Kabul, rivolta per il Corano assalto alla base americana
La rabbia è divampata quando i lavoranti afgani della base americana di Bagram hanno trovato copie bruciacchiate del Corano fra i rifiuti. La distruzione del libro sacro è un oltraggio inaccettabile per gli islamici: la notizia è girata rapidamente in tutto l´Afghanistan, dando il via a proteste e cortei. Per le vie di Kabul sono ricomparse addirittura le bandiere nere dei Taliban. I manifestanti gridavano: «Morte all´America e a Karzai». Il presidente ha definito «giusta» l´indignazione, chiedendo però ai connazionali di rispettare i civili e le proprietà. Non è servito: almeno duemila persone hanno assalito il compound americano di Camp Phoenix e i contractor hanno sparato, uccidendo almeno un dimostrante. «Se gli americani ci insultano fino a questo punto, perché non dovremmo unirci agli insorti?», si chiedeva un dimostrante ai microfoni dell´agenzia Reuters. A Jalalabad i dimostranti hanno bruciato bandiere americane e gridato: «Lunga vita al mullah Omar», persino nella città pachistana di Karachi i manifestanti sono scesi in piazza.
I comandi Isaf e il governo di Washington hanno cercato di limitare il danno, correndo a chiedere scusa senza nemmeno verificare l´accaduto e le responsabilità. Ma a fine giornata il bilancio delle proteste conta otto morti nelle provincie di Parwan e Logar e decine di feriti nei centri maggiori, con i rappresentanti diplomatici Usa costretti a blindarsi dentro l´ambasciata di Kabul.
Nell´aprile dell´anno scorso era stato un pastore protestante della Florida a bruciare pubblicamente un Corano, suscitando in Afghanistan un´ondata di disordini culminata nell´uccisione di sette dipendenti Onu. Ma se in quell´occasione le autorità Usa avevano cercato di fermare il fondamentalista cristiano, sembra quasi incomprensibile che un nuovo incidente del genere si verifichi con i militari. È l´ennesimo disastro di immagine, che si iscrive nella stessa pagina dei marines ripresi a urinare sui corpi dei Taliban uccisi, delle oscene foto "souvenir" scattate davanti ai corpi straziati del "nemico", delle offese gratuite e disumane di Abu Ghraib.
Se verrà confermato che le copie del Corano sono state davvero bruciate da personale Usa, l´unica spiegazione possibile si basa sulla modesta qualità media dei militari americani: l´impegno su più scenari, imposto da Bush, ha esasperato i meccanismi del reclutamento e negli ultimi anni le Forze armate Usa sembravano pronte ad accettare chiunque, a prescindere da eventuali carichi con la giustizia o da scarse attitudini alla disciplina. Con un presupposto del genere, la «conquista di cuori e menti» dei locali prevista dalla dottrina militare sembra davvero fuori portata.
I comandi Isaf e il governo di Washington hanno cercato di limitare il danno, correndo a chiedere scusa senza nemmeno verificare l´accaduto e le responsabilità. Ma a fine giornata il bilancio delle proteste conta otto morti nelle provincie di Parwan e Logar e decine di feriti nei centri maggiori, con i rappresentanti diplomatici Usa costretti a blindarsi dentro l´ambasciata di Kabul.
Nell´aprile dell´anno scorso era stato un pastore protestante della Florida a bruciare pubblicamente un Corano, suscitando in Afghanistan un´ondata di disordini culminata nell´uccisione di sette dipendenti Onu. Ma se in quell´occasione le autorità Usa avevano cercato di fermare il fondamentalista cristiano, sembra quasi incomprensibile che un nuovo incidente del genere si verifichi con i militari. È l´ennesimo disastro di immagine, che si iscrive nella stessa pagina dei marines ripresi a urinare sui corpi dei Taliban uccisi, delle oscene foto "souvenir" scattate davanti ai corpi straziati del "nemico", delle offese gratuite e disumane di Abu Ghraib.
Se verrà confermato che le copie del Corano sono state davvero bruciate da personale Usa, l´unica spiegazione possibile si basa sulla modesta qualità media dei militari americani: l´impegno su più scenari, imposto da Bush, ha esasperato i meccanismi del reclutamento e negli ultimi anni le Forze armate Usa sembravano pronte ad accettare chiunque, a prescindere da eventuali carichi con la giustizia o da scarse attitudini alla disciplina. Con un presupposto del genere, la «conquista di cuori e menti» dei locali prevista dalla dottrina militare sembra davvero fuori portata.
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