Egitto, strage dopo la partita scontri fra tifosi: almeno 73 morti
L'edizione di ieri mattina di Al Ahram, il diffuso quotidiano d'Egitto avvertiva: sarà battaglia, in campo per il risultato e fuori fra i tifosi. Perché le due tifoserie hanno una lunga storia di ostilità alle spalle, sfociata spesso in scontri violenti.
La tragedia è iniziata quando i tifosi dell'Al Masry, squadra vittoriosa sul terreno per 3 a 1, hanno invaso il campo dopo il fischio finale della partita. Un funzionario della sicurezza ha raccontato che i tifosi hanno inseguito i giocatori e i loro sostenitori sia sul campo che attorno allo stadio, lanciando sassi e bottiglie. Nell'impianto stracolmo sugli spalti è stato il panico, come nella tragedia dell'Heysel nel 1985 in Belgio nella finale di Coppa dei Campioni fra Juventus e Liverpool, molte delle vittime sono morte soffocate o per ferite riportate alla testa. Altre - come invece riportano i medici degli ospedali della città - sono state uccise a coltellate. I giocatori dell'Al Ahly si sono barricati negli spogliatoi con un centinaio di loro tifosi. Lì si sarebbe scatenata una battaglia con i tifosi dell'Al Masry all'assaltoe le forze dell'ordine a difendere i calciatori in maglia rossa. Ci sono stati fitti lanci di bottiglie e pietre. Drammatiche le telefonate in diretta dei giocatori sul canale tv della squadra cairota. «Siamo stati minacciati da subito, tutti lo sapevano che sarebbe finita male ma le autorità hanno avuto paura di rinviare la partita», ha urlato via telefono in diretta tv Mohammed Abu Treira, capitano dell'Al Ahly. «Questo non è calcio, c'è una guerra e la gente sta morendo davanti a noi», ha raccontato «non ci sono ambulanze, non c'è sicurezza. È una situazione orribile e questa giornata non potrà mai essere dimenticata». È stata battaglia anche fuori dello stadio dove le forze anti-sommossa, nonostante l'ampio uso di lacrimogeni, non sono riuscite a disperdere i tifosi dell'Al Masry che si sono dati alla guerriglia urbana. L'esercito per evacuare il team cairota e il suo seguito hanno dovuto mandare gli elicotteri per trasferirli dall'impianto sportivo in fiamme all'aeroporto.
Al Cairo, dov'era in corso la partita fra lo Zamalek, squadra blasonata della capitale, e l'Al Ismailiya, l'arbitro, venuto a sapere di quanto accaduto a Port Said, ha interrotto la partita per lutto, scatenando le ire dei tifosi che hanno cominciato ad appiccare le fiamme in alcuni settori dello stadio. Ieri notte la Federazione calcistica egiziana ha deciso di sospendere a tempo indeterminato tutte le partite della Premier League mentre, il neoeletto Parlamento - dominato dalla maggioranza islamica - ha convocato per oggi una riunione di emergenza.
Fabio Scuto
Egitto, follia allo stadio: strage di 70 morti
Sono almeno 70 i morti della peggiore tragedia sportiva della storia dell'Egitto e secondo fonti giornalistiche il bilancio è destinato a crescere.
Ieri, al fischio finale della partita del campionato egiziano tra la squadra ospite, il Masry della città di Port Said, e il celebre e forte club cairota Ahly, i tifosi del Masry, che inaspettatamente ha vinto 3 a 1, hanno invaso il campo. Nelle terribili immagini della televisione egiziana, si vedono i sostenitori della squadra di Port Said rincorrere giocatori e tecnici dell'Ahly, in fuga. E scontri tra le due tifoserie. Per portare in salvo giocatori e spettatori sono dovuti addirittura intervenire gli elicotteri dell’esercito.
Un medico, Medhat El Ensawi, dell'ospedale El Aminy di Port Said, ha spiegato ai microfoni di un'emittente egiziana che nel suo ospedale contava almeno undici morti e che altri due centri sanitari avevano ricevuto almeno 25 cadaveri. I feriti sono migliaia. Secondo la televisione satellitare Al Jazeera, tra loro ci sarebbero molti agenti della sicurezza, anche se alcuni giocatori intervistati ieri dai giornalisti egiziani, come Mohammed Barakat, dell'Ahly, hanno criticato le forze dell'ordine, che secondo alcuni non avrebbero saputo intervenire. In seguito agli eventi politici degli ultimi mesi, alla rivoluzione di gennaio febbraio 2011, dove la polizia ha svolto un ruolo centrale nella repressione della rivolta, agenti e poliziotti, non amati dalla popolazione, sono sempre meno presenti in luoghi anche sensibili.
Dall'altra parte, le tifoserie egiziane non sono nuove a episodi di violenza: Masry e Ahly notoriamente si odiano. Gli ultras dell'Ahly sono famosi per essere stati al centro di scontri durante e dopo partite della serie A egiziana. Gli stessi ultras sono stati anche protagonisti della parte più violenta della rivoluzione egiziana, quando a pochi giorni dall'apertura delle urne a novembre 2011 il centro del Cairo è diventato un fronte di battaglia, con scontri violenti tra forze dell'ordine e manifestanti. In molti, tra gli attivisti, gli analisti e i giornalisti nazionali, parlarono del coinvolgimento di bande di ultras delle tifoseire del calcio nazionale.
L'episodio che aveva fatto montare l'allerta attorno e dentro gli stadi egiziani è avvenuto nel 2009 quando la partita tra il secondo club della capitale, lo Zamalek - dal nome dell'isola sul Nilo, nel cuore del Cairo - e l'Africain, squadra tunisina, match valido per la Champions league africana, terminò in una terribile rissa fra le due tifoserie. I tunisini credevano di aver già vinto quando al 95esimo minuto un goal dall’egiziano Aboutrika fece partire l'ira e le violenze dei sostenitori tunisini. Gli scontri egiziani si propagarono alle banlieue francesi, a Marsiglia e Parigi, in cui vive una vasta comunità nordafricana.
Le nuove violenze arrivano in un momento politicamente molto sensibile per l'Egitto, dove è appena iniziato il secondo turno elettorale e il primo Parlamento dell'era post-rivoluzonaria ha da poco iniziato i lavori. Ieri, l'Assemblea si è riunita in una sessione di emergenza per discutere delle violenze e tentare di evitare che il nuovo sanguinoso episodio possa avere un effetto sulla già precaria stabilità del Paese, in cui la giunta militare, le forze rivoluzionarie laiche, politcamente marginalizzate, e i gruppi islamisti vincitori alle urne mal convivono, sopravvivendo in un equilibrio precario.
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