martedì 8 novembre 2011

LE DIFFICOLTA' DEL DIALOGO INTER CULTURALE IN ITALIA

La crescente presenza di immigrati di religione islamica in Italia (secondo gli ultimi dati una cifra compresa tra il milione e mezzo e il milione e settecento mila, più un numero imprecisato di "irregolari" o "clandestini") ha reso ineludibile il bisogno di un dialogo inter religioso e inter culturale tra Islam e Cattolicesimo.
In questo dialogo l'Italia arriva buon ultima: perché è recentissima la sua trasformazione da terra di emigrazione a terra di immigrati; perché a differenza di altri grandi paesi europei gli italiani non sono culturalmente e psicologicamente attrezzati per instaurare "rapporti normali" con l'Altro; perché la presenza e il peso politico della Chiesa Cattolica e del Vaticano hanno fatto si che più che altrove l'enfatizzazione delle radici cristiano cattoliche è stata più accentuata. Tutti ricordano che il governo italiano, facendosi carico delle precise istanze vaticane, è stato il porta bandiera dell'inserimento nella costituzione europea delle espressioni "radici cristiane dell'Europa e dell'Italia in particolare"; a ben vedere sia l'Europa, sia l'Italia, di radici ne hanno molte altre e non meno profonde, dal diritto romano all'arte e alla filosofia greca, dagli apporti inconsapevoli delle invasione barbariche, germanico,slave alle influenze dei popoli colonizzati; non si comprende perché tra le radici, e neppure tra le più piccole non possa trovare posto anche la radice islamica. Una grande regione come la Sicilia è stata governata per 300 anni dagli arabi e in un periodo che va dall'VIII secolo al XIII secolo la cultura araba ha permeato di se la scienza, l'architettura e persino la poesia: i primi poeti italiani sono stati i poeti siciliani cresciuti alla corte arabo-normanna di Federico II. Accenniamo appena agli innumerevoli vocaboli di origine araba presenti nella nostra lingua e alle non conosciute tracce che gli arabi hanno lasciato nel nostro costume: solo ieri ho scoperto che Dante Alighieri era un appassionato di un gioco misto di dadi e dama il cui nome era "Dazara": la parola Azar è araba e da essa deriva l'espressione "Gioco d'Azzardo".
Escludere come se si trattasse di un'inaccettabile contaminazione la presenza di queste radici nella nostra storia, nella nostra cultura e nelle nostra lingua è già di per se un elemento che getta una macchia sulle possibilità di dialogo tra la cultura italica di matrice europea e la cultura arabo-islamica che, pure, ha in comune con quella italiana il fatto di essere l'erede delle grandi civiltà che hanno dominato il Mediterraneo per migliaia di anni e formato i popoli che vi si affacciano.
A livello di massa sono pochi, specie nelle regioni del nord Italia dove allinea il becero razzismo della Lega, disposti a riconoscere che l'identità italica è molto più vicina a quella degli egiziani e dei nord africani che non a quella degli scandinavi, degli slavi e degli stessi tedeschi. Credendo di fare una battuta di sicuro effetto propagandistico un politico come Casini, nel polemizzare con chi sosteneva le ragioni dell'incontro e dello scambio fra civiltà ebbe ad esclamare in una trasmissione televisiva che lui voleva seguitare ad andare a messa la domenica e non il venerdì, alludendo al fatto che il venerdì è il giorno di preghiera dei musulmani ma ignorando che essi, nelle moschee, non celebrano messe di alcun genere anche perché non hanno preti.
Il fatto che la gran parte dei musulmani presenti in Italia siano immigrati provenienti da paesi considerati arretrati culturalmente e sottosviluppati dal punto di vista economico, genera nella maggioranza degli italiani la diffusa convinzione che i musulmani siano poco più che dei selvaggi; e questo complesso di superiorità, per non dire di disprezzo, viene esteso anche a chi, nato in Italia, cresciuto in Italia e fornito di livelli d'istruzione e di cultura superiore alla media si è "infangato" abbracciando una religione di fondamentalisti intolleranti e non di rado sanguinari terroristi.
Anche la Chiesa Cattolica nella sua versione ("ufficiale") non manca in molte occasioni di accingersi al dialogo con i musulmani non accantonando del tutto i pregiudizi accumulati dei secoli nei confronti dei "saraceni", dei turchi e dei "mori": il che da spesso agli incontri con qualche prelato dall'atteggiamento benevolmente paternalistico un tono inconsciamente missionario e salvifico: non dimentichiamo che mentre per l'Islam il Vangelo di Gesù è un testo sacro ispirato da Dio e che Gesù è il solo Profeta cui Dio ha dato il potere di compiere miracoli: riconoscimenti neppure lontanamente accostabili a quanto viene concesso al Corano e al Profeta Muhammad.
Purtroppo non manca nella Chiesa chi tende ad imbastire il dialogo inter religioso e inter culturale con quei musulmani che, per opportunismo, scarsa fede e deplorevole tendenza a compromessi non paritari, sono pronti a rivendicare per se la qualifica di musulmani moderati, tacciando gli altri dell'arbitrario attributo di islamisti o islamici estremisti.
Su questa linea abbiamo registrato anche a Vicenza negativi comportamenti che si sono estesi agli uomini politici, presenti nelle istituzioni, che più facilmente amano assumere atteggiamenti clericali.
E questo è un tema che approfondiremo in un prossimo post alla luce di alcuni episodi accaduti nella città di Vicenza.

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