sabato 16 luglio 2011

LA MALAFEDE DELL'OCCIDENTE

Secondo gli onesti ed acuti politologi dell'occidente, i paesi arabi dopo qualche secolo di dominio coloniale europeo, dopo essere stati divisi in stati dalle frontiere astruse e dopo aver subito regimi dittatoriali graditi ai fondamentalisti democratici europei statunitensi, dovrebbero edificare democrazia perfette dal punto di vista formale e sostanziale in qualche mese: altrimenti le loro sommosse si rivelano una illusoria e fugace primavera. Il fatto che a battersi per la libertà siano decine di migliaia di giovani che affrontano a mani nude eserciti personali dei tiranni e servizi segreti armati fino ai denti, per lo più dall'occidente, è un elemento assolutamente secondario.
In genere si usa ricollegare la nascita della democrazia occidentale alla "Gloriosa rivoluzione inglese del 1689" (dopo un centinaio d'anni di guerre civili, un parziale genocidio del popoli irlandese e nord scozzese e un re con la testa tagliata) alla guerra di indipendenza americana scoppiata nel 1774 (ma poi la guerra di secessione per l'abolizione della schiavitù dei neri si è conclusa nel 1865 e ha proceduto con il genocidio pressoché totale dei nativi nordamericani) la rivoluzione francese è scoppiata il 14 Luglio 1789 ma perché l'Europa avesse istituzioni democratiche minimamente stabilizzate ci sono volute il Terrore di Robespierre, le guerre risorgimentali, due guerre mondiali, il fascismo, il nazismo e lo stalinismo e altre note "piacevolezze".
E' vero che gli arabi hanno consegnato alla letteratura mondiale le favole delle "Mille e una notte", fra le quali vi sono anche quelle che raccontano la storia della "Lampada di Aladino", ma non credo che la miracolosa lampada possa essere usata per costruire in poco tempo regimi fondati sui diritti di libertà e di giustizia. Sia dia tempo al tempo, altrimenti si rischia di confondere l'esigenza di scrivere articoli di giornale quotidiani con i tempi di cui hanno bisogno gli eventi storici di grande portata.
Ad ogni buon conto anche il giorno 16/07/2011 qualche passetto avanti si è registrato.

La Repubblica, Vincenzo Nigro


"Libia, il governo legittimo è dei ribelli"

Da ieri gli Stati Uniti e tutti i paesi del "gruppo di contatto" sulla Libia hanno riconosciuto una sola autorità provvisoria in tutto il paese: sono i ribelli del Cnt di Bengasi, l´ex armata Brancaleone che - nata quasi dal nulla - in 5 mesi è arrivata a un riconoscimento politico che è molto più rilevante dei difficili successi militari che ancora non ha colto. L´annuncio più importante è quello fatto da Hillary Clinton: alla riunione del "gruppo" di Istanbul il segretario di Stato ha detto che i ribelli hanno garantito gli Usa su una serie di punti (democrazia nel paese, rispetto dei diritti umani, creazione di un processo costituzionale, forma islamica ma liberale del neo-stato libico). E per questo lei ha fatto un annuncio solenne: «Finché un´autorità ad interim non sarà insediata, gli Stati Uniti riconosceranno il Cnt quale legittima autorità di governo per la Libia e tratteremo con esso su quella base». C´è una conseguenza immediata, e sostanziale, di questo passo politico e giuridico: i fondi sequestrati all´ormai ex governo libico di Gheddafi (che ha definito in un messaggio «di nessun valore» il riconoscimento del Cnt) da adesso possono essere utilizzati a garanzia di prestiti per i ribelli di Bengasi. Sono miliardi di dollari, e anzi qualche governo si preparerebbe ad una interpretazione estensiva che permette di "espropriare" direttamente i soldi gheddafiani.
Le decisioni del Gruppo arrivano in un momento di difficoltà per le operazioni militari, visto che i bombardamenti della Nato non hanno indotto ancora Gheddafi a cedere il potere. Ma ieri a Istanbul il Gruppo ha dato una nuova scossa ai paesi che vogliono la partenza del colonnello, e anche se i tempi rimangono poco chiari, per il momento le incertezze politiche dei giorni scorsi sembrano superate. «L´unico dubbio è come e quando, ma Gheddafi se ne deve andare», ripete Franco Frattini: il ministro degli Esteri italiano spiega che a questo punto il governo italiano, dopo la norma legislativa inserita nel decreto-missioni, nel giro di qualche giorno verserà i primi 100 milioni di aiuti al Consiglio di transizione. Dal punto di vista politico, il Gruppo ha sottoscritto una road map che spera possa essere seguita nelle prossime settimane: «Gheddafi dovrà lasciare il potere secondo delle tappe ben definite che verranno annunciate pubblicamente», scrivono i governi del Gruppo nel documento finale della riunione di Istanbul aggiungendo che l´unico a negoziare sarà l´inviato Onu.
Per costringere Gheddafi a cedere, lo strumento militare rimane centrale. E per questo la Nato farà di più: gli inglesi schiereranno altri 4 cacciabombardieri Tornado. Il segretario della Nato Rasmussen fa pressioni sui paesi Nato che non partecipano ai bombardamenti (per esempio l´Olanda) perché cambino idea. E non ci sarà nessuna interruzione degli attacchi, neppure durante il Ramadan. Dice Alain Juppè, ministro degli Esteri francese: «I rappresentanti di parecchi paesi musulmani ci hanno detto che non ci sono controindicazioni a proseguire le operazioni». Un portavoce dei ribelli, Mahmud Shammam, dice che «Maometto ha combattuto grandi battaglie durante il Ramadan alla Mecca, non c´è nessun precetto religioso che ci impedisce di combattere per la libertà».

La Repubblica, Alix Vanburen

"Siria, un milione in piazza" 28 morti fra i dimostranti

La rivolta siriana entra nel quinto mese, con un venerdì di protesta segnato da nuovi morti e feriti. Le forze di sicurezza fanno fuoco sui dimostranti in varie città attraverso il Paese, con un bilancio fra i 14 morti, secondo l´Osservatorio dei diritti umani (Odu), e i 28 stando al calcolo dei Comitati locali di coordinamento. Un milione di manifestanti avrebbe riempito le piazze, raggiungendo il numero più alto dall´inizio della ribellione senza precedenti contro il regime. Se il dato, diffuso dall´Odu verrà confermato, sarebbe in contrasto con le affermazioni diffuse di recente da alcuni comitati filogovernativi riguardo a un "progressivo calo" nella partecipazione ai cortei. Come dice all´Afp Rami Abdel Rahmane, dell´Odu, si tratterebbe di «uno sviluppo importante e di un messaggio rivolto alle autorità per dire che le manifestazioni si amplificano».
Hillary Clinton, segretario di Stato americano in visita in Turchia, ribadisce che il presidente siriano Bashar al Assad «ha perso legittimità» in seguito alla repressione: «il Paese non può più tornare indietro», dice Clinton, e la situazione in Siria «è aperta». Robert Ford, l´ambasciatore di Washington a Damasco, avverte che il regime rischia di «essere spazzato via dalle piazze», e rivolge ad Assad l´invito «urgente» di «prendere la decisione difficile», e cioè di impegnarsi nelle riforme. Anche l´Unione europea esprime parole di condanna: in una dichiarazione rilasciata ieri fa sapere che continuerà «a seguire e a rafforzare» la politica delle sanzioni contro la Siria. Il documento dovrà essere ufficialmente adottato lunedì dai ministri europei degli Affari esteri.
Ieri in Siria gli scontri più duri sono avvenuti nella capitale e nelle periferie. A Damasco, nel quartiere di Midani, dopo le preghiere all´uscita della moschea Al Hassan, teatro di raduni da settimane, un imponente schieramento di forze della sicurezza ha disperso migliaia di dimostranti. Raffiche di armi da fuoco si sarebbero sentite nei quartieri di Qabun, con 10 morti, Jobar (almeno un morto), l´area curda di Rukn Eddin (3 morti), Duma (2), oltre a Deraa nel Sud al confine con la Giordania, e nella provincia di Idlib, a Nord. L´agenzia di Stato Sana accusa «bande armate», e attribuisce loro «morti e feriti fra i cittadini e le forze dell´ordine nei quartieri di Qabun e di Rukn Eddin». La tv pubblica aggiunge l´uccisione di un civile a Idlib, e di un agente della sicurezza a Homs.
Nella città ribelle di Hama, invece, dove s´è vista la folla più numerosa, ieri non sarebbero avvenuti scontri. Stando agli attivisti, dopo un accordo raggiunto fra le autorità e i rappresentanti di una delegazione cittadina, sono state smontate le barricate dalle strade principali. Restano quelle a protezione di alcuni quartieri, in attesa - dicono i militanti - che il governo mantenga le promesse, compresa quella di liberare tutti i prigionieri.


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