domenica 20 novembre 2011

LA VERA NATURA DELLA DITTATURA SIRIANA




A differenza della dittatura di Gheddafi e di Mubarak, a loro modo ben più presenti nel giudizio dell'opinione pubblica internazionale: il primo per la sua bizzarria a volte feroce, altre volte geniale, il secondo per essere stato a capo per un trentennio del più popoloso stato arabo, l'Egitto, le dittature degli Assad, padre e figlio, pur essendo al potere dal 1964 hanno goduto di una notorietà molto meno brillante, più legata alla presunta pericolosità del regime siriano nei confronti del cocco di mamma dell'occidente, Israele, che non per la ferocia dispiegata nei confronti dei propri concittadini. Eppure la dittatura di Assad padre è stata una delle più feroci del XX secolo, mentre quella del figlio Bachar sembra avere tutta l'intenzione di procedere sullo stesso metro.
Afez Assad andò al potere nel 1966 quando, nominato da un anno capo dell'aeronautica, organizzò un nuovo golpe interno da cui trasse vantaggio l'ala moderata e militare del partito, cui Assad aderì conferendogli il prestigio legato alle sue imprese di guerra (in passato gli era stato accreditato l'abbattimento di un caccia inglese durante l'intervento franco-inglese a Suez).
Dopo la sconfitta nella Guerra dei 6 Giorni, che fece vacillare il regime militare, Assad raccolse appoggi sufficienti per lanciare la cosiddetta rivoluzione "correttiva" (1970), un ennesimo colpo di stato senza spargimento di stato che gli consegnò il governo del paese. Assad seppe sfruttare a proprio vantaggio le divisioni etniche e religiose interne: non solo la setta Alauita cui lui stesso apparteneva, lo sostenne realmente con tutto il suo potentissimo clan, ma anche drusi e cristiani, temendo l'affermazione della maggioranza sunnita, si schierarono al suo fianco senza esitare. In modo altrettanto netto gli oppositori sunniti si raccolsero attorno agli Ulema e, soprattutto intorno ai Fratelli Musulmani, che diedero inizio a una sanguinosa offensiva, culminata nel 1979 con l'uccisione di 40 cadetti della scuola di artiglieria di Aleppo. Nonostante i duri tentativi di repressione, all'inizio del 1982 il regime di Assad sembrò sul punto di sgretolarsi. Molti impiegati pubblici e persino molti ufficiali dell'esercito smisero di recarsi al lavoro o di vestire la divisa: la vita del paese sembrò sospesa nel vuoto in attesa di un'imminente e drammatica soluzione della crisi.
Assad decise allora di ricorrere a misure estreme e attaccò il cuore stesso della rivolta, la testa di Hamah che Assad nei suoi discorsi definiva senza mezzi termini la "testa del serpente". Per catturare i capi della fratellanza musulmana e grazie alla risolutezza del partito Baath a lui fedele, Assad inviò contro Hamah un forte contingente di truppe scelte al comando del fratello Riifa'At. Le operazioni cominciarono la notte del 2 Febbraio; 3 settimane dopo Hamah era ridotta a un cumulo di rovine e la sua popolazione brutalmente decimata, con perdite stimate tra le 15 mila e le 40 mila persone per la maggior parte civili ed estranei alla rivolta. Il 21 Settembre 2001 Thomas Friedman ricordava sul New York Times che l'intera città sembrava devastata da un rovinoso tornado e che il regime non aveva fatto alcuno sforzo per nascondere l'entità dei danni causati, esibiti al contrario come monito agli oppositori.
E' difficile ancora oggi appurare cosa sia accaduto veramente ad Hamah nella fase iniziale della rivolta. Secondo la versione dei giornali siriani nella notte tra il 2 e 3 Febbraio, le truppe speciali cominciarono a setacciare la città casa per casa, in cerca di armi e individui sospetti. Mentre il rastrellamento era in corso, circa 500 Fratelli Musulmani lanciarono un violentissimo contrattacco: ne nacque una battaglia vera e propria con centinaia di morti, con combattimenti corpo a corpo dove le persone venivano raggiunte nelle loro abitazioni e trucidate.
Privi di armi sofisticate gli uomini di Assad utilizzarono l'artiglieria pesante campale. Hamah venne circondata da un anello di fuoco che poco a poco si strinse intorno al centro antico, mentre le truppe fedeli al regime attendevano ai margini dell'abitato con le armi al piede. Solo dopo due settimane di cannoneggiamento continuo entrarono in città, aprendosi il varco tra le macerie con i buldozer e rastrellando i superstiti, giustiziati sommariamente sul posto. Anche la grande moschea Omayyade, uno dei luoghi più venerati della Siria, venne rasa al suolo. Assad non voleva lasciare margini di dubbio: l'Islam veniva dopo lo stato Baathista e il suo uso politico non sarebbe mai stato tollerato.
Il massacro fu il peggiore atto criminale compiuto da un governo arabo contro il suo stesso popolo; le testimonianze raccolte negli anni successivi dalla sezione siriana di Human Rights Watch sono agghiaccianti e parlano di esecuzioni di massa e di fosse comuni, di feriti sgozzati e di donne e bambini sepolti vivi nelle macerie.
La feroce repressione ordinata da Assad stroncò la rivolta dei Fratelli Musulmani e salvò il regime Baathista Alauita. 
Sono passati quasi 30 anni dal massacro di Hamah. Assad padre è morto nel 2000 e oggi il figlio Bashar Al Assad, subentratogli al potere, deve affrontare una nuova ondata di proteste popolari scandita dai venerdì di preghiera, ma che va ben oltre l'ambito religioso. I disordini durano da oltre 4 mesi, secondo il portavoce di Human Right Watch si contano ormai più di 3500 vittime civili e almeno 10000 persone, dopo essere state arrestate, vengono trattenute in carcere e sottoposte a torture senza alcuna prova delle accuse a loro carico e senza alcuna certezza di un processo equo e sulla durata della detenzione. Ai posti di frontiera con Libano e Turchia si moltiplicano le testimonianze di uomini e donne in fuga dal paese, ma il regime non trova altra via che la repressione sempre più feroce. La Siria soffoca nella sua incapacità di raggiungere un qualche equilibrio tra governo e sviluppo, tradizione e modernità, centralismo e autonomia tra le varie componenti entiche-religiose.
Un'altra generazione di siriani è stata tradita dal governo Baathista, che non solo non ha saputo garantire un adeguato sviluppo economico ma non ha nemmeno avuto il coraggio di offrire maggiori libertà ai suoi cittadini, sempre più consapevoli della complessità e della ricchezza degli orizzonti da cui sono esclusi. Se Assad padre riuscì a soffocare nel sangue la rivolta dei Fratelli Musulmani, è difficile che suo figlio possa riuscire ad arginare la marea della protesta attuale, meno aspra di quella che sconvolse il paese 30 anni fa, ma più potente, perché capace di raccogliere consensi anche al di fuori degli ambienti sunniti tradizionalisti. Nella Primavera dei venerdì di preghiera di Damasco, Homs, Aleppo, Dara, della stessa Hamah, ritornano gli spettri delle decine di migliaia di uomini e donne massacrati nel 1982, non solo come coscienza religiosa dei Fratelli Musulmani offesi dalla stranezza dell'eresia Alauita e dal laicismo di marca stalinista del partito Baath, ma come memoria dolente dei giovani siriani alla ricerca di un futuro migliore di libertà. Ma Dio è il più Grande. 

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