martedì 24 maggio 2011

L'ISLAM NEL MONDO ATTUALE - 7a parte

VII - I PAESI DEL MAGHREB 


Tunisia, Marocco e Algeria hanno conosciuto dopo il raggiungimento dell'indipendenza dalla Francia, più o meno, tutti i moduli politici e religiosi che abbiamo visto operare negli altri paesi musulmani fin'ora considerati: dal laicismo esasperato dei regimi tunisini al socialismo arabo presente per un periodo in Algeria fino alla monarchia assoluta del Marocco, con estese fiammate di fondamentalismo soprattutto di segno Salafita contrapposto in particolare alle dittature militari di Algeria.

I - Tunisia
Il processo di emancipazione della Tunisia si concluse quando la Francia ne riconobbe l'indipendenza soprattutto grazie all'opera energica di Bourguiba, che costituì il primo ministero del nuovo stato, avvalendosi della maggioranza ottenuta dal suo partito, (NEO DESTOUR) nelle elezioni dell'assemblea costituente che proclamò la repubblica nel 1957, eleggendo Bourguiba a capo dello stato.
Bourguiba governò a lungo con esiti in parte positivi e in parte negativi. Se da un lato egli fu artefice di una politica che puntava a una rapida modernizzazione del paese, dall'altro diede al regime un carattere sempre più personalistico, trasformandolo infine in una dittatura. Nel 1963 venne istituito un sistema a partito unico, che affidava la guida del paese al partito "Neo Destouriano". Nel frattempo si era consumata l'unica crisi insorta nei rapporti con l'occidente, provocata dal sostegno tunisino alla lotta indipendentistica dell'Algeria e dal blocco della base navale francese di Viserta. Ne derivò una guerra limitata con la Francia che si concluse con un accordo in base al quale la base navale venne chiusa (1963). In questo periodo in Tunisia venne intanto tentato un esperimento socialista, abbandonato nel 1969 a favore di una politica di stampo liberista, che favorì un considerevole sviluppo economico, accompagnato però da sempre più gravi diseguaglianze sociali. Intanto le tendenze assolutiste del regime furono accentuate con la nomina di Bourguiba a presidente a vita (1974), mentre ogni forma di opposizione veniva ridotta al silenzio. Tutto ciò portò nel 1978 ad una serie di rivolte violentemente represse dal governo e attribuite ai Fratelli Musulmani.
Per quanto riguarda le relazione internazionali, se negli anni 60' i rapporti con l'estero erano stati caratterizzati da una continua tensione con l'Egitto Nasseriano, nel decennio successivo a dominare la scena furono i rapporti con la Libia. Nel 1974 fu proclamata l'unione tra i due paesi, subito rinnegata da Tunisi, preoccupata per le continue iniziative al limite della follia del colonnello Gheddafi: è superfluo aggiungere che da allora i rapporti con la Libia divennero tesi e il colonnello libico attentò più di una volta alla vita del dittatore tunisino.
Nel corso degli anni 80' Bourguiba, sempre più ossessionato dal timore di nuovi complotti, alimentò una crescente repressione politica, che si intrecciò con il malessere sociale provocato da una aggravata crisi economica. Nel 1984 si ripeté lo scenario di rivolta del 1978, nuovamente represso sanguinosamente. Seguirono cambiamenti politici convulsi, finché nel 1987 Bourguiba, ormai completamente impazzito, venne destituito con un colpo di stato che portò al potere il generale Ben Alì. Questi reintrodusse il pluripartitismo e rifondò il "Neo Destour" trasformato in Raggruppamento costituzionale democratico. Il processo di democratizzazione, tuttavia, procedé lentamente fino a bloccarsi del tutto, tanto che alle elezioni presidenziali del 1989 Ben Alì fu presentato come candidato unico.
Gli anni 90' videro un rafforzamento del potere di Ben Alì e del suo entourage familiare, la cui azione si orientò sempre di più verso una ripetizione del regime dittatoriale, cui, per altro fece da contrappeso un'apertura su piano economico. Unica seria minacci al regime fu rappresentato dal rafforzamento dell'integralismo islamico, in cui si unirono i Fratelli Musulmani e il movimento Salafita di marca algerina, ispiratore nel 1991 di un complotto contro il regime, che venne duramente represso.
Nel 1994 si tennero nuove elezioni che riconfermarono Ben Alì alla presidenza, anche perché egli era l'unico candidato. Ben Alì cercò di allentare la tensione consentendo l'ingresso dell'opposizione nell'assemblea nazionale mentre i successi conseguiti in campo economico consentirono al potere di rafforzare la propria immagine. Questa fu offuscata dall'arresto nel 1995 di Muhammad Moada, leader del movimento dei democratici socialisti. L'anno successivo il presidente, dopo la liberazione degli oppositori incarcerati, conseguì un nuovo successo, mentre nel 1997 il movimento dei democratici socialisti, guidato dal nuovo leader Smail Boulahya, ribaltò le proprie posizioni e accordò il proprio appoggio a Ben Alì. Avviatosi sulla strada di un esercizio sempre più incontrastato del potere, Ben Alì vinse le elezioni presidenziali del 1999 con la quasi totalità dei suffragi e fino al 2010 seguitò ad essere il padrone incontrastato della Tunisia giocando abilmente con finte aperture verso l'opposizione.

II - Marocco
Nel 1955, non potendo più contenere il movimento nazionalista marocchino, la Francia restaurò re Maometto V e permise la costituzione di un governo rappresentativo. L'anno successivo, il 28 Marzo 1956, Francia e Spagna riconobbero ufficialmente la piena indipendenza e unità del Marocco, con l'eccezione delle enclaves di Ceuta e Medilla, di Ifni e del Sahara spagnolo. L'Istaqlal, il partito indipendentista che propugnava la creazione di un grande Marocco comprendente il sud-ovest algerino, il Sahara spagnolo, la Mauritania e territori del Sudan francese (Mali), protestò vivacemente contro l'impostazione del 1956 che rimase tuttavia immutata.
Nel 1961 Maometto V morì e a lui succedette il figlio Moulay Hassan, col nome di Hassan II. Nei primi anni del suo regno il nuovo re governò in modo autoritario, escludendo dal governo l'Istaqlal e reprimendo ogni forma di opposizione. La monarchia creò un proprio partito, il Fronte per la difesa delle istituzioni costituzionali, che assunse il pieno controllo del governo sebbene in parlamento non godesse della maggioranza in seguito alle elezioni del 1963. Ciò indusse il re a gettare ogni ipocrisia pseudo democratica e ad assumere i pieni poteri.
All'inizio degli anni 70' due tentativi di colpo di stato attuati da gruppi minoritari delle forze armate, cui Hassan II scappò miracolosamente, dimostrarono che la monarchia non era in grado di reggersi esclusivamente sulla repressione del dissenso anche perché non poteva contare sulla lealtà delle forze armate, buona parte delle quali era fortemente influenzata dal movimento dei Fratelli Musulmani. La risposta di Hassan secondo fu duplice. Da un lato egli diede spazio alla dialettica dei partiti, dall'altro gestì con intransigenza la questione del Sahara occidentale, scoppiata nel 1974, ad opera della rivolta guerriera del movimento indipendentista Polisario, in modo da incanalare in quella direzione le ambizioni dei militari. Nel 1974, dopo aver rinunciato alle rivendicazioni nei confronti della Mauritania e dell'Algeria, il governo di Rabat rivendicò al Marocco il territorio del Sahara che la Spagna aveva annunciato di voler decolonizzare. Ne nacque una disputa internazionale, che si concluse con un accordo tra Spagna, Marocco e Mauritania (1975), in base al quale l'ex colonia spagnola doveva essere divisa in due parti, la più estesa assegnata al Marocco, l'altra alla Mauritania.
L'accordo fu contestato dall'Algeria e dal Polisario, che nel 1976 proclamò la nascita della repubblica araba democratica Saharaui e intensificò la guerriglia contro il Marocco rivendicando l'indipendenza.
Marocco e Mauritania sostennero insieme la guerra contro il Polisario fino al 1978, quando la Mauritania decise di cessare le ostilità; il Marocco occupò all'ora tutto il territorio dell'ex Sahara spagnolo; la sua guerra proseguì diventando un'occasione di coesione politica tanto che nel 1977 tutti i partiti marocchini, cominciando dall'Istaqlal furono chiamati ad entrare in un governo di unità nazionale. I partiti di opposizione, che non riuscirono a conquistare il controllo del parlamento nelle elezioni legislative del 1977 e del 1984 furono per altro rapidamente espulsi dal governo.
Nei rapporti internazionali la tensione con l'Algeria fu l'elemento dominante dal 1975 al 1988 quando si delineò un'inversione di tendenza. Il Marocco mantenne inoltre ottimi rapporti con la Francia e strinse i suoi legami con gli Stati Uniti e con la CEE. Fautore di una politica "moderata", Hassan II tentò persino di spianare la strada ad un'intesa generale tra arabi e israeliani.
Il problema irrisolto del popolo Saharaui rimase al centro della politica del Marocco negli anni successivi. Una parziale pacificazione si registrò nel 1993 con la sospensione degli scontri armati tra l'esercito marocchino e il Polisario. Nonostante ciò la prospettiva di un referendum appariva ancora lontana per il persistere di profonde divergenze tra le parti in causa nella definizione del corpo elettorale chiamato a pronunciarsi. Nel frattempo, dopo l'apertura verso Israele, che aveva suscitato violente reazioni da parte del mondo arabo, nel 1989 il Marocco riallacciò i rapporti con l'Algeria, intraprese relazioni diplomatiche con l'OLP (1989) pur confermando il proprio ruolo di intermediario con Israele.
In politica interna Hassan II permise la costituzione di un sistema parlamentare, di un governo relativamente autonomo, ma mantenne un controllò assoluto sulle leve del potere. Le forze di opposizione dell'Istaqlal e dell'unione socialista diedero vita a un blocco democratico, presentandosi uniti alle elezioni politiche del 1993 che sancirono la loro netta affermazione. La maggioranza uscente legata al re mantenne comunque il controllo nell'assemblea nazionale grazie all'elezione di un terzo dei deputati da parte degli organismi locali e delle organizzazione professionali.
Nel 1996 un referendum indetto da Hassan II approvò la proposta di istituire un parlamento bicamerale e l'anno successivo si tennero nuove elezioni legislative il cui esito, favorevole al blocco democratico, venne questa volta rispettato. Nel Febbraio 1998 Hassan II nominò alla guida del governo il segretario dell'unione socialista, Abderrahmane Youssoufi.
L'anno successivo Hassan II morì e a lui succedette sul trono il principe ereditario Sidi Muhammed con il nome di Maometto VI. L'esordio del nuovo sovrano apparve promettente: egli avviò infatti una politica di rinnovamento, congedò le personalità compromesse con i regimi autoritari del passato, amministrò gli oppositori, riconsiderò come argomento aperto la questione sahariana e manifestò la volontà di promuovere il pieno rispetto dei diritti umani, in particolare delle donne. La politica riformistica di Maometto VI, che annuncia il varo di una costituzione simile a quella francese, spiega perché il Marocco è rimasto esente dai grandi moti rivoluzionari che hanno caratterizzato l'intero nord Africa.

III - Algeria
Dopo l'indipendenza si scatenò in Algeria la lotta tra le diverse correnti che avevano partecipato alla guerra di liberazione. Particolarmente grave fu lo scontro tra Ben Khedda, che nel 1961 aveva sostituito Ferhat Abbas alla testa del GPRA (Governo provvisorio rivoluzionario algerino) e Ahmet Ben Bella. Quest'ultimo ebbe la meglio grazie all'appoggio dell'esercito guidato da Houari Boumedienne. Nel 1963 Ben Bella fu eletto presidente della repubblica mentre veniva varata la costituzione che conferiva al capo dello stato ampi poteri e creava le premesse di un regime a partito unico, lo FLN (Fronte di liberazione nazionale) ad orientamento socialista.
Nel 1965 il governo civile fu rovesciato da un colpo militare, guidato da Boumedienne, che consegnò il governo del paese agli alti dirigenti dell'FLN e dell'esercito. Il nuovo regime manifestò presto la tendenza di accentrare nelle mani dei funzionari statali l'intera economia. Nel 1971 fu nazionalizzato il ricchissimo settore petrolifero, venne lanciata la riforma agraria, affiancata da leggi sull'autogestione delle imprese e si potenziò lo sviluppo dell'industria pesante. L'autogestione operaia, tuttavia, divenne un'opzione quasi unicamente teorica, mentre la riforma agraria manifestò gravi carenze.
Sul piano istituzionale solo dopo un decennio venne superato lo stato di emergenza e si diede inizio alla normalizzazione, con l'adozione nel 1976 di una nuova costituzione, approvata con referendum popolare. Si procedette quindi all'elezione di Boumedienne alla presidenza della repubblica e alla nomina dei deputati dell'assemblea nazionale su lista unica. In politica estera l'Algeria continuò a destreggiarsi tra diffidenze americane e amicizie interessate dell'URSS con l'obiettivo di non lasciarsi attrarre dalla logica dei blocchi.
Nel 1978, alla morte di Boumedienne, Chadli Bendjadid diventò capo dello stato e segretario generale del partito. Il nuovo presidente avviò un cauto rinnovamento, abbandonando la politica di industrializzazione forzata, sopprimendo il controllo statale sull'economia e, dopo aver domato una rivolta di studenti e di operai nella Kabilia, liberò Ben Bella e avviò un certo rinnovamento del gruppo dirigente. La nuova costituzione approvata nel 1986 confermò le opzioni di fondo dell'Algeria, e cioè la scelta socialista, la fedeltà all'Islam e il non allineamento in politica internazionale.
Tali aperture non evitarono al paese di cadere in una pesante crisi economica che il governo tentò di fronteggiare con severe misure di austerità. Ciò provocò nel 1988 una violenta protesta, repressa duramente e dietro la quale si intravvide la presenza di un nuovo soggetto politico, il FIS (Fronte di salvezza islamico), a forte carattere integralista e collegato al movimento Salafita.
Era quest'ultimo un movimento "modernistico" islamico sorto in Egitto alla fine dell'800 e indicato con un termine derivato dalla parola araba "salafa" ("passato", "antenati"). Secondo il fondatore Gamal Ad-Din Al-Afghani e il suo discepolo siriano, Rashid Rida, l'Islam doveva tornare alla primigenia purezza e semplicità: il nuovo capo del movimento Salafi, Muhammad Abduh, era necessario in particolare fornire rimedio alla deplorevole situazione attuale dell'Islam, messa in evidenza dal confronto con la civiltà europea; per Islam originario si intendeva in pratica una rilettura ex novo del Corano che, insieme alla Sunna, doveva essere l'unica fonte di verità religiosa, liberato dagli ingombri e dalle incrostazioni accumulate nei secoli della dominazione coloniale. Per questo il movimento Salafita trovò terreno particolarmente fertile in Algeria, che la dura e quasi etnocida dominazione coloniale francese aveva di fatto alienato, nella vita quotidiana, da un autentico costume musulmano; ma questo fu anche il motivo che diede ai salafiti algerini un intransigenza che, nella vita pratica, assunse una fisionomia di fanatismo venato da ferocia.
Nel tentativo di riprendere il controllo della situazione Chadli Bendjadid calmierò i prezzi e annunciò nuove riforme costituzionali volte a introdurre una maggiore democratizzazione. Riconfermato nel 1988 capo dello stato, Chadli Bendjadid introdusse il multi partitismo, all'insegna del quale si svolsero le elezioni amministrative del 1990, boicottate dal fronte delle forze socialiste, (che raggruppava l'opposizione progressista al regime) dal movimento per la democrazia e vinte dal FIS. Forte della vittoria, quest'ultimo proclamò elezioni politiche anticipate che dopo il varo di una contestata legge elettorale furono indette per il 1991.
Al primo turno di esse si delineò una travolgente vittoria del FIS, alla quale l'esercito reagì costringendo Chadli Bendjadid alle dimissioni, sciogliendo il FIS e dando vita a un Alto Comitato di Stato con caratteri di governo dittatoriale. Si innescò allora una tragica spirale di violenza destinata a durare per anni, nella quale, alla dura azione repressiva del governo e dell'esercito gli integralisti, e tra questi gli estremisti del GIA (Gruppo islamico armato), risposero con un incessante sanguinosa e indiscriminata azione terroristica che provocò decine di migliaia di morti, villaggi incendiati e intere comunità sgozzate.
I tentativi di dialogo con esponenti moderati del FIS naufragarono ripetutamente. Nel 1994 l'Alto Comitato fu sostituito da un Alto Consiglio di Sicurezza, diretta espressione delle forze armate alla cui guida fu nominato il generale Liamine Zerual, che, nominato presidente cercò di riaprire il dialogo con gli integralisti.
Le elezioni del 1995, boicottate da tutte le opposizioni, riconfermarono Zerual capo dello stato: egli introdusse allora nel governo alcuni islamici moderati e annunciò una proposta di riforma costituzionale, che si tradusse in un aumento dei poteri del capo dello stato, accordandogli il diritto di designare un terzo dei membri di una seconda camera legislativa.
Nel Giugno 1997 le nuove elezioni legislative furono vinte dal partito di Zerual (Raggruppamento nazionale democratico), seguito dal moderato movimento della società della pace di ispirazione islamica. Dietro pressioni dell'esercito nel Settembre 1998 il presidente Zerual si dimise a sorpresa; e le successive elezioni presidenziali convocate per l'Aprile 1999 videro la vittoria del candidato governativo, ben visto dalle forze armate, Abelaziz Buteflika e il boicottaggio di quasi tutte le forze di opposizione che denunciarono violenze e brogli. Il nuovo presidente cercò di conquistare il favore popolare promettendo di stroncare il terrorismo che aveva insanguinato il paese negli anni precedenti provocando più di 100 mila vittime dal 1992; egli conseguì qualche successo grazie alla collaborazione dell'esercito di salvezza islamica, che gli permise di ricorrere alla distribuzione delle armi nelle comunità più isolate, ma non riuscì però a riportare la pace nel paese, provato dal crescente peggioramento della situazione economica, e subì sempre di più la tutela dell'esercito.
Nella primavera del 2001 si aprì un nuovo fronte di violenze Cabiglia, regione a forte popolamento berbero, che divenne centro di sommosse anti governative quando la lingua araba venne dichiarata unica lingua ufficiale del paese. Boicottate dall'opposizione e contraddistinte da un fortissimo astensionismo nelle provincie berbere, le elezioni parlamentari del 2002 riconfermarono alla guida del paese il fronte di liberazione nazionale guidato dal primo ministro Alì Benflis.
Rivale di Buteflika nell'FLN, Benflis fu da questi destituito nel Maggio 2003 e sostituito da Ahmed Ouyahia. Da allora l'Algeria vive in un costante clima di tensione e di scontro, esposta agli attentati da parte dei resti del GIA, cui si è in ripetute occasioni affiancata ad Al Qaeda. Non è difficile prevedere che anche l'Algeria verrà presto coinvolta nel generale sommovimento che sta sconvolgendo il nord Africa.

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