Secondo lo storico italiano del mondo arabo Francesco Gabrielli la nascita del movimeto Wahhabita ed dell'emirato saudita nella penisola arabica, furono l'unico significativo evento storico politico religioso nella storia del mondo arabofono. Vi è in questa affermazione un notevole sapore paradossale ma è certo che il dominio turco, durato per gli arabi di oriente dal Cinque al Novecento e sostituito per quelli d'occidente dal regime coloniale europeo, segnò la massima decadenza dei popoli arabi. Questi vi si piegarono da prima senza molta riluttanza, come se fossero consapevoli della fatale conclusione di un processo già in corso da secoli, che aveva lentamente sostituito la loro egemonia nel mondo musulmano con quella dei Turchi: una gente ad essi estranea per stirpe e lingua, anche se accomunata dalla fede religiosa e che aveva in parte assorbito la loro cultura. A questa apatica rassegnazione corrispose una generale decadenza degli arabi sia in campo spirituale e culturale sia nel campo sociale, comportando addirittura un oscuramento del senso dell'appartenenza nazionale. Alla classe dirigente turca, efficiente sotto il profilo dell'organizzazione burocratica e dilagante dal punto di vista militare, che teneva i posti di comando in nome del sultano di Costantinopoli, si affiancò spesso un'aristocrazia locale in Egitto, nell' Higaz, nel Libano e negli stati barbareschi del Maghreb, ma anche questo elemento locale era il più delle volte turco o turchizzato (i Cologhli in Tripolitania, i Giannizzeri a Tunisi e ad Algeri) ma anche se arabo, esso esprimeva in modo del tutto istintivo e particolaristico l'aspirazione all'autonomia che poco aveva a che vedere con la precedente storia dei grandi califfati arabi.
Vi furono per altro dal 600' all'800' casi di ribellione aperta all'autorità centrale ottomana. Tali:
I - Quello dell'emiro druso di Siria, Fakhr Al-Din, che nella prima metà del seicento cercò di svincolarsi dal vassallaggio al sultano di Costantinopoli, stringendo rapporti di alleanza perfino con la corte Medicea di Toscana, ma finì vinto e giustiziato a Costantinopoli;
II - Sulla fine del 700' il mamelucco Alì Bey sfortunato precursore in Egitto di Muhammad Alì;
III - Nel primo 800', ancora nel Libano, l'emiro Bashir Ash-Shihavi.
Tutti questi tentativi alla lunga fallirono ma anche e soprattutto perché rispecchiavano tutti avventure individuali, mosse da ambizioni e risentimenti personali e non da un cosciente impulso di fierezza nazionale. In generale gli arabi piegarono il capo sotto il regime feudale ottomano che, pur continuando il regime Selgiuchide e mamelucco ne attenuava l'originario carattere militare. Equiparati ai dominatori nell'uguaglianza dell'Islam, gli arabi avevano teorico accesso anche alle alte cariche dell'impero ottomano, ma sono pochi i nomi di arabi che compaiono nei fasti della Sublime Porta che pure si giovò dell'opera di oriundi greci (Fanarioti), albanesi e slavi. Per intraprendenza e fecondità l'elemento arabo sembrò spezzato.
I seguaci dei Wahhabiti, fedeli ai loro principi di avversione al culto dei santi e del Profeta e rigidamente ancorati al loro rigorismo intollerante che gli spinse a demolire santuari e mausolei, furono espulsi dalla penisola arabica in una guerra di 7 anni (1811-1818) condotta da forze egiziane per ordine di Costantinopoli, e dopo la sconfitta tornarono a vegetare in oscure lotte dinastiche nelle aree più desolate dell'Arabia; e solo ai primi del 900' iniziarono sotto la guida di un nuovo emiro Saudiano, Abd Al-Aziz Ibn Saud, un secondo ciclo di conquiste che lo condusse alla fondazione dell'attuale monarchia saudita.
La completa sottomissione dei paesi arabi nel nord Africa alla dominazione europea furono il primo indicatore della gravissima crisi e decadenza del mondo arabo; e di fronte alla pressoché totale paralisi del progresso culturale, sociale, politico e persino umano molti si sono interrogati su quali siano state le cause di un tale terribile collasso. Gli storici musulmani cercarono di ravvisarne la causa in fattori esterni, partendo dalle invasioni mongole e finendo alla dominazione turca, che era stata una espansione imperiale quasi esclusivamente incentrata sulla potenza militare ma praticamente sterile dal punto di vista culturale, filosofico e religioso (ma non si è mai tenuto conto dell'estrema dinamicità dell'apparato amministrativo ottomano, che unificò etnie diversissime tra loro con un apparato amministrativo pervaso da un profondo spirito di tolleranza religioso. Gli storici europei hanno voluto individuare la causa del collasso nell'immobilismo indotto dall'affermarsi di una sorta di monopolio del potere spirituale nelle mani degli Ulema e del loro integralismo religioso, che portò alla stagnazione e all'azzeramento di quelli che erano stati i fattori più importanti della grande cultura araba e musulmana dei califfati. Naturalmente si misero a cento anche sugli effetti nefasti dello sfruttamento colonialistico operato dalle nazioni europee. In realtà le cause del declino furono essenzialmente due:
I - La prima causa, i popoli del nord Africa la divisero con le cause della stupefacente decadenza della penisola italiana negli stessi secoli dopo gli splendori del Rinascimento, e cioè la scoperta delle Americhe che spostò l'asse portante del progresso storico dal Mar Mediterraneo, diventato ormai un mare chiuso ai grandi traffici commerciali e internazionali ormai proiettati sugli oceani. Pur in possesso di un'antica tradizione marinara le popolazioni arabe non seppero mai utilizzarla per intraprendere su larga scala le navigazioni trans oceaniche cui seppero dedicarsi portoghesi e spagnoli in una prima fase e successivamente francesi, olandesi e britannici;
II - La seconda fu l'incapacità degli apparati economici dei paesi musulmani di appropriarsi e condividere il grande progresso tecnologico, culminato nella grande rivoluzione industriale del XVIII secolo dell'Europa occidentale: si pensi solo che lo stesso impero turco cominciò da un certo momento in poi ad importare armi dai paesi europei;
III - La proiezione europea sugli oceani e lo sviluppo economico seguito alla rivoluzione industriale determinò in Europa la fine della tirannia sugli spiriti esercitata da sempre dalla Chiesa cattolica e culminata nelle rivoluzioni liberali e per i diritti, da quella inglese a quella francese che, non a caso avevano avuto una replica e un'anticipazione nella rivoluzione delle colonie americane. Nulla del genere avvenne nel mondo islamico, tal che nonostante le basi umanistiche e razionaliste della sua civiltà d'origine nessun processo illuministico portò sul piano politico alla trasformazione in cittadini dei "credenti" associati nella Umma.
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