"Se gettiamo uno sguardo fugace anche agli altri continenti, troviamo che l'arabo è l'uomo più nobile dell'oriente, anche se dotato di un sentimento poetico e fantasioso che a volte diventa ai nostri occhi calcolatori un'accentuata stravaganza. Egli è ospitale, generoso, leale; la sua letteratura, la sua storia e in genere il suo sentire sono sempre intessuti di elementi meravigliosi. La sua immaginazione creativa ed accesa gli rappresenta le cose sotto aspetti trasfigurati; e persino il diffondersi della sua religione fu una grande, fantastica avventura...Se gli arabi sono per certi versi gli spagnoli dell'oriente (e la cosa non deve meravigliare considerato che per quasi 800 anni la Spagna è stata araba), i persiani sono a loro volta i francesi dell'Asia. Sono buoni poeti, gentili e di gusto notevolmente selezionato. Non sono rigidi seguaci dell'Islam e concedono, alla loro indole disposta alla gaiezza, un'interpretazione piuttosto raddolcita del Corano".
Se un grande filosofo del 700' europeo, in un piccolo libretto dal titolo "Osservazioni sul sentimento del bello e del sublime" Fabri Editori 1996, e se giudizi simili e positivi sono stati lasciati sui popoli del medio oriente da pensatori illustri come Montesqieu, Goethe, Lessing, e se uno scrittore italiano del 900' di ceppo ebraico come Alberto Moravia dedicò a un poeta palestinese, assassinato a Roma da agenti della Mossad, parole commoventi e intense ("...Hussein rappresentava l'essenza poetica del suo popolo e della sua cultura: un mondo che, non essendo prigioniero di quel mostro che è il tempo, da sempre l'impressione di muoversi in uno spazio magico e meraviglioso dove ogni evento può accadere a prescindere da ogni limite temporale. Il che altro non è che la dimensione della fiaba e della fantasia, dove a prescindere dalle caratteristiche delle azioni che vi si compiono sembra di essere immersi in un'esistenza fatta di bontà e di luce"), mi chiedo come dei trogloditi, razzisti, ignoranti probabili residui ancestrali dell'homo erectus, si arroghino il diritto di parlare di popoli dei quali non sanno nulla ne si curano di sapere qualcosa. Eppure anche in Europa, prima che le logiche del Pentagono e di personaggi alla Bush facessero da sfondo di isterie alla Oriana Fallaci o, perché non dirlo? Alla professor Sartori (quel vecchio arcigno che discetta su tutto sapendo in realtà su pochissimo), i romanzi di avventure, una popolarissima filmistica e anche saggi di grande interesse hanno sempre presentato i popoli del medio oriente come entità che meritano qualcosa di meglio delle "borghezzate" e dei grugniti di Bossi.
Per questi motivi cesseremo di usare volontarie censure nel rispondere alle varie scemenze razziste ed incolte dedicate all'Islam, e non useremo un minimo di diplomazia neppure tenendo conto delle esigenze "pratiche" delle comunità islamiche che vivono in Italia e in Europa con la consapevolezza di essere minoranze disprezzate e isolate, alle quali in alcuni paesi europei non si è disposti neppure a riconoscere i diritti umani sanciti dalla costituzione repubblicana. In questo lavoro, che porteremo avanti a titolo personale e senza alcun condizionamento di carattere rappresentativo o politico, io scriverò come un musulmano che è stato illuminato dal sublime Corano e dalle profonde verità che Dio, nella sua infinita misericordia e clemenza, ha consegnato a un umile carovaniere dei deserti d'Arabia.
Allah è il più Grande
Voglio iniziare questo nuovo capitolo del mio blog citando un incredibile strafalcione che un professore della Val Brenbana ha pronunciato con una domanda rivolta al grande imperatore Federico II di Svevia.
Questo indegno pseudo professore ha chiesto: "Ma c'è un'università a Napoli?". L'asino, che per uno stipendio mensile sale in cattedra per diseducare i suoi sventurati allievi, ignora, col resto, che l'università di Napoli fu la prima università d'Europa che venne istituita dall'imperatore svevo senza la prescritta "Bolla Papale". Per questo venne scomunicato e accusato di essere un eretico. Nello stesso periodo, nella Spagna araba vi erano 4 università nelle quali insegnavano a parità di dignità docenti musulmani, ebrei e cristiani.
L´affondo dell´Aja "Crimini contro l´umanità arrestate il Colonnello"
BRUXELLES - La Corte Penale internazionale, il tribunale delle Nazioni Unite con sede all´Aja, ha emesso mandato di cattura per crimini contro l´umanità a carico del colonnello Gheddafi, di suo figlio Saif al-Islam e del capo dei servizi segreti del regime libico, Abdullah al-Senussi. La decisione è stata presa dal procuratore generale della Corte, Moreno-Ocampo, cui la risoluzione 1970 delle Nazioni Unite, la stessa che autorizzava l´intervento militare per la protezione dei civili in Libia, aveva chiesto di indagare sull´operato del dittatore. «La Corte penale internazionale ha raccolto sufficienti testimonianze sulle violenze commesse dalle forze di Gheddafi», ha spiegato Ocampo. «Ci sono motivi ragionevoli per ritenere che il raìs, in coordinazione con i suoi più stretti collaboratori, abbia concepito e orchestrato un piano per reprimere e spaventare la popolazione che manifestava contro il regime», è scritto nel mandato di arresto internazionale. I tre ricercati devono essere arrestati «per evitare che nascondano i crimini che continuano a commettere e che ne commettano di nuovi».
Gheddafi, il figlio e il capo dei servizi segreti sono incriminati «come autori indiretti» di omicidi, torture e violenze in quanto, secondo l´accusa, «avevano un controllo assoluto» sulle milizie che hanno compiuto materialmente i crimini. La richiesta della Corte è stata accolta da una salva di dichiarazioni soddisfatte. Secondo il segretario generale della Nato, Rasmussen, il mandato di cattura «ribadisce una volta ancora il crescente isolamento del regime» e «rafforza la legittimità» della campagna militare della Nato. A Bengasi e Misurata, le due roccaforti dei ribelli, la notizia è stata salutata da scene di giubilo in piazza. La Farnesina ha espresso soddisfazione «per la rapidità e serietà con cui la Corte ha dato esecuzione al mandato conferitole dal Consiglio di Sicurezza. Nell´assicurare il suo forte e convinto contributo all´attività della Corte, l´Italia continuerà coerentemente, insieme ai propri alleati e partner, il proprio impegno nella missione internazionale». Il ministro degli esteri britannico, William Hague, ha approfittato della notizia del mandato di arresto per lanciare un appello agli ultimi fedeli del regime perché abbandonino Gheddafi. «A diversi livelli di responsabilità le persone dovrebbero riflettere seriamente sulle conseguenze delle loro azioni, sia che essi diano ordini sia che eseguano materialmente gli attacchi contro i civili. Chi prende parte alla repressione deve assumersi l´intera responsabilità delle sue azioni, e ne pagherà il prezzo».
Tuttavia, se la decisione della Corte aumenta l´isolamento del regime e rafforza la legittimità della missione militare condotta dalla Nato, essa rischia anche di rendere più difficile una soluzione negoziata del conflitto. Dopo l´emissione del mandato di arresto, infatti, qualsiasi Paese che aderisca alle Nazioni unite è tenuto ad assicurare Gheddafi e i suoi complici alla giustizia. Questo significa che le ipotesi di un esilio per il raìs e i suoi fedelissimi si fanno oggettivamente assai ridotte. Non c´è teoricamente più un solo Paese al mondo dove Gheddafi potrebbe sentirsi al sicuro e questo rischia di rafforzare la sua determinazione a lottare fino alla morte. In serata il ministro della giustizia del raìs ha spiegato che «la Libia respinge la decisione della Corte e non ne riconosce l´autorità».
Fino ad ora solo un altro capo di stato in carica è stato colpito da mandato di cattura internazionale della Corte penale: il presidente sudanese Omar Al Bashir, ricercato come mandante dei massacri in Darfur.
Tuttavia, se la decisione della Corte aumenta l´isolamento del regime e rafforza la legittimità della missione militare condotta dalla Nato, essa rischia anche di rendere più difficile una soluzione negoziata del conflitto. Dopo l´emissione del mandato di arresto, infatti, qualsiasi Paese che aderisca alle Nazioni unite è tenuto ad assicurare Gheddafi e i suoi complici alla giustizia. Questo significa che le ipotesi di un esilio per il raìs e i suoi fedelissimi si fanno oggettivamente assai ridotte. Non c´è teoricamente più un solo Paese al mondo dove Gheddafi potrebbe sentirsi al sicuro e questo rischia di rafforzare la sua determinazione a lottare fino alla morte. In serata il ministro della giustizia del raìs ha spiegato che «la Libia respinge la decisione della Corte e non ne riconosce l´autorità».
Fino ad ora solo un altro capo di stato in carica è stato colpito da mandato di cattura internazionale della Corte penale: il presidente sudanese Omar Al Bashir, ricercato come mandante dei massacri in Darfur.
I ribelli: "Consegneremo Gheddafi all´Aja"
BRUXELLES - I ribelli libici si sono impegnati a consegnare Gheddafi, suo figlio e il capo dei servizi segreti del regime alla Corte penale internazionale. Lo ha riferito il procuratore generale della Corte, Luis Moreno-Ocampo, che ieri ha incontrato all´Aja Mohammed Al-Allagui, il ministro della Giustizia del Consiglio Nazionale di transizione che riunisce le forze anti - Gheddafi. Tuttavia, secondo Moreno-Ocampo, la soluzione al problema della cattura di Gheddafi e degli altri ricercati, potrebbe venire ancora prima dalla «cerchia prossima» del dittatore. «Il cerchio di persone che sta attorno a Gheddafi è la prima opzione per il suo arresto. Tocca a loro decidere se fanno parte del problema, con il rischio di essere incriminati, o se vogliono fare parte della soluzione».
Il mandato di cattura internazionale per crimini contro l´umanità, spiccato lunedì contro i tre dirigenti libici, può essere eseguito dalle forze dell´ordine di qualsiasi Paese che aderisca alla Convenzione di Roma che ha dato vita alla Corte penale internazionale delle Nazioni Unite. Ma, secondo Ocampo, spetterebbe per prima alla Libia darne esecuzione.
Il procuratore generale ha anche annunciato di aver avviato due nuove inchieste a carico delle autorità del regime. La prima riguarda gli stupri che le milizie del raìs avrebbero compiuto nei centri di detenzione, aiutate anche da stimolanti sessuali che sarebbero stati forniti ai soldati dalle gerarchie libiche. La seconda inchiesta riguarda i tentativi di nascondere le prove di torture, omicidi e altri crimini contro l´umanità compiuti dalle forze pro-Gheddafi. Secondo Ocampo, comunque, la fine del dittatore è ormai prossima: « in due o tre mesi i giochi possono essere finiti».
Da parte sua, invece, la Nato pur plaudendo alla decisione di arrestare Gheddafi, non si considera coinvolta nell´esecuzione del mandato di cattura. «Il nostro compito è di proteggere la popolazione civile - ha spiegato ieri la portavoce dell´Alleanza - Il mandato di arresto tocca alle autorità competenti».
L´Alleanza, attraverso il generale canadese Charles Bouchard, che dirige le operazioni, ha anche ripetuto la volontà di mantenere alta la pressione militare sul regime respingendo dunque la proposta italiana di una tregua nei bombardamenti. «Le violenze contro i civili continuano e non penso che una riduzione delle operazioni in questa fase sarebbe opportuna», ha detto Bouchard.
La Nato, però, secondo quanto ha denunciato il segretario americano alla Difesa, Robert Gates, proverebbe crescenti difficoltà a far fronte all´onere dell´offensiva militare, soprattutto da parte dei Paesi europei. «Molti alleati non partecipano alle operazioni in Libia non perché non vogliano, ma semplicemente perché non ne hanno i mezzi», ha accusato Gates, che a fine settimana lascerà l´incarico all´ex capo della Cia Leon Panetta. Il segretario alla Difesa ritiene che gli europei debbano mettere in comune i mezzi di cui dispongono per consentire economie di scala, se vogliono evitare per la Nato «un avvenire oscuro»: «in Europa ci sono ancora due milioni di soldati, perché è così difficile trovarne 25 mila per una missione militare?».
Il presidente francese Sarkozy ha definito «ingiuste» le accuse di Gates. Ma le crescenti difficoltà che i Paesi europei impegnati in Libia stanno incontrando dimostrano che sul fondo il dirigente americano ha ragione. Una prova della penuria di mezzi di cui dispone l´Alleanza (se si esclude l´apporto degli Usa), è arrivata ieri dalla notizia che la Germania avrebbe offerto di mettere a disposizione della missione «bombe e altro materiale tecnologico» per bombardamenti di precisione. Il governo tedesco non ha votato la risoluzione Onu sulla Libia e non partecipa alle operazioni contro Gheddafi. Ma avrebbe accettato una richiesta della Nato di fornire materiale bellico che comincia a scarseggiare negli arsenali dei Paesi impegnati nelle operazioni. Un fatto che ha scatenato le critiche dei partiti di opposizione al governo di Angela Merkel.
Il mandato di cattura internazionale per crimini contro l´umanità, spiccato lunedì contro i tre dirigenti libici, può essere eseguito dalle forze dell´ordine di qualsiasi Paese che aderisca alla Convenzione di Roma che ha dato vita alla Corte penale internazionale delle Nazioni Unite. Ma, secondo Ocampo, spetterebbe per prima alla Libia darne esecuzione.
Il procuratore generale ha anche annunciato di aver avviato due nuove inchieste a carico delle autorità del regime. La prima riguarda gli stupri che le milizie del raìs avrebbero compiuto nei centri di detenzione, aiutate anche da stimolanti sessuali che sarebbero stati forniti ai soldati dalle gerarchie libiche. La seconda inchiesta riguarda i tentativi di nascondere le prove di torture, omicidi e altri crimini contro l´umanità compiuti dalle forze pro-Gheddafi. Secondo Ocampo, comunque, la fine del dittatore è ormai prossima: « in due o tre mesi i giochi possono essere finiti».
Da parte sua, invece, la Nato pur plaudendo alla decisione di arrestare Gheddafi, non si considera coinvolta nell´esecuzione del mandato di cattura. «Il nostro compito è di proteggere la popolazione civile - ha spiegato ieri la portavoce dell´Alleanza - Il mandato di arresto tocca alle autorità competenti».
L´Alleanza, attraverso il generale canadese Charles Bouchard, che dirige le operazioni, ha anche ripetuto la volontà di mantenere alta la pressione militare sul regime respingendo dunque la proposta italiana di una tregua nei bombardamenti. «Le violenze contro i civili continuano e non penso che una riduzione delle operazioni in questa fase sarebbe opportuna», ha detto Bouchard.
La Nato, però, secondo quanto ha denunciato il segretario americano alla Difesa, Robert Gates, proverebbe crescenti difficoltà a far fronte all´onere dell´offensiva militare, soprattutto da parte dei Paesi europei. «Molti alleati non partecipano alle operazioni in Libia non perché non vogliano, ma semplicemente perché non ne hanno i mezzi», ha accusato Gates, che a fine settimana lascerà l´incarico all´ex capo della Cia Leon Panetta. Il segretario alla Difesa ritiene che gli europei debbano mettere in comune i mezzi di cui dispongono per consentire economie di scala, se vogliono evitare per la Nato «un avvenire oscuro»: «in Europa ci sono ancora due milioni di soldati, perché è così difficile trovarne 25 mila per una missione militare?».
Il presidente francese Sarkozy ha definito «ingiuste» le accuse di Gates. Ma le crescenti difficoltà che i Paesi europei impegnati in Libia stanno incontrando dimostrano che sul fondo il dirigente americano ha ragione. Una prova della penuria di mezzi di cui dispone l´Alleanza (se si esclude l´apporto degli Usa), è arrivata ieri dalla notizia che la Germania avrebbe offerto di mettere a disposizione della missione «bombe e altro materiale tecnologico» per bombardamenti di precisione. Il governo tedesco non ha votato la risoluzione Onu sulla Libia e non partecipa alle operazioni contro Gheddafi. Ma avrebbe accettato una richiesta della Nato di fornire materiale bellico che comincia a scarseggiare negli arsenali dei Paesi impegnati nelle operazioni. Un fatto che ha scatenato le critiche dei partiti di opposizione al governo di Angela Merkel.