venerdì 20 maggio 2011

L'ISLAM NEL MONDO ATTUALE - 6a parte

VI - L'IRAQ


L'Iraq conta oggi 23 milioni di abitanti per il 60% sciiti e si estende sulla terra della cultura forse più antica della terra, quella Mesopotamica, cui l'umanità deve la scrittura, la ruota, la divisione del tempo in settimane, l'anno solare, il più antico sistema di calcolo e le prime leggi. Essa è la terra tra i due fiumi dal passato glorioso: nell'antichità le città dei sumeri, gli imperi di Babilonia, degli assiri, dei caldei e, più tardi, i regni dei Sasanidi, degli Omayyadi e degli Abbasidi non può essere oggi destinata a un nuovo ruolo di rilievo anche se è un paese privo di storia lineare ininterrotta: la distruzione totale della Baghdad Abbaside da parte dei mongoli nel 1258, in cui raffinati sistemi di irrigazione furono distrutti e centinaia di migliaia di persone massacrate, è ancora oggi profondamente radicata nella memoria degli iracheni. Soltanto dopo il dominio mongolo, durato secoli, e soltanto dopo lunghi e faticosi contrasti con i Safavidi, nel XVII secolo si annesse l'Iraq e lo divise in tre provincie, Mosul, Baghdad e Bassora. La concessione ottomana ai tedeschi nel 1899 per la costruzione della ferrovia di Baghdad allarmò gli inglesi, che durante la prima guerra mondiale occuparono l'Iraq. Nel 1821 lo stato iracheno venne assemblato in modo artificiale dagli inglesi senza alcuna considerazione dei confini etnici. Ai curdi che vivevano nell'Iraq settentrionale, in Turchia, in Siria e in Iran, venne negato un proprio stato. L'Iraq nacque come regno formato da diverse popolazioni: i curdi a nord intorno a Mozul, la maggioranza sciita a sud intorno a Bassora e nella regione di Baghdad la minoranza sunnita. Il paese secondo le intenzioni degli inglesi, doveva essere tenuto insieme da re Faisal, che proveniva dalla Mecca e aveva origini Hashemite; nel 1932 il regno ottenne l'indipendenza formale dagli inglesi, ma già nel 1933 il re venne assassinato e mancò negli anni seguenti una personalità araba in grado di portare avanti l'integrazione.
Durante la seconda guerra mondiale, le attività anti britanniche a favore dei tedeschi offrirono il pretesto per un ulteriore occupazione britannica. Alla guerra seguirono costanti disordini che condussero nel 1958 a un colpo di stato da parte dei militari nazionalisti arabi: re Feisal II venne ucciso, insieme a molti membri della sua famiglia e al primo ministro Nuri Said, un corrotto e feroce agente degli inglesi. I loro cadaveri, fatti letteralmente a pezzi, vennero impiccati ai lampioni della città. Venne proclamata la nuova repubblica e il nuovo capo dello stato fu il colonnello Abd Al-Karim Kassem, che esercitò il potere in modo sempre più dittatoriale, e si trovò presto in conflitto con le forze interne panarabe e, all'esterno con il presidente egiziano Nasser.
I cambiamenti di potere in Iraq sono in genere sanguinosi. Nel 1963 Kassem venne spodestato ed eliminato dal partito Baath, di orientamento panarabo. In Iraq, tuttavia, esso venne soppiantato da un Baath diverso da quello siriano, che rese stabile la posizione di potere dell'esercito, e praticamente nulla ogni influenza religiosa. Per un certo periodo Iraq, Siria ed Egitto collaborarono, ma i progetti di unione fallirono e furono seguiti da altri colpi di stato. Nel 1968 salì al potere, tra incarcerazioni di massa ed esecuzioni pubbliche, di cui furono vittima soprattutto i membri del forte partito comunista iracheno, il generale sunnita Ahmad Hassan Al-Bakr che portò avanti una forte riforma nell'assetto del paese e del diritto del lavoro e nel 1972 nazionalizzò la produzione del petrolio. I proventi derivanti da quest'ultima resero possibile l'ampliamento delle forze armate, immensi programmi di modernizzazione e provvedimenti infrastrutturali, soprattutto una sanità statale gratuita e un imponente sviluppo dell'istruzione, aperta anche alle donne che, azzerò il diffuso analfabetismo.
Il capo dei servizi segreti di Al-Bakr era un personaggio brutale e violento di nome Saddam Hussein. Egli non era certo un musulmano devoto, ma un personaggio autoritario capace di ogni astuzia e di ogni efferatezza, che trasformò l'apparato di sicurezza nella sua base di potere assoluto. Nel 1979 egli rovesciò Al-Bakr con un colpo di stato e divenne egli stesso presidente del consiglio della rivoluzione, presidente dello stato e segretario generale del partito Baath che, tuttavia, continuò ad incentivare l'istruzione pubblica e la formazione professionale, sostenendo soprattutto la parità dei diritti per le donne anche nel mercato del lavoro. Saddam Hussein incrementò anche la ricerca archeologica, restaurò Babilonia e sollecitò il collegamento organico delle eredità mesopotamiche e musulmane. I suoi modelli erano il califfo Harum Al-Rashid e Salael Din ("Con la loro gloria") anche se molti modi di gestione del potere potevano accostarlo al sovietico Stalin con il suo terrore. Egli avrebbe voluto per altro creare uno stato modello, con una burocrazia e un sistema sanitario funzionanti e con uno stipendio minimo per tutti gli iracheni. Il regime del Baath non riuscì a realizzare una vera integrazione della popolazione curda a nord e di quella sciita a sud; e tuttavia il sunnita Saddam Hussein fece restaurare i santuari sciiti delle città sante di Najaf e di Kerbala. Era evidente la strumentalizzazione della religione perché Saddam Hussein fece massacrare crudelmente i capi religiosi sciiti scomodi e i politici curdi dell'opposizione; e in questo modo tra i gruppi eterogenei non riuscì a svilupparsi un sentimento politico iracheno.
L'arbitrario tracciato di confine, fissato negli anni 20' tra Iraq e Kuwait, era risultato utile all'americano Calouste Gulbenkian, magnate petroliere alle società petroliere anglo-olandesi e a quelle americane. Dopo la separazione del Kuwait, all'Iraq rimase come unico accesso al golfo arabico la foce comune dell'Eufrate e del Tigri a sud di Bassora. Questo importante accesso al mare venne garantito all'Iraq dagli inglesi nel 1937, ma nel 1969 venne contestato dallo Scià. Ancora una volta questi poté godere dell'appoggio degli USA, i quali nello stesso tempo incoraggiavano i curdi a una insurrezione contro Baghdad. I curdi, per altro guidati dal grande condottiero Barzani, ricevettero forniture militari anche dall'URSS. Nel 1975 Saddam Hussein, con il trattato di Algeri, trovò un accordo con l'Iran rinunciando alle proprie rivendicazioni sullo Shatt El Arab; per questo gli USA abbandonarono i curdi e li consegnarono alla feroce repressione degli sgherri di Saddam.
Nel 1979 l'Iran di Khomeyni sfidò gli USA con la cacciata dello Scià e la cattura degli ostaggi dell'ambasciata americana; gli USA cercarono per questo un nuovo contatto con Saddam Hussein, che avevano già rifornito ampliamento con armi di ogni tipo. Con tale incoraggiamento Saddam iniziò nel 1980 l'invasione dell'Iran, indebolito dalla rivoluzione khomeynista. Egli aveva però sottovalutato, anche perché depistato dalle informazioni dei servizi segreti americani, la capacità di resistenza delle truppe di Khomeyni e non esitò per questo ad attaccarle con gas tossici. L'inviato speciale americano che negoziava personalmente con Saddam era lo stesso Donald Rumsfeld che, in qualità di ministro della difesa americano, negli anni 2002-2003 fu uno dei principali fautori della guerra contro l'Iraq e che nel 2004 si dichiarò unico responsabile delle torture degli americani contro i prigionieri iracheni.
Già nel Marzo del 1984 gli esperti delle Nazioni Unite documentarono l'inizio della guerra chimica ad opera di Saddam sui campi di battaglia iraniani; ma nonostante ciò gli USA seguitarono a potenziare gli aiuti a Saddam anche perché l'Iraq era il secondo paese al mondo con i più grandi giacimenti petroliferi; nel 1984, oltre a riprendere ufficialmente i rapporti diplomatici, vennero fornite immagini satellitari che documentavano i movimenti delle truppe iraniane e intensificarono le operazioni dei servizi segreti diretti a compiere attentati sulle installazioni iraniane. Dal 1985 al 1990 gli Stati Uniti fornirono all'Iraq mezzi per la fabbricazione di armi biologiche (Carbonchio e batteri della peste) in collaborazione con altri nazioni occidentali. La parallela guerra di Saddam contro i curdi e l'attacco chimico al paese curdo Halabsha nel 1988 (oltre 5000 morti) da parte delle truppe irachene non provocarono l'interruzione del sostegno americano.
La guerra Iran-Iraq aveva provocato il blocco con le relitti e carcasse dello Shatt El-Arab e l'Iraq si trovò praticamente isolato dal mare, e questo fu per Saddam Hussein un motivo più che sufficiente per considerare inevitabile la forzata annessione del Kuwait. D'altra parte l'ambasciatrice americana  a Baghdad, in un colloquio del 27 Giugno 1990, assicurò a Saddam Hussein che gli USA avrebbero considerato tutto ciò una faccenda araba interna; e così il 2 Agosto 1990 le truppe irachene invasero l'emirato del Kuwait. A Washington e a Londra la conquista del Kuwait fu improvvisamente vista come una minaccia diretta per l'Arabia Saudita; e sotto l'influenza decisiva del primo ministro britannico Margaret Thatcher, George Bush Senior, presidente degli Stati Uniti che era stato precedentemente capo della CIA, decise di creare una grande coalizione contro l'Iraq (operazione "Tempesta nel Deserto").
Bush vinse militarmente questa prima guerra del Golfo nel Gennaio-Febbraio 1991; perse però dal punto di vista politico a causa della prematura cessazione delle operazioni militari che abbandonarono alla ferocia repressione di Saddam Hussein i curdi a nord e gli sciiti a sud: gli uni e gli altri si erano fidati delle promesse americane di portare avanti le operazioni contro Saddam fino alla sua caduta. In questa guerra Saddam, notoriamente ateo usò la religione musulmana come arma ideologica. Di fronte agli americani, ai sauditi e a Israele egli si atteggiò spudoratamente come protettore delle città sante e della terra araba, anche se nel frattempo distruggeva le moschee sciite e quelle curde.
Con questo escamotage il dittatore iracheno rimase al potere anche perché gli otto anni di guerra contro l'Iran erano per lo meno serviti a formare un certo sentimento nazionale iracheno. Il disarmo dell'Iraq totalmente indebitato fece passi avanti; molte aree militari vennero distrutte tanto che l'Iraq, secondo la stima del ministro della difesa americano, non costituiva più un pericolo per i suoi vicini. Durante il conflitto e subito dopo fu soprattutto la popolazione civile a soffrire a causa dei bombardamenti americani e inglesi nell'area di interdizione del traffico aereo e per le sanzioni sempre più aspre dell'ONU. Con la guerra Iran-Iraq egli aveva potenziato contro i principi del Baath una nuova base di potere, tornando ad appoggiarsi ai clan iracheni tradizionali e alla sua estesa rete di parentele, che presero di fatto il posto delle strutture statali.
La seconda guerra irachena dimostrò in quanto poco conto i suoi vicini e gli Stati Uniti temessero la minaccia delle armi di distruzione di massa; e tuttavia essa venne iniziata da George W. Bush e dal primo ministro Tony Blair il 20 Marzo 2003 dopo giganteschi preparativi comprendenti una campagna mediatica durata mesi che cercava di accreditare la tesi del tutto infondata che Saddam fosse in combutta con Al Qaeda negli attentati dell'11 Settembre 2001.
Dopo la conquista di Baghdad, il 1 Maggio, Bush affermò che la guerra era finita: si trattava chiaramente di una guerra offensiva e preventiva basata sul sospetto, chiaramente vietata dal diritto internazionale e dalla carta dell'ONU; essa venne anche definita da Bush come "crociata". Questa guerra non ottenne mai l'approvazione del consiglio di sicurezza e dell'opinione pubblica mondiale ma provocò una ancora più violenta rivolta anti americana da parte dell'intero mondo islamico.
Del resto questa guerra dipendeva interamente dalla linea dell'amministrazione di George W. Bush, basata su una politica estera aggressiva e imperialista tipica dell'unica super potenza dopo l'implosione dell'URSS. Furono inoltre i due rappresentanti più in vista della lobby israeliana che consigliò a Israele la rottura dei patti stipulati precedentemente con i palestinesi: Israele chiedeva già da tempo la guerra in Iraq in accordo con il primo ministro israeliano Ariel Sharon, al quale nulla interessava che in questo modo Israele assumeva attivamente la funzione di odiata "testa di ponte" dell'occidente più aggressivo.
L'invasione americana nel 2003 non aiutò certo l'Iraq a superare la propria frammentazione interna, ma la rese più grave con conseguenze difficili da stabilire: il destino del paese continuò ad essere deciso a Baghdad, soprattutto da parte dei sunniti; gli sciiti al sud, con circa il 55-60% della popolazione rimasero maggioranza nel paese, ma erano governati da un conglomerato composto da guide religiose e da organizzazioni in perenne conflitto tra loro; i curdi che rappresentavano il 20% della popolazione si impegnarono in prima linea per la propria autonomia economica e politica, mentre le tendenze secessioniste a favore di un Kurdistan che unisse tutti i curdi di Turchia, Iraq e Siria. L'occupazione militare americana fu sempre più coinvolta nella lotta contro la dura guerriglia organizzata dai militari iracheni, praticamente ridotti senza lavoro a causa dell'improvvida decisione statunitense di sciogliere le forze armate irachene. Di fronte alla crescente resistenza degli insorti gli americani si macchiarono di sempre più gravi atrocità, dalla totale distruzione della città di Falluja, con 70 mila abitanti, fino alla pratica della tortura di massa nel centro di Abu Ghraib. Aumentavano intanto le vittime tra la popolazione civile, sia per opera degli insensati attentati kamikaze organizzati da Al Qaeda, sia per le reazioni scomposte di truppe americane sempre più terrorizzate.
Neppure lo svolgimento delle prime elezioni legislative, cui partecipò poco più del 50% della popolazione, e la nomina di un governo nazionale poco meno che fantoccio, sembrò portare a un miglioramento della situazione. Ormai in Iraq anche gli americani hanno iniziato il loro ripiegamento, preceduti in questo da spagnoli e italiani. Nessuno è in grado tuttavia di prevedere quando la tragica guerra avventuristica di George W. Bush cesserà di produrre i suoi effetti nefasti, mentre l'Iraq potrà conoscere finalmente un periodo di pace.

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