martedì 27 novembre 2012

Gaza festeggia la vittoria ora Hamas oscura Abu Mazen
GAZA - Il giorno della "vittoria" ha l' aroma del caffè al cardamomo e l' odore delle shawarma che dai ristorantini invadono la Shuada Street, nel cuore di Gaza City, ai pochi bancomat ancora funzionanti si vedono file lunghissime. «Sembra che i soldi li regalino oggi», commenta secco Yusef Adal sulla porta del vicino negozio di casalinghi, che ha riapertoi battenti dopo otto giorni di bombardamenti, ma si sbaglia. Il "giorno della vittoria", proclamato festa nazionale nella Striscia, ha per caso coinciso con il pagamento degli stipendi arretrati dei dipendenti pubblici. Due porte più avanti Alì, commerciante di televisori, ne ha messo fuori uno - alimentato col generatore perché in città non c' è luce pubblica se non poche ore al giorno - acceso a tutto volume mentre il premier di Hamas Ismail Haniyeh indirizza un discorso alla «sua nazione». Si forma subito un capannello. «I combattenti della resistenza hanno cambiato le regole del gioco, hanno sconvoltoi piani di Israele. L' opzione di invadere Gaza dopo questa vittoria è svanita e non tornerà mai più», dice Haniyeh nel suo discorso, e promette che «difenderà questo accordo fino a quando Israele lo rispetterà». Nelle strade intanto il rumore dei caccia F-16 che sfrecciavano in cielo ha lasciato il posto all' abituale caos di auto e clacson. In piazza è un tripudio di bandiere sventolate dalle auto, dalle moto, appese alle finestre: quelle verdi di Hamas, quelle rosse dei Comitati popolari. Ci sono i miliziani della Jihad islamica, delle Brigate Al Quds, solo per citare i principali gruppi della galassia delle fazioni armate a Gaza. Persino simpatizzanti di Fatah, la fazione rivale fedele al presidente dell' Anp, sono scesi in strada a festeggiare. Ma è stato anche il giorno delle sepolture degli ultimi morti. Nel quartiere di Redwan - fra i più colpiti dai bombardamenti - centinaia di combattenti mascherati delle Brigate Ezzedin al Qassam hanno sfilato al funerale di cinque compagni morti. La "colonna d' onore" di Hamas era impressionante, a bordo di oltre cento pickup nuovi di zecca, i miliziani erano armati di lanciagranate, fucili d' assalto, mitragliatrici. Il movimento integralista non sembra fiaccato da questi otto giorni di bombardamenti e quasi 2500 raid contro obiettivi giudicati strategici dagli israeliani, che hanno provocato 161 morti - oltre metà dei quali civili - e più di 1500 feriti. Perché dopo l' uccisione di Ahmad Jabari - il capo militare di Hamas - l' intera leadershipè entrata in clandestinità, al sicuro nel sistema di gallerie collegate fra loro, rifugi sicuri che possono essere usati per settimane e non ha subito altre perdite significative. I suoi missili, ne ha sparati più di mille, sono arrivati a Tel Aviv e Gerusalemme, dimostrando una potenza di fuoco impressionante che ha sorpreso la Difesa israeliana. Dopo la caduta di Mubarak e di Gheddafi il contrabbando di armi verso la Striscia non solo è aumentato, ma è diventato più sofisticato. Oltre missili Grad (40 km di raggio) Hamas dispone adesso dei razzi anticarro Kornet che possono perforare la corazza dei tank israeliani. I missili Fajr-5 di fabbricazione iraniana, che arrivano invece via nave dal Sudan, con la loro gittata di 75 chilometri hanno cambiato lo scenario della guerra, dando al movimento integralista un minaccioso potere strategico nella regione. Anche il premier Benjamin Netanyahu ha dovuto prenderne atto e scegliere la tregua. Ma Israele non potrà accettare a lungo questa situazione, è difficile sentirsi al sicuro con ventimila missili puntati contro. Intanto, i servizi di sicurezza israeliani hanno arrestato a Ramallah il presunto autore dell' attentato di mercoledì contro un autobus a Tel Aviv. Gaza in questi otto giorni ha accolto visite a ripetizione di ministri arabi, del capo della Lega Araba, del premier egiziano, i ripetuti segni di stima e solidarietà del presidente Mohammed Morsi, l' artefice dello sdoganamento di Hamas. Israele e gli Usa, poi, sono stati costretti a ingaggiare con il gruppo, considerato un' organizzazione terroristica, negoziati seppure indiretti. «La primavera araba ci ha consegnato la vittoria e gli Stati Uniti stanno ascoltando (dagli arabi) parole nuove», dice Haniyeh in tv, conscio che in questi giorni Hamas ha oscurato la scena per l' Anp di Abu Mazen - costretto ieri addirittura a una formale telefonata di congratulazioni per la "vittoria"; la leadership laica moderata che incarna il presidente palestinese ne è uscita ridimensionata. La Striscia di Gaza, soprattutto adesso, si dimostra un' entità distinta dalla Cisgiordania. Un mini-Stato islamico nelle mani della Fratellanza musulmana palestinese dove si applica la Sharia, che non riconosce l' Olp come unico rappresentante dei palestinesi, che non crede nel processo di pace avviato a Oslo. Il sogno di una Palestina unica guidata da una leadership moderata sembra svanito. Nel futuro ci sarà "Hamastan" a Gaza e "Fatahland" in Cisgiordania, con seri pericoli però che nel futuro anche Ramallah possa essere risucchiata dall' onda islamica che sta cambiando gli equilibri mediorientali.

Fabio Scuto


Netanyahu ha emarginato l' Olp non vuole uno Stato palestinese
«DUE elementi emergono con nitidezza all' indomani della tregua fra Israele e Hamas. Punto primo, Hamas risulta rafforzato con un ruolo da protagonista e una forma di riconoscimento. Punto secondo, il premier israeliano Netanyahu ha forse raggiunto uno dei suoi obiettivi: emarginare il presidente palestinese Abu Mazen e la sua richiesta di riconoscimento della Palestina all' Onu. Lo suggerisce il tempismo dell' operazione militare». Yossi Alpher, 12 anni al Mossad, ex consulente di Barak per i negoziati di pace israelo-palestinesie direttore del Centro Jaffee di studi strategici, legge in controluce il quadro che va delineandosi. Alpher, secondo lei Netanyahu è disposto a concedere, nientemeno, una parte di rilievo a Hamas? «Perché tanta sorpresa? Uno degli effetti più evidenti dell' offensivaè la statura conquistata da Hamas, sia a Gaza che sulla scena internazionale. In questi giorni tutti erano a colloquio coi suoi leader: dal presidente egiziano Morsi al premier turco Erdogan agli inviati del Qatar. E nella stanza accanto c' era il Mossad. Questa è una forma di riconoscimento indiretto. A Gaza Hamas può presentarsi con gli allori di chi è sopravvissuto. Ha acquistato peso in tutto il Medio Oriente». Questo a scapito dell' Olp e del presidente palestinese Abu Mazen? E cioè del primo interlocutore di pace d' Israele? «Basta riflettere sulle azioni del governo israeliano nell' ultimo quadriennio per capire che Netanyahu non ha alcuna intenzione di trattare con Abu Mazen. Non lo interessa la soluzione dei due Stati, la restituzione del 95 per cento della Cisgiordania e di parte di Gerusalemme. Il suo desiderio è tutt' altro: appropriarsi della Cisgiordania e di Gerusalemme. Perciò preferisce Hamas come interlocutore al posto di Abu Mazen, tanto più che la sua richiesta di riconoscimento all' Onu era prevista entro pochi giorni». Lei vede una coincidenza fra l' offensiva israeliana e la richiesta dell' Olp? «Come non riconoscerla? Il 29 novembre Abu Mazen avrebbe depositato all' Onu la domanda di adesione della Palestina in qualità di Stato non membro. Questo preoccupa Israele: darebbe la possibilità all' Olp di ricorrere alla Corte internazionale di giustizia, esponendo una serie di accuse e reclami contro Israele. È probabile che uno degli obiettivi di Netanyahu fosse di minimizzare l' evento, di distrarre l' attenzione internazionale».

Alix Van Buren


Morsi come Mubarak piazze in fiamme in Egitto contro il golpe istituzionale
GERUSALEMME - «Morsi come Mubarak», «Morsi, il nuovo faraone», «Morsi vai via!». In un crescendo di slogan e d' invettive che rimandavano al tempo della rivolta contro il vecchio regime, gli oppositori di Mohammed Morsi, il presidente eletto dopo la caduta di Hosni Mubarak, si sono ritrovati a piazza Tahrir, per denunciare il colpo di mano istituzionale con cui il nuovo raìs si è in sostanza dotato di poteri straordinari, sottraendoli ad ogni controllo della magistratura. Lui, Morsi, parlando ad una folla di fedelissimi su un palco allestito fuori dal palazzo presidenziale, lontano molti chilometri da piazza Tahrir, ha difeso il suo operato affermando di aver agito per salvare il Paese dai nemici della rivoluzione e per garantire che il processo costituente, impantanato da dispute interminabili, si concluda rapidamente. Ma le sue prevedibili rassicurazioni non hanno convinto le decine di migliaia di egiziani che, raccogliendo l' appello alla protesta lanciato dai principali partiti laicie liberali, sono scesi ieri in piazza non soltanto al Cairo, ma anche ad Alessandria, Porto Said, Asyut. La mobilitazione è degenerata in scontri particolarmente violenti ad Alessandria, dove sostenitori e oppositori di Morsi si sono affrontati per le strade del centro e sul lungomare (25 feriti, 100 in tutto il Paese) e dove alcune sedi del partito "Libertà e Giustizia", l' organizzazione politica paravento dei Fratelli Musulmani, trionfatori alle elezioni generali, al cui vertice Morsi appartiene, sono state saccheggiate e date alle fiamme. A piazza Tahrir, o per meglio dire, in un viale laterale che conduce alla piazza, gli incidenti con la polizia schierata in forze per evitare che il luogo simbolo della rivoluzione egiziana diventasse teatro dell' ennesima battaglia, sono cominciati quando il neo presidente ha iniziato a parlare dal palco di Heliopolis. E mentre la folla dei seguaci, 80 mila persone, applaudiva e scandiva slogan alla maniera degli islamisti, alzando il dito indice ammonitore verso il cielo, dai ranghi dei contestatori (anche lì diverse decine di migliaia) partivano bottiglie molotov verso le truppe in assetto antisommossa che rispondevano coi lacrimogeni. Una ventina le persone contuse, decine i fermati. Gli argomenti del presidente sembrano non avere convinto neanche il suo assistente Samir Morcos, copto, responsabile per la transizione democratica, che ieri in serata ha dato le dimissioni. E subito si è dimessa anche Sekina Fouad, consigliera per la Cultura, argomentando: «Tutti vogliono il giudizio degli assassini dei manifestanti, ma rifiutano che la Costituente e il consiglio consultivo del Parlamento siano al riparo di ogni giudizio sul loro scioglimento». A giudicare dalle risposte date a quanti lo hanno attaccato dopo i decreti emessi in questi giorni, Morsi non si è lasciato intimidire dalla mobilitazione. «L' opposizione non mi preoccupa - ha detto - ma deve essere una vera e forte opposizione». Se ha deciso di dotarsi del potere straordinario di prendere qualsiasi decisione e istituire qualsiasi procedura, per giunta sottraendosi al sindacato della magistratura, è «per difendere la rivoluzione» dai suoi nemici, «una minoranza», certo, ma pericolosa,e per garantire la stabilità del paese, non per istituire una dittatura personale. Al contrario, Morsi ha aggiunto di credere nella divisione dei poteri. Ma il processo che dovrebbe portare ad adottare la nuova Costituzione, rischiava di impantanarsi in interminabili diatribe. L' Assemblea Costituente stava per esaurire il mandato, in scadenza a dicembre, senza aver adempiuto il suo compito. «Ho deciso di dare all' Assemblea altri due mesi di tempo perché approvi la nuova Costituzione che sarà sottoposta a referendum popolare, e nuove elezioni politiche seguiranno». Ma ha preferito ignorare le critiche dei liberali che hanno, nella sostanza, deciso di scendere in piazza per protestare anche contro gli orientamenti di parte emersi in seno ad un' Assemblea Costituente dominata dagli islamisti, orientamenti che non garantiscono la tutela dei diritti delle donnee delle minoranze. Morsi s' è limitato ad affermare di essere il presidente di «tutti gli egiziani», un presidente che non si schiererà mai contro i diritti di nessun cittadino, uomo o donna, ricco o povero, musulmano o cristiano che sia. PER SAPERNE DI PIU' www.aljazeera.com www.haaretz.com

Alberto Stabile


Nella Striscia le prove per una guerra all' Iran così Israele ha testato i suoi sistemi di difesa
WASHINGTON - Il conflitto fra Hamas e Israele, conclusosi con una tregua, è a prima vista l' ennesimo episodio di una resa dei conti ripetuta a cicli regolari. Eppure, secondo Usa e Israele, c' è un' altra chiave di lettura: l' offensiva è servita come prova generale per un eventuale scontro armato con l' Iran. È Teheran la questione più urgente per il premier israeliano Netanyahu e il presidente americano Obama. Divisi dalle tattiche, entrambi concordano che il tempo stringa per risolvere lo stallo sul programma nucleare iraniano: resta solo qualche mese. Un elemento chiave delle simulazioni belliche di Usa e Israele è impedire che l' Iran introduca missili di nuova generazione nella Striscia di Gaza o in Libano, dove Hamas, Hezbollah e la Jihad islamica li lancerebbero su Israele per conto di Teheran nel caso di un attacco israeliano contro l' Iran. Per certi versi Israele ha usato la battaglia di Gaza per capire quali siano le capacità militari di Hamas e della Jihad islamica (il gruppo più vicino all' Iran). Il primo colpo del conflitto fra Hamas e Israele probabilmente è stato sparato quasi un mese prima a Khartoum, in Sudan, in un altro misterioso episodio della guerra ombra con l' Iran. Il 22 ottobre un' esplosione ha distrutto una fabbrica destinata ufficialmente alla produzione di armi leggere; due giorni dopo le autorità sudanesi hanno denunciato un raid militare israeliano. Il governo di Tel Aviv non ha commentato, ma fonti israeliane e americane affermano che il Sudan è uno dei principali punti di transito per il contrabbando di razzi iraniani Fajr, del tipo lanciato da Hamas su Tel Aviv e Gerusalemme. Ovviamente un conflitto con l' Iran sarebbe ben diverso. Poco prima dell' offensiva a Gaza, gli Usa insieme agli alleati Ue e alcuni Paesi arabi del Golfo, hanno condotto esercitazioni di sminamento in mare nell' eventualità che l' Iran dissemini di esplosivi lo Stretto di Hormuz per colpire il traffico commerciale. Ma nei piani israeliani e americani per un conflitto con l' Iran, Israele dovrebbe fronteggiare minacce a più livelli: i missili a corto raggio di Gaza, a medio raggio di Hezbollah dal Libano, e a lungo raggio dall' Iran. Questi ultimi, stando all' Intelligence israelianae americana, potrebbe comprendere gli Shabab-3, in grado di essere armati di testate atomiche qualora l' Iran riuscisse a costruirne. Secondo un ufficiale Usa, le forze armate americane e israeliane hanno ricavato «moltissimi insegnamenti» dalla campagna di Gaza. La sfida è armonizzare i sistemi radar antimissile - e gli intercettori per missili a corto, medio e lungo raggio- per fronteggiare le varie minacce nel prossimo conflitto. L' ufficiale è convinto, al pari di altri esperti, che anche gli iraniani stiano compiendo le loro valutazioni di fronte all' imprecisione dei missili forniti a Hamas, e potrebbero cercare di migliorarne la progettazione. Cupola di ferro, il sistema antibalistico israeliano, ora schiera 5 batterie antimissile, ognuna del costo di circa 50 milioni di dollari; l' obbiettivoè raddoppiarle. In due anni, gli Usa hanno contribuito oltre 275 milioni di dollari di finanziamenti. Solo tre settimane fa, nel corso delle più grandi esercitazioni militari congiunte mai realizzate fra i due Paesi, gli americani hanno manovrato batterie di difesa antimissile terra-aria Patriot, e navi equipaggiate con il sistema antimissile Aegis. Tuttavia, Cupola di ferro ha i suoi limiti. È programmata per contrastare solo i missili a corto raggio, con una gittata di 80 chilometri. «Nessuno ha mai dovuto affrontare prima d' ora questo tipo di battaglia», dice Jeffrey White, analista militare, «con missili che piovono sulla metà del Paese. In più, sono missili tutti diversi».

DAVID E. SANGER THOM SHANKER


Spari al confine, un morto ma a Gaza la tregua regge
GAZA - Forse Awar Qdeih, un giovane contadino di Khan Younis voleva davvero controllare quanti crateri di bombe c' erano nel suo campo coltivato a ridosso della "buffer zone" dopo 8 giorni di bombardamenti, o forse - nella versione israeliana del fatto - voleva appendere una bandiera di Hamas al filo spinato alto sei metri che corre in quel tratto sul confine della Striscia ed era l' avanguardia di un gruppo che si avvicinava minaccioso. I soldati israeliani dopo i colpi in aria di avvertimento hanno aperto il fuoco, uccidendo Anwar e ferendo altri 25 palestinesi. Non sono passate 48 ore dall' entrata in vigore del cessateil-fuoco tra Israele e i gruppi radicali della Striscia di Gaza, che Hamas ne ha già denunciato una prima violazione; certamente non grave e frutto di una manifestazione spontanea. Diverso sarebbe certamente stato se uno dei gruppetti armati che in questi giorni per le strade di Gaza cantano vittoria avesse aperto il fuoco contro una pattuglia israeliana o avesse lanciato un missile. Una violazione flagrante che non sarebbe rimasta senza risposta da parte israeliana. L' intesa mediata dall' Egitto stabilisce solo il cessate-il-fuoco tra Israele e Hamas e la riapertura dei valichi di frontiera - quello di Rafah con l' Egitto a sud, quello di Erez con Israele nel nord - che ieri infatti erano aperti e non regolamenta l' accesso alle zone vicino alla frontiera durante la sospensione delle ostilità: le relative clausole devono ancora essere messea punto dalle parti nei prossimi giorni per una vera tregua. Hamas pur denunciando la violazione - presentando la protesta formale all' Egitto che ne è il garante - ha la piena consapevolezza che si tratta di un incidente circoscritto e reagire adesso non è nell' interesse del movimento integralista. Perché anche se la versione che Hamas fa passare parla di arsenali e capacità militari intatte, resta il fatto che gli israeliani sostengono di aver distrutto, oltre ai commissariati di polizia di Hamas ridotti in macerie ovunque, anche importanti depositi di armi e missili. Il continuo bombardamento poi dei caccia israeliania sud, durante questi otto giorni di guerra, ha sventrato molti dei tunnel che passano sotto il confine della Striscia con l' Egitto, che sono la "vena giugulare" per i rifornimenti di Gaza ma anche per il traffico dei missili. I tunnel del contrabbando che il presidente egiziano Mohammed Morsi garante dell' accordo si è impegnato a bloccare. Hamas si compiace della "vittoria" e la tv del movimento integralista oggi annunciava con enfasi la prossima visita del premier turco Erdogan, che proprio per il blocco israeliano sulla Striscia, ha rotto le relazioni diplomatiche con Israele. È l' ennesimo segnale per Hamas della solidarietà del Nuovo Medio Oriente. Nelle moschee affollate di predicatori nella preghiera del venerdì hanno celebrato la "vittoria" nel conflitto, facendo appello all' unità nazionale. Toni duri e accesi ma anche inspirati alla solidarietà: la Striscia piange i suoi 166 morti, fra loro un centinaio di civili, donne, bambini e anziani.

Fabio Scuto


Gran parte dell'opinione pubblica mondiale e dei governi ha avuto parole di elogio per la prova di moderazione e di mediazione svolta dal presidente egiziano Morsi e dai Fratelli Musulmani nella recente vicenda della brutale aggressione che il governo criminale di Tel Aviv ha scatenato contro la martoriata Striscia di Gaza, provocandovi centinaia di vittime. Grazie al paziente lavoro del presidente egiziano si è bloccato il possibile allargamento del conflitto e un pericoloso focolaio di guerra è stato spento. Nonostante ciò i sedicenti mini movimenti "liberali e democratici" di Egitto, ripetutamente sconfitti nelle prime elezioni democratiche a suffragio universale che hanno portato alla elezione di Morsi e alla reintegrazione del parlamento eletto ed esautorato da un mini golpe dell'ex giunta militare di Mubarak, non hanno mancato di mostrare il loro vero volto di nemici della pace e della democrazia assaltando una sede dei Fratelli Musulmani uccidendone a sprangate un militante e accusando il presidente Morsi di golpismo e di vocazioni dittatoriali.
Non è difficile intravedere dietro gli attacchi e la mini mobilitazione dei mini gruppi sedicenti democratici che hanno mandato un centinaio di scalmanati ad agitarsi in piazza Tahrir al Cairo, la longa manus dei servizi segreti israeliani e, magari degli ex seguaci di Mubarak: e ciò non può suscitare grande meraviglia. Quel che sconcerta è che a queste stonate e isolate voci che hanno emanato i loro ragli in Egitto si siano associati i ragli ancora più stonati di qualche giornalaccio italiano per il quale è assolutamente intollerabile che i Fratelli Musulmani e le forze politiche ad essi vicini abbiano definitivamente consolidato il loro potere democratico nei paesi della Primavera araba e seguitino ad esaltare come un campione di democrazia un ambiguo personaggio come Al-Baradei, che non ha avuto il coraggio di presentarsi candidato alle elezioni presidenziali d'Egitto e il cui partito, nelle elezioni parlamentari, non è arrivato neppure al 10%. La concezione della democrazia di chi considera democratici gli "amici" e gli amici degli amici, non è una novità in una parte della stampa italiana e ricorda tanto lo stile della mafia e delle congreghe consimili. Ma piaccia o no ormai il mondo arabo sta marciando con le sue gambe e non ha bisogno dei consigli "interessati" di chi preferisce come amici i signori insediati a Tel Aviv. Non ci stancheremo mai di ripetere: Allahu Akbar, "Dio è il più Grande!", e sia pure a prezzo di dolori e di lutti la causa della giustizia e della libertà, e vincerà anche dove ciò sembrava impossibile.

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