L´ultima lettera di Gheddafi: "Silvio aiutami"
TRIPOLI - Muhammar Gheddafi chiese «all´amico Berlusconi» di intercedere perché la Nato cessasse l´intervento in Libia. Secondo una lettera ottenuta dal giornale francese Paris Match, il 5 agosto scorso il dittatore libico cercò di mandare un appello scritto al nostro presidente del Consiglio tramite Alessandro Londero, il capo dell´agenzia che organizzò l´incontro con le giovani ragazze e il Colonnello durante l´ultima visita del raìs a Roma, nell´estate del 2010. Londero e tre «gheddafine» lo scorso agosto erano a Tripoli per manifestare il loro sostegno a Gheddafi e «testimoniare» l´errore dell´intervento Nato. Si disse che la delegazione italiana non incontrò Gheddafi, ma in qualche modo Londero fu incaricato di portare la lettera a Berlusconi. Nel messaggio, Gheddafi indicava Londero come «amico comune» e, rivolgendosi al capo del governo con un «caro amico», si diceva sorpreso per l´adesione dell´Italia alla missione Nato. «Non ti biasimo per ciò di cui non sei responsabile - scriveva il raìs - perché so bene che non eri favorevole a quest´azione nefasta». Poi la perorazione: «Credo che tu abbia ancora la possibilità di fare marcia indietro», quindi il colonnello invitava Berlusconi a intercedere presso «i suoi alleati occidentali» per fermare i bombardamenti che «uccidono i nostri fratelli libici e i nostri bambini».La lettera del dittatore è destinata a rinfocolare le polemiche italiane sul ritardo con cui il governo denunciò la feroce repressione di Gheddafi, mentre è evidente nelle dichiarazioni ufficiali e nelle reazioni della gente che la «nuova Libia», nata ufficialmente ieri con la proclamazione della liberazione, ha interesse a mantenere saldi i rapporti con tutti i partner europei. Lo dimostra la rapidità con cui il presidente del Consiglio nazionale transitorio, Abdel Jalil, ha ieri rassicurato i partner occidentali dopo il riferimento fatto domenica al ritorno alla sharia, la legge islamica. Jalil ha detto che la «Libia del dopo Gheddafi sarà un Paese musulmano moderato».
La prospettiva di uno Stato che nasce sotto l´egida della sharia ha allarmato l´Europa, complice il giubilo manifestato da siti web vicini ad Al Qaeda. Su molti forum jihadisti sono stati pubblicati infatti messaggi di elogio e ringraziamento a Jalil e auspicata l´adesione del popolo libico alla causa della Jihad. Non aiutano a creare un clima di fiducia le reticenze del Cnt sulla cattura e l´uccisione di Gheddafi, né le denunce delle organizzazioni per i diritti umani sulle esecuzioni sommarie di lealisti. «Ci aspettiamo che la nuova Libia si fondi sul rispetto dei diritti dell´uomo e dei principi democratici», ha detto infatti il capo della diplomazia europea Catherine Ashton, alla quale il presidente del Cnt ieri ha risposto con una nota, che, oltre a rassicurare gli alleati sul pericolo fondamentalista, annuncia la creazione di una commissione d´inchiesta sulla morte di Gheddafi.
E di fronte all´indignazione internazionale per l´esposizione dei cadaveri del colonnello e del figlio Mutassim a Misurata, dalle 15.30 di ieri il Cnt ha chiuso al pubblico le porte del mercato dove la gente ancora faceva la fila per vedere i corpi ormai in evidente stato di decomposizione. Le salme di Gheddafi e di suo figlio non saranno restituite alla loro tribù di appartenenza ma verranno sepolte oggi in un luogo segreto nel deserto.
Cristina Nadotti
La Tunisia sceglie l´Islam moderato
TRIPOLI - La primavera araba avviata dalla Tunisia avrà i colori dell´Islam: il partito musulmano moderato Ennahda si avvia a vincere le prime elezioni libere dopo la caduta di Zine el Abidine Ben Alì, conquistando secondo le stime un buon 40 per cento dei voti. Era un successo previsto, che i filo-islamici hanno ottenuto con un profilo di moderazione assoluta, in un paese di tradizione laica. Secondo gli exit poll autogestiti dalla radio locale, con il voto di domenica il partito guidato da Rachid Gannouchi dovrebbe contare su una sessantina di seggi, sufficienti per poter decidere su alleanze adeguate fra i 217 eletti della nuova assemblea costituente, che dovrà anche eleggere un presidente e un governo ad interim, fino a un nuovo voto previsto per fine 2012-inizio 2013. Una alleanza che sin d´ora sembra possibile, come confermato dallo stesso partito, è quella con il Congresso per la Repubblica, la formazione di centro sinistra che dovrebbe aver registrato buoni consensi. Male sarebbe invece andata la Coalizione democratico modernista, di sinistra, e inferiori al previsto sarebbero i risultati del Partito progressista democratico, che aveva proclamato la indisponibilità a coalizioni con gli islamici.I risultati definitivi dovrebbero essere disponibili oggi, ma sin d´ora sembra significativo il dato sull´affluenza: è andato alle urne oltre il 90 per cento degli iscritti a votare, cioè 4,1 milioni di elettori su poco meno di otto milioni aventi diritto. Una quota che testimonia il coinvolgimento avviato con la "rivoluzione dei gelsomini". Il voto è stato giudicato sostanzialmente corretto anche dagli osservatori internazionali: unico episodio negativo, gli insulti al seggio contro il leader di Ennahda, a cui però lo stesso Gannouchi ha preferito non dare peso.
A confermare il profilo "aperto" del partito, sono i dati dei seggi all´estero: secondo indiscrezioni l´affermazione di Ennahda fra i tunisini della diaspora - emigrati in massima parte verso paesi di tradizioni secolari - avrebbe superato il 50 per cento. La moderazione, che ha dato il tono alla campagna elettorale, e le posizioni di apertura su temi delicati, anche a costo di suscitare la rabbia dei fondamentalisti salafiti, hanno evitato il rischio di tensioni post elettorali pericolose. Nei mesi scorsi, l´ipotesi di una vittoria degli islamici aveva spinto l´ex ministro degli Interni Farhat Rajhi a lanciare l´allarme - poi in parte ritrattato - su un possibile colpo di Stato delle Forze armate, guidate dal generale Rachid Ammar, che non sarebbero state disposte a una svolta di tipo integralista. La scelta laica in un paese musulmano era stata voluta dallo stesso padre fondatore del paese, Habib Bourghiba, che aveva curato di sottolinearne i punti fondamentali nella Costituzione. Uno scenario quasi di tipo algerino, che avrebbe creato un focolaio di repressione inaccettabile per un paese che conta moltissimo sul turismo, a pochi chilometri dall´Europa.
Giampaolo Cadalanu
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