martedì 5 aprile 2011

IGNORANTI, BUGIARDI E INCIVILI

L'articolo 20 della legge Bossi-Fini che regola (per modo di dire) la materia dell'immigrazione, stabilisce che
"In concomitanza di gravi crisi economiche, sociali o di guerre, ogni paese dell'Unione Europea può rilasciare, fatti i dovuti accertamenti identificativi, permessi brevi di soggiorno a favore dei migranti provenienti dai paesi colpiti dall'evento negativo". Con il possesso di tale permesso breve il singolo migrante è legittimato a circolare liberamente in tutti i paesi dell'Unione Europea firmatari degli accordi di Schengen. Tale norma era ben conosciuta dai componenti dell'illuminato governo italiano. Ma anche nella ridicola ipotesi di una loro ignoranza o interessata amnesia, ci ha pensato l'onorevole Mantovano, sottosegretario dimissionario agli interni, e quindi vice di Maroni, a ricordarne l'esistenza motivando le sue dimissioni con il fatto che di tale norma non si era tenuta affatto conto nel trattare il problema dei migranti provenienti dalla Tunisia. Si pone qui una prima questione terminologica. Perché la stragrande maggioranza dei politici (si fa sempre per dire) leghisti e dei loro alleati berlusconiani si ostinano a usare a sproposito il termine "clandestini" per definire persone che, senza nascondersi e senza ricorrere a metodi "da nascondino" ma  alla luce del sole o della luna notturna e a bordo di visibilissimi barconi approdano sulle nostre rive quasi sempre sotto gli occhi di agenti di polizia e comunque di numerosi testimoni?
Il termine "clandestino" deriva dalla parola latina "clam" che significa letteralmente "di nascosto, di soppiatto". Clandestini sono con ogni evidenza quanti, nascosti nella stiva di una nave o nel rimorchio di qualche autotreno o inerpicandosi su impervi sentieri di montagna o su irte scogliere battute dai flutti, entrano nel nostro paese cercando di sottrarsi agli occhi delle forze dell'ordine e di chiunque volesse controllarne i documenti. Al di fuori di queste ipotesi si può parlare di migranti illegali ma mai di clandestinità: ma forse l'uso allargato del termine clandestino serve ad allargare la nozione, già di per se indice di barbarica severità del reato di clandestinità. Da notare che aumentando a dismisura il numero di quanti possono venire condannati per aver commesso il reato in questione, consente agli agitatori di fantasmi e di pericolose invasioni di pirati barbareschi di alzare a proprio uso le percentuali degli stranieri condannati e in prigione: il che offre ad anziane signore isteriche di gridare da schermi televisivi, del genere che ho conosciuto poco tempo fa (TelePadova), che secondo le statistiche nelle prigioni italiane vi sono metà stranieri e metà meridionali. La signora in questione era una "civilissima cittadina" della nobile città di Padova: la quale sicuramente ignora che il santo protettore della sua città, Sant'Antonio da Padova era di Lisbona. Un errore del genere lo commisero alcuni anni fa i genitori di una classe dell'istituto turistico di Mestre che si opposero alla gita scolastica dei loro figli nella città di Siracusa, adducendo il fatto che si trattava di una città di terroni, sporchi e mafiosi: anche quei civilissimi mestrini ignoravano che la patrona di Venezia, sepolta in un'omonima chiesa, è Santa Lucia, vergine di Siracusa.
Il mancato ricorso allo strumento del permesso temporaneo di soggiorno ha consentito alla gendarmeria francese di frontiera di bloccare a 20 miglia e cioè il confine italiano, alcune centinaia di tunisini arrivati in treno alla località ligure. Il "suino" Borghezio ne ha subito approfittato per inscenare addirittura una manifestazione patriottica di protesta, con la quale, attorniato da qualche decina di "porcellini" del suo genere (verde leghista) accomunati dal fazzoletto verde al taschino o dalla camicia verde, contro l'ignobile governo francese che respinge i clandestini che arrivano alle frontiere della Francia. Naturalmente Borghezio ha sorvolato sul fatto che gli stessi gendarmi chiedevano ai tunisini avessero uno straccio di permesso di soggiorno rilasciato dall'autorità italiana, ai sensi di una direttiva della comunità europea risalente al 1995; Borghezio e i suoi leghisti non si sono  neppure accorti che nonostante i tunisini seguitassero ad arrivare il loro numero non aumentava più di tanto: ed infatti i biechi sgherri trans-alpini, che hanno tradizioni di civiltà diverse da quelle padane, una volta calato il sole lasciavano che i migranti entrassero in Francia per vecchi sentieri un tempo utilizzati dai contrabbandieri.
Per una decina di giorni uno spettro si è aggirato nei palazzi italiani dipinti di verde leghista: l'esistenza di un fantomatico accordo tra governo italiano e governo tunisino che avrebbe disciplinato gli obblighi del paese africano a vigilare sui suoi migranti. Di tale accordo ha parlato per primo il pittoresco ministro Maroni, seguito a ruota dall'azzimato ministro Frattini; il Cavalier Faso-Tuto-Mi ("faccio tutto io") ha organizzato per questo una improvvisata spedizione a Tunisi, fiancheggiato dal nominato Maroni e dal volto geniale del presidente della regione Piemonte Cota: Berlusconi, secondo il suo aristocratico stile, si è premurato di far sapere che avrebbe offerto 100 milioni di euro a quei poveracci del governo tunisino in cambio del loro consenso al rientro dei clandestini. Si è così scoperto che non esisteva nessun accordo, e che il governo tunisino era disposto a discutere eventuali rientri soltanto dopo che qualcuno dei visitatori si fosse ricordato che la Tunisia, con tutti i suoi problemi sta ospitando da qualche mese 150.000 profughi dalla Libia. Naturalmente qualcuno ha ricordato alla tracotante delegazione italiana che l'Unione Europea ha già dato all'Italia 220 milioni di euro per fare fronte al problema dei migranti e che i 100 mila offerti da berlusca erano molto meno di quanto ricevuto.
In tutta questa vicenda ha brillato il virile cipiglio con il quale il presidente della regione Lombardia Formigoni ha stigmatizzato l'indecente comportamento del governo libico: "Costoro hanno firmato un accordo una settimana fa e ora se lo sono già rimangiato. Tutto ciò non depone certamente a favore della credibilità di un governo non eletto che pretende di introdurre nel suo paese una parvenza di democrazia". E' evidente che al virtuoso "catto-cattolico" Formigoni piaceva molto di più il dittatore Ben Alì, il quale per ogni accordo riceveva fior di euro che naturalmente si metteva in tasca. In tutta la squallida vicenda che abbiamo analizzato hanno brillato per umanità e per civiltà in primo luogo le decine di migliaia di giovani tunisini, la stragrande maggioranza dei quali sono risultati in possesso di diploma di scuola superiore e di laurea, che hanno sopportato senza mai un gesto di violenza o un atto illecito condizioni di vita che il presidente dell'associazione Medici Senza Frontiere ha definito una vergogna per un paese civile. Lasciando l'isola di Lampedusa molti di questi giovani hanno lasciato biglietti con su scritto: "Grazie Lampedusa. Grazie Italia". In questo avevano delle ragioni: i lampedusani, benché sommersi dalla marea umana lasciata sulle loro spalle con scopi di propaganda elettorale leghista, hanno fatto quel che hanno potuto per alleviare le condizioni dei loro ospiti, spesso gli hanno nutriti e dissetati; ma non è mancato chi ha dato loro una coperta o un riparo per la notte. Nel salutarli mentre salivano sulla nave che li portava in Sicilia una signora ha gridato loro: "Che Dio vi protegga!".
Come segno di civiltà fa il paio con l'espressione di quel grottesco cinghiale che ancora ci affligge insieme al figlio (il Trota) dagli schermi televisivi: "Foer de bae!" (Fuori dalle palle). Bossi è un esemplare della grande civiltà "celtica" là dove il saluto augurale della signora di Lampedusa è una manifestazione della inferiore razza mediterranea.

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