Il rigore e la disciplina costituiscono dimensioni essenziali del cammino verso Dio, perché lo sforzo intrapreso per il suo ricordo si custodisce nella via, termine quest'ultimo difficilmente definibile nella tradizione musulmana e che si traduce in arabo con la parola "Sharia". L'uso che i mezzi d'informazione hanno fatto di questo termine ne ha alterato il significato più essenziale, anche se esso ha un posto molto importante nell'Islam come quello dello sforzo spirituale e di resistenza (Jihad). I media ma anche alcuni intellettuali musulmani presentano questi termini nel loro uso più radicale, distorto e malevolo, facendo il gioco di coloro che presentano una visione aggressiva dell'Islam.
La Sharia si traduce letteralmente come "cammino che porta all'acqua", ma molti la intendono come l'applicazione di un sistema di leggi che inizia col tagliare le mani ai ladri o lapidare gli adulteri: è una traduzione utilizzata perfino da alcuni musulmani convinti che una società diventa islamica solo quando inizia una repressione brutale delle colpe; ma questa accezione è lontana da ciò che pensa la maggioranza dei musulmani.
Secondo la tradizione islamica Dio mette a nostra disposizione molti strumenti. Il primo strumento a disposizione della coscienza umana consiste in una rivelazione che si realizza in due modalità riassumibili nella nozione di libro del mondo.
La formula deriva dall'incontro storico tra la tradizione occidentale con l'università islamica e la sua concezione del rapporto con la Rivelazione. Ma questa espressione è in realtà molto più antica in quanto già nel IX secolo dell'Islam si parlava già di "Al Kitab Al Manshur" (Libro Manifestato).
Quando Dio enumera nella rivelazione coranica gli elementi della natura, usa il termine "segno" e ovunque ci sono Segni della sua presenza: "I sette cieli e la terra e tutto ciò che in essi si trova lo glorificano, non c'è nulla che non lo glorifichi lodandolo" (Cor. XVII, 44).
Per esemplificare questa visione immaginiamo un albero. Chi lo guarda non potrà che vedere un semplice albero; ma l'uomo che si è avvicinato alla luce della rivelazione divina, vedrà in questo albero la manifestazione e la presenza del Creatore, vi coglierà un segno, così come in tutti gli altri elementi del Creato se guardati dalla profondità della fede.
Tutta la natura parla di Dio, tutto ci dimostra la sua presenza. La parola araba Aya (plur. Ayat) indica sia il versetto coranico che il segno. Lo stesso termine per due definizioni diverse, come se Dio avesse voluto dire che se la rivelazione coranica è un segno, i segni della natura sono una rivelazione, un libro aperto allo sguardo e alla coscienza dell'uomo. Esistono dunque due rivelazioni: quella della Creazione e quella della Profezia. Il ciclo della Profezia comprende nell'Islam tutti i Profeti da Adamo a Muhammad, passando per Noè, Abramo, Mosè e Gesù e tutti gli altri che sono stati inviati da Dio per trasmettere un messaggio e compiere una missione. Ma nella tradizione islamica tutti i Profeti nonostante siano inviati da Dio, non hanno perduto la loro dimensione umana. La loro esemplarità è legata al fatto che siano umani, e ciò implica che la loro grandezza non si è sviluppata solo attraverso il loro carattere di messaggeri ma anche e soprattutto attraverso il giungere a una padronanza, e una disciplina del loro essere. Nell'Islam i Profeti formano una catena unica e tutti i loro messaggi fanno parte della rivelazione divina, proclamata nella sua forma più completa da Muhammad:
"E in precedenza guidammo Noè; tra i suoi discendenti guidammo Davide, Salomone, Giobbe, Giuseppe, Mosè e Aronne. E guidammo Zaccaria, Elia, Giovanni e Gesù: era tutta gente del bene. A tutti loro concedemmo eccellenza sugli uomini" (Cor. VI, 84-86).
Il Profeta è tra l'altro il modello di chi è riuscito a elevarsi e a trasformare i suoi difetti in pregi, gestendo la sua natura umana, in modo di diventare accessibile agli altri uomini. I Profeti sono stati inviati per insegnare il senso del cammino, il modo di trovare l'equilibrio e la pace interiore tra il corpo e il cuore, saper nutrire l'uno senza dimenticare l'altro, saper ricordarsi di Dio senza tralasciare gli impegni quotidiani.
Questo è stato l'insegnamento di Mohammad che ha insistito sull'importanza della fede e del cuore, mettendo in evidenza che si può essere allo stesso tempo persone pie e nutrirsi, sposarsi e divertirsi, vivere pienamente la propria vita di esseri umani. Accettare l'umiltà della propria condizione umana, rinforza l'idea del rispetto e della sottomissione riconoscente al Creatore.
L'uomo che ha capito il senso di questo equilibrio può percorrere in modo individuale il cammino della vita con serenità, applicando tutti gli insegnamenti e le regole dettate da Dio, senza mai dimenticarsi però di essere parte di una comunità, anche quando compie gli atti della donazione. Ognuno dei 5 Pilastri dell'Islam favorisce un cammino spirituale che è in rapporto con la comunità di fede.
Molteplici sono le dimensioni nell'adorazione: prima di tutto la purificazione dell'essere attraverso la preghiera (Salat), essere con Dio da soli cinque volte al giorno, lasciando fuori il mondo per non percepire altro che la sua realtà attraverso l'elevazione spirituale. La preghiera si può fare da soli, perché essa è espressione dell'intimità del cuore che si rivolge al Creatore ma che è più meritoria fare in gruppo. Essere nella solitudine della propria interiorità, ma allo stesso tempo con la comunità, rinforza questo atto spirituale e mostra come la comunità rinforzi l'uomo così come l'uomo arricchisce la comunità.
Il digiuno (Sawm) evidenzia una dimensione che è insieme purificazione del cuore nell'ambito spirituale ma è anche purificazione del corpo che dura un mese all'anno. Questa purificazione si fa da soli, perché ogni persona soffre la fame e la sete personalmente, ma anche collettivamente perché tutti i musulmani digiunano nello stesso periodo. Lo stesso discorso vale per il pellegrinaggio (Hajj): ogni persona sopporta da sola lo sforzo di andare verso la casa di Dio, ma contemporaneamente milioni di persone si dirigono verso lo stesso luogo.
La Zakat, imposta sociale purificatrice, consiste nel prelevare dal denaro di ogni persona una somma pari al 2,5% della sua ricchezza, che servirà sia come purificazione individuale, sia come un segno di solidarietà sociale nei confronti dei bisognosi.
La purificazione del patrimonio attraverso la Zakat, del cuore attraverso la preghiera, del corpo attraverso il digiuno, si riflette in tutti gli atti dell'adorazione, affinché l'uomo possa avvicinarsi sempre di più alla sua natura originaria di adoratore dell'Unico che lo ha creato. E questa sistematica purificazione facilita il cammino dell'uomo verso la libertà nel modo in cui Dio ha stabilito.
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