venerdì 8 aprile 2011

L'ETICA DELL'ISLAM

A causa delle vicende storiche che l'Islam ha tumultuosamente attraversato nei primi secoli successivi alla morte del Profeta, solo nell'XI secolo vide la luce un sistema etico con forma compiuta; ma mentre nel mondo greco l'etica si era sviluppata all'interno della riflessione filosofica, l'etica islamica assunse l'aspetto di un'amalgama complessa e articolata, in cui comparivano tradizioni arabe preislamiche, sovrastanti insegnamenti coranici, elementi persiani e insieme ellenistici. Va chiarito che nella lingua araba classica non esiste neanche un termine equivalente all'ethos greco. Il termine più assimilabile può essere "khuluq" che indica il comportamento e il carattere cortese, l'insieme dei costumi e, per estensione, anche il comportamento morale con un significato incentrato sulla concretezza. D'altra parte Abd Al-Haqq Isma'il mette in evidenza che la radice "kh-l-q" rinvia all'idea della creazione, e quindi il khuluq designa il "bel dono" innato di un nobile tratto di carattere che Dio accorda alla nascita ad uno dei suoi servi. La parola fa riferimento agli hadith nei quali il Profeta riporta che è stato inviato per completare i "caratteri nobili" e la bellezza dei costumi e questa precisazione di Muhammad fa pensare che l'etica abbia il significato di comportamento socialmente accettabile e che difficilmente rimanda ad una riflessione interiore e soggettiva dei propri atti: nell'Islam la coscienza morale consiste nel praticare la norma.
Il punto di partenza è la Sunna intesa come il bagaglio culturale arabo nel periodo preislamico, quando il senso dell'onore, la lealtà verso gli alleati, l'ospitalità, la resistenza alla fatica, il controllo di se, un forte senso terreno della vita rappresentavano il cuore del comportamento eticamente corretto.
Muhammad apportò forti cambiamenti basandoli sulla Rivelazione: timore di Dio e del giudizio finale, bontà, equità, compassione, misericordia, generosità, austerità nei costumi, sincerità, fraternità fra i credenti sono le nuove tribù che devono sostituire o integrare la morale tribale e diventare i pilastri di una nuova società.
Il contrasto che talora si creava con le consuetudini precedenti venne attenuato e reso accettabile dal Profeta stesso del quale si raccontano innumerevoli episodi nei quali, interrogato su un problema pratico, cerca di conciliare la Sunna tribale con il nuovo credo religioso. Per questo resta incalcolabile il valore dei hadith per il successivo sviluppo dell'etica tanto che si può affermare che gli insiemi di essi rappresenta un "manuale di etica".
Ulteriori contributi sono stati dati dall'incontro con il mondo ellenistico in seguito alla conquista dell'Asia minore e l'acquisizione della ricca elaborazione filosofica conservata. La scuola dei Mutaziliti cercò in particolare di accettare i contributi ritenuti compatibili con il credo coranico nonostante la strenua opposizione di altre scuole teologiche, timorose che un eccessivo uso della ragione potesse allontanare l'uomo dalla completa sottomissione alla parola di Dio. A partire dal IX secolo, inoltre si registrò lo sviluppo di un Islam molto Pio, ascetico, anti intellettuale, e cioè quello del movimento Sufi, che introduce nuove sensibilità etiche che modificarono soprattutto il senso morale delle classi più popolari. Fecero così la loro comparsa come valori positivi la povertà, il completo abbandono alla volontà divina, la penitenza perseguita come modo per sottomettere a Dio la propria individualità.
Un'ultima influenza fu quella persiana, introdotta nell'Islam grazie all'opera di Ibn Al-Mukaffa. Egli presentò un Islam come religione di stato, molto legato al potere del sovrano: è sua l'affermazione che potere e religione sono gemelli.
Nei secoli successivi il dibattito continuò attribuendo grande importanza all'elaborazione classica e si continuò a discutere su temi morali ma restando fortemente legati alla tradizione.

Nell'etica islamica emerge un'attenzione scrupolosa al rispetto delle norme presenti nel Corano e nei hadith e rintracciabili nella Shari'a; in essa si avverte un assoluto interesse per il rispetto del contratto originario che il Creatore ha stabilito con ogni musulmano, quindi una preoccupazione costante di essere giusti nel pensiero della legge. Sotto l'aspetto etico l'Islam può essere definito quindi come la religione della giustizia. In questo quadro è fondamentale soffermarci sul complesso problema e la libertà umana nella scelta delle azioni e della corrispondente responsabilità individuale. Nel mondo islamico è da sempre aperto il dibattito su come si debba intendere il rapporto tra l'onnipotenza dell'azione divina e la libertà individuale e la corrispondenza dell'azione umana e il suo premio o castigo eterno: "Ad Allah appartiene tutto quello che è nei cieli e sulla terra. Egli perdona chi vuole e castiga chi vuole (Cor. III, 129). Mentre nel mondo occidentale l'etica è sempre stata un ramo della filosofia, nell'Islam è piuttosto in stretto collegamento con il diritto. Per questo l'elaborazione di un'etica islamica si è sviluppata nel tempo; le indicazioni "morali" del Corano sono state scorporate da tutto il resto e amalgamate attraverso un lento processo avvenuto nei primi secoli dell'Islam; e così la Shari'a come la conosciamo oggi raggiunge la sua formulazione solo intorno all'XI secolo. E' stato infatti necessario dedurne le norme e trovare nei hadith spiegazioni ed applicazioni che rendessero possibile il loro adattamento alle mille circostanze dell'esistenza umana.
Il fedele, oggi come ieri, cerca di trovare una risposta ai suoi problemi etici consultando gli esperti (Ulema), i quali spesso si trovano in difficoltà e cercano allora di adattare quanto già sperimentato alla nuova circostanza. Così facendo essi si basano su due fonti che si aggiungono al Corano e ai hadith: il ragionamento analogico (Kiyas) e il consenso dei fedeli (Ijma). E poiché nell'Islam sunnita non vi è un'autorità ecclesiastica di riferimento, le indicazioni applicative ed esplicative della Shari'a assumono sfumature diverse e talora contrastanti. Ciò avveniva già nei primi secoli ad opera delle quattro scuole giuridiche di cui parleremo; ma lo scorrere del tempo con le modifiche della società, le nuove scoperte, i nuovi rapporti sociali ha portato l'Islam a interrogarsi su punti non previsti dalla tradizione: questo ambito è considerato "innovazione"; è allora necessario affidarsi al ragionamento e al consenso degli esperti, le cui conclusioni hanno valore solo se trovano fondamento nel testo sacro o nei hadith, e se non intaccano i fondamenti della fede e non alterano le regole del culto.
Ad un livello particolarmente elevato si collocano i responsi legali (Fatwa) e messi da Imam particolarmente noti per la loro esperienza e preparazione.

L'etica sostanziale si occupa delle tendenze innate dell'uomo, delle virtù acquisite, dell'anima razionale e del rapporto reciproco fra queste. Particolare attenzione va posta all'antropologia che propone per l'uomo una triplice ripartizione: l'anima concupiscente che incita al male, l'anima che rimprovera assimilabili alla coscienza, l'anima tranquilla. Tutti gli atti umani vanno ricondotti all'azione di una di queste tre parti dell'anima. Il campo d'azione dell'etica riguarda a grandi linee l'adempimento dei doveri religiosi, le buone maniere e le usanze sociali e l'ambito sessuale.
Su questi temi le azioni umane si dividono in 5 categorie:
I - Atti obbligatori (doveri religiosi, prescrizioni sul matrimonio e sui funerali);
II - Azioni raccomandabili (austerità nei costumi, generosità, gentilezza, sensibilità verso i malati);
III - Azioni libere o indifferenti (tutto ciò che non è chiaramente vietato e trascritto);
IV - Atti biasimevoli (stare in moschea senza pregare, masturbarsi, desiderare la donna degli altri);
V - Azioni proibite (apostasia, furto, omicidio, fornicazione e adulterio, calunnia, uso di alcolici, usura).
I teologi islamici dividono le colpe in gravi e leggere riferendosi al versetto "Essi sono coloro che evitano i peccati più gravi e le perversità e non commettono che le colpe più lievi" (Cor. LIII, 32). Al-Ghazali distingue tre livelli di gravità nel classificare le colpe: quelle verso Dio, quelle verso la fede e le azioni che danneggiano gli esseri umani.
A - Per ogni fedele il primo ambito della morale è rivolto verso Dio e si esplica nell'adempimento dei doveri religiosi: "In verità ti abbiamo rivelato il libro con la verità; adora dunque Allah e rendigli un culto sincero"..."L'Islam di fonda su cinque cose: attestare che non vi è Dio al di fuori di Dio, Egli è l'Altissimo, e che Maometto è il messaggero di Dio; adempiere alla preghiera, all'elemosina per i poveri, al pellegrinaggio alla Mecca, al digiuno di Ramadan.
Anche se Dio è Misericordioso e Perdonatore, vi sono alcune colpe non perdonabili: l'infedeltà verso Dio nelle sue varie forme di apostasia, sacrilegio, fuorviamento di altri dalla fede, associare altri dei al vero Dio".
A proposito di apostasia va osservato che il Corano scrive "Non vi sia costrizione nella religione...Creda chi vuole e chi vuole neghi". I giuristi musulmani hanno tuttavia previsto la pena di morte per coloro che abbandonano l'Islam; e il principio su cui si regge la disposizione giuridica è che tutti gli uomini nascono per natura musulmani e solo le condizioni famigliari e sociali gli deviano su altre credenze. Chi è stato educato ad essere musulmano, abbandonando la fede, quindi compie una atto contro natura, è per questo punibile. Chi proviene da un'altra tradizione religiosa è libero di diventare musulmano o meno, ma una volta diventato tale lo sarà fino alla morte.
Oggi gli stati islamici non prevedono più la condanna a morte con la sola eccezione del Sudan e dell'Arabia Saudita. Il codice penale marocchino prevede una pena detentiva a colui che induce alla apostasia ma non dice nulla sull'apostata.
B - Le azioni che danneggiano gli esseri umani sono evidenziate dal Corano e per alcune di esse viene indicate anche la relativa pena. Si tratta di furto, brigantaggio, adulterio, falsa accusa di adulterio. A queste Al-Ghazali aggiunge l'assassinio, l'omicidio, la mutilazione, la sodomia, la diffamazione, lo spergiuro, la disobbedienza verso i genitori quando ordinano il bene. L'etica islamica annovera inoltre come colpe gravi la malversazione nei confronti dell'orfano, la diserzione, la speculazione e il baratto iniquo. Alcuni dotti sostengono che tutti i peccati in cui si persevera diventano gravi anche se considerati singolarmente sono lievi. A questo si può ovviare chiedendo ripetutamente perdono a Dio; per porvi rimedio occorre anche compiere opere buone. E' consigliabile ai fedeli l'individuale esame di coscienza e cioè una riflessione sincera sui propri comportamenti. Questo esercizio di riflessione e di ravvedimento interiore costituisce il Jihad Maggiore e cioè lo sforzo di conversione personale o lotta individuale per la causa di Dio.

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