mercoledì 21 marzo 2012

IRAN

L' ultima battaglia di Teheran Ahmadinejad tenta la riscossa

TEHERAN Un' aula della Facoltà di scienze umane e politiche dell' Università Imam Khomeini, il giorno dopo le elezioni. E' vero, vogliono sapere gli studenti, che i giornalisti stranieri (come hanno letto su internet) sono stati obbligati a visitare solo certi seggi scelti dal ministero della Guida islamica? E' vero per i giornalisti televisivi, rispondo; ma chi lavorava per la carta stampata e non aveva bisogno di immagini, ha potuto come me girare tranquillamente e visitare seggi in tutta la città, tenendosi il taccuino in tasca. E che cosa ha visto? Quello che avete visto tutti voi. Risata generale, tutti hanno visto i seggi vuoti. Gli studenti parlano liberamente, scherzano con il professore. Ci sono anche in Italia per i giornalisti linee rosse invalicabili come qui, vogliono sapere. Chiedo come mai loro scelgano questo mestiere visto che sono consapevoli delle linee rosse. Quando hanno cominciato a studiare, quattro anni fa, le cose andavano meglio e la loro speranza era che migliorassero ancora, rispondono. «Sognavo di cambiare questo paese scrivendo - dice una ragazza - ma sono stata delusa». L' ultima domanda viene da un ragazzo alto e grosso con la barba: qual è secondo lei un organo di informazione che possiamo considerare indipendente? Dico che le mie parole potranno suonargli provocatorie, con tutto quello che il regime racconta sulla Bbc, ma personalmente ritengo sinceramente che la Bbc faccia giornalismo indipendente. Dopo la fine della lezione il ragazzo viene a salutarmi: «Sono un hezbollahì - mi dice - ma perché non se ne vada con l' idea che noi iraniani siamo retrogradi le voglio dire che anch' io guardo la Bbc e sono d' accodo con lei». La cosa che stupisce sempre in Iran è quanto le persone siano ben informate. Sarà per via delle tv satellitari e di internet, sarà perché tutti hanno familiarie conoscenti all' estero, sarà perché nonostante la gente abbia smesso di interessarsi di politica il fuoco cova sotto la cenere, tutti sono perfettamente al corrente di quello che succede nel loro paese e nel mondo - non solo questi studenti ma la gente normale per strada: il tassista, il venditore di valigie, la signora che fa la spesa in un supermercato. Ieri sono stati resi noti i risultati delle elezioni: in tutto sono stati assegnati 225 seggi su 290 (che diventeranno definitivi solo dopo che il Consiglio dei Guardiani li avrà confermati). Per i restanti 65 si andrà al ballottaggio in aprile, la data sarà fissata dal Consiglio dei Guardiani, ha detto a Press tv il ministro dell' Interno Najjar. Dei 30 seggi di Teheran di definitivi ce ne sono solo 5. Gli altri 25 andranno al ballottaggio. Dei seggi assegnati una cospicua maggioranza è andata al Fronte allineato con la Guida Suprema Khamenei, mentre per Ahmadinejad il risultato è amaro - sebbene prevedibile, dopo che il Consiglio dei Guardiani, a cui spetta valutare l' ammissibilità dei candidati, aveva bocciato un gran numero di quelli fedeli al presidente. Ma non è nel carattere di Ahmadinejad di farsi mettere facilmente nell' angolo, dicono in molti, e che ci siano in ballo ancora 65 seggi da assegnare lo conferma. Ricorrerà contro il voto anche la sorella del presidente Parvin, consigliere comunale a Teheran, che ha subìto un' umiliante sconfitta - da lei definita un falso - nella cittadina natale di Garmsar, vicino a Teheran. Il presidente, per la prima volta nella storia della Repubblica islamica, dovrà rispondere in Parlamento della sua politica economica, la settimana prossima, si dice: ma la data viene continuamente spostata. Di sicuro il risultato delle elezioni, e soprattutto il dato ingigantito dell' affluenza alle urne (che il regime considera una prova della propria legittimità) dimostra che per il momento la Guida suprema non intende cambiare corso. Ahmadinejad è stato punito non solo per la politica economica ma perché (nonostante tutte le intemperanze verbali e le negazioni dell' Olocausto) ha cercato il contatto con gli Stati Uniti. Khamenei invece ribadisce la sua posizione contro il "grande Satana". Ma anche Khamenei conosce la situazione, conosce i dati veri dell' affluenza, vede il declino galoppante dell' economia, l' isolamento dell' Iran rispetto ai vicini paesi arabi, le minacce di un attacco israeliano, la possibile caduta di Assad. Proprio ieri Hamas si è defilato: non abbiamo alleanze militari con nessuno, in caso di guerra non appoggeremmo l' Iran attaccando Israele, ha detto un dirigente. Tutto questo, sottolineano diplomatici a Teheran, potrebbe non escludere una svolta: Khamenei potrebbe aver messo Ahmadinejad da parte per entrare lui tra qualche tempo nei libri di storia come colui che ha normalizzato i rapporti con l' Occidente. L' Iran è sempre diverso da come ci si aspetta, e nel frattempo, è il parere dei diplomatici, l' Occidente farebbe bene a non agire solo con minacce e sanzioni, ma con l' offensiva di un vero negoziato, per mostrare agli iraniani che non sono isolati e assediati. Dopo l' attacco all' Iraq non è solo l' Iran a considerare la bomba un' assicurazione sulla vita. Ma un paese che non si sente preso di mira evita di scegliere le strade più irrazionali. 

Vanna Vannuccini 

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