Nonostante non fosse passato molto tempo dalla disastrosa sconfitta italiana nella guerra contro l'Etiopia, culminata nel 1896 con la terribile sconfitta di Adua dove l'esercito italiano perdette contro le forze del Negus Menerik oltre 6000 soldati, già nel 1910 i circoli affaristici italiani, soprattutto quelli che facevano capo al banco di Roma e alla banca commerciale, investirono consistenti risorse per montare una campagna di propaganda imperialistica che desse anche all'Italia "un posto al Sole". Nell'intero bacino Mediterraneo l'unica preda accessibile era il doppio pascialato turco di Tripolitania e di Cirenaica (l'antica Lybia dei romani), che a tutti gli osservatori non solo italiani ma soprattutto franco-inglesi che era parso un enorme scatolone di sabbia privo di valore; e tuttavia l'idea di dare anche all'Italia un "impero d'oltremare" che, per la sua posizione geografica si prestava a diventare addirittura la "quarta sponda" del nostro paese, fece superare ogni dubbio sull'opportunità di una guerra che si sarebbe dovuta combattere soprattutto con la Turchia sotto la cui sovranità la Libia ricadeva. Assicuratasi la benevola neutralità di Francia e di Inghilterra e la sostanziale alleanza diplomatica della Germania e dell'impero austro-ungarico, la guerra contro la Turchia fu decisa senza grandi opposizioni all'interno: la Chiesa cattolica fu anzi entusiasticamente a favore in funzione anti musulmana; l'ala sindacalistica dei socialisti enfatizzò addirittura l'idea abbracciando lo slogan del poeta Giovanni Pascoli: "La grande proletaria si è mossa". Il conflitto tra Italia e Turchia si combatté ovviamente in territorio africano (1911-1912) e si prolungò nel Mar Egeo (1912) dove si concluse con l'occupazione italiana di Rodi e delle isole del Dodecanneso. La dichiarazione di guerra (29 Settembre 1911) fu seguita dal massiccio bombardamento di Tripoli da parte della flotta italiana il mattino del 3 Dicembre. Le linee difensive turche, due sgangherati forti quasi in rovina, furono ridotti al silenzio e il 5 Dicembre Tripoli fu occupata. L'evento fu salutato con grande entusiasmo dalla popolazione italiana e celebrato con una canzone divenuta famosa: "Tripoli, bel suol d'amore".
Ai primi contingenti italiani seguì il grosso del corpo di spedizione italiano comandato dal generale Caneva e forte di 100 mila uomini che, con grande sorpresa, oltre a scontrarsi con l'esercito regolare turco che si era attestato
intorno a Tripoli, dovette affrontare la furibonda insurrezione degli arabi, la cui tattica di guerriglia e l'ottimo armamento ricevuto da una nave turca che il servizio segreto italiano aveva ritenuto fosse di nazionalità tedesca. Un grosso contingente di bersaglieri cadde in una rovinosa imboscata a Sciarasciat e perse oltre 600 uomini. La rappresaglia italiana fu spietata: per la prima volta nella storia una città, Tripoli venne bombardata dall'aviazione e i soldati italiani fecero irruzione nelle abitazioni massacrando uomini, donne e bambini senza distinzione alcuna. Qualche centinaio di arabi venne impiccato agli alberi del litorale, e i "valorosi"soldati italici mandarono come souvenir pittoresche cartoline con le foto degli impiccati.
La guerriglia araba proseguì nell'interno e tuttavia il 5 Novembre l'Italia proclamò l'annessione della Tripolitania, mentre con l'occupazione di Derna, Bengasi e Oms fu proclamata anche l'annessione della Cirenaica.
Il 18 Aprile 1912 una squadra navale bombardo le fortificazione turche all'interno dei Dardanelli, mentre tra il 26 Aprile e il 12 Maggio Rodi e il Dodecanneso vennero occupate. Trattative di pace iniziarono alla metà di Luglio e si conclusero con la pace di Losanna (18/10/1912), con la quale la Turchia riconosceva la sovranità dell'Italia sulla Libia. Le trattative di pace vennero condotte dal conte Volpi per l'Italia e da Nabi Bey per la Turchia. Entrambi i diplomatici concordarono sul fatto che la pace era stata firmata tra galantuomini, ma dopo la cerimonia uno dei diplomatici turchi lanciò a Volpi una maliziosa e profetica frecciata. Preso in disparte Volpi il turco Seifeddin Bey gli disse:
"Nel mio paese si racconta la storia di due acerrimi nemici, uno dei quali si innamorò della figlia dell'altro. Tutti scommisero che quel matrimonio non si sarebbe celebrato; ma il padre della ragazza accettò immediatamente e quando gli chiesero perché rispose: "Mia figlia farà la mia vendetta!. Per noi turchi la figlia è la Libia"."
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, l'esercito italiano dovette ritirare tutte le truppe d'occupazione dalla Libia, mantenendo soltanto un piccolo presidio a Tripoli. La guerriglia araba dilagò in tutto il paese e decine di guarnigioni italiana vennero massacrate. Solo in Cirenaica gli italiani se la cavarono alla meno peggio perché il governatore di Bengasi ebbe l'intelligenza di trattare una sorta di tregua con la potente confraternita Al-Sanusyya. Le ostilità ripresero violente a partire dal 1927, quando il regime fascista ordinò la riconquista della Libia e a somiglianza di quanto avevano fatto i francesi con l'Algeria, la dichiarò a tutti gli effetti "territorio metropolitano".
La provocazione provocò una rivolta ancora più violenta dei Senussiti che condussero una micidiale guerra di movimento contro le truppe italiane comandate in un primo tempo da generali privi di effettive capacità e infine vennero affidati alla guida del generale Graziani. Questi condusse una guerra di sterminio di inaudita ferocia, distrusse completamente tutto il bestiame domestico delle tribù Cirenaiche e internò dai 20 ai 30 mila arabi in campi di concentramento dove non meno della metà degli interrati morirono di fame, di sete e di malattie. L'eroico leader della rivolta, Omar Al-Muhtar venne impiccato.
La nomina a governatore della Libia di una persona dotata di intelligenza e di qualche umanità come Italo Balvo recò un breve periodo se non di pace, di tranquillità. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale la Libia divenne uno dei tanti campi di battaglia. L'Italia fu irrimediabilmente sconfitta dagli inglesi nella battaglia di El-Alamein, e il potere venne assunto dal capo dei Senussiti Idris, riconosciuto re prima di Cirenaica e poi dell'intera Libia dal governo provvisorio di occupazione inglese che riconobbe l'indipendenza libica nel 1952 Tale riconoscimento fu un evento drammatico, non tanto per le decine di migliaia di coloni italiani che dal re libico vennero trattati con benevolenza e con fraternità, ma soprattutto per i francesi perché l'indipendenza libica fu la miccia che avviò le lotte di liberazione arabe prima in Tunisia, poi in Marocco e infine in Algeria.
A ogni buon conto è il caso di sottolineare che l'avventura di Libia era costata all'Italia circa 4000 vittime e oltre 4200 feriti. Le spese affrontate non sono mai state calcolate con qualche approssimazione.
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