venerdì 16 marzo 2012

IRAN

Iran, la prova di forza di Khamenei Votate contro i nemici dell' Islam
TEHERAN - Mi scusi, dov' è il seggio elettorale più vicino? L' uomo sulla porta di un negozio di abiti risponde beffardo all' interprete iraniana che gli ha fatto la domanda: «Davvero lei vuole andare a votare?». «No, voglio andare a vedere chi vota». Allora accenna a un sorriso e ci indica un seggio vicino, dove non c' è nessuno ad eccezione degli addetti al controllo dei documenti. Siamo sulla via Valiasr, una centrale strada commerciale, qui tutti i negozianti sono stati testimoni delle repressioni e delle violenze degli ultimi anni, e perfino i più religiosi che in passato hanno sempre difeso la Repubblica islamica non si riconoscono più nell' Islam che i teocrati al vertice pretendono di rappresentare. Sono le 11.30, un' ora in cui dovrebbe essere al massimo la «gloriosa affluenza alle urne» che il ministro dell' Interno prevedeva due giorni fa parlando ai giornalisti. La chiusura dei seggi è stata annunciata per le 18, ma tutti dicono già che verrà prolungata (come in effetti è stato, fino alle 23) per dimostrare che la partecipazione al voto è stata imponente. Il leader supremo Khamenei, votando nel Beite Rahbari, il palazzo dove riceve i postulanti, ha lanciato un nuovo appello: «la forte affluenza alle urne manderà un messaggio ai nemici della nazione, in un momento così delicato» ha detto. Ma da sud a nord, da ovest a est, tutti i seggi che abbiamo visitato erano immancabilmente semivuoti, tranne alcuni da dove trasmetteva in diretta la tv iraniana mostrando, miracolosamente, file di persone in attesa. Forse in provincia le cose saranno diverse, lì la gente vota per il proprio clan, per il candidato locale conosciuto. Ma Teheran reagisce al voto con distacco, con indifferenza. Eppure queste elezioni sono importanti per il corso futuro dell' Iran, i futuri rapporti con l' Occidente e, alla fine, per la guerra o la pace in Medio Oriente. Mai elezioni erano avvenute sotto una pressione così forte: lotta di potere interna e minacce di guerra. Ancora una volta siamo di fronte a un tipico paradosso persiano: Ahmadinejad, vituperato in Occidente per la sua retorica tracotante, cerca in realtà una soluzione diplomatica, affermano i diplomatici europei a Teheran, mentre Khamenei risponde alle pressioni con minacce sempre più forti. L' avversione di Khamenei a qualsiasi compromesso è controversa perfino tra i comandanti dei pasdaran , finora fedelissimi del Leader. Anche l' impero finanziario dei pasdaran comincia a vacillare sotto il peso delle sanzioni. Il mantra del leader supremo è che nessuno debba avere più potere di lui. Dopo aver sostenuto Ahmadinejad anche alle ultime contestate elezioni del 2009, quando si è accorto che il presidente stava diventando sempre più potente, gli ha tagliato le gambe. Un discorso di Ahmadinejad alla tv a conclusione della campagna elettorale è stato cancellato, la maggior parte dei suoi candidati nelle province bocciati dal Consiglio dei Guardiani, i suoi più stretti consiglieri accusati di corruzione, e vanificata ogni sua speranza di far eleggere come successore alla presidenziali dell' anno venturo un suo sodale, Esfandiar Rahim Mashaie. Perfino il suo consigliere peri media, Javanfekr,è stato condannato a un anno di carcere. A votare sono andati i fedelissimi del leader, quasi tutti con in mano una lista con in testa il nome di Haddad Adel, genero di Khamenei, che tutti danno come futuro presidente del parlamento. Qualsiasi saranno i risultati elettorali annunciati, nell' ultimo anno del suo mandato Ahmadinejad sarà un' anatra zoppa: Khamenei potrebbe perfino decidere di abolire tout court l' istituto della presidenza sostituendo il presidente con un primo ministro nominato dal parlamento. Ma le preoccupazioni della maggioranza degli iraniani sono altrove. L' economia dà segni di un declino di cui non si conosce il fondo, dice un dirigente della fabbrica che produce la Coca Cola iraniana, incontrato per caso in un ristorante: «Se continua così a fine anno chiudiamo,e 500 persone dovranno andare a casa». Al bazar, se superi il labirinto dei banchi gialli di zafferano e di quelli odoranti di acqua di rose e arrivi ai venditori di borse e valigie, non c' è nemmeno un cliente in vista, eppure è alta stagione, siamo vicini a Nowruz, il capodanno quando tutti fanno spese. «La maggior parte della gente non ha soldi e se li ha compra solo dollari o euro» mi dice un commerciante. Dopo l' isolamento della Banca centrale voluto dagli americani e le sanzioni decise dall' Europa il 23 gennaio il rial ha perso quasi la metà del suo valore. Un ayatollah ha minacciato la pena di morte per chi cambia clandestinamente valuta. I circa 30 euro a persona che Ahmadinejad aveva assicurato alle famiglie come compensazioni per l' abolizione dei sussidi sul carburante, le tariffe e i generi alimentari di base, e che già non erano sufficienti almeno per chi vive nelle grandi città (in provincia rappresentavano invece un piccolo gruzzolo), si sono dimezzati, e nessuno sa più come arrivare in fondo al mese. 



Vanna Vannuccini

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