giovedì 12 luglio 2012

SIRIA

«Assad non è eterno». Segnali da Teheran
In Siria si tratta e si spara. Un binario consolidato nella regione, dove la diplomazia convive con la violenza. L’attenzione, nelle ultime 48 ore, è di nuovo tornata sulla missione di Kofi Annan, alla disperata ricerca di una soluzione che tanti ritengono impossibile. L’inviato Onu, dopo un colloquio con il presidente Bashar Assad, ha annunciato «un nuovo approccio » che dovrà essere sottoposto all’opposizione. Un piano (vago) di transizione ottenuto dopo un incontro definito «franco e costruttivo». Annan lavora alla definizione deimeccanismi anche se deve vincere le resistenze delle parti. Il regime è convinto di aver già concesso molto mentre i ribelli sono molto scettici e hanno espresso commenti negativi. Ora che guadagnano posizioni e sono meglio armati non sono disposti a sconti. Dunque per i mediatori c’è molto da fare e gli osservatori ammettono che i risultati concreti appaiono molto lontani. Da Damasco, Annan si è trasferito in Iran per consultazioni ritenute importanti. E lo ha accolto il ministro degli Esteri Salehi con un’intervista che pesa: «Nessun leader è eterno e questo vale anche per Assad. Nel 2014 ci saranno le elezioni presidenziali e dovremmo lasciare che le cose seguano il loro corso. Fino ad allora, però, cessino le interferenze straniere ». Teheran è l’unico alleato regionale di Damasco e aiuta il regime.Ma tra il rischio di perdere (in futuro) un avamposto e trovare un compromesso è evidente che l’Iran sceglie la seconda ipotesi. Se i siriani non vogliono più Assad — è questo il messaggio — è bene che si faccia da parte. Linea non troppo lontana da quella della Russia. Lo dimostrano i segnali emersi in queste ore. Il presidente Vladimir Putin ha affermato che sarebbe necessario costringere regime e ribelli a trovare una soluzione pacifica. Esortazione accompagnata dal rifiuto di qualsiasi ingerenza esterna. Più concrete le parole del vicedirettore dell’ufficio esportazioni russo, Vyachezlav Drizirkan: la Russia sospenderà le forniture d’armi alla Siria «fintanto che la situazione resterà instabile». Una misura che si applica ai contratti legati all’invio di nuovi aerei emissili, ma esclude parti di ricambio e «pezzi» garantiti da vecchi accordi. Ciò dovrebbe permettere l’arrivo in Siria dei famosi elicotteri d’attacco. L’annuncio —se confermato—rappresenta comunque una forma di pressione sull’alleato. Mosca è vicina a Bashar, lo tutela ma si rende conto che è necessaria una svolta. Concetto passato anche agli insorti nei contatti diretti. A Mosca è arrivato Michel Kilo, uno dei rappresentanti di un’opposizione frammentata, e domani Abdel Basset Sayda, capo del Consiglio nazionale siriano è atteso nella capitale russa per colloqui. Ecco che allora si ritorna ai meccanismi di transizione inseguiti da Kofi Annan, sperando che funzionino meglio di quanto è avvenuto in questi mesi. In attesa degli sviluppi, proseguono — feroci — gli scontri. Ieri sono morte una trentina di persone tra Homs e Qusayr, che si aggiungono all’ultimo bilancio sulla guerra diffuso dall’Osservatorio siriano di Londra: 17.129 vittime, di cui 11.897 civili, 4.348 soldati e 884 disertori.

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