Esistono, soprattutto nelle letterature riservate in Europa all'infanzia e all'adolescenza, innumerevoli romanzi e fumetti dii avventura. In essi si legge sempre che il "civilissimo uomo bianco" sbarca per spirito di conoscenza in mezzo ai cannibali patagoni e per difendersi ne distrugge la razza; non è male ricordare i libri western dove il prode cacciatore bianco è costretto a difendersi dagli attacchi di biechi scotennatori, e per farlo incendia villaggi, trucida uomini disarmati, sgozza e scotenna donne e bambini; in altri libri di autori inglesi ci si sofferma sulla oscura barbarie dell'India dei Thugs dove l'uomo bianco, a causa del suo fatale fardello di civilizzatore, saccheggia, devasta e riduce in miseria uno dei prodotti più alti della civiltà umana, l'impero Mogul.
Con l'Africa e con gli africani il rapporto è diverso. Per i razzisti nostrani l'africano, specie se è nero, è un "bingo bongo" che, meno di 100 anni fa, saltava di ramo in ramo come le scimmie; il che ha legittimato per secoli una delle più grandi tragedie della storia: la tratta dei neri d'Africa verso le Americhe.
Sicuramente ciò che frullava per la testa del ben pasciuto "intellettuale nazista", autore della strage di Firenze, è un insieme organico di tutte queste aberranti idiozie: non a caso l'assassino era un fanatico lettore di fumetti e di storiacce razziste e di ispirazione nazista: circostanza, questa, che ha fatto apparire un vigliacco miserabile come un eroe dei messaggi web inviati dai dementi criminali come lui.
Naturalmente i soliti "ben pensanti" moderati tenderanno a minimizzare quanto accaduto ricorrendo, come è stato fatto per l'assassino norvegese di qualche mese fa, alla categoria del povero pazzo o dello scemo del villaggio. Vorremmo dal più profondo del cuore che fosse veramente così: ma noi europei dobbiamo sapere fino in fondo che la dimensione nel campo di sterminio e dell'uccisione del diverso affonda le sue radici nei recessi oscuri di quella che ci si ostina a definire la civiltà occidentale, che tra le sue immagini simboliche reca quella di una divinità che in nome dell'amore non esita a far morire il figlio innocente. Del resto alla base dell'antica "spiritualità" europea c'è la distruzione della città di Troia: ma almeno i greci, nella loro pietas pagana punivano il responsabile di quella distruzione condannandolo a vagare per 20 anni cercando inutilmente di tornare nella sua terra:
"Narrami o musa dell'uomo dall'ingegno multiforme che per molto tempo fu condannato a vagare poiché aveva distrutto la sacra città di Troia". E' pur vero che l'occidente ha poi addolcito l'immagine di Ulisse e l'ha fatto vagabondare per amore di conoscenza: come Cristoforo Colombo e in Conquistadores che sterminarono i popoli di un intero continente.
Cari fratelli del Senegal, dei quali conosco la gentilezza, l'allegria e il sorriso con il quale affrontate quotidianamente la durezza di una vita di lavoro in una realtà che vi deride, vi sfrutta e a volte vi uccide: voi sapete quanto me che Allah è in primo luogo Giustizia, e nel suo nome e per la sua causa la giustizia verrà. Intanto accettate che io preghi in spirito con voi per ricordare le giovani vite che sono state spezzate da un uomo che ha la pelle del colore della mia.
Dio è il più Grande
NON CHIAMIAMO PAZZI I NOSTRI BREIVIK
Avevamo qui, per strada, nella città bella in cui camminiamo, uno che, fino a mezzogiorno di ieri, era come noi. Uno che aveva avvertito, scrivendo sui Protocolli di Sion: "Quanto esporrò non è banale e semplicistico, e richiede la conoscenza di dati ben fondati, nonché lo sviluppo di ragionamenti logici". Poi ha aperto il fuoco.
Quando una squadra di bravi psichiatri norvegesi ha dichiarato Anders Breivik totalmente incapace di intendere, ha pronunciato un´ovvietà. Chi chiameremo pazzo se non l´uomo che va a sterminare scrupolosamente il maggior numero di suoi simili, inermi e innocenti? E non è un pazzo l´uomo che va ad ammazzare dei suoi simili sconosciuti e inermi, badando al colore della pelle, da una piazza all´altra di Firenze? Sono altrettanti casi di follia, e di follia isolata, come si affrettano a rassicurare le autorità. Ma bisogna pur dire che la diagnosi sull´infermità mentale, anche la più fondata giuridicamente, è umanamente insostenibile, perché toglie ai giustizieri la responsabilità che spetta loro, ed esonera gli altri dall´interrogarsi su se stessi. Gli altri sono i sani, cioè quelli che non hanno (ancora) varcato la soglia che li trattiene dal massacro. Il ragioniere della montagna pistoiese – posto aspro e splendido, il posto di Maramaldo e Ferrucci – aveva qualcosa in comune con Breivik, forse ha immaginato di emularlo. Vanesio e vile, Breivik aveva scelto i suoi connazionali per l´olocausto con cui si figurava di scuotere una comunità infiacchita e pronta a farsi espugnare. Casseri ha invece mirato ai senegalesi, gli espugnatori. I senegalesi sono specialmente detestabili perché sono alti e belli e parlano le lingue, anche quando scappano alla rinfusa raccogliendo i loro borsoni per sfuggire alla caccia. Non so se questo abbia contato per Casseri. Il quale un anno fa, scrivendo del nuovo romanzo di Eco sui Protocolli di Sion (e insinuando di passaggio che Eco avesse copiato dal romanzo scritto da lui, Casseri, e un suo coautore) citava la domanda del protagonista del Cimitero di Praga: "Ma perché mirate in particolare agli ebrei?". E la risposta: "Perché in Russia ci sono gli ebrei. Se fossi in Turchia mirerei agli armeni". Ecco, il lucido e delirante Casseri, cultore di quei Protocolli, deve aver risposto allo stesso modo. Dopotutto, la bella sinagoga fiorentina è a due passi da lì, ma gli sarà sembrato che "a Firenze ci sono i senegalesi". Un pazzo isolato, dunque, anzi due pazzi isolati, un ragioniere a Firenze e un saldatore a Liegi, hanno fatto strage nello stesso giorno e allo stesso mezzogiorno. Ma anche a questa formidabile coincidenza si può rassegnarsi, e anche al fattaccio torinese del giorno prima – "a Torino ci sono gli zingari", no? Però sentite: nel primo pomeriggio di ieri, quando ancora non si conosceva l´identità dello sparatore, e la notizia sui siti dei giornali locali diceva: "Piazza Dalmazia, due senegalesi uccisi e molti feriti", i lettori più svelti già commentavano. Nel sito della Nazione (che, sia detto recisamente, non ne ha alcuna responsabilità, e ha presto aggiornato il titolo: "Omicidi razzisti") la maggioranza dei primi commenti avevano questo tenore: "Meno due"; "Grazie alla politica del buonismo è stata aperta la porta alla criminalità camorristica e extracomunitaria NAPOLI è già qua"; "Un grazie ai buonisti newage che non hanno MAI avuto rispetto prima di tutto per gli Italiani lasciando proliferare mescolanze senza criterio... siamo solo all´inizio amici mia ... ma come si dice, mal voluto non è mai troppo..."; "Solo due?"; "Due neri e un bianco: multiculturalità"; "MA QUANDO CI LEVEREMO DALL´ ITALIA QUESTO SUDICIUME? CI DEVE PENSARE IL POPOLO ??". E anche dopo, la gran maggioranza dei commenti ha tenuto questo tono. Non prendetelo per un paradosso, ma righe come queste non sono solo commenti a un fatto: lo precedono anche, e lo preparano, sono un antefatto. Le persone che così commentano sono ben lungi dal varcare la soglia fra le parole e il massacro, dunque non sono folli, e peraltro, basta contarle, non sono isolate. Ma anche lo sciagurato che ha fatto il suo passo, e si è guadagnato il certificato di follia, non è dunque così isolato.
Casseri era lucido, ho detto: nello scritto che un anno fa dedicava ai Protocolli e alla "falsificazione sionista", si era ingegnato di giustapporre i paragrafi di quel testo famigerato a brani di autori di sinistra e di estrema sinistra no-global dei nostri giorni, per farne risaltare l´assonanza, e segnalare come i piani dei supposti cospiratori giudaici si vadano compiendo. Nella coincidenza di episodi che infittisce le cronache dei nostri giorni come per una precipitazione chimica, la bufera finanziaria e la sensazione paranoica che l´accompagna, il manipolo segreto di gnomi della finanza che decidono le sorti della terra, giocano una parte importante. Accostare stralci di parole radicali di estrema destra e di estrema sinistra è un gioco troppo facile e spesso infame, ma occorre badare alla miscela esplosiva che sfrenatezza finanziaria e paura dello straniero vanno accumulando. La nostra estrema destra che si vuole sociale, e cui il ragioniere adepto di Lovecraft e Tolkien e Conan aveva aderito (e anche lei non può esser fatta responsabile della sua spregevole bravata) si chiama Casa Pound, e Pound era un grande poeta, ma il suo culto e la sua attualità hanno a che fare assai meno con la poesia e assai più con l´ossessione dell´usura e dell´antisemitismo. Quella miscela spiega anche le digressioni mentali che portano Breivik, nella crociata contro i pervertitori della razza, a fare strage di ragazzi norvegesi, e Casseri a passare dal fantasma ebraico ai corpi dei senegalesi.
Immagino che in molti diranno, ora, che "Firenze non merita questo". Certo. Il mondo non merita questo. Ma dopo aver pronunciato convintamente e compuntamente questo scongiuro, mordiamoci la lingua. Diciamo che quei nostri fratelli senegalesi non meritano questa Firenze e questo mondo. E ricominciamo a pensare.
Quando una squadra di bravi psichiatri norvegesi ha dichiarato Anders Breivik totalmente incapace di intendere, ha pronunciato un´ovvietà. Chi chiameremo pazzo se non l´uomo che va a sterminare scrupolosamente il maggior numero di suoi simili, inermi e innocenti? E non è un pazzo l´uomo che va ad ammazzare dei suoi simili sconosciuti e inermi, badando al colore della pelle, da una piazza all´altra di Firenze? Sono altrettanti casi di follia, e di follia isolata, come si affrettano a rassicurare le autorità. Ma bisogna pur dire che la diagnosi sull´infermità mentale, anche la più fondata giuridicamente, è umanamente insostenibile, perché toglie ai giustizieri la responsabilità che spetta loro, ed esonera gli altri dall´interrogarsi su se stessi. Gli altri sono i sani, cioè quelli che non hanno (ancora) varcato la soglia che li trattiene dal massacro. Il ragioniere della montagna pistoiese – posto aspro e splendido, il posto di Maramaldo e Ferrucci – aveva qualcosa in comune con Breivik, forse ha immaginato di emularlo. Vanesio e vile, Breivik aveva scelto i suoi connazionali per l´olocausto con cui si figurava di scuotere una comunità infiacchita e pronta a farsi espugnare. Casseri ha invece mirato ai senegalesi, gli espugnatori. I senegalesi sono specialmente detestabili perché sono alti e belli e parlano le lingue, anche quando scappano alla rinfusa raccogliendo i loro borsoni per sfuggire alla caccia. Non so se questo abbia contato per Casseri. Il quale un anno fa, scrivendo del nuovo romanzo di Eco sui Protocolli di Sion (e insinuando di passaggio che Eco avesse copiato dal romanzo scritto da lui, Casseri, e un suo coautore) citava la domanda del protagonista del Cimitero di Praga: "Ma perché mirate in particolare agli ebrei?". E la risposta: "Perché in Russia ci sono gli ebrei. Se fossi in Turchia mirerei agli armeni". Ecco, il lucido e delirante Casseri, cultore di quei Protocolli, deve aver risposto allo stesso modo. Dopotutto, la bella sinagoga fiorentina è a due passi da lì, ma gli sarà sembrato che "a Firenze ci sono i senegalesi". Un pazzo isolato, dunque, anzi due pazzi isolati, un ragioniere a Firenze e un saldatore a Liegi, hanno fatto strage nello stesso giorno e allo stesso mezzogiorno. Ma anche a questa formidabile coincidenza si può rassegnarsi, e anche al fattaccio torinese del giorno prima – "a Torino ci sono gli zingari", no? Però sentite: nel primo pomeriggio di ieri, quando ancora non si conosceva l´identità dello sparatore, e la notizia sui siti dei giornali locali diceva: "Piazza Dalmazia, due senegalesi uccisi e molti feriti", i lettori più svelti già commentavano. Nel sito della Nazione (che, sia detto recisamente, non ne ha alcuna responsabilità, e ha presto aggiornato il titolo: "Omicidi razzisti") la maggioranza dei primi commenti avevano questo tenore: "Meno due"; "Grazie alla politica del buonismo è stata aperta la porta alla criminalità camorristica e extracomunitaria NAPOLI è già qua"; "Un grazie ai buonisti newage che non hanno MAI avuto rispetto prima di tutto per gli Italiani lasciando proliferare mescolanze senza criterio... siamo solo all´inizio amici mia ... ma come si dice, mal voluto non è mai troppo..."; "Solo due?"; "Due neri e un bianco: multiculturalità"; "MA QUANDO CI LEVEREMO DALL´ ITALIA QUESTO SUDICIUME? CI DEVE PENSARE IL POPOLO ??". E anche dopo, la gran maggioranza dei commenti ha tenuto questo tono. Non prendetelo per un paradosso, ma righe come queste non sono solo commenti a un fatto: lo precedono anche, e lo preparano, sono un antefatto. Le persone che così commentano sono ben lungi dal varcare la soglia fra le parole e il massacro, dunque non sono folli, e peraltro, basta contarle, non sono isolate. Ma anche lo sciagurato che ha fatto il suo passo, e si è guadagnato il certificato di follia, non è dunque così isolato.
Casseri era lucido, ho detto: nello scritto che un anno fa dedicava ai Protocolli e alla "falsificazione sionista", si era ingegnato di giustapporre i paragrafi di quel testo famigerato a brani di autori di sinistra e di estrema sinistra no-global dei nostri giorni, per farne risaltare l´assonanza, e segnalare come i piani dei supposti cospiratori giudaici si vadano compiendo. Nella coincidenza di episodi che infittisce le cronache dei nostri giorni come per una precipitazione chimica, la bufera finanziaria e la sensazione paranoica che l´accompagna, il manipolo segreto di gnomi della finanza che decidono le sorti della terra, giocano una parte importante. Accostare stralci di parole radicali di estrema destra e di estrema sinistra è un gioco troppo facile e spesso infame, ma occorre badare alla miscela esplosiva che sfrenatezza finanziaria e paura dello straniero vanno accumulando. La nostra estrema destra che si vuole sociale, e cui il ragioniere adepto di Lovecraft e Tolkien e Conan aveva aderito (e anche lei non può esser fatta responsabile della sua spregevole bravata) si chiama Casa Pound, e Pound era un grande poeta, ma il suo culto e la sua attualità hanno a che fare assai meno con la poesia e assai più con l´ossessione dell´usura e dell´antisemitismo. Quella miscela spiega anche le digressioni mentali che portano Breivik, nella crociata contro i pervertitori della razza, a fare strage di ragazzi norvegesi, e Casseri a passare dal fantasma ebraico ai corpi dei senegalesi.
Immagino che in molti diranno, ora, che "Firenze non merita questo". Certo. Il mondo non merita questo. Ma dopo aver pronunciato convintamente e compuntamente questo scongiuro, mordiamoci la lingua. Diciamo che quei nostri fratelli senegalesi non meritano questa Firenze e questo mondo. E ricominciamo a pensare.
Adriano Sofri
"Negri, tocca a voi" e spara all´impazzata far west a Firenze, uccisi due senegalesi
FIRENZE - Li ha cercati e rincorsi. Come un cacciatore con una preda. Per colpirli ha sparato in mezzo alla gente, fra le bancarelle di due mercati affollati. «Un tiro al bersaglio, una cosa mai vista» racconta ancora sotto shock un ambulante. La gente che grida, che scappa, si rifugia sotto i banchi, tra le cassette con i vestiti, dietro le macchine, dove capita. Il primo raid appena passato mezzogiorno, in piazza Dalmazia, zona nord di Firenze. Quattro o cinque colpi di pistola, una 357 Magnum Smith & Wesson calibro 44. A terra restano tre senegalesi, due morti, il terzo è ferito gravemente. Tre ore più tardi altra sparatoria questa volta in San Lorenzo, a due passi dal Duomo. La stessa arma, lo stesso killer che torna a colpire e insegue in mezzo al mercato altri senegalesi: ne ferisce due. Poi fugge verso il parcheggio sotterraneo dove ha sistemato la sua auto, ma viene intercettato dalla polizia, fa in tempo a sedersi in macchina e a spararsi un colpo di revolver alla gola. Muore così Gianluca Casseri, 50 anni, pistoiese, ragioniere neofascista: è lui l´uomo che ieri ha terrorizzato mezza città. Lacrime e rabbia nella comunità senegalese che reagisce, blocca il traffico, rovescia cassonetti, grida tutta la paura: «italiani razzisti». Poi nel corteo arrivano anche i giovani dei centri sociali e nel centro partono le cariche delle forze dell´ordine.
Il primo agguato
È passato da poco mezzogiorno quando Gianluca Casseri arriva in piazza Dalmazia, parcheggia la sua Polo grigia in doppia fila. C´è un chiosco per i panini, un´edicola e mezzo quartiere con le borse della spesa. L´uomo, secondo alcuni testimoni passa più volte davanti a tre senegalesi che vendono borse, accendini, magliette. Qualcuno parla di una lite avvenuta un paio di ore prima tra lui e gli immigrati. I carabinieri non confermano. Altri raccontano di aver sentito Casseri, che in rete professava il razzismo e attaccava «i negri», dire appena prima di aprire il fuoco: «Adesso tocca a voi». Da una borsa a tracolla l´uomo estrae il revolver e spara almeno quattro colpi. Samb Modou, 40 anni, e Diop Mor, 54 anni, muoiono sul colpo. Ferito Moustapha Dieng, 34 anni, ricoverato in prognosi riservata a Careggi, rischia di restare paralizzato. Casseri si allontana, la gente prova a fermarlo. Qualcuno scatta foto con il cellulare, l´edicolante gli sbarra la strada, «Fermo, fermo». Lui tira fuori la pistola e gliela punta alla faccia, «fossi in te ci penserei» e scappa.
La reazione
Dietro ai banchi c´è chi piange, la gente è sotto shock. Cominciano ad arrivare decine e decine di senegalesi dai vari quartieri. Anche il fratello di una delle vittime. Lacrime, rabbia e molta paura: c´è un uomo ancora armato che a Firenze va in giro a sparare a chi ha la pelle nera. Un gruppo di immigrati blocca il traffico, poi partono in corteo. Intanto scattano i posti di blocco, si cerca Casseri. Grazie ai tanti testimoni è facile risalire al suo nome dalla targa della macchina. Si sa che è di Pistoia, frequentatore di CasaPound. Posti di blocco e controlli anche in autostrada. Nessuna traccia.
Il raid
in San Lorenzo
Sono le 15.04 quando il killer torna allo scoperto. Al mercato centrale di San Lorenzo, una delle zone dove lavorano e vivono più immigrati, ma anche una delle zone più frequentate dai turisti. Parcheggia l´auto negli spazi sotterranei e esce con la pistola in borsa. Cerca altri senegalesi, ne trova due. Il primo lo colpisce all´ingresso di una pizzeria, dove viene soccorso dai gestori. Un altro scappa fra i banchi del mercato, lui lo insegue e spara ancora da una decina di metri di distanza. Panico, grida, altre scene di disperazione. «Faceva il tiro a segno da lontano. Lo ha colpito al fianco e alla spalla da dietro», racconta un commerciante. Sirene, ambulanze, un elicottero. I due feriti vengono portati in ospedale.
L´ultimo colpo del killer
Casseri intanto gira intorno alla struttura del mercato e torna alla macchina, si siede al posto del passeggero. È inseguito dagli agenti e dagli investigatori della Digos: «Esci subito» gli urlano. È circondato. Fa appena in tempo a riprendere la pistola e a spararsi alla gola mettendo fine alla sua vita. Anche un poliziotto spara quando lo vedere prendere l´arma, ma non è chiaro se lo colpisce: lo diranno la scientifica e il medico legale. «L´ipotesi è che si sia suicidato quando la polizia stava intervenendo» spiega il procuratore capo Giuseppe Quattrocchi.
La rabbia degli immigrati
Mentre sono in corso i rilievi arrivano molti senegalesi. Anche qui grida di rabbia, non credono che il killer sia morto. La polizia porta uno di loro nel parcheggio sotterraneo, a vedere il cadavere di Casseri, per tranquillizzare gli altri. «Ci sono cose che non tornano, vogliamo la verità: perché una persona così pericolosa, che era nei siti neonazisti, era in giro armato?», chiede il portavoce della comunità senegalese, Pape Diaw. Per sabato è stata organizzata a Firenze una manifestazione nazionale «pacifica e non violenta». Più tardi i senegalesi si spostano verso la prefettura e danno vita ad una manifestazione. Si uniscono alcuni giovani dei centri sociali e l´atmosfera si scalda: vengono sparati petardi, colpite macchine, distrutta la telecamera di una tv privata. La polizia carica in piazza Repubblica.
Intanto il sindaco Matteo Renzi («è un giorno che Firenze non avrebbe mai voluto vivere» e anche «non vedo analogie con i fatti di Torino, è stato un gesto solitario e folle») ha dichiarato per oggi il lutto cittadino e annunciato che il Comune pagherà le spese per il rientro delle salme in Senegal. Sempre oggi è atteso l´arrivo in città del ministro all´Integrazione Andrea Riccardi. L´imam Izzedine Elzir presidente dell´Ucoii accusa: «Un attacco vile frutto di 10 anni di una parte politica fatta di odio, fascismo e razzismo». La giornata si è conclusa con una preghiera degli immigrati davanti al Duomo condotta dallo stesso Elzir.
Il primo agguato
È passato da poco mezzogiorno quando Gianluca Casseri arriva in piazza Dalmazia, parcheggia la sua Polo grigia in doppia fila. C´è un chiosco per i panini, un´edicola e mezzo quartiere con le borse della spesa. L´uomo, secondo alcuni testimoni passa più volte davanti a tre senegalesi che vendono borse, accendini, magliette. Qualcuno parla di una lite avvenuta un paio di ore prima tra lui e gli immigrati. I carabinieri non confermano. Altri raccontano di aver sentito Casseri, che in rete professava il razzismo e attaccava «i negri», dire appena prima di aprire il fuoco: «Adesso tocca a voi». Da una borsa a tracolla l´uomo estrae il revolver e spara almeno quattro colpi. Samb Modou, 40 anni, e Diop Mor, 54 anni, muoiono sul colpo. Ferito Moustapha Dieng, 34 anni, ricoverato in prognosi riservata a Careggi, rischia di restare paralizzato. Casseri si allontana, la gente prova a fermarlo. Qualcuno scatta foto con il cellulare, l´edicolante gli sbarra la strada, «Fermo, fermo». Lui tira fuori la pistola e gliela punta alla faccia, «fossi in te ci penserei» e scappa.
La reazione
Dietro ai banchi c´è chi piange, la gente è sotto shock. Cominciano ad arrivare decine e decine di senegalesi dai vari quartieri. Anche il fratello di una delle vittime. Lacrime, rabbia e molta paura: c´è un uomo ancora armato che a Firenze va in giro a sparare a chi ha la pelle nera. Un gruppo di immigrati blocca il traffico, poi partono in corteo. Intanto scattano i posti di blocco, si cerca Casseri. Grazie ai tanti testimoni è facile risalire al suo nome dalla targa della macchina. Si sa che è di Pistoia, frequentatore di CasaPound. Posti di blocco e controlli anche in autostrada. Nessuna traccia.
Il raid
in San Lorenzo
Sono le 15.04 quando il killer torna allo scoperto. Al mercato centrale di San Lorenzo, una delle zone dove lavorano e vivono più immigrati, ma anche una delle zone più frequentate dai turisti. Parcheggia l´auto negli spazi sotterranei e esce con la pistola in borsa. Cerca altri senegalesi, ne trova due. Il primo lo colpisce all´ingresso di una pizzeria, dove viene soccorso dai gestori. Un altro scappa fra i banchi del mercato, lui lo insegue e spara ancora da una decina di metri di distanza. Panico, grida, altre scene di disperazione. «Faceva il tiro a segno da lontano. Lo ha colpito al fianco e alla spalla da dietro», racconta un commerciante. Sirene, ambulanze, un elicottero. I due feriti vengono portati in ospedale.
L´ultimo colpo del killer
Casseri intanto gira intorno alla struttura del mercato e torna alla macchina, si siede al posto del passeggero. È inseguito dagli agenti e dagli investigatori della Digos: «Esci subito» gli urlano. È circondato. Fa appena in tempo a riprendere la pistola e a spararsi alla gola mettendo fine alla sua vita. Anche un poliziotto spara quando lo vedere prendere l´arma, ma non è chiaro se lo colpisce: lo diranno la scientifica e il medico legale. «L´ipotesi è che si sia suicidato quando la polizia stava intervenendo» spiega il procuratore capo Giuseppe Quattrocchi.
La rabbia degli immigrati
Mentre sono in corso i rilievi arrivano molti senegalesi. Anche qui grida di rabbia, non credono che il killer sia morto. La polizia porta uno di loro nel parcheggio sotterraneo, a vedere il cadavere di Casseri, per tranquillizzare gli altri. «Ci sono cose che non tornano, vogliamo la verità: perché una persona così pericolosa, che era nei siti neonazisti, era in giro armato?», chiede il portavoce della comunità senegalese, Pape Diaw. Per sabato è stata organizzata a Firenze una manifestazione nazionale «pacifica e non violenta». Più tardi i senegalesi si spostano verso la prefettura e danno vita ad una manifestazione. Si uniscono alcuni giovani dei centri sociali e l´atmosfera si scalda: vengono sparati petardi, colpite macchine, distrutta la telecamera di una tv privata. La polizia carica in piazza Repubblica.
Intanto il sindaco Matteo Renzi («è un giorno che Firenze non avrebbe mai voluto vivere» e anche «non vedo analogie con i fatti di Torino, è stato un gesto solitario e folle») ha dichiarato per oggi il lutto cittadino e annunciato che il Comune pagherà le spese per il rientro delle salme in Senegal. Sempre oggi è atteso l´arrivo in città del ministro all´Integrazione Andrea Riccardi. L´imam Izzedine Elzir presidente dell´Ucoii accusa: «Un attacco vile frutto di 10 anni di una parte politica fatta di odio, fascismo e razzismo». La giornata si è conclusa con una preghiera degli immigrati davanti al Duomo condotta dallo stesso Elzir.
Michele Montanari
Neofascista al mercato spara sui senegalesi
FIRENZE — Nel posto sbagliato al momento sbagliato. Per questo sono morti. Perché il loro destino ha incrociato quello di Gianluca Casseri, 50 anni, scrittore di miti nordici e novelle dell'orrore, forte contiguità con gli ambienti dell'estrema destra e «neofascista» per autodefinizione.
Quei venditori ambulanti Casseri non li aveva mai visti prima. Ma lui non cercava un obiettivo conosciuto. Voleva colpire i senegalesi, quali che fossero. E in piazza Dalmazia, immediata periferia nord di Firenze, si è trasformato in uno dei tanti demoni delle sue storie. Ha iniziato a camminare tra le bancarelle del mercato rionale sfiorando centinaia di persone, turisti, ragazzi, bambini. Poi li ha visti. Ecco i senegalesi. Un sorriso strano, la pistola in pugno, quattro colpi secchi. Samb Modou, 40 anni, clandestino, è caduto a terra stringendo nelle mani una felpa. Diop Mor, 54 anni, regolare permesso di soggiorno, ha accennato una fuga impossibile ed è stato freddato mentre con le mani tentava disperatamente di difendersi. Il killer ha sparato ancora ferendone un terzo all'addome, Moustapha Dieng, 34 anni, ricoverato in prognosi riservata all'ospedale di Careggi (rischia di rimanere paralizzato).
Lui a vagare con la pistola in pugno, la gente a correre per mettersi in salvo, fra grida, terrore e sangue. L'edicolante, Gabriele, un ragazzo coraggioso, lo ha affrontato a pugni chiusi. Casseri ha alzano la sua 357 Magnum al cielo, ha scosso la testa e ha parlato: «Togliti di mezzo o uccido anche te». Due fidanzati hanno scattato al killer due foto con il telefonino, altri hanno preso il numero di targa della sua auto. Ma due ore dopo Casseri ha tentato di uccidere ancora: ha sparato ad altri due venditori ambulati senegalesi di 32 e 42 anni nel vicino mercato di San Lorenzo, centro storico della città. Li ha feriti tutti e due. E poi, braccato dalla polizia nel parcheggio sotterraneo del mercato, dopo una sparatoria, si è puntato la pistola alla gola e ha premuto il grilletto: è morto pochi istanti dopo mentre seicento extracomunitari a pochi metri di distanza manifestavano contro la «barbara follia razzista».
Eccola la cronaca di una giornata mai vissuta prima da Firenze. Una giornata che ha scosso la città e indignato l'Italia. Il presidente Giorgio Napolitano, profondamente turbato, si è fatto interprete del «diffuso sentimento di ripudio di ogni predicazione e manifestazione di violenza razzista e xenofoba» e ieri sera ha espresso in una nota «cordoglio alle famiglie delle vittime di questa cieca esplosione di odio», ricordando «l'impegno urgente di tutte le autorità politiche e della società civile per contrastare sul nascere ogni forma di intolleranza e riaffermare la tradizione di apertura e di solidarietà del nostro Paese».
Preoccupazione è stata espressa anche dal ministro dell'Integrazione, Andrea Riccardi, che oggi sarà a Firenze per manifestare alla comunità senegalese la vicinanza dello Stato e garantirle il massimo della sicurezza. «Stiamo attenti alla predicazione dell'odio, quando la gente è allarmata lo straniero diventa un capro espiatorio» ha detto.
Il sindaco Matteo Renzi ha proclamato per oggi il lutto cittadino e ha chiesto «a tutte le scuole di promuovere un momento di riflessione su quanto è accaduto — annuncia — per dire "mai più"».
Quei venditori ambulanti Casseri non li aveva mai visti prima. Ma lui non cercava un obiettivo conosciuto. Voleva colpire i senegalesi, quali che fossero. E in piazza Dalmazia, immediata periferia nord di Firenze, si è trasformato in uno dei tanti demoni delle sue storie. Ha iniziato a camminare tra le bancarelle del mercato rionale sfiorando centinaia di persone, turisti, ragazzi, bambini. Poi li ha visti. Ecco i senegalesi. Un sorriso strano, la pistola in pugno, quattro colpi secchi. Samb Modou, 40 anni, clandestino, è caduto a terra stringendo nelle mani una felpa. Diop Mor, 54 anni, regolare permesso di soggiorno, ha accennato una fuga impossibile ed è stato freddato mentre con le mani tentava disperatamente di difendersi. Il killer ha sparato ancora ferendone un terzo all'addome, Moustapha Dieng, 34 anni, ricoverato in prognosi riservata all'ospedale di Careggi (rischia di rimanere paralizzato).
Lui a vagare con la pistola in pugno, la gente a correre per mettersi in salvo, fra grida, terrore e sangue. L'edicolante, Gabriele, un ragazzo coraggioso, lo ha affrontato a pugni chiusi. Casseri ha alzano la sua 357 Magnum al cielo, ha scosso la testa e ha parlato: «Togliti di mezzo o uccido anche te». Due fidanzati hanno scattato al killer due foto con il telefonino, altri hanno preso il numero di targa della sua auto. Ma due ore dopo Casseri ha tentato di uccidere ancora: ha sparato ad altri due venditori ambulati senegalesi di 32 e 42 anni nel vicino mercato di San Lorenzo, centro storico della città. Li ha feriti tutti e due. E poi, braccato dalla polizia nel parcheggio sotterraneo del mercato, dopo una sparatoria, si è puntato la pistola alla gola e ha premuto il grilletto: è morto pochi istanti dopo mentre seicento extracomunitari a pochi metri di distanza manifestavano contro la «barbara follia razzista».
Eccola la cronaca di una giornata mai vissuta prima da Firenze. Una giornata che ha scosso la città e indignato l'Italia. Il presidente Giorgio Napolitano, profondamente turbato, si è fatto interprete del «diffuso sentimento di ripudio di ogni predicazione e manifestazione di violenza razzista e xenofoba» e ieri sera ha espresso in una nota «cordoglio alle famiglie delle vittime di questa cieca esplosione di odio», ricordando «l'impegno urgente di tutte le autorità politiche e della società civile per contrastare sul nascere ogni forma di intolleranza e riaffermare la tradizione di apertura e di solidarietà del nostro Paese».
Preoccupazione è stata espressa anche dal ministro dell'Integrazione, Andrea Riccardi, che oggi sarà a Firenze per manifestare alla comunità senegalese la vicinanza dello Stato e garantirle il massimo della sicurezza. «Stiamo attenti alla predicazione dell'odio, quando la gente è allarmata lo straniero diventa un capro espiatorio» ha detto.
Il sindaco Matteo Renzi ha proclamato per oggi il lutto cittadino e ha chiesto «a tutte le scuole di promuovere un momento di riflessione su quanto è accaduto — annuncia — per dire "mai più"».
Marco Gasperetti
«Italiani assassini, vergogna» La rivolta degli ambulanti
FIRENZE — Il fratello minore di Samb Modou si accovaccia a terra, le mani chiuse tra i capelli crespi, altri senegalesi arrivano e si stringono intorno a lui cercando di proteggerlo, consolarlo. Ma il ragazzino è disperato e singhiozza forte tra le bancarelle di piazza Dalmazia: «Adesso io devo trovare la forza di alzare il telefono e chiamare nostra madre in Africa», grida ai suoi amici mentre il corpo di suo fratello è già stato portato via insieme a quello di Diop Mor, l'altro ambulante ucciso dal pazzo di CasaPound. «Capito? — continua il ragazzino — Devo dirle che Samb Modou non c'è più, che il suo figliolo più grande è morto e non tornerà. Lui lavorava come me, tutti i giorni dalle 8 del mattino alle 7 di sera, al mercato, per riuscire a mandare un po' di soldi a casa. Ed ecco com'è finita, ammazzato peggio di un animale».
C'è tanto dolore, un'onda cupa di smarrimento attraversa la piazza dei senegalesi. Un massacro così, chi poteva immaginarlo? «Italiani assassini», «razzisti», «maledetti», «Italia vergogna». Alle tre del pomeriggio da piazza Dalmazia parte un corteo spontaneo.
Intanto si è saputo che a San Lorenzo la mattanza è continuata, altri due immigrati sono stati presi di mira dai colpi di pistola. E allora ecco che la rabbia esplode. Arrivano a centinaia da tutto il circondario: i senegalesi delle concerie di Santa Croce, quelli delle case vinicole del Chianti, gli studenti africani di Pisa, altri ambulanti. Quasi tutti regolari, col permesso di soggiorno e un contratto di lavoro in tasca. «Neri ma non in nero», raccontano orgogliosi, dopo anni di faticosa integrazione.
In via Cerretani, tra la stazione di Santa Maria Novella e il Duomo, l'indignazione raggiunge il suo apice: alcuni motorini parcheggiati vengono gettati a terra, cestini e cartelli stradali divelti. Sono atti isolati, per fortuna. Man mano che il corteo si avvicina al centro storico, però, i commercianti abbassano le saracinesche, i clienti si riparano nei negozi e le vetrine di lusso dello shopping fiorentino tremano di paura. Immagini che rimandano con la memoria alla marcia del '90 davanti al Battistero, quando centinaia di senegalesi a Firenze proclamarono lo sciopero della fame chiedendo il permesso di soggiorno. Sembrava un tempo ormai remoto. E invece in piazza della Repubblica la polizia carica e un ragazzo nero viene colpito da una manganellata. Vengono a dar manforte gli antagonisti dei centri sociali, quelli del Centro Popolare Autogestito e gli altri di Next Emerson.
«Ma davvero quell'assassino è morto? Vogliamo la verità», grida un ragazzo con i capelli rasta, Diavo Abdore. «Voi italiani quando si è saputa la notizia avete subito parlato di un regolamento di conti — protesta Sylla Matar — Ma i senegalesi sono pacifici, non sono banditi e non s'ammazzano tra di loro. Perciò la nostra protesta non si ferma, sabato in piazza Dalmazia faremo una grande manifestazione e saremo ancora di più». «Anche noi siamo cittadini italiani — aggiunge furibondo Ousmane, infermiere, da 21 anni in Italia — Ma voi non ci trattate alla pari».
Davanti al Battistero il presidente della Regione, Enrico Rossi, prova a dialogare con quella folla inferocita: «Io vi considero fratelli, la Toscana sarà con voi». Ma viene contestato, fischiato e alla fine costretto a desistere. Pape Diaw, portavoce della comunità senegalese fiorentina (almeno 7 mila unità e altre 10-12 mila sparse tra Pisa e Pontedera), ex consigliere comunale qui a Firenze, prima con Rifondazione e oggi con Sel, racconta che negli ultimi tempi navigando in Rete, su Facebook, aveva percepito un odio crescente verso gli immigrati. «Una destra feroce, fascista e razzista ha avvelenato il clima — accusa —. Abbiamo vissuto dieci anni di politiche sbagliate. E infatti vedete? L'altro giorno è stato bruciato un campo Rom a Torino e ora c'è stato questo massacro a Firenze. Speriamo che sia l'ultima volta».
L'imam Elzir Izzedin, palestinese dell'Ucoii, arriva in piazza Duomo verso le sette di sera, quando i tumulti si sono ormai placati, monta su una balaustra di ferro e arringa la gente con un megafono bianco. Invoca l'aiuto di Allah per guarire i feriti e invita alla preghiera «per i nostri fratelli shahid, martiri e morti innocenti».
Il console onorario della Repubblica del Senegal in Italia non sa darsi pace: «Nel 1962 proprio a Palazzo Vecchio il presidente del Senegal Leopold Sedar Senghor incontrò qui a Firenze il sindaco Giorgio La Pira e insieme annunciarono di voler creare un ponte tra i due popoli. In lingua wolof, la lingua del Senegal, il concetto di accoglienza si esprime con una parola: Teranga. Ecco, mi sento di dire che fino a oggi questa parola a Firenze aveva avuto un senso».
C'è tanto dolore, un'onda cupa di smarrimento attraversa la piazza dei senegalesi. Un massacro così, chi poteva immaginarlo? «Italiani assassini», «razzisti», «maledetti», «Italia vergogna». Alle tre del pomeriggio da piazza Dalmazia parte un corteo spontaneo.
Intanto si è saputo che a San Lorenzo la mattanza è continuata, altri due immigrati sono stati presi di mira dai colpi di pistola. E allora ecco che la rabbia esplode. Arrivano a centinaia da tutto il circondario: i senegalesi delle concerie di Santa Croce, quelli delle case vinicole del Chianti, gli studenti africani di Pisa, altri ambulanti. Quasi tutti regolari, col permesso di soggiorno e un contratto di lavoro in tasca. «Neri ma non in nero», raccontano orgogliosi, dopo anni di faticosa integrazione.
In via Cerretani, tra la stazione di Santa Maria Novella e il Duomo, l'indignazione raggiunge il suo apice: alcuni motorini parcheggiati vengono gettati a terra, cestini e cartelli stradali divelti. Sono atti isolati, per fortuna. Man mano che il corteo si avvicina al centro storico, però, i commercianti abbassano le saracinesche, i clienti si riparano nei negozi e le vetrine di lusso dello shopping fiorentino tremano di paura. Immagini che rimandano con la memoria alla marcia del '90 davanti al Battistero, quando centinaia di senegalesi a Firenze proclamarono lo sciopero della fame chiedendo il permesso di soggiorno. Sembrava un tempo ormai remoto. E invece in piazza della Repubblica la polizia carica e un ragazzo nero viene colpito da una manganellata. Vengono a dar manforte gli antagonisti dei centri sociali, quelli del Centro Popolare Autogestito e gli altri di Next Emerson.
«Ma davvero quell'assassino è morto? Vogliamo la verità», grida un ragazzo con i capelli rasta, Diavo Abdore. «Voi italiani quando si è saputa la notizia avete subito parlato di un regolamento di conti — protesta Sylla Matar — Ma i senegalesi sono pacifici, non sono banditi e non s'ammazzano tra di loro. Perciò la nostra protesta non si ferma, sabato in piazza Dalmazia faremo una grande manifestazione e saremo ancora di più». «Anche noi siamo cittadini italiani — aggiunge furibondo Ousmane, infermiere, da 21 anni in Italia — Ma voi non ci trattate alla pari».
Davanti al Battistero il presidente della Regione, Enrico Rossi, prova a dialogare con quella folla inferocita: «Io vi considero fratelli, la Toscana sarà con voi». Ma viene contestato, fischiato e alla fine costretto a desistere. Pape Diaw, portavoce della comunità senegalese fiorentina (almeno 7 mila unità e altre 10-12 mila sparse tra Pisa e Pontedera), ex consigliere comunale qui a Firenze, prima con Rifondazione e oggi con Sel, racconta che negli ultimi tempi navigando in Rete, su Facebook, aveva percepito un odio crescente verso gli immigrati. «Una destra feroce, fascista e razzista ha avvelenato il clima — accusa —. Abbiamo vissuto dieci anni di politiche sbagliate. E infatti vedete? L'altro giorno è stato bruciato un campo Rom a Torino e ora c'è stato questo massacro a Firenze. Speriamo che sia l'ultima volta».
L'imam Elzir Izzedin, palestinese dell'Ucoii, arriva in piazza Duomo verso le sette di sera, quando i tumulti si sono ormai placati, monta su una balaustra di ferro e arringa la gente con un megafono bianco. Invoca l'aiuto di Allah per guarire i feriti e invita alla preghiera «per i nostri fratelli shahid, martiri e morti innocenti».
Il console onorario della Repubblica del Senegal in Italia non sa darsi pace: «Nel 1962 proprio a Palazzo Vecchio il presidente del Senegal Leopold Sedar Senghor incontrò qui a Firenze il sindaco Giorgio La Pira e insieme annunciarono di voler creare un ponte tra i due popoli. In lingua wolof, la lingua del Senegal, il concetto di accoglienza si esprime con una parola: Teranga. Ecco, mi sento di dire che fino a oggi questa parola a Firenze aveva avuto un senso».
Fabrizio Caccia
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