sabato 8 ottobre 2011

BANLIEUE


Le periferie dell' islam 'Speranze deluse e degrado la miccia di lotte razziali'

Quartieri dormitorio, comunità straniere chiuse e impermeabili, disagio economico. L' Italia dei ghetti è una coperta d' Arlecchino: tanti colori, quanti sono i fattori di rischio. La miccia esplosiva? Le seconde generazioni di immigrati e la delusione delle loro aspettative. «Nel nostro Paese è in corso un processo di ghettizzazione del territorio - conferma Gian Carlo Blangiardo, esperto di immigrazione e direttore del dipartimento di statistica alla Bicocca di Milano - questo è dovuto sia alle catene migratorie che portano i cittadini stranieri ad abitare laddove trovano altri connazionali, sia allo status socio-economico che accomuna chi, italiano o non, abita nei quartieri periferici». Blangiardo fa gli esempi delle forti concentrazioni di cinesi e sudamericani in alcune zone di Milano. L' Italia dunque a rischio banlieue? In verità, la presenza dei migranti nel nostro Paese è distribuita in maniera piuttosto uniforme: un pulviscolo di nazionalità scarsamente concentrate. «Oltretutto - spiega Asher Colombo, docente di sociologia delle migrazioni internazionali a Bologna - gli immigrati creano anche dei flussi interni, in una situazione territoriale di grande fluidità». Crescono però le situazioni di degrado e sovraffollamento. In testa Roma e Milano con 300milae 217mila immigrati residenti rispettivamente. Un campanello d' allarme arriva da un studio dell' università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, secondo il quale «le periferie urbane si configurano come veri e propri incubatori di razzismo e xenofobia». C' è poi il caso Roma: «Gli ingenti flussi migratori che si sono riversati qui negli ultimi anni - si leggeva nel "Primo rapporto sugli immigrati in Italia" del Viminale datato 2007 - hanno dato luogo a fenomeni tangibili di segregazione residenziale, basata sul gruppo etnico di appartenenza». Quali sono le comunità più chiuse? «Generalmente quelle cinesi, indiane, pachistane e bengalesi - risponde Blangiardo - anche per le obiettive difficoltà di lingua». Una conferma arriva da una recentissima ricerca Abis per conto dell' associazione Genemaghrebina: i pachistani in Italia risultano spesso isolati, chiusi al mondo esterno, con «una minore integrazione delle donne che vivono quasi esclusivamente all' interno della comunità familiare allargata». In questo contesto, le tensioni possono arrivare dal crescente disagio economico: «In un periodo di crisi, quando i servizi sociali scarseggiano - sostiene Blangiardo - le determinanti di tensione aumentano». In vista però non ci sarebbero «scontri razziali, ma guerre tra poveri, anche perché va dato atto al nostro Paese di essere riuscito in un modo o nell' altro ad accogliere in poco tempo i cinque milioni di immigrati residenti». A rischio ghetto potrebbero essere allora le seconde generazioni, «che scontano - ricorda Colombo - una vecchia e inadeguata legge sulla cittadinanza». «Il milione di giovani immigrati che vive in Italia - prosegue Blangiardo - potrebbe costituire la futura miccia di tensioni razziali: non ora, ma quando e se le loro aspettative di vita e di eguaglianza con i coetanei italiani non venissero soddisfatte». Non solo. Altro fattore di rischio sono gli irregolari: «La crisi economica sta colpendo anche i lavoratori stranieri - avverte Colombo-e questi in base alla Bossi-Fini se perdono il lavoro rischiano di perdere pure il permesso di soggiorno, accrescendo così la già pericolosa area dell' irregolarità strutturale».


Vladimiro Polchi



"Speranze deluse e degrado la miccia di lotte razziali"

ROMA. Quartieri dormitorio, comunità straniere chiuse e impermeabili, disagio economico. L´Italia dei ghetti è una coperta d´Arlecchino: tanti colori, quanti sono i fattori di rischio. La miccia esplosiva? Le seconde generazioni di immigrati e la delusione delle loro aspettative.
«Nel nostro Paese è in corso un processo di ghettizzazione del territorio - conferma Gian Carlo Blangiardo, esperto di immigrazione e direttore del dipartimento di statistica alla Bicocca di Milano - questo è dovuto sia alle catene migratorie che portano i cittadini stranieri ad abitare laddove trovano altri connazionali, sia allo status socio-economico che accomuna chi, italiano o non, abita nei quartieri periferici». Blangiardo fa gli esempi delle forti concentrazioni di cinesi e sudamericani in alcune zone di Milano. L´Italia dunque a rischio banlieue? In verità, la presenza dei migranti nel nostro Paese è distribuita in maniera piuttosto uniforme: un pulviscolo di nazionalità scarsamente concentrate. «Oltretutto - spiega Asher Colombo, docente di sociologia delle migrazioni internazionali a Bologna - gli immigrati creano anche dei flussi interni, in una situazione territoriale di grande fluidità». Crescono però le situazioni di degrado e sovraffollamento. In testa Roma e Milano con 300mila e 217mila immigrati residenti rispettivamente. Un campanello d´allarme arriva da un studio dell´università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, secondo il quale «le periferie urbane si configurano come veri e propri incubatori di razzismo e xenofobia». C´è poi il caso Roma: «Gli ingenti flussi migratori che si sono riversati qui negli ultimi anni - si leggeva nel "Primo rapporto sugli immigrati in Italia" del Viminale datato 2007 - hanno dato luogo a fenomeni tangibili di segregazione residenziale, basata sul gruppo etnico di appartenenza».
Quali sono le comunità più chiuse? «Generalmente quelle cinesi, indiane, pachistane e bengalesi - risponde Blangiardo - anche per le obiettive difficoltà di lingua». Una conferma arriva da una recentissima ricerca Abis per conto dell´associazione Genemaghrebina: i pachistani in Italia risultano spesso isolati, chiusi al mondo esterno, con «una minore integrazione delle donne che vivono quasi esclusivamente all´interno della comunità familiare allargata».
In questo contesto, le tensioni possono arrivare dal crescente disagio economico: «In un periodo di crisi, quando i servizi sociali scarseggiano - sostiene Blangiardo - le determinanti di tensione aumentano». In vista però non ci sarebbero «scontri razziali, ma guerre tra poveri, anche perché va dato atto al nostro Paese di essere riuscito in un modo o nell´altro ad accogliere in poco tempo i cinque milioni di immigrati residenti».
A rischio ghetto potrebbero essere allora le seconde generazioni, «che scontano - ricorda Colombo - una vecchia e inadeguata legge sulla cittadinanza». «Il milione di giovani immigrati che vive in Italia - prosegue Blangiardo - potrebbe costituire la futura miccia di tensioni razziali: non ora, ma quando e se le loro aspettative di vita e di eguaglianza con i coetanei italiani non venissero soddisfatte». Non solo. Altro fattore di rischio sono gli irregolari: «La crisi economica sta colpendo anche i lavoratori stranieri - avverte Colombo - e questi in base alla Bossi-Fini se perdono il lavoro rischiano di perdere pure il permesso di soggiorno, accrescendo così la già pericolosa area dell´irregolarità strutturale».



Vladimiro Polchi

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