Quella "democrazia controllata" che ha tradito l´ultima rivolta
LA VIOLENTA repressione di Piazza Tahrir, che segue arresti e processi davanti ai Tribunali militari di migliaia di civili, molti dei quali attivisti del movimento che ha fatto cadere Mubarak come Alaa Abdel Fattah, rompe definitivamente la difficile tregua tra i militari e quanti negano legittimità al potere con le stellette.
Un potere accusato di rappresentare la continuità con il regime di Mubarak. In discussione è, infatti, la decisione dei militari di ritagliarsi uno spazio rilevante nel futuro Egitto. Qualunque siano i nuovi equilibri politici e tanto più se a vincere saranno i partiti islamisti. Le Forze armate hanno raggiunto in questi mesi un accordo interno sull´ipotesi Bastawisi, il vice presidente della Corte di Cassazione, la suprema magistratura egiziana, che l´ha ispirata con un suo documento. In quello schema ai militari competerebbe non solo la difesa del territorio nazionale ma anche la protezione attiva dell´ordine costituzionale. Dunque, saranno le stellette a decidere, in qualità di garanti di ultima istanza, se gli sviluppi politici saranno o meno in linea con i principi costituzionali. Con tutte le conseguenze del caso.
La prospettiva di una democrazia controllata ha generato il rifiuto dei maggiori partiti, compresi quelli di ispirazione Fratelli Musulmani, che pure per un certo periodo hanno cogestito con i militari la transizione. Rifiuto poi sfociato nella protesta dei giorni scorsi, che aveva come slogan "proteggere la democrazia e trasferire il potere". Opposizione che ha indotto il Consiglio Militare Supremo a puntare su un´ipotesi meno invasiva ma che, nella proposta costituzionale che ne è seguita, ha tenuto il punto sull´autonomia delle Forze Armate nelle vicende interne e in materia di bilancio. Nella proposta Bastawisi, infatti, il budget delle Forze Armate è di competenza non dal Parlamento ma del Consiglio Nazionale di Difesa - organo formato, tra gli altri, dal Presidente della Repubblica, dal comandante il capo e dal capo di stato maggiore delle forze armate - che avrebbe la supervisione delle questioni riguardanti la sicurezza nazionale. Un´autonomia che permetterebbe anche la tutela degli ingenti interessi economici derivanti dal controllo del conglomerato militare-industriale che produce sia beni militari che a uso civile, oltre che servizi. Attività, dai cospicui introiti, che coinvolge circa un quarto dell´economia egiziana; e che, unita al controllo del monopolio della forza e all´influenza nei media, rende pervasivo il potere degli uomini in divisa.
Un ruolo, quello delle Forze Armate, che si ispira al "modello turco". Più che quello attuale - nel quale i militari convivono con un governo democraticamente eletto di orientamento islamista come quello guidato dall´Akp di Erdogan, mantenendo la possibilità di far sentire il proprio peso su questioni di rilevante interesse - quello degli anni ‘80, sfociato nella prova di forza contro il Refah di Erbakan.
Gli scontri di piazza Tahrir, che hanno indotto alle dimissioni il ministro della Cultura Ghazi e provocato l´arresto all´unica donna candidata alle presidenziali Butaina Kamel, potrebbero mandare in soffitta la ventilata possibilità che i militari ritirino l´articolo che ne fa i garanti dell´ordine costituzionale e modifichino quelli sulla separatezza gerarchica ed economica delle Forze Armate e sui compiti del Consiglio Nazionale di Difesa. Saranno gli eventi in corso in queste convulse ore, così come le imminenti elezioni confermate dal Consiglio Supremo per il 28 novembre, a decidere i rapporti di forza tra civili e stellette in riva al Nilo e le stesse sorti della "Primavera araba".
Un potere accusato di rappresentare la continuità con il regime di Mubarak. In discussione è, infatti, la decisione dei militari di ritagliarsi uno spazio rilevante nel futuro Egitto. Qualunque siano i nuovi equilibri politici e tanto più se a vincere saranno i partiti islamisti. Le Forze armate hanno raggiunto in questi mesi un accordo interno sull´ipotesi Bastawisi, il vice presidente della Corte di Cassazione, la suprema magistratura egiziana, che l´ha ispirata con un suo documento. In quello schema ai militari competerebbe non solo la difesa del territorio nazionale ma anche la protezione attiva dell´ordine costituzionale. Dunque, saranno le stellette a decidere, in qualità di garanti di ultima istanza, se gli sviluppi politici saranno o meno in linea con i principi costituzionali. Con tutte le conseguenze del caso.
La prospettiva di una democrazia controllata ha generato il rifiuto dei maggiori partiti, compresi quelli di ispirazione Fratelli Musulmani, che pure per un certo periodo hanno cogestito con i militari la transizione. Rifiuto poi sfociato nella protesta dei giorni scorsi, che aveva come slogan "proteggere la democrazia e trasferire il potere". Opposizione che ha indotto il Consiglio Militare Supremo a puntare su un´ipotesi meno invasiva ma che, nella proposta costituzionale che ne è seguita, ha tenuto il punto sull´autonomia delle Forze Armate nelle vicende interne e in materia di bilancio. Nella proposta Bastawisi, infatti, il budget delle Forze Armate è di competenza non dal Parlamento ma del Consiglio Nazionale di Difesa - organo formato, tra gli altri, dal Presidente della Repubblica, dal comandante il capo e dal capo di stato maggiore delle forze armate - che avrebbe la supervisione delle questioni riguardanti la sicurezza nazionale. Un´autonomia che permetterebbe anche la tutela degli ingenti interessi economici derivanti dal controllo del conglomerato militare-industriale che produce sia beni militari che a uso civile, oltre che servizi. Attività, dai cospicui introiti, che coinvolge circa un quarto dell´economia egiziana; e che, unita al controllo del monopolio della forza e all´influenza nei media, rende pervasivo il potere degli uomini in divisa.
Un ruolo, quello delle Forze Armate, che si ispira al "modello turco". Più che quello attuale - nel quale i militari convivono con un governo democraticamente eletto di orientamento islamista come quello guidato dall´Akp di Erdogan, mantenendo la possibilità di far sentire il proprio peso su questioni di rilevante interesse - quello degli anni ‘80, sfociato nella prova di forza contro il Refah di Erbakan.
Gli scontri di piazza Tahrir, che hanno indotto alle dimissioni il ministro della Cultura Ghazi e provocato l´arresto all´unica donna candidata alle presidenziali Butaina Kamel, potrebbero mandare in soffitta la ventilata possibilità che i militari ritirino l´articolo che ne fa i garanti dell´ordine costituzionale e modifichino quelli sulla separatezza gerarchica ed economica delle Forze Armate e sui compiti del Consiglio Nazionale di Difesa. Saranno gli eventi in corso in queste convulse ore, così come le imminenti elezioni confermate dal Consiglio Supremo per il 28 novembre, a decidere i rapporti di forza tra civili e stellette in riva al Nilo e le stesse sorti della "Primavera araba".
Renzo Guolo
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