venerdì 8 giugno 2012

SIRIA

Nuova strage in Siria «Donne e bambini uccisi casa per casa»
Ameno di due settimane dalla strage di Hula, un altro massacro viene alla luce in Siria, stavolta poco più a nord, nella provincia di Hama. Sarebbero almeno 86 i cadaveri ritrovati, 100 secondo altre fonti, tra cui 20 donne e 20 bambini. A dare la notizia ieri notte sono stati i Comitati di coordinamento locale, la rete di attivisti che organizza le proteste sul campo in Siria. Secondo la prima ricostruzione — per il momento impossibile da verificare alla stampa estera—la nuova strage ricorderebbe da vicino quella del 25 maggio a Hula, in provincia di Homs (108 morti tra cui 49 bambini). Prima i due villaggi di Qubeir e Maarzaf sarebbero stati martellati dall’artiglieria dell’esercito. Poi sarebbero intervenutemilizie irregolari del regime note con il nome di shabiha (che significa «i fantasmi»): passando casa per casa, avrebbero finito i sopravvissuti a colpi di coltello e di pistola. La maggior parte delle vittime—almeno 78—sarebbero state trovate nel villaggio di Qubeir, 20 chilometri a ovest di Hama: 35 di esse apparterrebbero alla stessa famiglia, e 12 cadaveri sarebbero stati dati alle fiamme. Qubeir conterebbe un totale di 150 abitanti, secondo il corrispondente della Cnn: se i numeri della strage fossero veri, sarebbe stata sterminata gran parte della popolazione del piccolo centro. Il precedente è inquietante: Hama è la città dove trent’anni fa Hafez Assad, il padre dell’attuale presidente Bashar Assad, represse una rivolta lanciata dalla Fratellanza musulmana: non si sa tuttora quanti furono i morti, le stime vanno dai 7 mila ai 40 mila. Mohammed Sermini, portavoce del Consiglio nazionale siriano, il principale gruppo di opposizione con sede all’estero, ha chiesto agli osservatori Onu presenti nel Paese di recarsi immediatamente nella zona della strage. «Se la loro missione consiste nel guardare i siriani morire durante le violazioni del cessate il fuoco, anziché contribuire a impedire le violazioni, allora non vogliamo il loro aiuto», ha commentato l’Osservatorio siriano sui diritti umani. Il massacro avviene alla vigilia di un nuovo rapporto dell’inviato Onu Kofi Annan all’Assemblea generale delle Nazioni Unite sulla tregua da lui negoziata con regime e ribelli ad aprile,ma mai rispettata. Secondo fonti diplomatiche citate dai quotidiani Le Monde e Washington Post, Annan dovrebbe presentare oggi al Consiglio di Sicurezza una nuova proposta per tentare di salvare il suo piano di pace: si punterebbe alla creazione di un «gruppo di contatto» che riunisca Usa, Francia, Gran Bretagna, Russia, Cina, insieme ai principali attori regionali che hanno influenza sul governo di Damasco o sull’opposizione, come Arabia Saudita, Qatar, Turchia e Iran. Ad una iniziale proposta russa di includere l’Iran nei colloqui, ieri il segretario di Stato Usa Hillary Clinton aveva risposto freddamente («difficile immaginare di invitare un Paese che sta aiutando Assad ad attaccare il suo popolo»), precisando però di voler parlare con Annan prima di decidere. Anche i ministri degli Esteri di Italia, Francia e Gran Bretagna si sono detti scettici. L’obiettivo ribadito in serata da Washington è quello di convincere gli alleati di Damasco, prima fra tutti la Russia, ad appoggiare una «transizione politica» che conduca Assad a farsi da parte. Un diplomatico avrebbe detto all’editorialista del Washington Post David Ignatius che, se il gruppo di contatto proposto da Annan dovesse accettare la transizione, «Assad presumibilmente partirebbe per la Russia, che si dice gli abbia offerto asilo». Fino a ieri poco faceva immaginare che una soluzione fosse vicina: i ribelli da lunedì hanno ripreso a combattere, dicendosi non più vincolati dalla tregua; e il presidente Assad ha nominato un premier a lui fedele, Riad Farid Hijab, tra le critiche di America e Francia. Il ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi lancia l’allarme: «In Siria si rischia il genocidio se non si interviene immediatamente».



Osservatori Onu nel villaggio della strage
Ban Ki-moon: "Spari contro di loro"

DAMASCO - Nonostante la "dissuasione" del regime di Bashar Al Assad, al secondo tentativo gli osservatori delle Nazioni Unite sono riusciti a entrare a Mazraat al Qubeir, il piccolo villaggio nei pressi della città di Hama, teatro dell'ultima strage di civili che ha inorridito la diplomazia internazionale meno di due settimane dopo quello di Hula. Lo riferisce una fonte dell'Onu. Il primo tentativo di raggiungere la zona era fallito ieri, quando la missione era stata respinta a colpi d'arma da fuoco. Stanotte, in una riunione a porte chiuse con il Consiglio di Sicurezza, il segretario delle Nazioni unite, Ban Ki-moon, ha raccontato con dovizia di particolari l'accaduto, come ha riportato un funzionario coperto da anonimato.
Ban ha riferito di ripetuti episodi di spari vicino agli osservatori, probabilmente allo scopo di costringerli a ritirarsi. Il segretario dell'Onu, in particolare, ha riferito di un episodio verificatosi proprio ad Hama, dove un colpo di artiglieria pesante è caduto a circa 150 metri dagli osservatori che andavano a incontrare membri dell'opposizione. In seguito, gli inviati Onu hanno notato un drone di sorveglianza che sorvolava la zona. Ban ha anche parlato di un veicolo Onu colpito da proiettili perforanti vicino a Kafr Zeta, senza causare vittime perché al momento sul mezzo non c'erano passeggeri.
Intanto, un video-choc diffuso dalla televisione Al Arabiya documenta l'orrore vissuto dalla popolazione di Mazraat al Qubeir. Il filmato mostra soldati e miliziani del regime siriano che
ridono tra di loro mentre ammassano i cadaveri di una decina di civili in una casa e poi danno l'ordine di bombardarla, radendola al suolo. Secondo l'opposizione siriana, le immagini si riferiscono proprio all'ultimo massacro, avvenuto mercoledì nel piccolo villaggio di contadini abitato da non più di 130 persone. Dopo essere stato oggetto di un inteso bombardamento, Mazraat al Qubeir è stata presa d'assalto dai cosiddetti "Shabiha", miliziani al servizio del regime, e dalle forze di sicurezza di Assad. Il bilancio, pesantissimo, parla di almeno 87 persone uccise, tra cui donne e bambini, per lo più con armi bianche.
Ma la violenza continua, in quello che è il 65mo venerdì di preghiera e di protesta consecutivo con manifestazioni in tutto il Paese, da Idlib e Aleppo al nord ai sobborghi di Damasco, fino alla regione meridionale di Daraa, dove oltre un anno fa è iniziata la rivolta. Almeno sei le vittime civili rimaste uccise nel corso dei cortei, riferiscono i Comitati locali di coordinamento della rivoluzione (Clc). Le fonti dei ribelli riportano anche di combattimenti a Damasco tra i soldati fedeli al presidente e gli insorti dell'esercito siriano libero (Esl). L'osservatorio siriano per i diritti dell'uomo (Sohr) parla invece di almeno 18 persone uccise oggi in Siria.
L'agenzia di stampa di Stato siriana, Sana, invece, dà spazio alla morte di tre poliziotti a Qudsaya, sobborgo della capitale, nell'esplosione di un'autobomba al passaggio di un pullman delle forze dell'ordine. Altre cinque persone, di cui due agenti di polizia e tre civili, sono state uccise - secondo Sana - nell'esplosione di un'autobomba a Idlib, nel nord-ovest della Siria. L'agenzia aggiunge di "gruppi terroristici" che hanno attaccato unità militari nella provincia di Deir el-Zour. Al momento dell'assalto, i soldati stavano proteggendo il campo petrolifero al-Omar della compagnia petrolifera al-Furat. Nei combattimenti, conclude l'agenzia di stampa, sono morti diversi uomini armati.
Sul fronte diplomatico, resta la posizione russa il nodo più importante da sciogliere. Allo scopo, non è servito l'incontro a Mosca tra l'inviato degli Usa Frederic Hof e i rappresentanti del Cremlino. Il compito di Hof era tentare di convincere la Russia a cambiare il proprio atteggiamento sulla crisi in Siria. Mosca, membro permanente del Consiglio di Sicurezza, blocca ogni inasprimento internazionale nei riguardi di Assad lamentando la violazione del piano di pace Onu anche da parte degli oppositori del regime. In un laconico comunicato delle autorità russe si legge che i colloqui con l'inviato Usa sono stati incentrati sulla necessità di "mobilitare il sostegno internazionale" per il piano di pace dell'inviato Onu e della Lega Araba Kofi Annan. Inoltre, si è discusso di alcuni "aspetti pratici" relativi all'iniziativa russa di una conferenza internazionale sulla Siria.
Sulla Russia preme anche la Germania, che esorta il Cremlino ad abbandonare il sostegno al regime siriano e a permettere una dura condanna di Damasco da parte del Consiglio di sicurezza Onu. Così il portavoce Steffen Seibert, precisando che per Berlino il presidente siriano Bashar al-Assad ha perso ogni "leggitimità" e una soluzione politica è orma "impensabile". Dopo il nuovo massacrodi Mazraat al Qubeir, "la posizione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu sarà decisiva per il futuro", ha aggiunto il portavoce. "La Russia", ha spiegato Seibert, "come già ribadito una settimana fa dal cancelliere Angela Merkel a Vladimir Putin, ha qui una particolare responsabilità". La Germania, ha aggiunto il portavoce, chiede le dimissioni di Assad, perché "le leadership che consentono tali azioni perdono la loro legittimità".
A Sky Tg24, il ministro degli Esteri, Giulio Terzi sposa invece la linea di una persuasione più morbida nei riguardi della Russia. "Sbagliato contestare" il ruolo di Mosca in Medio Oriente, meglio farle capire che ha "tutto da guadagnare risolvendo la crisi e tutto da perdere col mondo arabo se questo non avviene". Per Terzi, occorre "coinvolgere Mosca" perché "la Russia deve diventare un partner attivo e positivo nella soluzione della crisi. Non c'è tempo da perdere. La crisi sta accelerando, si sta aggravando e sta assumendo una portata preoccupante con un potenziale di grande devastazione".
Intanto, l'inviato di Onu e Lega araba è a colloquio a Washington con il segretario di Stato americano, Hillary Clinton. Annan ha anticipato che si discuterà di come esercitare "pressioni aggiuntive sul governo e sulle parti per ottenere l'attuazione del piano" di pace, anche alla luce dei nuovi massacri.


L’aviazione siriana spara sui civili «Nuovo massacro»
Il regime siriano ha bombardato ieri con gli elicotteri Rastan e Talbiseh, due roccaforti dell’opposizione a nord di Homs. È la prima volta che sono gli osservatori delle Nazioni Unite a dare l’annuncio di «pesanti combattimenti» che coinvolgono gli elicotteri — oltre che «l’artiglieria, mortai, mitragliatrici e armi leggere». L’uso degli elicotteri era stato denunciato dall’opposizione con video diffusi su YouTube sin da fine marzo, fattisi più frequenti nell’ultima settimana. In quei filmati—la cui autenticità non è verificabile — secondo l’esperto di aviazione David Cenciotti, si vedono elicotteri da trasporto di fabbricazione russa, Mil Mi-8 e Mi-17, «che tuttavia possono essere dotati di armamento: razziere, missili anticarro, mitragliere», e in un video anche un Mil Mi-25, «un elicottero d’attacco più agile, corazzato». A fine maggio, il dipartimento di Stato Usa ha pubblicato sul web foto satellitari di «elicotteri d’attacco» parcheggiati in una base aerea a Sharyat, non lontano da Homs. Gli osservatori Onu hanno confermato ieri anche l’«escalation di violenza» a Homs e dintorni denunciata da giorni dagli attivisti dell’opposizione. «L’impatto dei colpi d’artiglieria e delle mitragliatrici—hanno detto — si sente e si vede a Khaldiyeh, nel centro della città ». È uno dei pochi quartieri rimasti in mano ai ribelli dopo che l’1 marzo erano stati costretti alla ritirata dal quartiere di Baba Amro, in seguito ai «bombardamenti senza pietà per i civili» di cui parlò la giornalista del Sunday Times Marie Colvin, prima di restare uccisa anche lei. Ieri gli osservatori si sono detti preoccupati per «l’ampio numero di civili, incluse donne e bambini intrappolati nella città, dei quali stiamo cercando di mediare l’evacuazione », e hanno chiesto non solo al governo, ma a «tutte le parti » di «cessare le uccisioni e gli abusi dei diritti umani». In Siria sono le armi a parlare. I ribelli hanno infatti annunciato che la tregua non li vincola più, e i combattimenti si sono fatti più violenti, anche in zone del Paese dove il regime si riteneva al sicuro, come in provincia di Latakia e a Damasco. All’indomani delle due stragi di Hula e di Qubair, Kofi Annan ha ammesso che il piano di pace da lui mediato ad aprile è stato finora fallimentare. Il bilancio dei morti sarebbe stato ieri di 63 civili e 21 soldati lealisti uccisi in tutto il Paese, secondo i dissidenti dell’Osservatorio siriano dei diritti umani. I ribelli ieri avrebbero catturato dei soldati a Talbiseh, conferma l’Onu. È una situazione di «stallo violento», dice al Corriere Randa Slim, esperta della New America Foundation: «il regime perde pian piano il controllo del territorio, mentre aumenta lentamente l’efficacia delle azioni di guerriglia dei ribelli», che stanno ricevendo «armi e fondi da fonti arabe, private o statali ». «Il regime resta in grado di sconfiggere l’Esercito Siriano Libero, ma non di tenere il territorio che conquista — continua la ricercatrice — Allo stesso tempo, però, l’opposizione non è in grado di sconfiggere l’esercito ». In questa situazione, gli elicotteri non sono l’unica minaccia per i civili, come testimoniano le stragi per cui gli attivisti accusano le milizie pro-regime e il governo accusa i «terroristi». Secondo gli Stati Uniti, il prossimo massacro potrebbe avvenire a Haffeh, città sunnita nel cuore della zona alauita pro-regime di Latakia, dove i ribelli hanno nei giorni scorsi preso una stazione di polizia e distrutto dei blindati.


«In Siria bimbi scudi umani»

Orrore senza fine, senza limiti. È l’inferno chiamato Siria. Secondo un rapporto dell’Onu dal titolo «Bambini nei Conflitti Armati», le truppe siriane hanno torturato bambini anche di solo 8 anni, li hanno uccisi, stuprati e usati come scudi umani nelle incursioni militari contro i ribelli.
Le Nazioni Unite definiscono il governo di Damasco come uno dei peggiori nella lista annuale della vergogna, che elenca le nazioni che si servono dei bambini nei conflitti armati. Secondo i gruppi a difesa dei diritti umani sono ormai circa 1.200 i bimbi morti nei 15 mesi di rivolta contro il regime di Bashar al-Assad. «Raramente dice Radhika Coomaraswamy, rappresentante speciale delle Nazioni Unite per i bambini nei conflitti armati ho visto tanta brutalità come in Siria, dove ragazzi e ragazze sono strati arrestati, torturati, giustiziati e usati come scudi umani». «Molti ex soldati hanno parlato di attacchi armati nelle aree abitate da civili e di aver visto bambini, alcuni molto piccoli, uccisi e mutilati», ha affermato la Coomaraswamy.
RACCONTI AGGHIACCIANTI
«Ci sono testimoni che hanno visto bambini torturati e abbiamo sentito che sono stati messi dei bambini sui tank e usati come scudi umani per evitare che si sparasse contro i carri armati», ha aggiunto. Ma non solo. Il 9 marzo scorso, nella provincia di Idlib, prima dell’attacco al villaggio di Ayn l’Arouz, le forze del governo hanno razziato decine di maschietti tra gli 8 e i 13 anni: i ragazzini furono «usati dai soldati e dai miliziani come scudi umani, messi dinanzi ai finestrini degli autobus che trasportavano il personale militare dentro il villaggio per il raid».
La rappresentante delle Nazioni Unite sottolinea tuttavia che anche l’Esercito libero siriano (Els), i soldati disertori che combattono le forze pro-Assad, hanno utilizzato i bambini nel conflitto. «Per la prima volta ha affermato abbiamo sentito di bambini reclutati dall’Els per il fronte». «Il rapporto che è stato completato prima del massacro di Hula, il 25 maggio, dove 49 delle 108 vittime erano proprio bambini, alcuni di due o tre anni, uccisi con colpi alla testa o ritrovati con il cranio spaccatodocumenta brutalità di ogni genere. «Molti bambini vittime di tortura hanno raccontato di esser stati picchiati, tenuti con gli occhi bendati, costretti in posizioni innaturali, legati a pesanti cavi elettrici, segnati da bruciature di sigarette e, in un caso documentato, sottoposti a scosse elettriche applicate ai genitali». Per Save the Children è «scioccante e desta grande preoccupazione» il caso di «bambini utilizzati come scudi umani ed impiegati sulle linee del fronte da entrambe le parti negli scontri armati in corso in Siria, segnalato dal report diffuso delle Nazioni Unite. «I responsabili di questi crimini devono essere perseguiti. Si tratta di un azione in contrasto con la legge internazionale».
NUOVI MASSACRI
«Vi prego, aiutateci, impedite un massacro». È questo l’appello lanciato in un collegamento con la televisione Al Jazira dal dottor Aba al Baraa, medico nel quartiere di Al Khaldiyeh, nella città di Homs, sottoposto a bombardamenti dell’artiglieria e degli elicotteri governativi, secondo il quale c’è il rischio di un nuovo «massacro». Al Baraa chiede alla comunità internazionale di fare in modo che possano essere portati aiuti alla popolazione civile, affermando che non è nemmeno possibile soccorrere i feriti. Un altro residente, Hadi al Abdullah, ha detto che gli attacchi portati contro Khaldiyeh sono «senza precedenti» e che i ribelli dell’Esercito libero siriano (Els) stanno cercando di impedire che le forze governative si impadroniscano del quartiere, temendo che si possa ripetere «un massacro» come quello avvenuto a Hula. Cronaca di guerra. Non si fermano i bombardamenti in varie città della Siria e in 24 ore il bilancio sarebbe già di quasi 100 morti. Almeno 38 persone hanno perso la vita ieri mattina, vittime degli attacchi governativi in diverse località. Fra queste, come riferiscono i Comitati locali di coordinamento dell’opposizione, 11 sono state uccise a Jbeibleh, nella provincia orientale di Deir Ezzor. Le truppe siriane hanno bombardato diverse aree del Paese, tra cui al-Haffa, dove si teme un nuovo massacro. Gli osservatori Onu che ieri hanno cercato di raggiungere al-Haffa «hanno affrontato una folla inferocita, che ha circondato il convoglio, impedendo di proseguire. La folla, in apparenza residenti dell’area, ha lanciato pietre e sbarre di metallo contro i veicoli. Siamo tornati indietro».

Umberto De Giovannangeli

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