martedì 12 luglio 2011

ANCHE LE DONNE RAVVIVANO LE RIVOLUZIONI ISLAMICHE

Articoli di Cecilia Zecchinelli

LA PRINCIPESSA RIBELLE SCUOTE IL REGNO SAUDITA. BASMA, NIPOTE DEL RE: "RIFORME O SARA' LA FINE"

Inutile opporsi ai «venti del cambiamento che in questa stagione soffiano sul mondo arabo, nessuno ne è immune: se qualcuno lo afferma, ebbene si sbaglia» . Parole sentite e risentite negli ultimi mesi. Ma a pronunciarle è ora la figlia di re Saud che regnò in Arabia fino al 1964, la nipote del sovrano in carica, l’anziano Abdullah. Appartenente quindi al cerchio più interno e potente della famiglia che ha fondato la monarchia forse più assoluta del mondo, scossa anche lei dai «venti» del cambiamento. Non solo: Sua altezza reale Basma bint Saud, madre siriana, studi in Libano e Gran Bretagna, cinque figli ed ex imprenditrice, scrittrice e attivissima sul fronte sociale, in un’intervista alla Bbc in arabo affronta il tema del giorno nel Regno, la rivolta delle donne che dal 17 giugno hanno sfidato il divieto di guidare. Munite di patente internazionale (sono in 50 mila ad averla), sono state qualche centinaio o forse meno a impugnare il volante, documentando il loro gesto su Internet. Molte continuano a farlo, «fino alla vittoria» . Dopo l’iniziale tolleranza delle autorità, martedì si sono segnalati i primi cinque arresti di guidatrici. Basma bint Saud si schiera con loro «perché nessuno può negare loro questo diritto» . E se la prende poi apertamente con il Comitato per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio, o come dicono con sprezzo i sauditi i «mutawwa» , ovvero la polizia religiosa. «Fondata da mio padre, dal suo iniziale compito di prevenire la corruzione — accusa la principessa — è passata ad opprimere la società e soprattutto le donne, messe sotto la lente d’ingrandimento per vedere se sono poco coperte, se incontrano qualcuno, costrette a vivere nel terrore » . Poi Basma lancia un allarme: «Dovremmo stare attenti, aprire un dialogo nazionale anziché aspettare che le cose precipitino. Concediamo più libertà prima d’arrivare a uno scontro aperto» . Non è la prima volta che un membro della vastissima famiglia reale chiede riforme. Tra gli anziani figli di Abdulaziz, il «principe rosso» Talal è da sempre il più esplicito, da giovane fu perfino esiliato in Egitto. Ma la sua generazione è in genere per la «stabilità» : lo è il re 89enne, lo sono ben più il «delfino» Sultan, 87 anni, e il 78enne Nayaf, temutissimo ministro dell’Interno. Tra i nipoti del fondatore del Regno come Basma, e ancor più tra i più giovani principi, sta invece crescendo l’irrequietezza. Non solo per le manovre in vista della successione, ma per la consapevolezza che perfino in Arabia l’immobilismo non è più difendibile. Dalla Siria al Bahrein, dallo Yemen all’Oman le proteste ai confini o poco lontano continuano. Finora in Arabia il fermento c’è stato tra gli sciiti dell’Est e le donne, senza violenze e sommosse. Ma il vento ha iniziato a soffiare e non si fermerà, come dice Basma.








Mi capita spesso di imbattermi in personaggi, normalmente acculturati e professionalmente affermati, i quali citando esperienze visive fatte direttamente mentre erano in giro turistico in un paese musulmano, raccontano di essere stati testimoni oculari di inauditi episodi di violenza di cui erano autori padri, mariti o, forse fratelli maggiori, che pestavano con nodosi bastoni le loro mogli e sorelle. La circostanza mi ha incuriosito perché pur non potendosi escludere qualche caso di violenza fisica che un uomo esercita nell'esercizio di una sua presunta potestà su una donna, va aggiunto che con l'eccezione di qualche paese, la violenza fisica esercitata pubblicamente verrebbe immediatamente perseguita con tanto di arresto da parte di solerti poliziotti.
A me è capitato invece, in Italia e precisamente a Vicenza davanti al bar Loggetta, al caso di una signora marocchina di almeno 50 anni, la quale, reduce da un intervento chirurgico alla gola, era stata consigliata dal medico curante di proteggersi le vie respiratorie con una mascherina anti-smog, di uso abbastanza frequente nelle nostre città inquinate. Un signore, ben vestito e ben curato, l'ha interpellata con queste parole: "Ehi ti troia levete quea maschera che non te si al paese tuo!"; la signora ha cercato di spiegare che la mascherina non era una versione ridotta del burqa ma una necessità sanitaria. L'educato signore ha ripreso ad insultarla e la signora le ha mollato uno schiaffo. Il signore, dismessi atteggiamenti dell'uomo civilizzato, è regredito immediatamente allo stadio dell'uomo preistorico, ha sferrato un pugno alla signora e le ha fatto saltare 2 denti. La polizia è intervenuta subito dopo, chiamata dal titolare del bar e ha proceduto al fermo dell'energumeno. Erano le 11 di mattina e il fermo dell'aggressore non è durato molto perché appena dopo mezzogiorno beveva tranquillamente un caffè nello stesso bar. Che in quel sito si trovasse un esemplare della violenza islamica contro le donne, simile a quella del padre marocchino che ha sgozzato la figlia che rifiutava il marito destinatogli dalla famiglia o al padre pakistano che ha ammazzato la moglie a colpi di mattone perché dava manforte alla figlia che rifiutava il marito scelto dal padre e dal fratello. Naturalmente l'episodio di cui sono stato testimone non ha avuto l'onore di due righe del Giornale di Vicenza, mentre sui due casi dei padri assassini "per motivi religiosi" stampa  e televisioni si sono profuse per qualche settimana, dando corpo a una visione della donna musulmana brutalmente oppressa dalla violenza dei loro congiunti di sesso maschile, che ricorda tanto la campagna sistematica che si fa per dimostrare che gli arabi in specie e i musulmani in genere non sono adatti alla democrazia.
Donna e democrazia hanno fortune parallele.
In occidente vengono ammazzate alcune centinaia di donne ogni anno dai loro mariti, amanti, fidanzati e ex; e non parliamo del divertito commento che la maggior parte dei maschi italiani fa quando accenna alle avventure delle varie escort che popolano le cronache politiche del nostro paese. Però si dice che in Italia la donna è rispettata e se vi sono isolati episodi di violenza fisica o morale contro una donna, ciò si vede a un puro caso sfortunato. Nell'Islam, invece, gli atti di violenza di qualsiasi tipo compiuti contro le donne sono, secondo l'opinione più diffusa, una componente essenziale della religione islamica.
Vogliamo citare così un brano tratto da un'opera pubblicata di recente da una giovane donna europea di nazionalità francese recante il titolo "L'Islam, la donna e l'integralismo, diario di una giovane europea" 
edito nel 1988:
 "La donna è la metà del genere umano. E' la madre dell'uomo, sua sorella, la sua sposa, sua figlia, l'anima presso la quale egli assapora la pace e scopre il senso della vita."
"Non è per disprezzare la donna e denigrarla che l'Islam le prescrive di nascondere le bellezze del suo corpo all'esterno della dimora coniugale, ma è per proteggerla contro l'insorgere della concupiscenza e dei capricci dei comportamenti e degli sguardi malsani."
"Proteggere il pudore della donna vuol dire proteggere l'unità della famiglia, tutelare l'avvenire spirituale e morale dei figli, edificare basi solite per l'intera società."
"Così come l'uomo, la donna musulmana ha il diritto di vivere pienamente e decorosamente la sua vita, di studiare (più della metà delle donne musulmane ha un titolo di scuola media-superiore e di università), possedere dei beni, esprimere le proprie opinioni, scegliere con chi sposarsi, pregare ed elevarsi al più alto grado della spiritualità."
"Il fatale errore commesso dalle femministe è quello di aver spinto la donna ad entrare in concorrenza con l'uomo, a inseguire il miraggio dell'eguaglianza in nome della quale sacrifica il suo diritto alla femminilità e alla maternità."
"Non è la concorrenza che bisogna promuovere tra i due sessi, ma la complementarietà; non è l'uguaglianza esteriore e quantitativa che bisogna cercare di instaurare tra i due sessi, ma l'equità e la giustizia".

Alexsis Carrel, premio Nobel, nelle sue "riflessioni sulla strada della vità" afferma: "L'uomo  e la donna sono diverse l'uno dall'altra, ma complementari. Non è solo per i loro organi genitali e la loro morfologia che si distinguono. Le loro cellule, i loro umori, il loro stesso sangue portano l'impronta anatomica  e chimica del loro sesso. Le funzioni organiche e psichiche della donna sono incentrate sulle modificazioni cicliche del loro corpo. La rigenerazione ovulare, la preparazione all'eventuale maternità, la gravidanza, l'allattamento costituiscono l'alto destino naturale della donna. Sottrarsi a tale destino non è esente da pericoli: lo squilibrio nervoso e mentale è il prezzo che la donna deve pagare quando le condizioni di vita e la sua stessa volontà si oppongono al compimento della funzione naturale che gli ha assegnato l'Altissimo".
Nell'Islam la donna è l'asse intorno alla quale gravitano gli elementi di una famiglia. In occidente l'equilibrio della famiglia, privata di tale asse è completamente sconvolto.
Nell'Islam, la donna è il tesoro gelosamente custodito da tutta la famiglia: ciascun membro vede in lei l'eredità del venire e la garanzia dell'avvenire. In occidente la donna è spesso ridotta a una merce a buon mercato, manipolata dalla pubblicità e schiacciata dal rullo compressore della produzione e del consumo.

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