martedì 14 giugno 2011

IL PANTANO LIBICO

Abbiamo sospeso la pubblicazione di notizie riguardanti la vicenda libica perché, iniziata come rivoluzione popolare contro un regime fantoccio retto da un dittatore avido e senza molte qualità e apparentemente destinato     ad essere travolto dalla voce grossa e dalle bombe dell'occidente, a cominciare dall'intervento francese per salvare Bengasi dai massacri, si è invece dimostrato per ciò che veramente è: una guerra civile nella quale quelli che sembravano i rivoluzionari desiderosi di libertà e di democrazia, si sono dimostrati sul campo un pugno di "desperados" disorganizzati e privi di un effettivo ascendente su almeno metà della popolazione libica, mentre il dittatore Gheddafi ha confermato tutte le sue caratteristiche di psicopatico, sanguinario e feroce, ma non certo quella caricatura destinata a cadere al primo soffio di vento. Gheddadi gode dell'indubbio sostegno di gran parte dei libici si tripolitania, di numerose tribù del deserto, di un esercito armato fino ai denti, che egli sa gestire con notevoli capacità non solo tattiche.

I - Se Gheddafi tiene in scacco la Nato




II - Libia, ribelli a 70 km da Tripoli. La Nato chiede più mezzi militari
07/06/2011, La Repubblica, Vincenzo Nigro


Nuovi raid aerei, colpita la sede dei servizi segreti. Sostenuti dagli attacchi aerei della Nato, raddoppiati di potenza e intensità, i ribelli libici ieri hanno ripreso il controllo di Yafran, una cittadina della "montagna occidentale" a 70 chilometri da Tripoli.
La montagna occidentale è una regione alle spalle della capitale, popolata in maggioranza da popolazioni berbere che nelle ultime settimane si sono schierate chiaramente contro Gheddafi e sono state aiutate massicciamente (anche con armi) dagli eserciti e dai servizi di sicurezza della Nato. Yafran, come il capoluogo della "montagna" Zintan, si era ribellata molto presto al regime di Muhammar Gheddafi. Ma anche per la vicinanza alle basi di Tripoli presto era stata circondata e assediata dalle truppe fedeli al colonnello. Zintan, ad esempio, ancora ieri è stata colpita pesantemente con razzi Grad dai soldati del regime che in molte occasioni si sono spinti all´interno del centro urbano. Le azioni degli "uomini della montagna" sono decisive nella manovra a tenaglia che poco alla volta sta circondando Gheddafi, ma ormai è chiaro che senza un´ulteriore accelerazione della pressione militare della Nato le sorti della guerra di Libia potrebbero rimanere incerte ancora per molte settimane. Per questo nella riunione dei ministri della Difesa Nato che si terrà l´8 e il 9 giugno a Bruxelles il generale canadese Bouchard (il responsabile delle operazioni) chiederà ai leader politici un maggiore impegno. Richiesta che verrà sostenuta in prima persona dal segretario della Nato Anders Fogh Rasmussen: «Gli alleati che sostengono il peso maggiore dello sforzo militare iniziano a chiedersi se gli altri possono allargare la loro partecipazione». Nel frattempo gli aerei e gli elicotteri francesi e inglesi non interrompono i loro attacchi. Ieri sarebbero stati colpiti molti obiettivi a Tripoli in pieno giorno: il regime sostiene che sono stati presi di mira anche la televisione e altri uffici di governo, mentre la Nato smentisce, e parla invece del quartier generale dell´intelligence gheddafiana e di altri obiettivi militari. Nel suo incessante sforzo di propaganda, gli addetti stampa del regime domenica hanno portato un gruppo di giornalisti in un ospedale per mostrare loro una bimba di pochi mesi ricoverata con una frattura al piede e in stato di shock. Un infermiere però, mentre gli addetti stampa non guardavano, ha passato un bigliettino ai cronisti, spiegando che la bimba era stata ferita in un incidente stradale e che si trattava quindi di un´ennesima messinscena del regimGheddafi, tanto che alcuni parlano di un´offerta al colonnello perché possa rifugiarsi proprio in quel paese. Altri scampoli di notizie parlano di Aisha, la figlia avvocato di Muhammar Gheddafi. Si sarebbe rifugiata in Algeria, su invito personale del presidente Bouteflika che ha già mostrato in mille modi la sua solidarietà a se.


III - Offensiva di Gheddafi su Misurata. La Nato agli alleati: più impegno
09/06/2011, La Repubblica, Andre Bonanni

BRUXELLES - Mentre la Nato non riesce a trovare nuovi membri dell' Alleanza disposti a contribuire alle azioni militari in Libia, il regime di Gheddafi passa alla controffensiva. Ieri, dopo che il Colonnello aveva sfidato l' Occidente escludendo ogni ipotesi di resao di fuga, le truppe fedeli al raìs hanno ammassato migliaia di uomini alla periferia di Misurata e hanno sottoposto l' enclave degli insorti ad un pesante bombardamento che avrebbe provocato la morte di almeno dodici difensori. L' offensiva delle forze filoGheddafi segue di poche ore uno dei più pesanti bombardamenti che la Nato abbia effettuato su Tripoli, prendendo di mira il quartier generale del Colonnello. Secondo il portavoce del regime, gli aerei dell' Alleanza avrebbero sganciato almeno una sessantina di bombe, facendo una trentina di morti tra i civili. Bruxelles tuttavia non ha confermato queste cifre, dicendosi comunque addolorata per le eventuali perdite tra la popolazione della capitale. Se la situazione di stallo sul terreno non sembra destinata a modificarsi rapidamente, il clima politico in seno all' Alleanza comincia a farsi pesante. Il Consiglio atlantico ha da poco deciso il prolungamento di altri novanta giorni della missione Unified Protector. E ieri i ministri hanno confermato il loro impegnoa continuare le operazioni «fino a che sarà necessario». Ma l' onere, al momento, grava su un numero ristretto di Paesi. E la prospettiva di un impegno militare di lunga durata ha spinto il segretario generale Anders Fogh Rasmussen, a sollecitare un impegno più concreto da parte di quelle capitali che finora sono rimaste a guardare. «Per quanto riguarda la Libia, vorremmo vedere un maggior impegno in alcune cancellerie», ha detto Rasmussen, aggiungendo che «il problema non è se Gheddafi debba andarsene, ma solo quando questo succederà». Anche il segretario americano alla Difesa, Robert Gates, ieri ha fatto pressioni sugli alleati perché aumentino il loro impegno. E ha citato esplicitamente la Spagna, l' Olanda e la Turchia tra i Paesi che potrebbero fare di più. Secondo alcune fonti, anche la Germania e la Polonia, due "grandi" che non partecipano in alcun modo alle operazioni, sarebbero sotto pressione per dare il loro contributo. Dei 28 membri della Nato, solo otto prendono parte attiva ai bombardamenti contro le truppe di Gheddafi: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Italia, Belgio, Canada, Danimarca e Norvegia. L' Olanda e la Spagna partecipano alla no-fly zone, ma non conducono operazioni di attacco al suolo. Svezia, Quatar ed Emirati arabi, che non fanno parte della Nato, collaborano all' operazione, ma solo gli Emirati hanno accettato di bombardare. Tuttavia, nonostante le pressioni, per ora nessuno ha deciso di modificare il proprio atteggiamento e condividere l' onere delle missioni. Il ministro La Russa, che rappresentava l' Italia alla riunione, ha confermato che esiste una richiesta della Nato di aumentare i contributi a Unified Protector. Ma ha aggiunto che queste pressioni non riguardano il nostro Paese: «All' Italia nessuno ha chiestoe chiede di fare di più di quanto sta già facendo», ha spiegato, aggiungendo che gli elicotteri italiani non parteciperanno alle operazioni in Libia, dove sono già impegnati quelli francesi e britannici. «I nostri preferiamo mantenerli il più possibile in Afghanistan dove hanno per noi un ruolo tattico molto importante». 



IV - Torture, stragi e fosse comuni in un video gli orrori di Gheddafi

ROMA - Cosa sarebbe accaduto se dal 19 marzo i caccia della Nato non avessero fermato le truppe di Gheddafi in avanzata verso Bengasi? Se i Mirage francesi e i Tornado britannici non avessero bombardato i carri armati e i pick-up dei miliziani di Gheddafi pronti a fare terra bruciata di ogni città e villaggio in mano ai ribelli? Un documento televisivo davvero essenziale per capire la guerra di Libia verrà messo in onda questa sera da Report (Rai 3, ore 21). Sono immagini e foto catturate dalla mini-telecamera affidata a un uomo della scorta di un generale di Gheddafi, un fedelissimo che per giorni ha combattuto ordinando al suo cameraman personale di riprendere tutto, per mostrare al colonnello la sua totale fedeltà. Un filmato che documenta il lavoro sporco dei gheddafiani, i rastrellamenti, le fosse comuni, le uccisioni.
La telecamera della guardia del corpo del generale Jubran el Warfalli è stata ritrovata dai ribelli che hanno perquisito le auto della colonna del generale, colpite il 22 marzo mentre fuggivano sotto il fuoco dei caccia della Nato. El Warfalli è morto prima di riuscire a consegnare le prove dei suoi omicidi, della sua efficienza, al colonnello Gheddafi. E quei 10 minuti di filmato montati da Report sono solo una goccia tra le ore di girato che Report è riuscita ad ottenere dalla Libia, arrivate in Italia grazie al lavoro di dissidenti anti-regime.
L´esordio del servizio è destinato a lui, il generale el Warfalli: "Jubran, sei un fiore appena sbocciato", lo esalta uno dei suoi uomini salutandolo mentre quello nel deserto si arrampica su uno dei fuoristrada della colonna militare pronta a fare terra bruciata dei ribelli a Ben Jawad. Siamo a metà marzo, poco prima del giorno 19, quando la Nato inizierà a combattere per difendere i ribelli. El Warfalli sta guidando l´offensiva strategica per riconquistare le città che, da Bengasi andando verso Ovest, verso la Sirte, si sono ribellate a Gheddafi. Sono battaglie che hanno devastato città come Ben Jawad, Ras Lanuf, Adjedabia, che hanno portato i gheddafiani alle porte di Bengasi, fino a infiltrarsi nella periferia della capitale dei ribelli.
Mentre la colonna di fuoristrada si muove, ecco arrivare un´altra pattuglia: sono i mercenari, «arrivano i negri» dicono i gheddafiani. L´uomo del generale Warfalli ne ferma uno: il governo di Gheddafi ha stampato le "carte d´identità" del mercenario, con nome, cognome e stato di provenienza. Questo viene dalla Nigeria.
Le immagini passano a Ben Jawad, a documentare un rastrellamento casa per casa: tutti quelli che non sono della città diventano automaticamente colpevoli, identificati come ribelli. Vengono fatti sedere per strada, interrogati, presi a calci, picchiati e poi uccisi sommariamente, seppelliti in una fossa comune sulla spiaggia «verso il mare» in cui dai cassoni dei camion vengono riversati prigionieri già morti ma anche uomini soltanto feriti, ancora vivi. A un ferito abbandonato sull´asfalto un uomo di Gheddafi chiede di inneggiare al colonnello, al "fatah", la rivoluzione gheddafiana. Quello inneggia ad Allah, e il militare decide di sparare, tre colpi di kalashnikov e il ferito è morto: «Chiama due o tre uomini per portare via questo cane», dice il killer ai suoi complici.
Sigfrido Ranucci, l´autore del servizio che ha rivisto e verificato scena per scena il filmato, a un certo punto commenta che «per uccidere a volte non è neppure necessario sparare». Si vede il corpo di un ribelle nel deserto. Fuggiva a piedi, e i gheddafiani si dicono fra loro "l´ha preso con la macchina!". L´uomo è stato inseguito e investito da un Land Cruiser, schiacciato nel deserto come un animale.
Nelle scene successive la presenza del generale Warfalli aumenta: evidentemente il capo militare chiede alla sua guardia di riprenderlo in ogni momento, per preparare un bel reportage da presentare a Tripoli al colonnello. Le immagini passano a riprendere i corpi di una ventina di uomini assassinati con le mani legate dietro le spalle. Sono in guardiani di un deposito di petrolio o della raffineria di Zawiya; si erano rifiutati di passare a combattere con i gheddafiani e sono stati tutti assassinati.
Ancora immagini da un´altra battaglia, quella attorno a Marsa el Brega, altro centro petrolifero in Cirenaica, non molto lontano da Bengasi. Le colonne gheddafiane avanzano, gli autisti parlano fra loro dei rifornimenti di munizioni e carburanti che sono in arrivo. Poi si entra dentro Brega, i soldati del generale Warfalli cancellano le bandiere dei ribelli e le scritte disegnate sui muri. Pochi secondi per una visita al fronte di uno dei figli di Gheddafi: il cameraman infila la mano con la telecamerina fin dentro i Land Cruiser su cui viaggia Motassim, uno dei figli più duri di Gheddafi. In tuta mimetica, un turbante a ripararlo dalla sabbia, Motassim saluta gli uomini di Warfalli, li incita, stringe mani, sorride, scherza con i massacratori.
Sono le ultime ore prima della fine: le immagini riprendono il portale d´ingresso di Ajdabya, città conquistata e persa a ripetizione dai gheddafiani e dai ribelli. Poche ore ancora, e poi Warfalli sarà costretto a invertire la rotta, a fuggire verso Tripoli, dove la sua colonna verrà intercettata e distrutta dalla Nato. Altri come lui, altri capibastone della cricca gheddafiana stanno continuando a combattere: forse filmano ancora le loro gesta per offrirle all´approvazione del capo.


V - Battaglia intorno a Tripoli. Berlino riconosce i ribelli
14/06/2011, Corriere della Sera, Lorenzo Cremonesi

Avanzata per alcune decine di chilometri dei ribelli da Misurata verso Tripoli. Ma anche sconfitta pesante nella zona di Zawiya, incertezza sulle montagne di Nafusah e gravi perdite nel settore praticamente immobile da oltre due mesi tra Ajdabiya e Brega. Decisamente meglio, invece, sul fronte diplomatico, con il riconoscimento da parte di Berlino del Consiglio Nazionale Transitorio quale «unico rappresentante del popolo libico» e gli applausi di molti tra i 53 Paesi membri dell’Unione Africana all’appello di Hillary Clinton affinché prendano le distanze dal regime di Muammar Gheddafi. Le ultime vicende dello scacchiere libico ben riassumono il senso degli avvenimenti più recenti: alla sostanziale impasse militare, si affiancano i successi diplomatici dei ribelli e il progressivo isolamento del Colonnello sulla scena internazionale. Nelle ultime ore la televisione del regime ha diffuso le immagini di lui (le prime dopo diverse settimane) impegnato in una partita a Tripoli con il presidente della Federazione Internazionale degli Scacchi, Kirsan Ilyumzhinov, presidente della Kalmykia (l’unica repubblica buddhista della Russia europea). Ilyumzhinov, noto per le sue eccentricità, tra cui l’aver dichiarato di essere stato ospite su di una «astronave extraterrestre» , ha ribadito che Gheddafi non avrebbe «alcuna intenzione di andarsene» . E anzi si dice «pronto a morire dove sono sepolti i suoi cari» . Dalle parole ai fatti. Dopo le ritirate della settimana scorsa, le colonne di miliziani agli ordini del Colonnello sembrano aver ripreso l’iniziativa. I combattimenti più importanti pare siano cessati ieri prima dell’alba nella cittadina costiera di Zawiya, una cinquantina di chilometri a ovest della capitale, con la sconfitta dei ribelli. Sabato scorso una decina di giornalisti stranieri sul pulmino governativo che tre volte la settimana fa la spola per i media con il confine tunisino era stata costretta ad un’ampia deviazione verso il deserto per evitare gli scontri. Per un paio di giorni è sembrato che proprio da Zawiya, dove un’importante sommossa è stata sedata nel sangue in marzo, potesse ripartire il vento della libertà verso la capitale. Ma così non è stato. Ieri lo stesso pulmino di giornalisti è tornato a transitare sulla litoranea. «Abbiamo ripreso il controllo della regione» , ci ha dichiarato Mussa Ibrahim, portavoce del regime. Sembra che l’avanzata dei ribelli sia stata fermata anche sull’arco montagnoso di Nafusah, dove si erano spinti sino a 70 chilometri da Tripoli. Un tentativo di offensiva per cercare di conquistare l’importante polo petrolifero di Brega, circa 220 chilometri da Bengasi, è nel frattempo stato fermato dai governativi. Secondo alcune fonti, 21 ribelli avrebbero perso la vita (ma altre segnalano solo 4 morti). Una delle voci tra l’opposizione nella capitale è che a Brega i soldati di Gheddafi (sembra 7.000) combattano con determinazione disperata. Il Colonnello pare abbia fatto sequestrare tutti i loro veicoli e mobilitato squadre tribali di fedelissimi per fucilare chiunque cerchi di fuggire. Mancano però conferme dal campo. Gheddafi perderebbe nettamente terreno invece a Misurata, 200 chilometri a est di Tripoli. Da circa un mese i ribelli stanno rafforzandosi. Qui la Nato ha colpito particolarmente duro le colonne corazzate e le artiglierie del Colonnello grazie soprattutto alla nuova presenza di almeno 14 elicotteri da combattimento franco-britannici. E i combattimenti starebbero interessando le periferie della cittadina di Zlitan, 50 chilometri a ovest di Misurata. A Tripoli il tam tam della resistenza rilancia nel frattempo nuove manifestazioni, che dovrebbero avere luogo all’uscita della folla dalle moschee dopo le preghiere di venerdì prossimo.

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