martedì 17 maggio 2011

L'ISLAM NEL MONDO ATTUALE - 4a parte

IV - L'EGITTO


Dopo la Seconda Guerra Mondiale, nel vicino oriente, tre paesi sono stati retti da un élite militare all'ombra del conflitto est-ovest oscillando tra il nazionalismo panarabo e un sistema economico a impronta socialista.


Finita la Prima Guerra Mondiale, la crescita del movimento nazionalista guidato da Saʿd Zaghlūl, fondatore del partito Wafd, portò alla fine formale del protettorato inglese: nel 1922 l'Inghilterra riconobbe l'indipendenza dell'Egitto e Fuad assunse il titolo di re.
Il panorama politico dell'Egitto indipendente fu caratterizzato dai contrasti tra monarchia e Wafd. Nel 1923 il re emanò una costituzione, ma l'opposizione dei nazionalisti non cessò. Nel 1930 Fuad introdusse una serie di modificazioni alla costituzione e alla legge elettorale, non riconosciute dal Wafd. Le elezioni del 1931 confermarono la maggioranza governativa, ma il Wafd, che si era astenuto, non considerò legale il nuovo parlamento. Intanto già nel 1928 il maestro elementare Hasan Al-Banna aveva fondato i Fratelli Musulmani che si espansero in tutto il vicino e il medio oriente. Il loro scopo era quello di istituire un ordine islamico basato sul Corano e sulla Sunna, un islamismo sociale con le proprie fabbriche, le proprie scuole, i propri gruppi di giornali per realizzare una nuova epica musulmana adattata al mondo contemporaneo e capace di incidere nei servizi sociali e nella beneficenza. Contemporaneamente i Fratelli Musulmani, volevano lottare contro l'occupazione britannica della zona del canale e contro l'espandersi nel sionismo in Palestina. Si formò così un Islam politico radicale deciso a combattere una battaglia vera contro i residui del colonialismo e contro il sionismo. Questo Islam politico ruotava in particolare attorno alla figura di Sayyid Qutb, il cui rifiuto dell'occidente aveva cominciato a manifestarsi in seguito a un viaggio negli Stati Uniti.
Verificatosi un riavvicinamento tra il Wafd e l'Inghilterra, il re chiamò un ministero di transizione che ristabilì la costituzione nel 1923. L'elezione del 1936 segnarono il trionfo del Wafd, e il suo capo formò il nuovo governo. Intanto era morto poco prima re Fuad, cui era succeduto il figlio Faruq, entrato presto in conflitto con il Gabinetto Wafdista. Nel 1937 egli revocò Nahhas Pacha e nominò al governo Muhammad Mahmoud Pacha. Le elezioni del 1938 sancirono la vittoria della coalizione governativa. Sotto il governo di Nahhas era stato concluso un trattato anglo-egiziano che stabiliva l'alleanza fra i due paesi e il loro condominio sul Sudan.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, secondo gli obblighi previsti da tale trattato, l'Egitto ruppe le relazioni diplomatiche con l'Italia, e verso la fine del conflitto, durante il quale il paese costituì uno dei teatri di guerra più importanti, dichiarò guerra alla Germania. Intanto nel 1942, in seguito alla pressioni inglesi era stato richiamato al potere il partito Wafdista. Con la fine della guerra, quando l'Egitto era nuovamente governato da un Gabinetto non Wafdista, la questione anglo-egiziana si rifece acuta e nel 1946 un progetto per l'evacuazione del territorio egiziano da parte delle truppe inglesi e per l'unione del Sudan all'Egitto venne solennemente siglato, anche perché nel frattempo l'azione dei Fratelli Musulmani aveva imboccato metodi di lotta basati sulla guerriglia e sugli attentati anti britannici. Del resto la Gran Bretagna aveva di fatto favorito la corrente separatista sudanese e nel 1947 si ebbe una rottura dei negoziati. Nello stesso periodo venne in primo piano la questione palestinese anche per l'Egitto, che era stato tra i governi fondatori della lega araba. Dopo il conflitto del 48' nel quale Faruq era stato trascinato dall'intensificarsi degli attentati ad opera dei Fratelli Musulmani, che verso la fine del 1948 culminarono nell'assassinio del primo ministro egiziano e che condussero a un'ondata di incarcerazioni e esecuzioni capitali (Al-Banna venne impiccato all'inizio del 1949), la vittoria di Israele sulle armate arabe costrinse l'Egitto a firmare l'armistizio (1949).
Con il sostegno e la mobilitazione dei Fratelli Musulmani, nel 1952 un colpo di stato militare portò al potere il generale Meghib che l'anno seguente fu proclamato presidente della repubblica egiziana. Immediatamente dopo scoppiò un inconciliabile contrasto tra Meghib ed il colonnello Gamal Abd Al-Nasser, più vicino al corpo degli ufficiali insorti che aveva costituito un consiglio della rivoluzione di ispirazione giacobina. Mentre Meghib cercava di dar vita a un regime liberale, Nasser e i suoi ufficiali lo eliminarono dal potere (1954) ed elaborarono un progetto di programmazione economica concretatosi in una forma di capitalismo di stato fortemente limitativo dell'iniziativa privata. Il leader dei Fratelli Musulmani Sayyid Qutb, accusò il regime nasseriano di essere lontano dall'Islam: i Fratelli Musulmani furono dichiarati fuori legge e i loro leader venne chiuso in un campo di lavoro forzato dove fu impiccato nel 1965. In seguito le carcerazioni continuarono ma i Fratelli Musulmani, costretti alla clandestinità, non smisero di partecipare al dibattito politico nonostante il vieto di pubblicare libri e riviste.
In politica estera Nasser mirò a liberarsi completamente della tutela delle potenze occidentali e a questo scopo si avvalse degli aiuti dell'Unione Sovietica, pur mantenendo una posizione di neutralità tra i due blocchi e non esitando a porre in essere una politica duramente persecutoria nei confronti del partito comunista. Nel 1956 le ultime truppe britanniche lasciarono l'Egitto e poco dopo fu proclamata la nazionalizzazione del Canale di Suez, a cui seguì il rifiuto di transito attraverso il canale per le navi israeliane. Questa misura provocò un conflitto armato con Israele, la Francia e la Gran Bretagna. Mentre l'esercito egiziano veniva sconfitto, la reazione dell'URSS e degli Stati Uniti contro la spedizione franco-inglese indusse le Nazioni Unite ad ordinare lo sgombero delle truppe straniere dall'Egitto e di quelle israeliane dalla penisola del Sinai a tutela della quale venne inviata una forza internazionale ONU di interposizione; in tal modo Nasser poté trasformare in un successo diplomatico la sconfitta militare.
Nel 1958 la Siria e l'Egitto si unirono in una forma federativa (RAU), Repubblica Araba Unita, ma il forte accentramento richiesto dalla politica di pianificazione economica egiziana ebbe ripercussioni negative sulla Siria, che nel 1961 sciolse l'unione con l'Egitto. Frattanto Nasser, dopo aver dato al paese una costituzione che rendeva l'Egitto una repubblica presidenziale, si sforzò di allargare le basi interne del regime: i poteri del capo dello stato passarono a un consiglio presieduto da Nasser e i poteri esecutivi a un Gabinetto ministeriale presieduto da un civile; nel 1964 una nuova costituzione portò all'elezione di un'assemblea nazionale formata per altro dall'unico partito politico riconosciuto, l'unione socialista araba.
Insieme all'India di Nehru e alla Jugoslavia di Tito l'Egitto di Nasser diventò una delle guide degli stati "non allineati" ottenendo così aiuti per lo sviluppo sia da est che da ovest. C'è da dire che il socialismo nasseriano aveva ben poco di socialismo. Esso infatti non prevedeva alcun tipo di statalizzazione, ma una riforma agraria basata sulla creazione della piccola proprietà contadina; l'industrializzazione non assunse mai un carattere parossistico e venne sempre accompagnata da leggi sul lavoro in cui i lavoratori potevano dire la loro. L'Egitto, del resto, che disponeva di un'identità politica storicamente radicata era abituato da tempo ad un governo centrale e poteva permettersi un regime relativamente flessibile: il suo socialismo fu più una politica pragmatica, che lasciava parecchi settori economici nelle mani dei privati, piuttosto che una rigida dottrina coerentemente applicata.
La costruzione della diga di Assuan, che aumentò di un terzo le terre coltivabili egiziane, e che venne costruita con i finanziamenti dell'URSS,  fu uno degli elementi che aumentò le ambizioni espansive del nasserismo che fu elemento non secondario nel colpo di stato libico da parte del colonnello Gheddafi, e spinse l'Egitto a entrare in conflitto con l'Arabia Saudita, la cui monarchia assoluta aveva estremo timore dell'egemonismo nasseriano. Anche il conflitto con Israele si inasprì: sempre più sostenuto dagli aiuti militari degli stati comunisti, Nasser interdisse alle navi israeliane l'accesso al golfo di Aqaba; ciò provocò nel Giugno del 1967 la guerra dei 6 giorni che segnò la irreparabile sconfitta dell'Egitto (l'aviazione egiziana venne praticamente distrutta a terra e Israele occupò la penisola del Sinai fino al canale di Suez) ma nella rovina vennero anche trascinate la Giordania, che perse Gerusalemme est e l'intera Cisgiordania e Gaza, e la Siria che vide le colline di Golan occupate dalle truppe israeliane. Nasser, profondamente umiliato dopo la sconfitta tentò una patetica guerra di logoramento, utilizzando la crescente influenza tra i palestinesi del partito di Al-Fatah fondato da Yasser Arafat, ma morì nel 1970 e con lui morì l'esperimento socialista.
Il suo successore Anwar Al-Sadat continuò la politica di Nasser. Nell'Ottobre 1973, durante la festa ebraica dell'Yom Kippur, l'Egitto e la Siria attaccarono a sorpresa Israele e cacciarono gli israeliani dall'intero Sinai, ma grazie alla mediazione americana si giunse rapidamente ad un armistizio e a una tregua imposta dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU.
Ciò portò ad un'immediata distensione concretatasi, nel 1974 e nel 1975, in due accordi di disimpegno con Israele. Conseguenze immediate furono l'apertura del Canale di Suez, l'avvio di una politica finanziaria di apertura verso l'occidente e una crescente tensione con Mosca, sfociata nella denuncia unilaterale del trattato di amicizia e cooperazione nel 1976. Nello stesso anno Sadat fu rieletto presidente e contemporaneamente venne varata la cosiddetta democratizzazione. Si tennero le elezioni generali, secondo un sistema che manteneva in vigore un partito unico, ma che consentiva la partecipazione di 3 liste separate: la vittoria fu della lista governativa, ma una delle tre liste, quella dei Fratelli Musulmani, riportò il 27% dei voti. In realtà Sadat continuò a reprimere ogni manifestazione di dissenso.
Nel 1979 si tennero le elezioni, le prime dal 1952 a cui erano stati autorizzati a partecipare più partiti, ma i raggruppamenti di opposizione, compresi i Fratelli Musulmani, furono costretti al silenzio e si affermò in forma plebiscitaria il partito democratico di Sadat.
Per quanto riguarda la politica estera, nel 1977, anno in cui l'Egitto affrontò una grave crisi economica, Sadat compì un passo fondamentale. Egli si recò a Gerusalemme, aprì la strada ad un accordo di Israele e ponendo fine all'era dei negoziati indiretti. L'operazione diplomatica diede i suoi frutti. Nel Marzo 1979 venne firmata a Washington il trattato di pace tra Egitto e Israele e aveva inizio la procedura di ritiro israeliano dal Sinai.
La politica di apertura verso Israele incontrò una grossa opposizione nel paese, sia da parte del mondo studentesco, sia nelle file dei Fratelli Musulmani, sia in quelle delle tendenze semi clandestine della sinistra. Con il recupero dei territori petroliferi del Sinai, l'Egitto avrebbe dovuto registrare una ripresa sul piano economico finanziario; invece l'atteso rilancio segnò il passo e a calmare le opposizioni non contribuirono ne le aperture filo occidentali di Sadat, ne il blocco delle discussioni con Israele sul futuro della Cisgiordania, causato dalla immancabile rigidità israeliana. Sadat adottò allora una serie di misure di controllo e di provvedimenti repressivi con l'opposizione; ma l'insuccesso del programma di apertura verso Israele, che aveva visto l'aggravarsi delle polemiche con il mondo arabo, culminato con l'espulsione dell'Egitto dalla lega araba, indusse Sadat a rinforzare i legami con gli USA. Il netto allontanamento dell'Egitto dal tradizionale orientamento neutralistico, causò la protesta di ampi strati della popolazione. Nella condizione di isolamento del paese maturò nel 1981 un mortale attentato contro Sadat ad opera di alcuni militari legati ai Fratelli Musulmani.
A Sadat successe il vice presidente Mubarak, che si distinse deliberando un'azione distensiva nei confronti della Libia e rimettendo in libertà numerosi prigionieri politici, mentre nel settore economico vennero avviate iniziative di intervento a favore dei ceti più poveri.
Ottenuta dagli israeliani la completa evacuazione dal Sinai (1982), l'Egitto si accinse a una vivace ripresa in campo internazionale assumendo una più ferma posizione nelle trattative con Israele: con l'invasione israeliana del Libano, l'Egitto sospese le relazioni diplomatiche con lo stato sionista. Nel 1983 l'Egitto si riconciliò con l'OLP e l'anno successivo fu riammesso nella lega araba.
Nel 1986 Mubarak e il primo ministro israeliano Shimon Peres fissarono i termini dell'arbitrato internazionale per decidere le sorti per la località di Taba nel Sinai, e delinearono la ripresa diplomatica per la pace nel vicino oriente.
Permanevano tuttavia gravi difficoltà interne: nel 1984 un aumento dei prezzi degli alimentari fu annullato a causa della protesta popolare, mentre si verificarono moti studenteschi e di protesta promossi dai Fratelli Musulmani, mentre nel 1986 una rivolta delle forze di polizia del Cairo fu repressa duramente.
In questo clima nel 1987 si svolsero le elezioni politiche: il partito nazionale democratico di Mubarak vinse nettamente, ma l'opposizione fu praticamente monopolizzata dalla presenza dei Fratelli Musulmani, molti dei quali vennero arrestati l'anno successivo a tre attentati falliti. Nel 1990 le elezioni politiche, segnate da sanguinosi incidenti, assicurarono al partito di Mubarak, ma intanto continuavano gli attentati. Mubarak rispose con una politica sempre più dura di repressione, ma anche le elezioni politiche del 1995 furono turbate da violenze e irregolarità. Il partito di Mubarak confermò la sua maggioranza anche alle elezioni legislative del 1996 e del 2000, nelle quali si consolidò la forza elettorale dei Fratelli Musulmani.
Sul piano internazionale l'Egitto pose in atto una politica di distensione verso i paesi dell'area, rinnovando il proprio impegno nel processo di pace in Palestina, e cercando nello stesso tempo di mantenere buone relazioni con gli USA. Mubarak appoggiò sia le iniziative per la formazione di uno stato palestinese indipendente, sia le azioni americane contro il terrorismo internazionale intraprese nell'Autunno del 2001, trovandosi a fronteggiare all'interno, ancora nel Marzo del 2003, in occasione dell'attacco americano all'Iraq, le crescenti pressioni delle istanze integraliste che direttamente o indirettamente si collegavano ad Al Qaeda.
La direzione dei Fratelli Musulmani, pur impegnandosi a contestare l'autoritarismo del regime di Mubarak, si guadagnò nell'Islam una considerazione sempre maggiore all'interno della vita pubblica e privata, anche se presero nettamente le distanze dai gruppi terroristi autori contro i turisti stranieri dell'alto Egitto. Del resto loro esponenti di rilievo sedevano in parlamento ed esercitavano una crescente influenza sulle organizzazioni professionali e sulle case editrici, mentre molte moschee ampliavano le loro funzioni e offrivano servizi medici e sociali a bassissimo costo. Ai Fratelli Musulmani mancava una guida autorevole e questo motivò la formazione di un gruppo di "nuovi islamisti" esterno ai Fratelli Musulmani, che si adoperò nei limiti del possibile per la democrazia e il pluralismo. Nella Prima Guerra del Golfo sia questi ultimi gruppi sia i Fratelli Musulmani presero netta posizione contro l'invasione irachena del Kuwait ma anche contro soluzioni militari appoggiando invece lo sforzo diplomatico. Netta fu invece la loro opposizione contro la Seconda Guerra anti irachena di George W. Bush all'indomani della quale apparve con sempre maggiore evidenza che l'Islam come forza politica andava riconquistando nuovamente un ruolo fondamentale nella società civile egiziana.

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