profeta un bene sottratto alla collettività. Terribili furono le persecuzioni di questi mercanti ai danni del Profeta che dovette trasferirsi 50enne dalla Mecca a Medina per poter attuare il suo piano riformatore. Il Profeta non poté ottenere il potere se non combattendo, dopo aver organizzato a Medina una schiera di seguaci armati che si moltiplicarono in maniera miracolosa. Maometto, tuttavia ebbe sempre in odio la violenza e il dover ricorrere a mezzi sanguinari lo spiegava così: gli fu indispensabile agire in modo violento all'inizio della sua ascensione, quando era circondato da nemici e da pericoli, ma abbandonò ogni violenza quando nessuno poté opporsi alla sua volontà";
D - "Le istituzioni sociali del Profeta, i suoi insegnamenti, la sua dottrina furono la forza generatrice di un movimento umano, morale, politico, economico e religioso senza eguali nella storia e che sconvolse quasi tutta la faccia del mondo conosciuto. Le schiere dei seguaci varcarono rapidi i confini d'Arabia e irruppero irresistibili sui due imperi di Persia e di Costantinopoli. I cristiani, travagliati da scismi ed eresie, opprimevano l'Oriente con una religione ben lontana dalla predicazione di Gesù. Le genti d'Oriente, condannando i dogmi della Chiesa di Cristo, e sostenendo che il Cristianesimo del clero non era la fede rivelata da Gesù, ma una manipolazione di preti e di tiranni, cercò salvezza in un nuovo credo, con pochi dogmi, senza sacerdoti, senza gerarchie e senza ordini monastici. Milioni di cristiani in Asia, in Africa e in Spagna, al comparire delle schiere dell'Islam, abbandonarono la fede nei padri e si fecero musulmani, fedeli che il Cristianesimo non recuperò mai più."

Le opere di Leone Caetani videro la luce nel momento in cui il governo italiano si imbarcava nell'avventura della conquista della Libia. Il nome del suo arabismo orientalista, anche se la sua posizione sociale di grosso proprietario terriero avrebbe dovuto collocarlo nella destra nazionalista e reazionaria che appoggiò l'impresa, il Caetani bollò di barbarie colonialiste anti-storiche l'operazione intrapresa da Giolitti. Egli fu attivissimo anche a livello internazionale: la sua profonda cultura lo vedeva impegnato in conferenze in tutti i paesi d'Europa e in particolare in Inghilterra, dove denunciò le atrocità che le truppe italiane avevano compiuto ai danni della popolazione araba della tripolitania. Il suo atteggiamento gli costò la nomina nell'accademia dei Lincei, alla quale aveva donato la sua immensa biblioteca. La presa del potere da parte di Mussolini gli costò continue persecuzioni che culminarono nell'espropriazione delle sue proprietà terriere nell'Agro Pontino: la sua profonda coscienza ecologica lo spinse a bollare l'operazione propagandistica della bonifica pontina che aveva finalità esclusivamente propagandistiche da parte del regime fascista. Sottoposto a procedimenti di esproprio di tutte le sue proprietà e praticamente ridotto in miseria, Caetani emigrò in Canada dove condusse una vita di dignitosa povertà, che non gli impedì tuttavia di proseguire nella sua appassionata ricerca culturale in difesa dell'Islam. In uno dei suoi ultimi scritti Caetani consegnò ai posteri questa sorta di preveggente testamento: "Da secoli le menti più intelligenti si domandano come oriente e occidente possano condividere pacificamente una stessa terra e uno stesso cielo nella consapevolezza che due mondi così lontani e diversi sono contigui e interdipendenti...Si favorisca allora e si fortifichi l'interno sviluppo dell'oriente, si dia libero gioco alle numerose correnti evolutrici che esso nasconde in seno e che dovranno agire conformemente ai veri interessi delle nazioni islamiche. Il più alto compito civile dell'Italia e dell'Europa sarà di dimostrare all'oriente la possibilità che la sua cultura fiorisca a fianco della nostra, in piena libertà e sicurezza, non priva da parte nostra di sinceri gesti di simpatia. Alla luce dei movimenti insurrezionali del mondo arabo dovremmo domandarci se i giovani musulmani riusciranno ad organizzarsi secondo un nuovo ordinamento in grado di conciliare l'Islam con la migliore concessione occidentale della Libertà. L'Islam, con tutta la sua vigoria e il suo spirito combattivo quale mirabile forza morale e passionale, storicamente atta a riscattare milioni di oppressi, si priverà di una intrinseca ragion d'essere politica e militare che lo spinge a combattere la cultura europea".
Venendo ai giorni nostri e confrontando gli eventi che abbiamo descritto con le parole di Leone Caetani, possiamo avere fiducia nella sfida delle giovani generazioni arabe, che sarà quella di riaffermare i sacri precetti del Corano in una veste contemporanea più autentica e liberata dalle impurità che nei secoli l'hanno contaminata. E noi, posti come siamo sull'altra sponda del Mediterraneo e legati ad essi da antiche e gloriose tradizioni, siamo chiamati ad agevolare questa evoluzione al fine di poterne innescare una tutta interna alla nostra civiltà. Dovremmo allora smettere inanzi tutto di dar la caccia "all'islamico radicale", paventandone ovunque il fantasma, che è l'equivalente per noi di giocare a mosca cieca con grande sperpero di denaro che l'Europa non può più permettersi. Tutto questo è ancora più necessario alla luce di altre parole lasciateci da Leone Caetani:
"L'umanità prova oggi inconsciamente il vuoto della sua esistenza, questa mancanza di finalità ideali, riboccante di scettico pessimismo; essa si sente avvilita e tormentata dal fatto di trovarsi in lotta per la conquista di un mezzo senza avere ancora un fine per il quale questo possa servire".
E' trascorso meno di un secolo da quando Caetani costruiva la sua opera appassionata e ignorata, e in occidente come in oriente, si sono susseguiti e tutt'ora vigono dittature, rivoluzioni e tentativi di democrazia. Viste in questo contesto, le primavere arabe sono un segno che a questo esito di progresso non è impossibile avvicinarsi e avanzare.

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