martedì 13 marzo 2012

SIRIA

Siria, massacro di civili a Homs donne e bambini torturati e uccisi

BEIRUT - Ammassati sul pavimento di una stanza, le 47 vittime dell´ultimo orrore siriano sembrano sacchi abbandonati in un deposito di merci. Alcuni indossano ancora i vestiti della morte, altri sono avvolti da coperte. Alcuni portano i segni di un´esecuzione a freddo, altri sono stati orribilmente mutilati. Eppure non sembra esserci traccia di sangue. Sono stati raccolti tra le macerie di Karm az Zaitun e di Al Adawia, due quartieri nella parte centro-orientale della città di Homs e messi davanti a una telecamera perché quelle immagini, diffuse dall´opposizione attraverso YouTube, risaltino come l´ultima e definitiva prova della ferocia del regime. Il regime, ovviamente, rovescia sul nemico l´accusa di aver messo in piedi una diabolica montatura.
Ora la telecamera indugia su un uomo che grida la sua rabbia, poi torna a sfiorare il mucchio per terra. In un angolo s´indovina una donna col capo avvolto nel fazzoletto islamico. Di traverso, appoggiato al suo busto, viene scoperto il corpo di un bambino. Fra le vittime, 20 sono donne, 25 bambini. Soltanto due, gli adulti maschi. Una strage di innocenti. La camera infine si fissa sulla figura più toccante: una bambina dai capelli neri che indossa un paio di jeans chiari e un piumino fucsia che lancia ancora una vago bagliore.
Di efferatezze se ne erano viste tante durante il tragico e tortuoso cammino della rivolta siriana, che a giorni compirà un anno. Ma mai come in questo caso s´era assistito a un una strumentalizzazione così spregiudicata della morte a fini propagandistici. Due versioni si contrappongono senza lasciare speranza di venire a capo della verità e con il rischio di oscurare persino la tragedia.
Una fonte dei Comitati di Coordinamento, come dire?, la base popolare e locale della rivolta, racconta che 30 o 40 carri armati dell´esercito sono arrivati nella notte a Karm az Zaitun e hanno cominciato a bombardare. Quel quartiere non è Baba Amro, non ha la stessa fama d´irriducibile fierezza, ma è comunque un luogo di protesta, di mobilitazione. «Adesso è relativamente tranquillo - dice Walid Fares - ma l´assalto è andato avanti per ore». Poi, secondo questa ricostruzione, sarebbero arrivati gli shabiha, i miliziani fedeli al regime, in gran parte alawiti, la minoranza religiosa eterodossa di derivazione sciita cui appartiene anche la famiglia Assad e buona parte del vertice dell´esercito e dei servizi di sicurezza. «Sono arrivati - accusa Walid Fares - per finire il lavoro delle truppe corazzate». Uccidere, mutilare, terrorizzare per costringere la gente a fuggire anche da Karm az Zaitun, come è dovuta scappare da Baba Amro.
Dunque, saremmo di fronte a un massacro a sfondo settario. Le vittime sono tutti sunniti, un piccolo campione della maggioranza oppressa di questo paese dominato dalla minoranza alawita. I carnefici, gli shabiha, e gli alti gradi dell´esercito che hanno ordinato l´operazione sono alawiti. Insomma ci sono tutti gli ingredienti perché a partire da Homs lo scontro rivolta-repressione, opposizione-regime che va avanti da un anno si trasformi in un´altra cosa, una catastrofica resa dei conti una guerra civile inter religiosa. Chi ha pianificato l´orrore di Homs, l´ha fatto avendo in mente questo terribile scenario futuro.
Ma anche il regime ha una sua maliziosa ricostruzione. L´agenzia ufficiale Sana accusa «gruppi terroristi armati», la formula con cui viene descritta e al tempo stesso liquidata l´opposizione, di aver rapito, ucciso e infierito sulle vittime di Homs. Poi di averle filmate e aver inviato le immagini ai due grandi network panarabi, Al Jazeera e Al Arabiya, allo scopo di addossare la responsabilità del massacro al vertice siriano. Di rincalzo, la Tv di stato dà voce ad alcuni non meglio precisati "testimoni" secondo i quali le persone uccise erano scomparse misteriosamente dalle loro case già un mese fa e di loro non s´era saputo più nulla. Conclusione: non è un caso che quei cadaveri vengono tirati fuori proprio il giorno in cui si riunisce il Consiglio di Sicurezza dell´Onu per discutere ancora una volta del caso siriano. Ma stavolta, sulla base di una bozza di risoluzione che, contrariamente alle precedenti, per poter incassare anche il voto di Russia e Cina, i grandi protettori di Assad, non chiede la cacciata del raìs, ma un intervento umanitario a favore della popolazione, premessa indispensabile per instaurare una tregua e intavolare trattative. 


Alberto Stabile

"Assad deve lasciare il potere ma la diplomazia sbaglia tutto"

«Il presidente Assad lasci il potere: dopo 7000 morti, con lui non si può trattare. Però, attenzione: la Francia di Juppé, e con lui l´Occidente, sta sostenendo le frange più estremiste della rivolta, i Taliban siriani: è tanto più straordinario visto che in Francia è vietato persino l´hijab». Haytham Manna´, storico rivale del regime, il candidato più accreditato a guidare la transizione democratica laica, è un amante del parlar franco. A Roma ospite della Comunità di Sant´Egidio, guida il Comitato nazionale siriano per il cambiamento democratico. Oggi, che da Homs arrivano notizie di nuovi assedi e massacri, Manna ha fretta: «Dobbiamo concordare un progetto di transizione: ogni giorno perdiamo 100 vite per colpa della "diplomazia"». 
Dottor Manna´, attivisti e regime si rimpallano la responsabilità di agguati e massacri. E lei?
«Quel che è chiaro è che dall´inizio il regime ha dato il peggio di sé. La soluzione della "sicurezza" ha portato molti alla disperazione. Però, bisogna essere trasparenti: il radicalismo esiste; si viene uccisi per la propria identità se si è dalla parte sbagliata della divisione etnica. Perciò noi chiediamo una Siria democratica e laica. Ma mentre gli aiuti europei vanno agli islamisti, cioè a coloro che sono più lontani dall´esempio europeo, noi laici siamo gli "enfants pauvres", i bambini poveri della rivoluzione, malgrado nella nostra leadership vi siano tutte le componenti della società siriana».
Lei è scettico verso l´impegno della comunità internazionale?
«Come non esserlo? La Siria diventa un terreno di scontro per le strategie delle grandi potenze. Vorrebbero trasformarci in rivoluzionari a comando: chi per la guerra all´Iran, chi per lo scontro fra sciiti e sunniti, chi per creare un asse sunnita dal Golfo alla Turchia. Noi diciamo: "Grazie a tutti, ma la soluzione è siriana"». 
La militarizzazione della rivolta vi divide?
«È un´opzione suicida: sotto il profilo tattico, né i ribelli, né i miliziani libici o iracheni infiltrati in Siria sono addestrati a battersi contro l´esercito siriano. È una battaglia persa in partenza. Sotto l´aspetto politico, si perde la gran massa dei siriani, pacifici. La militarizzazione rafforza gli estremisti. Sappiamo di jihadisti arrivati dall´Iraq e dal Pakistan. Come vede, la Siria diventa un campo di battaglia di forze esterne». 
È urgente aprire dei corridoi umanitari?
«Una pessima idea: implica la presenza di militari stranieri in Siria. Meglio, piuttosto, imporre al regime di levare l´assedio attraverso le pressioni di Russia e Cina, con l´aiuto della Croce rossa e delle ong dell´Onu».
La Tunisia ha offerto asilo ad Assad. Il presidente dovrebbe accettare? 
«Sì: la sua uscita di scena in cambio di migliaia di vite umane e dei danni economici».
A lei hanno proposto l´incarico di premier. Lei è pronto?
«Solo dopo che Assad se ne sarà andato. Allora si potrà creare un Congresso che raggruppi l´opposizione e affronti, unito, un interlocutore dello Stato su un progetto per il cambiamento democratico. Però, ora no, non posso trattare la transizione con chi è al potere mentre ci sono 7000 morti». 


Alix Van Buren

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