BERLINO - Dichiarandomi persona non grata nel suo territorio, lo Stato d'Israele si è
comportato con me in un modo che nel tono ricorda il modo in cui mi trattò la Ddr, cioè la
dittatura tedesco-orientale.
E' quanto scrive Guenter Grass nella sua prima reazione alla decisione del governo israeliano
di negargli l'ingresso nel paese. La prima risposta dello scrittore tedesco, premio Nobel per la
letteratura, arriva con una breve lettera che viene pubblicata oggi dalla Sueddeutsche Zeitung e
che Grass ha recapitato anche a Repubblica. Un paragone durissimo: la democrazia israeliana
accostata alla dittatura del Muro e della frontiera della morte.
In questo modo, dopo giorni di silenzio, quello che è considerato il massimo scrittore tedesco
vivente si difende, e torna alla polemica. Il dibattito-scontro a livello mondiale, come si ricorderà,
era stato scatenato dalla pubblicazione - sulla Sueddeutsche, su Repubblica, su El Paìs - di una
poesia, intitolata "Quel che deve essere detto". Nel testo, Grass affermava in sostanza che il
vero pericolo alla pace in Medio Oriente e quindi nel mondo viene non già dal sospetto non
provato che l'Iran si stia costruendo una bomba atomica, bensì dall'arsenale nucleare israeliano
già esistente, e su cui Israele rifiuta ogni controllo internazionale. Criticato e isolato dalla
maggioranza dei media mondiali, e anche tedeschi, da premi Nobel come Elie Wiesel, dallo
stesso governo federale, Grass si era visto appunto dichiarare domenica scorsa "persona non
grata". Una reazione, quella israeliana, che a molti è apparsa eccessiva, nervosa e sbagliata.
«Per tre volte - scrive Grass - mi è stato vietato l'ingresso in uno Stato. La prima volta fu da
parte della Ddr, su istigazione del ministro della Sicurezza Erich Mielke. E fu egli stesso che
revocando l'ordine anni dopo, ordinò comunque di tenermi sotto strettissimo controllo e
sorveglianza, come "elemento distruttivo"». Nel 1986 poi, ricorda ancora lo scrittore, «io e mia
moglie vivemmo per mesi a Calcutta, e ci fu negato l'ingresso in Birmania come "persone non
grate"». In entrambi i casi, egli nota, fu seguita l'abituale prassi delle dittature.
«Adesso», egli continua, «è il ministro dell'Interno di una democrazia, lo Stato d'Israele, che mi
punisce col divieto di recarmi nel suo paese e che nel tono e nella giustificazione della misura
ricorda il verdetto di Mielke. Ma questo non m'impedirà di mantenere vivo il ricordo di molti miei
viaggi in Israele». Continuo a sentire presente in me il silenzio del deserto laggiù, continuoa
sentirmi legato allo Stato d'Israele da legami che non si possono troncare, aggiunge. «E ricordo
ancora lunghe discussioni fino a notte con amici, che erano in disaccordo sul futuro del loro
paese come potenza occupante, ma anche inquieti perché. si era sviluppato in un pericolo
minaccioso». Oggi, conclude Grass, la Germania orientale non esiste più, «ma il governo israeliano, come
potenza atomica di entità non controllata, si percepisce come in diritto di decidere da solo e finora come non disponibile ad ascoltare o ricevere moniti. Solo la Birmania lascia germogliareuna piccola speranza».
Andrea Tarquini
La flottiglia rilancia la sua sfida "arriveremo in tanti con aerei di linea"
GERUSALEMME - C'è una nuova Flottiglia che è pronta a muoversi verso Israele, questa volta ha scelto aerei e non imbarcazioni per avvicinarsi ai confini della Palestina. Alcune centinaia di attivisti filo-palestinesi tra sabato e domenica proveranno a sbarcare a Tel Aviv da aerei di linea provenienti da una quindicina di paesi, fra cui l'Italia. Vogliono andare a Betlemme. Due anni fa una sfida più "militante", quella della Flottiglia di navi partite dalla Turchia, terminò in tragedia. Durante uno scontro in alto mare alcuni militanti turchi, anche armati di coltelli, furono uccisi dopo aver resistito all'assalto dei soldati israeliani che volevano bloccare le navi dirette verso Gaza.
All'aeroporto Ben Gurion da giorni la polizia israeliana ha incontrato le compagnie aeree per spiegare che decine di attivisti verranno immediatamente rispediti indietro se mai dovessero atterrare in Israele con i voli di linea. Non è chiaro come faranno a sbarcare in Israele, visto che la polizia a poche ore dall'arrivo dei voli consegnerà alle compagnie aeree una lista dei militanti a cui vieteranno l'ingresso, e che quindi le compagnie dovranno riportare indietro a loro spese.
Da sabato centinaia di poliziotti saranno schierati all'aeroporto di Tel Aviv: i passeggeri verranno controllati all'interno degli aerei prima di poter sbarcare. La "Flottiglia volante" si è data appuntamento a Betlemme dove è prevista l'inaugurazione di una nuova scuola: la missione «Benvenuti in Palestina» prevede anche la ristrutturazione della scuola materna «Il Piccolo Principe», la riparazione di pozzi danneggiati nella regione di Betlemme e la realizzazione di un museo sulla storia dei rifugiati palestinesi.
Nel frattempo l'Autorità palestinese di Abu Mazen sta provando a fare nuovamente pressioni sul governo Netanyahu per far ripartire un negoziato sui territori occupati: l'ambasciatore palestinese all'Onu ha presentato una richiesta al Consiglio di Sicurezza per chiedere la condanna dei nuovi insediamenti ebraici: «La costruzione di questi nuovi insediamenti evidenzia la natura ambigua delle dichiarazioni in cui Israele dice di voler tornare a negoziare». E ieri a Washington per la prima volta da settimane è tornato a riunirsi il quartetto a livello ministri degli esteri (Ban Ki-moon, Clinton, Lavrov e Ashton): il comunicato finale della riunione invita israelianie palestinesi «a fare passi concreti per rendere l'atmosfera più adatta ai negoziati». Tutti prevedono però che fino alle elezioni americane non si muoverà nulla. A meno di sorprese.
Vincenzo Nigro
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