I militari egiziani minacciano la piazza
Le decine di migliaia di persone che hanno rioccupato Tahrir, le pressioni esplicite degli Usa e dell’Europa che per la prima volta hanno messo in guardia la Giunta, il compromesso che pare raggiunto tra i Fratelli musulmani e i generali starebbero finalmente per mettere fine al caos seguito alle presidenziali di domenica. Il nuovo raìs, ha reso noto la tv di Stato, sarà proclamato oggi. E sarà, sostengono molte fonti, Mohammed Morsi. Il candidato della Fratellanza aveva già annunciato la vittoria dopo la chiusura dei seggi, i giudici indipendenti avevano poi confermato il risultato. Ma lo sfidante Ahmed Shafiq, ultimo premier di Mubarak, ha continuato a contestarlo. Soprattutto, i militari al potere da un anno e mezzo non lo hanno riconosciuto, ritardando l’annuncio. Insieme allo scioglimento del Parlamento a maggioranza islamica e al decreto che concentra enormi poteri sulla Giunta, l’evidente resistenza di quest’ultima ad ammettere un raìs islamico ha creato un clima tesissimo, accresciuto dalle voci più allarmistiche: tra le tante, quella della «morte» di Mubarak, mai avvenuta e nemmeno sfiorata. La protesta a Tahrir, ancora in corso, è ben diversa da quella di un anno e mezzo fa. Questa volta è guidata dagli islamici, Fratelli e salafiti. Alcuni giovani della Rivoluzione e liberali l’hanno appoggiata ma in piazza ieri erano essenzialmente uomini barbuti a urlare «abbasso la Giunta», «oh nostra patria», qualche «Allahu Akbar» e «Morsi presidente». Non ci sono state violenze, ma il segnale era chiaro: i vertici della Fratellanza si sono impegnati a mantenere pacifiche le proteste ma la piazza, hanno avvertito, può sfuggire anche a loro. I veri giochi però sono dietro alle quinte, non a Tahrir. Con la minaccia di una rivolta islamica (e non solo) e le pressioni degli Usa, la Giunta ha dovuto trattare con la Fratellanza. Con la minaccia di far vincere Shafiq, la Fratellanza è stata costretta, o così pare, ad accettare molti limiti per avere il suo presidente. Quest’ultima ha poi dovuto trattare con la parte della Rivoluzione che ha appoggiato Morsi pur di battere Shafiq. Ieri Morsi ha così tenuto una conferenza stampa dove per la prima volta non si è detto vincitore, ha riconosciuto il «patriottismo» dei militari pur criticandone «recenti errori». Ha detto che «se sarà eletto» formerà un governo di unità nazionale. Al suo fianco c’erano il capo dei giovani Ahmed Maher, il noto editorialista Hamdi Qandil e l’attivista Wael Ghoneim, tre leader laici della Rivoluzione. E con lui da vicepresidenti dovrebbero trovare posto due aspiranti raìs, sconfitti ma con molti voti: il nasseriano Hamdin Sabahi e l’ex Fratello Abul Futuh. Anche il Nobel Mohammed El Baradei potrebbe avere un ruolo, forse di «mediatore». Ancora una volta nulla è certo fino all’ultimo nel più importante Paese arabo. E la Giunta ha ribadito ieri che agirà «con estrema fermezza» contro ogni tentativo di destabilizzare l’Egitto. Ma pare si sia rassegnata, se non convinta, ad accettare Morsi come il male minore. Un annuncio diverso, oggi, avrebbe conseguenze ben più gravi.
Cecilia Zecchinelli
Migliaia a piazza Tahrir contro i militari
Ma il Consiglio promette il pugno duro
IL CAIRO - Decine di migliaia di persone scese nuovamente in piazza 1Tahrir al Cairo per manifestare contro la riforma costituzionale varata la scorsa settimana dal Consiglio militare. Alla massiccia presenza dei dimostranti, affluiti verso la piazza simbolo della primavera araba, i militari hanno reagito con durezza: "Affronteremo tutti i tentativi di mettere a rischio il paese con la più grande fermezza e forza", hanno messo in guardia, mentre la tensione nel Paese sale alle stelle.
I Fratelli musulmani e altre forze politiche hanno chiamato la gente in piazza dopo la preghiera del venerdì
per una nuova protesta contro il "colpo di Stato" dello scioglimento del parlamento egiziano 2, ispirato dai militari. A centinaia hanno dormito accampati, mentre il paese attende nervosamente i risultati ufficiali del ballottaggio delle presidenziali.
In un comunicato diffuso dal Consiglio militare egiziano letto alla televisione di Stato i militari promettono di usare il pugno duro contro chi, dicono, minaccia di mettere a rischio il paese e difendono quello che per i manifestanti invece è un golpe: la dichiarazione costituzionale, sostengono, è "una necessità imposta dalle condizioni della gestione del Paese in questo periodo critico". E se la prendono con i candidati alle presidenziali per aver annunciato prematuramente la loro vittoria, creando divisioni politiche e confusione. La dichiarazione anticipata dei risultati delle presidenziali egiziane è "completamente ingiustificata ed è una delle ragioni della divisione attuale", si sostiene nel comunicato.
Essam El-Erian, numero 2 del partito Giustizia e Libertà, espressione dei Fratelli Musulmani, ha dichiarato che il sit-in continuerà fino a quando non sarà reinsediato il Parlamento uscito dalle elezioni svoltesi a cavallo tra fine 2011 e inizio 2012. I Fratelli rivendicano con forza la vittoria del loro candidato Mohammed Morsi e sono impegnati in colloqui con gli altri movimenti laici sulla crisi politica in corso. Dal canto suo, anche il rivale Ahmed Shafiq, ex premier sotto Mubarak, si dice vincitore 4.
Le tensioni si sono acuite dopo che il Supremo consiglio delle forze armate, che governa il paese dalla caduta di Hosni Mubarak, ha preso il controllo del potere legislativo, approfittando della decisione della Corte suprema del Cairo di sciogliere il parlamento, in cui i Fratelli musulmani avevano la maggioranza.
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