Sono durati per 17 ore i combattimenti che da ieri hanno coinvolto le forze di sicurezza afgane nel contrastare il più massiccio attacco lanciato dai talebani negli ultimi 10 anni e che, secondo un bilancio ufficiale diffuso oggi, hanno provocato la morte di 47 persone e il ferimento di altre 60. Secondo l’ultimo bilancio diffuso oggi dal ministero dell’Interno nelle violenze iniziate ieri sono morti 36 talebani (uccisi dalle bombe che avevano addosso negli attentati suicidi o in scontri con le forze dell’ordine) otto militari afgani e tre civili. Tra i feriti si contano una quarantina di militari e 25 civili. Sulla base delle ricostruzioni ufficiali sono stati almeno sei gli attacchi coordinate lanciati ieri: un contro il Parlamento, uno contro il vice-presidente, uno contro la Forze internazionale della Nato (Isaf) e gli altri contro rappresentanze diplomatiche occidentali. “Attacchi ben coordinati” nel pieno centro di Kabul, come riferisce l’agenzia di stampa afghana Pajhwok, dall’alto valore simbolico, con i talebani che hanno voluto (mentre si parla ancora di negoziati) affermare la loro presenza e la loro capacità d’urto, a oltre dieci anni dall’invasione statunitense che mise fine al regime degli “studenti” ma non alla loro presenza. Kabul a parte, le violenze hanno interessato anche Logar, Nangarhar e Paktia. A Paktia sono entrati in azione almeno quattro kamikaze, a Nangarhar erano invece in sette. Kamikaze sono stati quelli che hanno dato il via all’operazione architettata dai talebani: quando era da poco pomeriggio, alcuni di loro hanno infatti tentato di introdursi nel parlamento facendosi esplodere mentre altrove cominciavano a udirsi colpi di arma da fuoco. I talebani hanno rivendicato gli attacchi sostenendo che gli obiettivi principali erano il quartier generale della Nato, e le ambasciate di Gran Bretagna e Germania.
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