venerdì 6 maggio 2011

L'UCCISIONE DI BIN LADEN (3)

Il regista Michael Moore, autore del film Fahrenheit 9/11, ha dichiarato di considerare l'operazione in cui è stato ucciso Bin Laden un esecuzione sommaria e sostiene che un paese civile anche se cattura il peggiore criminale della storia disarmato per ammazzarlo deve farlo a conclusione di un processo. Il regista ha anche aggiunto:
"Il buon senso ci dice che si è trattata di un'esecuzione. Del resto il piano era quello. Ditecelo una volta per tutte e smettetela di trattarci come bambini. Io ho fiducia in Obama, ma ci sono state date 3 storie diverse in 3 giorni: prima c'è stato uno scontro a fuoco, poi che Osama Bin Laden si è fatto scudo con una donna e poi è venuto fuori che nessuna di queste due era vera perché lo "sceicco del terrore" era disarmato".

Seri dubbi sulla conformità alle norme di diritto internazionale nell'operazione che ha portato Bin Laden ad essere giustiziato sono stati sollevati anche dal rappresentante ONU per la tutela dei diritti umani. Sulla stessa lunghezza d'onda il professor Antonio Cassese, già componente del tribunale internazionale dell'Aia per i crimini contro l'umanità, ha pubblicato su La Repubblica un articolo che mette in evidenza:


"LE TRE VIOLAZIONI AMERICANE" (06/05/2011)


Mi duole dirlo perché, come molti lettori di Repubblica, ritengo che gli Stati Uniti siano una grande democrazia dotata di alcune ottime istituzioni e che molti politici e intellettuali statunitensi abbiano tanto da insegnarci, anoi europei. Mi duole dirlo, ma l`uccisione di Bin Laden ha costituito una seria violazione di almeno due di tre principi etico-giuridici fondamentali. Anzitutto, informazioni iniziali intorno a un suo "corriere" sono state acquisite attraverso la tortura, autorizzata ufficialmente e mai condannata, neanche ai più alti vertici degli Usa. La norma che vieta la tortura e non la giustifica mai, dico mai, è diventata un "principio costituzionale" della comunità internazionale, e a nessuno dovrebbe essere consentito di infrangerla senza essere debitamente processato e punito. Stranamente Panetta, l`attuale capo della Cia e prossimo Segretario alla Difesa, nel 2008 condannò la tortura osservando che non può essere giustificata da ragioni di sicurezza nazionale. Poi nel febbraio 2009, davanti al Senato, affermò che l`annegamento simulato (waterboarding) era sì illegale ma, se egli fosse stato nominato capo della Cia, non avrebbe punito coloro che lo avessero commesso. Stupefacente! La tortura rimane illegittima anche nei casi in cui essa consente di ottenere utili informazioni. Chi ha torturato va punito anche in questi casi, per riaffermare il valore supremo di quel divieto. La seconda violazione è consistita nel compiere una operazione militare in territorio pakistano senza il consenso di quello Stato. In una parola, è stata violata la sovranità del Pakistan. Ma qui Obama può invocare importanti esimenti. Islamabad aveva l`obbligo nei confronti di tutta la comunità internazionale di reprimere il terrorismo e non lo ha fatto. Questo obbligo era rafforzato da quello assunto bilateralmente nei confronti degli Usa di ricercare e arrestare Bin Laden, obbligo che aveva come "corrispettivo" la consegna statunitense al Pakistan di un miliardo di dollari l`anno. Nell`omettere platealmente e per molti annidi adempiere quell`obbligo il Pakistan ha in un certo senso legittimato una "azione sostitutiva". Il raid statunitense può essere equiparato, per certi aspetti, a quelle operazioni di salvataggio dei propri cittadini, tipo Congo (intervento dei belgi nel 1960) o Entebbe (intervento israeliano nel 1976), che sono state ritenute legittime in passato. La terza violazione è quella di un principio fondamentale di civiltà giuridica. Uno Stato democratico non può trasformarsi in assassino, tranne che in due casi. Anzitutto nell`ipotesi di violenza bellica in atto. Ma tra gli Usa e Al Qaeda non c`è guerra, né internazionale né civile; l`azione statunitense contro le reti terroristiche di Al Qaeda è solo azione di polizia che, se intende dispiegarsi a livello internazionale, ha bisogno della cooperazione delle forze dell`ordine degli altri Stati, gli Usa non essendo un gendarme planetario. Del resto, anche in una guerra internazionale il nemico può essere ucciso solo in campo dibattaglia, non a casa sua, tranne che si difenda con le armi, sparando e uccidendo; se sorpreso inerme nella sua dimora, va catturato e, se autore di crimini di guerra, processato. L`altro caso in cui lo Stato può uccidere legalmente è quando deve far eseguire con la forza ordini legittimi contro persone che deliberatamente si sottraggono all`arresto (ad esempio, si può uccidere un rapinatore che tenta di scappare sparando contro i poliziotti che cercano di catturarlo). Se uno Stato accusa uno straniero di crimini gravissimi, lo arresta (o la fa arrestare all`estero dalle autorità del luogo) e lo processa. Nel caso di Bin Ladentutto lascia pensare che l`ordine fosse di ucciderlo: era disarmato; ha opposto qualche resistenza facilmente superabile da uomini armati fino ai denti. Qui i principi etico-giuridici sono chiari. Averli trasgrediti è grave. Mettetevi però nei panni di Obama: egli sapeva che un processo, davanti a un tribunale statunitense o internazionale, sarebbe durato per lo meno due anni (fra istruttoria, dibattimento e sentenza), con Bin Laden detenuto. Obama deve aver pensato agli innumerevoli atti terroristici che Al Qaeda avrebbe scatenato nel mondo, durante il processo. E poi: dove detenere Bin Laden, a Guantànamo, che si cerca di chiudere alpiù presto possibile, o inun carcere in territorio statunitense, dove nessuna delle autorità statali lo prenderebbe, per ragioni di ordine pubblico? E come evitare che Bin Laden trasformasse l`aula giudiziaria in una tribuna politica, come hanno fatto Milosevic e Karadzic all`Aja? Un processo avrebbe anche portato alla luce le collusioni della Cia con Bin Laden ai tempi dell`invasione russa dell`Afghanistan, non ché gli ambigui rapporti della Ciaconl`excapo dei servizi segreti sudanesi, Sala Gosh, per un tempo protettore di Bin Laden in Sudan. Si sarebbe trattato inoltre di unprocesso nel quale la presunzione di innocenza di cui avrebbe dovuto godere l`accusato sarebbe stata minima e lo sbocco finale scontato. Obama ha così optato per l`opportunità politica contro valori morali e giuridici. Il che non giustifica affatto la sua decisione, ma permette di comprenderne le motivazioni. Restail fatto che ancora una volta la Realpolitik ha battuto l`etica ed il diritto. Il blitz ad Abbottabad solleva un problema più generale. Negli Usa, le autorità di polizia non procederebbero mai alla tortura, perché è vietata, e inoltre ogni prova ottenuta con quei metodi non avrebbe alcun valore in un processo. Inoltre l`uso di armi letali da parte delle forze dell`ordine è strettamente regolato, e lo "stato di diritto" esige che non si possano commettere "esecuzioni extragiudiziali". Tutte queste protezioni valgono per cittadini statunitensi o per gli stranieri che abbiano commesso un reato contro un cittadino Usa. Ma dal 2011 gli Usa hanno creato un limbo sia giuridico sia territoriale (Guantànamo) per presunti terroristi stranieri, tra l`altro ammettendo la tortura. Ed ora di fatto ammettono anche le "esecuzioni extragiudiziali" con blitz all`estero. Bisogna dunque chiedersi se gli Usa ritengano che la "supremazia del diritto" valga solo al loro interno, mentre perde ogni valore nel campo delle relazioni internazionali. Se così fosse, dovremmo seriamente preoccuparci per le prossime mosse della Superpotenza planetaria, oggi ancora guidata da un uomo che, almeno a parole, dice di credere nel diritto e nella giustizia.

Che i governi americani non abbiano eccessivo rispetto per la sovranità territoriale di paesi loro alleati non è una novità. Come esempio basta ricordare l'inqualificabile caso della strage del Cermis. 
"Il 3 febbraio 1998 alle ore 15:13 un Grumman EA-6B Prowler, aereo militare statunitense del Corpo dei Marines al comando del capitano Richard Ashby, decollato dalla base aerea di Aviano alle 14:36 per un volo di addestramento, tranciò le funi del tronco inferiore della funivia del Cermis, in Val di Fiemme. La cabina, al cui interno si trovavano venti persone, precipitò da un'altezza di circa 80 metri schiantandosi al suolo dopo un volo di 7 secondi. Il velivolo, danneggiato all'ala e alla coda, fu comunque in grado di far ritorno alla base. Nella strage morirono i 19 passeggeri e il manovratore, tutti cittadini di Stati europei, tra i quali tre italiani, sette tedeschi, cinque belgi, due polacchi, due austriaci e un olandese." Gli autori del "incidente", dovuto alla loro giovanile baldanza che voleva sperimentarsi volando a bassa quota sotto alla corda di sostegno della funivia non furono sottoposti a processo in Italia per omicidio colposo plurimo. Il governo americano rivendicò per se la giurisdizione e non si sa neppure se gli autori del misfatto siano stati perseguiti nel loro paese.

Uno degli istituti giuridici che per comune giudizio contraddistingue lo stato di diritto è il principio del diritto anglosassone noto con l'espressione "Habeas Corpus". Il termine, che deriva dalle parole iniziali della frase latina "Habeas Corpus Ad Subiciendum" (Abbi la tua persona sempre a disposizione). Originariamente l'Habeas Corpus veniva utilizzato in Gran Bretagna, e più tardi negli USA con cui si ingiungeva al guardiano delle carceri di condurre un prigioniero davanti a un giudice allo scopo di evitare le detenzioni illegali. La corte si limitava a vagliare se il prigioniero era tenuto in base a un atto legittimo o no. Questa impostazione è rimasta in gran parte invariata e le leggi in vigore nei paesi anglosassoni che prevedono la misura sono percepite come una garanzia fondamentale del diritto alla libertà personale. 
Negli USA dopo l'11 Settembre 2001, con una legge speciale voluta da George W. Bush l'Habeas Corpus è stato sostanzialmente sospeso per tutti quanti i cittadini afghani e dei paesi arabi in genere trasferiti a Guantànamo e ivi trattenuti per anni senza processo ed esposti ad ogni arbitrio e tortura. Un caso particolare di nullificazione dell'Habeas Corpus ha colpito un Imam residente a Milano che, rapito dai servizi segreti italiani, è stato consegnato alla CIA che, probabilmente per non macchiarsi le mani in prima persona con le torture ha a sua volta consegnato l'Imam al governo di Mubarak: in Egitto infatti, nelle carceri del dittatore appena rovesciato la tortura e le detenzioni illegali erano prassi corrente. Sembra che non sono esenti dal privilegio di poter trattenere in stato di detenzione sottoponendo a tortura i prigionieri alcuni paesi dell'Est europeo (già comunisti): delegando il potere di carcere illegale e di tortura, gli Stati Uniti pensano di scaricarsi dalla responsabilità di aver violato il principio dell'Habeas Corpus. 

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