Nelle lettere al Corriere della Sera di Lunedì 18/07/2011, sono state pubblicate una lettera a firma Franco Cohen con la relativa risposta di Sergio Romano: il tutto sotto il titolo
"Due pesi e due misure. Israele e la crisi siriana"
Credo fermamente che questo mondo sarebbe molto migliore se esistesse una maggiore imparzialità. Mi riferisco, nel caso specifico, alle vicende del Vicino Oriente e vorrei chiedere un suo parere. Il regime siriano massacra ormai da mesi la propria popolazione civile, che manifesta pacificamente, uccidendo oltre mille persone. Ebbene, non c’è minima traccia in Italia di manifestazioni di piazza, solidarietà incendio di bandiere siriane, ecc. Se viceversa si verifica qualcosa da parte Israeliana, di proporzioni infinitamente minori, la piazza si scatena con manifestazioni violente, accuse infamanti, ecc. ecc. Saprebbe spiegare questa preoccupante sperequazione?
Franco Cohen
Caro Cohen, Quando la bandiera israeliana è stata bruciata, all’epoca della guerra di Gaza o dopo il cruento arrembaggio della flottiglia proveniente dalla Turchia, vi fu nell’opinione pubblica occidentale un coro di proteste indignate. Israele gode di molte simpatie e può contare su numerosi sostenitori. Non credo ai boicottaggi e fra questi a quelli promossi contro Israele perché, come le sanzioni, colpiscono anzitutto imprenditori e lavoratori; ma la campagna per il boicottaggio dei prodotti agricoli provenienti dai territori occupati appartiene all’arsenale delle proteste democratiche e non può essere definita un’azione violenta. Aggiungo che fra la questione palestinese e la questione siriana esiste una importante differenza. Ciò che accade in Siria è condannabile ed è stato condannato dalla maggior parte dei Paesi democratici con espressioni particolarmente severe. Ma è pur sempre una questione interna dello Stato siriano. Il concetto di ingerenza umanitaria sembra essere entrato nella cultura politica della democrazia occidentale da qualche anno, ma nessuno può dire con precisione se e quanto i dimostranti di Aleppo, Hama e altre città siriane siano rappresentativi dei sentimenti della maggioranza della popolazione. Si può scendere in piazza, naturalmente, per denunciare le repressioni poliziesche del regime di Bashar al Assad, ma i nostri governi, soprattutto dopo gli infelici risultati della guerra libica, si accontenteranno di qualche condanna verbale e staranno a guardare. La questione palestinese è alquanto diversa. Lo Stato d’Israele è stato costituito, grazie a una risoluzione della maggiore organizzazione internazionale su un territorio che è stato lungamente abitato da una popolazione indigena non ebraica. Quando gli Stati arabi rifiutarono la spartizione e cercarono di cancellare dalla carta geografica lo Stato appena costituito, Israele si difese, vinse e riuscì a occupare nuove terre; e così accadde nelle guerre successive. Sul piano politico, nulla da obiettare. Uno Stato ha il diritto di difendersi e di mettere il proprio territorio al sicuro, per quanto possibile, da altre minacce. Ma nei territori occupati esiste una popolazione che ha il diritto morale di considerare quella terra come la sua casa. Nella storia europea molti Stati si sono ingranditi occupando province abitate da popolazioni straniere, ma l’occupazione è diventata legittima e duratura soltanto quando il conquistatore ha trattato gli abitanti dei territori conquistati come cittadini. Lo Stato ebraico invece non può trattare i palestinesi dei territori occupati (e per molti aspetti neppure quelli del proprio territorio nazionale) nel modo in cui la Francia, per fare un esempio, ha trattato gli alsaziani. E i palestinesi, dal canto loro, hanno più volte dimostrato, con l’Intifada e con il voto, di volere l’indipendenza. Non è sorprendente che essi hanno abbiano suscitato la simpatia delle opinioni pubbliche occidentali.
Sergio Romano
L'obbiettività della risposta di Sergio Romano e la solidità degli argomenti addotti mi dispenserebbe dal fare troppi commenti su un argomento che, del resto, ho già ampiamente affrontato nei post raccolti sotto il titolo
"Il conflitto israelo-palestinese". Voglio tuttavia aggiungere alcune osservazioni che normalmente sfuggono e che ridimensionano molto l'argomento principe che gli ebrei sionisti adducono per dare un fondamento alla loro pretesa sulla Palestina e su Gerusalemme: l'argomento consisterebbe nel fatto che si tratterebbe della terra che Dio ha assegnato al popolo di Israele come suggello dell'Alleanza.
Vale la pena osservare che:
I - La terra su cui i sionisti hanno edificato il loro stato era conosciuta fin dalla più remota antichità e fino all'epoca dell'impero ottomano di cui era provincia col nome di Palestina. Il termine deriva dal nome della popolazione che vi abitava molto prima degli ebrei e che era nota col nome di "Falasthin" (o filistei). Secondo gli archeologi i filistei (o palestinesi) erano una popolazione fortemente affine dal punto di vista etnico e linguistico con le popolazioni pelasgiche che risiedevano prima dell'indoeuropei in tutte le isole del Mar Egeo, a cominciare da Creta. Dal Vecchio Testamento risulta che gli antichi ebrei ebbero lunghe guerre con i filistei ma non riuscirono mai a sottometterli o a conquistarne il territorio. Le 7 città di Gaza conservarono sempre la loro indipendenza fieramente difesa. Gli ebrei esercitarono la loro sovranità effettiva su una parte della Palestina (Giudea e Israele) soltanto poco più di un secolo, fino a quando gli Assiri li deportarono in Mesopotamia. Restituiti alla loro terra dal persiano Ciro il Grande, mantennero la loro indipendenza solo per un breve l'asso di tempo in epoca ellenistica. Successivamente caddero definitivamente sotto il potere dei romani che in due fasi (prima sotto l'imperatore Tito quindi sotto l'imperatore Adriano) li distrussero e li dispersero in tutto il Mediterraneo. Quel che è certo è che nessuna forma di sovranità gli ebrei hanno più esercitato sulle terre di Palestina. Dal punto di vista storico la loro rivendicazione sulla Palestina ha un fondamento molto minore di quello che potrebbe avere la pretesa dei Greci di esigere la restituzione dell'Italia meridionale, a cominciare dalla Sicilia, dove il dominio greco è durato parecchie centinaia di anni. Siracusa era più grande di Atene.
II - Anche se si volesse, per assurdo, sostenere che i palestinesi non hanno niente a che vedere con i filistei e che la popolazione che fino al 1948 ha costituito il 60% degli abitanti del mandato britannico sulla Palestina, e che gli attuali palestinesi sono in realtà arabi a tutti gli effetti è certo che con questa identità hanno occupato, abitato e coltivato la Palestina a partire dal VII secolo d.C. I crociati cristiani incrociarono le loro armi con i sultani di Gerusalemme, divenuta nel frattempo Al-Quds (la Santa): non risulta che Saladino fosse un sionista "ante litteram" (prima del tempo). Il nucleo più consistente di popolazione ebraica esistente in Palestina sotto l'impero ottomano era costituito da ebrei spagnoli (sefarditi) che furono ospitati in un quartiere di Gerusalemme grazie alla munificenza di Suleiman il Magnifico, sultano turco.
Uno dei principali argomenti per legittimare agli occhi dell'opinione pubblica mondiale l'occupazione della Palestina da parte degli ebrei sono state le infami persecuzioni note con il nome di Shoah: i rappresentanti dei paesi arabi in assemblea dell'ONU che discuteva il destino del protettorato inglese di Palestina e la necessità di costituirvi un "focolare ebraico", nella sua amara ironia non era certamente priva di fondamento:
"E' giusto risarcire gli ebrei delle sofferenze subite dai tedeschi? Dategli la Baviera".
Su una questione il Signor Cohen ha comunque ragione. E' una vergogna, non solo degli europei sempre pronti a scendere in piazza contro le infamie israeliane, che non ci sia stata neppure un'ombra di manifestazione o di iniziativa a sostegno dei giovani arabi, in primo luogo siriani, che affrontano a mani pressoché nude gli sgherri dei regimi dittatoriali lasciati in eredità dalla dominazione coloniale europea e che in pochi mesi hanno avuto migliaia di morti, decine di migliaia di feriti e un numero imprecisato di arrestati e di torturati. Ma Dio è Grande, ed è anche Giusto...
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