lunedì 19 novembre 2012

ISRAELE

Raid su Gaza fanno strage di bambini. Antimissili in azione a Tel Aviv

Gaza (Striscia di Gaza), 18 nov. (LaPresse/AP) - Per il quinto giorno consecutivo, prosegue l'offensiva israeliana sulla Striscia di Gaza e il bilancio dei morti continua a salire: 71 le vittime palestinesi, tra cui molti bambini. Nel più grave degli episodi, una casa di due piani dove viveva la famiglia Daloo è stata rasa al suolo e undici civili, soprattutto donne e bimbi, hanno perso la vita. Non si fermano intanto nemmeno i razzi lanciati versi Israele (due quelli intercettati oggi dal sistema Iron Dome diretti a Tel Aviv), mentre la diplomazia è al lavoro per provare a raggiungere un cessate il fuoco. Ma le ultime dichiarazioni del premier Benjamin Netanyahu, secondo cui "l'esercito di Israele è pronto a estendere in modo significativo l'operazione" a Gaza, non fanno ben sperare. Migliaia di soldati israeliani sono dispiegati al confine con la Striscia per l'eventualità di un attacco di terra.
71 IN TUTTO LE VITTIME PALESTINESI. Secondo quanto riferisce l'emittente al-Jazeera, citando fonti mediche, dall'inizio dell'offensiva scattata mercoledì, le vittime palestinesi sono in tutto 71, di cui venti bambini, otto donne, nove anziani e 34 uomini adulti. Molti anche i feriti, in tutto 660, tra cui 224 bambini, 113 donne e 50. Tra gli israeliani, invece, tre i morti e oltre 50 le persone rimaste ferite.
RAZZI VERSO TEL AVIV. INTERVIENE IRON DOME. Intanto, continuano i lanci di razzi da Gaza verso il territorio israeliano, oggi oltre cento, due dei quali diretti verso Tel Aviv. Secondo quanto riferiscono fonti israeliane, in giornata il sistema anti-missile Iron Dome ha intercettato e distrutto almeno 30 razzi, compresi quelli diretti verso la capitale. Intanto, il comandante Shahar Shohat, intervistato dall'emittente Channel 2, fa sapere che Israele è pronto a schierare la sesta batteria di Iron Dome, "nel caso fosse necessario".
NELLA NOTTE RAID SU MEDIA CENTER A GAZA. Nella notte due media center erano stati colpiti da raid israeliani, provocando il ferimento di almeno sei giornalisti. Un raid ha raggiunto il complesso Al-Shawa, dove hanno sede alcuni media locali e stranieri tra cui l'emittente televisiva con base in Libano al-Quds Tv, la rete tedesca ARD e Kuwait tv. Un secondo attacco aveva colpito poi un altro media center: due missili sono stati lanciati sul 15esimo piano dell'edificio dove hanno sede gli studi di Al-Aqsa tv.
EGITTO PROSEGUE MEDIAZIONE PER CESSATE IL FUOCO. Proseguono intanto gli sforzi diplomatici per raggiungere un accordo di cessate il fuoco. Un ruolo centrale è giocato dall'Egitto, il cui presidente Mohammed Morsi ha ventilato ieri la possibilità di una tregua. Oggi Morsi ha parlato al telefono per 20 minuti con il premier di Hamas, Ismail Haniyeh. Quest'ultimo ha detto a Morsi di sostenere gli sforzi di mediazione, a patto che Hamas riceva "garanzie che sarà evitata ogni futura aggressione" da parte di Israele.
NETANYAHU: PRONTI A ESTENDERE OPERAZIONE. Nonostante i tentativi di mediare una pace, Natanyahu ha fatto sapere che l'esercito di Israele è pronto a estendere l'operazione su Gaza. La sua dichiarazione giunge dopo un'intervista rilasciata oggi alla radio militare dal portavoce dell'esercito israeliano, il brigadier generale Yoav Mordechai. Quest'ultimo ha spiegato che nell'offensiva a Gaza - oltre ai lanci di razzi - Israele ricorrerà oggi ad attacchi "più mirati, più chirurgici e mortali" contro Hamas. Mordechai ha detto che all'esercito è stato ordinato di intensificare i raid a seguito della riunione a tarda notte alla quale hanno partecipato Netanyahu e il ministro della Difesa Ehud Barak. "Immagino che nelle prossime ore vedremo continui attacchi mirati a uomini armati e comandanti di Hamas", ha affermato Mordechai ad Army Radio.
ISRAELE PRENDE FREQUENZE RADIO HAMAS. Sempre oggi l'esercito israeliano si è impossessato di alcune frequenze delle stazioni radio di Hamas e della Jihad islamica per diffondere un messaggio registrato in lingua araba in cui preannuncia l'avvio di una seconda fase della sua operazione. "Alla popolazione di Gaza: Hamas sta scherzando con il fuoco e giocando d'azzardo con il vostro destino", recita il messaggio che viene trasmesso ogni cinque minuti. "La Israel Defense Force si sta apprestando alla seconda fase della sua operazione; per la vostra sicurezza dovreste stare lontani da infrastrutture e personale di Hamas", prosegue la voce. Il messaggio non spiega in cosa consista la "seconda fase".
COSA CHIEDONO LE DUE PARTI PER ARRIVARE ALLA TREGUA. Un accordo rapido fra le parti per un cessate il fuoco sembra improbabile visto che il governo di Hamas e lo Stato ebraico sono ben distanti nelle rispettive richieste. Gaza vorrebbe condizionare un accordo per la tregua all'abbandono totale dell'embargo sulla Striscia imposto nel 2007 da Israele e dal predecessore di Morsi, Hosni Mubarak. Hamas vuole inoltre garanzie che Tel Aviv fermi le uccisioni mirate dei suoi leader e comandanti militari. Israele, da parte sua, respinge queste richieste, fa sapere di non essere interessato a un "intervallo" e vuole garanzie che i lanci di razzi dal territorio palestinese si fermino del tutto. Negli ultimi giorni, da Gaza i militanti hanno esteso il raggio d'azione dei loro razzi, lanciandoli anche in direzione di Tel Aviv e Gerusalemme. Il direttore generale del ministero della Difesa israeliano, Udi Shani, ha spiegato ad Army Radio che l'operazione dello Stato ebraico contro i militanti di Gaza non intende far cadere il governo di Hamas, ma minare le sue capacità di attaccare Israele. "Se non riusciamo a raggiungere i nostri obiettivi via aria, dovremo entrare via terra", ha detto Shani. "Spero che nei prossimi giorni si deciderà", ha concluso.
COOPERANTI ITALIANI EVACUATI A GERUSALEMME. Sempre oggi, il gruppo di cooperanti italiani bloccati da giorni a Gaza è stato trasferito a Gerusalemme, grazie a un'operazione portata a termine dal consolato generale italiano con il sostegno dell'ambasciata a Tel Aviv e sotto il coordinamento dell'unità di crisi della Farnesina. I nove (otto cooperanti e una missionaria laica) sono stati fatti salire su un convoglio richiesto dall'unità di crisi e dal consolato, e organizzato dal dispositivo Unrwa dell'Onu, grazie a cui hanno raggiunto il valico di Eretz e sono stati accompagnati a Gerusalemme. "Siamo riusciti a lasciare la Striscia in Gaza in uno dei rari momenti in cui la situazione si era tranquillizzata", ha confermato a LaPresse una dei cooperanti, Meri Calvelli, dell'Associazione cooperazione e solidarietà, che si occupa di progetti legati all'agricoltura a sud di Gaza. "Ora staremo qui qualche giorno ma - aggiunge - la nostra intenzione è tornare presto nella Striscia per dare sostegno alle famiglie più disagiate", "sperando che la nostra presenza aiuti anche a fare pressioni internazionali affinché si giunga alla fine delle violenze".


Raid su Gaza, strage di bambini (Fabio Scuto)

“Stavo giocando poi è esploso tutto”.

Nell’ospedale di Gaza tra i bambini straziati dalle bombe.
“Fate la guerra lontano da noi”
Raid d’Israele contro i razzi di Hamas, colpite le case

GAZA. HASSAN, l’addetto della morgue all’ospedale Al Shifa di Gaza City, ha il volto di pietra mentre depone nella cella frigorifera il corpicino di Eyad Abu Khosa, 18 mesi, morto senza nemmeno accorgersene ieri mattina sotto un bombardamento nel campo profughi di Al Bureij. Eyad è già avvolto nel sudario bianco che lo accompagnerà sottoterra, ma il telo è macchiato di sangue perché la ferita che l’ha ucciso versa ancora.

I MORTI non vengono più ricomposti – come la pietà umana vorrebbe – perché in ospedale il filo da sutura sta finendo e viene usato solo per i feriti. Con Eyad ieri, sotto il diluvio di “bombe intelligenti” che arrivavano da cielo e mare, sono morti altri 9 bambini, tutti sotto i 10 anni. Un missile ha centrato una palazzina di tre piani nel rione Nasser, e si portato via un’intera famiglia, gli Ad-Dalo: 5 donne, la nonna e 6 ragazzini; il più piccolo aveva una settimana, il più grande 5 anni. Nel suo quinto giorno la “seconda guerra di Gaza” ha conosciuto il suo bilancio più sanguinoso: 24 i morti ieri, 22 i civili palestinesi – 10 bambini – e due noti dirigenti di Hamas. In un atmosfera da incubo – la città deserta, i raid aerei che si susseguono, l’attesa carica di ansia e paura per l’attacco terrestre – la gente di Gaza piange questa “strage degli innocenti”.
«Se gli israeliani fermeranno i bombardamenti forse domani riusciremo a fare il funerale », dice Fadhi, lo zio di Eyad, unico parente che assiste al tragico rito nella camera mortuaria e firma le carte nello sgangherato ufficio a fianco, affollato dai parenti delle altre vittime che in silenzio aspettano il loro turno. Sono tutti uomini, almeno alle donne è risparmiata questa tragica incombenza, quest’ultimo dolore. La madre di Eyad, Safiah, è dall’altra parte dell’ospedale. Nel reparto rianimazione al piano terra i medici della terapia d’urgenza si stanno affannando a tenere in vita gli altri due fratellini di Eyad, di 4 e 5 anni, gravemente feriti nella stessa maledetta esplosione che ha ridotto la loro casa nel campo profughi a un pugno di sabbia.
Ambulanze e macchine civili arrivano di continuo nel cortile dell’Ospedale Al-Shifa il nosocomio più importante della città, più importante della Striscia – ma le sirene sono spente e i clacson muti perché non ce n’è bisogno: le strade di Gaza City sono deserte. La benzina scarseggia, al mercato nero ha toccato i 100 dollari per venti litri, ma soprattutto l’auto potrebbe diventare un bersaglio per i droni e per i missili degli F-16 a caccia delle rampe dei missili che comunque – dopo cinque giorni di bombardamenti senza interruzioni – continuano a piovere sul sud d’Israele.
Per evitare di essere colpiti i miliziani palestinesi hanno creato a Gaza postazioni di razzi ben mimetizzate, gli ordigni sono interrati, protetti da piastre mobili che aderiscono perfettamente al terreno e che vengono alzate con un radiocomando. Oppure quelle mobili vengono nascoste e spostate nelle aree più densamente abitate, impianti sportivi o vicino alle scuole per farsi scudo dei civili e cercare di sfuggire alla rappresaglia che invece puntualmente arriva dopo ogni lancio. Con il conseguente alto numero di vittime non combattenti. Gaza, con i suoi quasi due milioni di abitanti, è una delle aree più densamente abitate del mondo e quasi metà della palestinesi che ci vive ha meno di 15 anni, bambini e adolescenti hanno sempre pagato un prezzo alto ad ogni operazione militare.
L’atrio del pronto soccorso dell’Al-Shifa è una bolgia di gente che arriva, che piange, che si dispera, che maledice il mondo, che fuma in silenzio con lo sguardo basso guardandosi le scarpe. Il “triage” è invaso di feriti e i medici del pronto soccorso lavorano senza sosta, dibattendosi in mille difficoltà, che sono soprattutto legate alla penuria della farmacia dell’ospedale e alla mancanza di energia. I tavoli operatori di primo intervento nella sala a lato sono separati da una semplice tenda, Il dottor Medhat Abbas, che dirige l’ospedale, durante una pausa tra un’operazione e l’altra ci dice: «In 5 giorni abbiamo consumato quel che consumiamo in 3 mesi, abbiamo curato finora oltre 500 feriti, i 700 posti letto dell’ospedale sono tutti occupati e anche i 20 che abbiamo nella terapia intensiva; lavoriamo senza elettricità per 12 ore al giorno, non si può operare al buio, non funzionano le macchine per l’intervento. E poi stiamo finendo gli anticoagulanti, gli analgesici, gli anestetici, i materiali per le lastre, le sacche per le trasfusioni… ma anche le cose più semplici come i guanti o il filo per le suture». Salendo le scale sbrecciate fino al terzo piano si arriva al reparto Pediatria, nel disimpegno che porta alle stanze un gran poster di “Winnie the Pooh” e i disegni lasciati dai piccoli pazienti sono fissati al muro con le puntine. Anche Pediatria non ha un solo posto libero, perché il più alto numero di feriti si registra tra i bambini. Le case sono piccole a Gaza e il pezzo di strada davanti all’uscio diventa una propaggine dell’abitazione, tutti i ragazzini giocano per la strada. Difficile tenerli fermi, dentro casa, sotto controllo, lontano anche dalle finestre. Non avvertono il pericolo, non hanno la malizia dell’adulto nel riconoscere il rumore fisso che fanno i droni che incessantemente sorvolano la Striscia, il sibilo del missile che annuncia la morte in arrivo quando ormai è troppo tardi. Le scuole nella Striscia sono chiuse da quasi una settimana, i negozi pure, le strade – vuote del caos di traffico abituale – diventano immaginari campi di calcio per partite senza fine. Mahmoud Karton, 6 anni appena fatti, stava proprio giocando una di quelle partite sulla strada di casa nel popolare quartiere di Rimal, quando un missile ha colpito un palazzo di fronte e una scheggia nella schiena gli ha strappato via un rene. La madre Nila, in hijab nero e foulard, è seduta ai piedi del letto. Mahmoud ha il cannello nel naso e l’ago della flebo nella mano destra, ma lo sguardo è rimasto vivace. Che ti ricordi? «Giocavamo e vincevamo pure… poi un fischio, una luce, un gran male lì», dice indicando i grandi occhi neri il lato destro delle coperte consunte ma pulite che lo coprono. «Noi di Gaza siamo ormai abituati a tutto», dice Nila ringraziando per la visita com’è costume fra gli arabi, «l’importante è che sia vivo, abbiamo già perso Majid durante la guerra del 2008… aveva la stessa età. Non voglio dire contro nessuno, ma gli uomini facciano la loro guerra e lascino stare i nostri bambini».








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