venerdì 28 settembre 2012

ONU

Onu, show di Netanyahu sulla Bomba “L’Iran è come Al Qaeda, va fermato”

Abu Mazen: “La Palestina sia riconosciuta come Stato”        
NEW YORK. LA LINEA rossa di Obama è troppo sottile per Netanyahu. Il premier   israeliano
ringrazia il comandante in capo d’America per  l’inasprimento  delle sanzioni contro l’Iran: ma gli
rinfaccia che quello che sta  facendo non basta.
«È  TARDI», dice, gli  ayatollah potrebbero  «essere in grado  di dotarsi  dell’atomica entro  la
prossima estate o primavera,  entro un anno,  forse anche  meno, forse anche qualche  mese».
E se il Presidente si  ostina a non capirlo ecco qui un bel grafichetto. «Ho portato  un
diagramma» dice, mostrando  proprio un disegno della bomba, come quelli  che si vedono nei
fumetti, con il nucleo diviso in tre spicchi. Il primo  mostra la prima fase e copre due terzi della
bomba disegnata: «E questa  è la parte che hanno già completato». Il secondo spicchio mostra
la  seconda fase, quella che porta al 90 per cento di atomica: «Sono entrati  già in questa». La
terza fase è lo spicchio finale,  quello prima dello  scoppio. Ed è qui che in diretta,
nell’assemblea  generale dell’Onu,  Netanyahu traccia letteralmente  con un pennarello la sua
linea rossa:  dobbiamo fermarli  prima che entrino qui.
Non è un colpo di teatro: è  l’ultimo tentativo di convincere  il mondo, e soprattutto l’amico
americano, che l’Iran si deve fermare «prima che riesca ad arricchire  l’uranio». Netanyahu
ringrazia Obama per aver detto due giorni fa,  proprio qui, che gli Usa non tollereranno mai un
Iran atomico.  Ma  chiede appunto «una chiara linea rossa»: come  quella, riconosce,  tracciata
dagli Usa inviando la flotta nel Golfo dopo le minacce degli   ayatollah di bloccare lo stretto di
Ormuz. Il leader israeliano non può  rompere con Obama ora che sembra fra l’altro destinato a
restare altri  quattro anni a Washington:  e il tono del discorso è sembrato molto più  conciliante
rispetto alle asprezze degli ultimi tempi. Perfino le  polemiche sul mancato incontro a due —
Barack, per gli impegni  elettorali, non si è concesso nessun bilaterale — sono state superate
da  una lunga telefonata. Ma non basta: «La questione non è quando  l’Iran potrà ottenere la
bomba: è a che stadio saremo in grado di fermarlo».
È già troppo tardi, insiste Bibi.  E denuncia apertamente chi  continua a dire che permettere  un
Iran dotato di atomica  sia, alla  fine, il miglior deterrente contro il suo uso. Sbaglia, dice, chi
riporta l’esempio  della Russia sovietica. Tra ideologia e  sopravvivenza,  ricorda, i russi
scelsero sempre la seconda. L’Iran già  adesso sforna centinaia di kamikaze:  permettere agli
ayatollah  che si  dotino dell’atomica  sarebbe come permetterlo  ad Al Qaeda, agli  islamisti
che vivono ancora nel medioevo  ideologico mentre Israele e  il resto del mondo rappresentano
la modernità.
E in quale era dell’umanità Netanyahu incasella invece la Palestina? Il presidente dell’Anp,
Mohammed  Habbas, ha detto pochi minuti prima che proprio Israele sta spingendo   la sua
gente «verso la catastrofe», lo ha accusato di «razzismo», ha  denuncia le violenze nei Territori
e in Gerusalemme  Est. «Non c’è altra  patria per noi che la Palestina» ha detto tra gli applausi
«e non c’è  altra terra per noi che la Palestina ». E ha rilanciato il cosiddetto   piano B alla
dichiarazione  di statalità, la richiesta all’Onu —  ipotizzata già lo scorso anno — di riconoscerlo
come «Stato non  membro».  Netanyahu raccoglie a metà. Ricorda che il futuro è in «uno  Stato
palestinese demi-litarizzato  che accetti uno e un solo Stato  ebraico d’Israele». E mette in
guardia: «Non risolveremo  i nostri  problemi con discorsi calunniosi e dichiarazioni  unilaterali
sulla  statalità  ». Però lo sa benissimo che i problemi di Israele, oggi, sono   altri. E che prima
dei confini  con la Palestina c’è ben altra  linea  rossa da tracciare.

Angelo Aquaro












Le due vicende che hanno caratterizzato i ruoli dell'Islam nella prima metà di Settembre, nonostante la ferocia della dittatura siriana, possono definirsi due esempi di moderatismo e di senso politico:
I - Nonostante gli esagitati allarmismi dell'occidente e la gravità della provocazione subita, non è successo nessuno dei cataclismi che si temevano: a parte l'iniziale episodio libico e gli incidenti sanguinosi che hanno punteggiato per alcuni giorni le reazioni pakistane che, per altro, sono da considerare scintille tipiche della strisciante guerra civile afghana che si proiettano sul vicino più prossimo, non vi sono state reazioni violente alla "presunta satira" contro la figura del Profeta;
II - Gli interventi dei rappresentanti arabi che si sono svolti nell'ultima assemblea dell'ONU possono essere indicati come esempi di saggezza politica: a cominciare dallo splendido intervento del presidente egiziano Morsi, che fa ben sperare sul futuro dell'Egitto;
III - Il solo intervento minaccioso, per altro sorretto da argomentazioni da caricatura, riguardante i disegnini dell'asserita atomica iraniana sono stati quelli del primo ministro israeliano Netanyahu. Nel vedere gli schizzi della "bomba" ormai pronta, i tecnici che gli hanno visti si sono fatti delle matte risate e hanno detto che quella rappresentata tutto era fuori che un'atomica quasi pronta per l'uso. Qualcosa del genere capitò anche al povero Colin Powell il quale, scarsamente preparato sulla materia, si coprì di ridicolo quando mostrò la fialetta che secondo Bush conteneva pericolosi germi per la guerra batteriologica.
IV - Per non essere da meno rispetto alle sciocchezze di altri suoi colleghi italiani una giornalista del Corriere della Sera, tale Vittoria Mazza, ha stigmatizzato in un articolo il fatto che il governo egiziano ha provveduto con rapidità a cancellare i graffiti della "rivoluzione democratica" che a parte ogni altro giudizio sulla loro scarsa qualità, deturpavano le due piazze più belle del Cairo.

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