sabato 21 maggio 2011

LE SOLITE MENZOGNE CINICHE E IPOCRITE DEL GOVERNO ISRAELIANO

I - Intervista di Viviana Mazza a Barack Obama, presidente degli Stati Uniti
Corriere della Sera, 20/05/2011

«Per sei mesi, abbiamo assistito ad un cambiamento straordinario in Medio Oriente e in Nord Africa. Piazza dopo piazza, città dopo città, nazione dopo nazione, il popolo si è sollevato per domandare i diritti umani fondamentali. Due leader sono caduti, altri potrebbero seguirli» . Per la prima volta il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha tentato ieri di articolare la strategia Usa nei confronti delle rivolte in Medio Oriente e in Nord Africa. Un discorso molto atteso: negli ultimi sei mesi, gli Stati Uniti sono stati criticati per l’assenza di una linea chiara nel gestire le rivolte nella regione, nonché per l’appoggio decennale a molti dittatori ora rovesciati o minacciati dalle proteste. «Lo status quo non è sostenibile» , ha affermato Obama, promettendo «un nuovo capitolo nella diplomazia americana» . Le rivolte, ha spiegato, offrono l’opportunità storica «di mostrare che l’America dà più valore alla dignità di un venditore ambulante in Tunisia che al crudo potere di un dittatore» . Obama ha difeso gli obiettivi di sicurezza nazionale (quali lotta al terrorismo e alla proliferazione nucleare, libero commercio, sicurezza di Israele) ma ha sottolineato che «una strategia basata solo sullo stretto perseguimento dei nostri interessi non riempirà nessuno stomaco vuoto né consentirà ai popoli di esprimersi liberamente» e «alimenterà solo i sospetti che perseguiamo i nostri interessi a loro svantaggio» . Per questo, Obama ha criticato non solo i regimi in Siria («Il presidente Assad guidi una transizione democratica o si tolga di mezzo» ) e in Libia («Gheddafi ha le ore contate» ), ricordando anche le rivolte del 2009 in Iran, ma è stato duro con «amici» quali il Bahrein («Non hanno ascoltato i nostri appelli per le riforme» ) e lo Yemen; non ha citato però Arabia Saudita e Giordania. A Egitto e Tunisia, ha promesso aiuti concreti tra cui l’annullamento di 1 miliardo di debito estero con Il Cairo. Il discorso di Obama era rivolto ad un pubblico globale ma anche americano -per spiegare il perché degli sforzi all’estero in un momento di crisi. E se due anni fa volò al Cairo per promettere un nuovo inizio al mondo musulmano, ieri ha parlato dal dipartimento di Stato a Washington. Obama ha legato la «primavera araba» alla necessità di risolvere il conflitto israelo palestinese. «Lo status quo non è sostenibile» , ha ripetuto. Nel giugno 2009 al Cairo, Obama definì la pace tra israeliani e palestinesi una delle sue priorità. Ieri ha riconosciuto il fallimento, nonché la frustrazione della comunità internazionale. Non ha delineato un piano formale per la pace, ma ha auspicato uno Stato palestinese smilitarizzato sulla base dei «confini del 1967» , con scambi di terre mutualmente concordati. Il riferimento, per la prima volta, ai confini precedenti alla Guerra dei Sei Giorni in cui Israele occupò Gerusalemme Est, la Cisgiordania e Gaza, era stato dibattuto fino all’ultimo dai suoi speechwriter, scrive il New York Times, divisi sull’opportunità o meno che il presidente li nominasse formalmente come punto di partenza per i negoziati, rischiando di infastidire lo Stato ebraico. D’altro canto, Obama ha sottolineato l’incrollabile sostegno alla sicurezza israeliana, ha criticato l’iniziativa palestinese di cercare il riconoscimento dello Stato all’Onu a settembre, definendolo «un tentativo di isolare» Israele, e ha osservato che l’accordo del Fatah con Hamas, che non riconosce il diritto all’esistenza dello Stato ebraico, «pone legittimi dubbi» e renderà più difficili i colloqui.


II - Articolo di Lucio Caracciolo, La Repubblica, 21/05/2011


"L'arrocco di Gerusalemme"                                                                                                         
WASHINGTON – Barack Obama e Benjamin Netanyahu non si piacciono neanche un po’. Il loro colloquio di venerdì 20 maggio, quindi, è stato tutt’altro che un successo: premesse diverse e obiettivo troppo diverso. Scrive su Repubblica Lucio Caracciolo che entrambi puntano a rimanere in carica abbastanza per poter finalmente trattare con il successore dell’altro. Difficile, però, dire chi la spunterà.
Entrambi, spiega Caracciolo, hanno come obiettivo la sicurezza. Il problema, però, è che per sicurezza i due intendono cose molto diverse. Israele è al momento l’unica democrazia del medioriente e vuole rimanere tale. Gli Usa, invece, sperano di cavare qualcosa di buono dalla primavera araba e dalle rivoluzioni in corso.
Il fatto, spiega Caracciolo, è che il canale privilegiato Usa-Israele poggia proprio sull’unicità democratica dello Stato ebraico. Se le cose dovessero cambiare, invece, il “potere negoziale” di Israele ne risulterebbe intaccato. E non poco. BlitzQuotidiano vi propone la riflessione di Caracciolo come articolo del giorno: Quando due leader alleati escono da un incontro ammettendo che fra loro esistono «differenze», significa che la loro conversazione è stata piuttosto animata. Netanyahu e Obama non si amano e il colloquio di ieri alla Casa Bianca non li ha resi più amici. Uno e l’altro sperano di restare in carica almeno il tempo necessario per confrontarsi con i rispettivi successori. Ma le “differenze” non sono solo di gusti personali. Gerusalemme e Washington sognano due mondi opposti. Israele è l`unica democrazia del Medio Oriente. E intende restarlo. Gli Stati Uniti sono invece convinti che la regione possa finalmente evolvere verso qualche forma di democrazia, come confermerebbero le rivolte incorso, dalla Tunisia all`Egitto, dalla Libia alla Siria. Il ragionamento israeliano si vuole strettamente pragmatico. Nella linea americana convivono, come d`abitudine, idealismo e realismo. Ma alla line la scelta di entrambi è guidata dalla sicurezza. Solo che la sicurezza di Israele secondo Netanyahu equivale all`insicurezza dell`America secondo Obama. E viceversa. L`alleanza privilegiata dello Stato ebraico con gli Usa ha sempre poggiato sulfatto di essere la sola democrazia nella regione: un decisivo fattore di legittimazione presso il pubblico americano. Nel momento in cui perdesse questa sua unicità perché altri paesi mediorientali si fossero riconfigurati come democratici, l`influenza di Israele a Washington ne sarebbe seriamente intaccata. E con essa la sua sicurezza. Gli israeliani non apparirebbero più agli americani come una nazione “speciale”, quasi sorella, ma rischierebbero di essere confusi con le democrazie arabe. La posizione negoziale di Gerusalemme ne sarebbe erosa.


Siamo alle solite, il presidente americano sembra credere ancora alla buona fede dei governanti israeliani; ma il primo ministro di turno dello stato sionista risponde sempre "picche": "Obama non conosce la realtà!". Su questo Netanyahu ha ragione: la realtà, infatti, è che i governi israeliani non vogliono nessuna pace ma vogliono seguitare a papparsi giorno dopo giorno l'intera Palestina. Sono a questo proposito interessanti tre brevi commenti:
A - Il blogger Issandr El-Amrani (Egitto): "Gli Stati Uniti sono paralizzati. Continuano a non riconoscere che il progetto di pace da loro sponsorizzato seguita a fallire, e così si trovano bloccati in un dialogo che non va da nessuna parte. Mi piacerebbe vedere più onesta. Perché si continua a parlare del diritto di Israele ad esistere Quando è Israele che si oppone al diritto della Palestina di esistere?"
B - John Esposito, esperto americano: "Mi aspettavo la reazione di Netanyahu sulla questione dei confini. Anche se Obama non si è sbilanciato molto: si è espresso solo a favore di quanto è previsto da decine di deliberazioni dell'ONU. Il premier israeliano ha dimostrato ancora una volta di non sentirsi legato alle leggi internazionali. Credo che anche per Obama la risposta negativa di Israele non sia stata una novità: c'è solo da sperare che ora non faccia marcia indietro".
C - Tariq Alì, giornalista tunisino: "Obama dovrebbe avere una visione più globale della realtà. Ha chiesto ai dittatori di andare via nel discorso di giovedì. Ma questo appello include anche la famiglia reale saudita che è il peggiore dittatore della regione? Include anche l'emiro Bahrein che ammazza ogni giorno la popolazione col sostegno dei sauditi e degli Stati Uniti? E perché il presidente USA ha taciuto su tutti gli abusi quotidianamente commessi da Israele?".

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