sabato 23 aprile 2011

A PROPOSITO DELLE RIVOLTE SIRIANE - La ferocia del regime siriano

Articolo di Renzo Guolo, La Repubblica, 23/04/2011

"La Ferocia del Regime Spezzato"



A poche ore dall`abolizione dello stato di emergenza, in vigore da quando, quarantotto anni fa il partito Baath prese il potere, la polizia siriana spara sui manifestanti, facendo decine di vittime. 
Una reazione, purtroppo, prevedibile, dalmomento chelavecchiastruttura di potere nell`esercito e gli apparati di sicurezza non sono certo favorevoli alle riforme annunciate da Assad, leader che, contrariamente al padre, non ha il pieno controllo del regime. La dura repressione è motivata dalla supposta presenza tra i manifestanti di «bande armate» e «salafiti», categorie del politico che, nei regimi autocratici dilatano sino al limite estremo la concezione del Nemico. Dunque, il regime risponde con il sangue alle manifestazioni chela fine delle leggi emergenziali dovevano garantire: abrogazione assai attutita, negli effetti, dall`annuncio di nuove leggi destinate a proteggere la sicurezza dei cittadino e la «stabilità della nazione». O meglio, la stabilità del regime, sin qui fondata sulle «regole di Hama», dal nome della città in cui il regime stroncò nel sangue, nel 1982, la rivolta dei Fratelli Musulmani siriani, da allora simbolo della violenta repressione di ogni dissenso, e ora bisognosa di essere puntellata da nuove «regole». Una risposta che mostra l`ennesima debolezza di uno stato militare-claníco come la Siria, che si regge sulla doppia alleanza tra minoranza alauita e forze armate, incapace di legittimarsi mediante il consenso. 

Le vicende siriane sono altrettanto importanti di quelle egiziane nello scacchiere mediorientale. Damasco è legato a un ferreo patto di assistenza militare con Teheran. 
Come già alCairo i militari costituiscono, una volta che il Baath la spina dorsale di uno Stato che mai è riuscito stabilmente a comporre divisioni tribali, etniche, religiose. 
Non è un caso che il timore della frammentazione «settaria» sia presente ai manifestanti che nella capitale indossavano simbolicamente una striscia in cui era scritto «Arabi, siriaci (cristiani) e curdi, contro la corruzione»; e che i promotori delle manifestazioni avessero chiamato la giornata ai protesta «Venerdì santo». Evidente omaggio al giorno festivo islamico ma anche alla ricorrenza pasquale cristiana. 
In Siria come altrove la richiesta è la nascita di un sistema politico che metta fine all`autocrazia. Non saràfacile.In molti preferiscono, più o meno silenziosamente, la ferrea stabilità del regime all`incertezza del futuro. Da un rivolgimento che mettesse ai margini la minoranza alauita, pur sempre decisa a restare ancorata agli sciiti in funzione antisunnita, Teheran sarebbe la prima a non aver nulla da guadagnare: la sua influenza in Libano, ne risulterebbe sminuita. 
Lo stesso Israele guarda con timore a un mutamento che potrebbe sfociare nell`ascesa dei Fratelli Musulmani a Damasco, esito non escluso dopo eventuali elezioni legislative. Evento che rappresenterebbe uno scacco enorme per Gerusalemme. Così, mentre attivisti peri diritti umani, giovani, donne, reclamano «libertà e dignità», dentro e fuori la Siria in moltiguardano con -terrore al dopo Assad. Anche se il regime è deciso a resistere e i rivoltosi siriani sanno che qui non sarà né «facile» né «rapido» come al Cairo.



L'articolo di Renzo Guolo ci offre l'opportunità per evidenziare l'estrema complessità della composizione etnica e religiosa della popolazione siriana e, di conseguenza l'estrema difficoltà con la quale può essere trovata un'alternativa al regime dittatoriale del clan degli Assad, ferrea composizione in cui confluiscono il cemento clanico di una grande famiglia, la compattezza di un esercito armato fino ai denti per far fronte ad Israele ma anche come efficacissimo strumento di potere repressivo interno e gli interessi confessionali della potente minoranza religiosa Alawita di ascendenza sciita. 
I - Su una popolazione di circa 17 milioni di abitanti il 70% è costituito da musulmani sunniti e dal 20% da musulmani sciiti (di questi ultimi oltre la metà appartengono alla setta considerata "eretica" degli Alawiti). Il restante 10% è costituito da una miriade di confessioni cristiane: greci ortodossi, greci cattolici, siriani cattolici, cattolici maroniti, cristiani armeni in costante litigiosità settaria tra loro. Non mancano circa 200 mila drusi insediati sulle montagne al confine col Libano. La Siria è stata la prima sede della più antica espansione islamica tanto che Damasco era la capitale del califfato Omayyade: il fatto che dopo tanti secoli esista ancora un mosaico religioso che trova l'eguale solo nella ex Jugoslavia è la dimostrazione dell'estrema tolleranza religiosa dell'Islam;
II - Una varietà altrettanto complicata esiste a livello etnico-linguistico: oltre agli arabi che costituiscono la parte di popolazione di religione islamica sia sunnita che sciita vi è circa un milione di curdi, 400 mila armeni e poi greci, siriaci, caldei, assiri, turchi e un numero imprecisato di tribù beduine nomadi; 
III - Questo mosaico, risultato di una storia altrettanto variegata, è stato tenuto unito da un sottofondo culturale che deve molto all'epoca ellenistica. Del resto la cultura greca si diffuse nell'intero bacino Mediterraneo grazie ai traduttori siriani che traducevano in arabo le opere dell'antica Grecia e persino delle culture preelleniche. Appare evidente che in un contesto tanto complicato e variopinto (una vera e propria "macedonia") immaginare che potesse fiorire una qualche durevole forma di potere fondato sui principi della democrazia rappresentativa non sembra un'ipotesi tanto sostenibile. I primi cementi che unificarono, a partire dai primi dell'800' una qualche parvenza di nazione siriana furono i dominatori ottomani, rispetto ai quali le elites siriane potevano vantare una più antica e articolata tradizione culturale. A saldare i popoli di Siria fu l'inconcepibile sopruso consumato ai loro danni dopo la prima guerra mondiale, quando nel piano di spartizione del medio oriente la Siria venne assegnata a tavolino al protettorato francese, nello stesso momento in cui l'Iraq veniva affidato al protettorato inglese. Per la verità all'interno della borghesia commerciale e professionale siriana aver esercitato una forte influenza politica quanto proveniva dall'America dalla forte immigrazione negli Stati Uniti: per una sorta di scherzo della storia nel luogo in cui vennero costruite le Torri Gemelle, distrutte l'11 Settembre 2001, sorgeva un piccolo quartiere chiamato "Piccola Siria";
IV - Nel secondo dopo guerra come, sviluppo del conflitto israelo-palestinese la Siria entrò con tutto il medio oriente nella logica dei blocchi contrapposti della Guerra Fredda. Prevalse infine, grazie alla potenza che l'esercito siriano acquisì grazie all'aiuto sovietico, la Siria divenne il principale punto di riferimento dell'URSS in medio oriente: tale circostanza venne coronata dall'assunzione di un potere dittatoriale da parte di Hafiz        Al-Asad un uomo cinico, spregiudicato e feroce che fu tanto abile da crearsi, in aggiunta al puntello militare e religioso (egli apparteneva alla minoranza Alawita) quello politico: fu lui a fondare il partito Ba'th copia filo sovietica del filo americano Ba'th iracheno fondato da Saddam Hussein. E' inutile dire che i due tiranni, entrambi pseudo socialisti, si odiavano mortalmente anche se entrambi si dedicarono allo sterminio dei loro avversari politici interni: Saddam Hussein massacrò l'intero partito comunista iracheno e Asad dedicò il suo impegno a cercare di eliminare la più influente forza politica di Siria e cioè i Fratelli Musulmani;
V - Questi ultimi, per altro, sono tutt'ora la più organizzata forza politica sopravvissuta in Siria a 30 anni di persecuzione poliziesca e con ogni certezza sono i principali ispiratori delle rivolte anti regime di questi giorni. La loro rivolta è ispirata a principi di non violenza e ricerca intelligentemente l'unità tra musulmani sunniti e cristiani di varie confessioni, come dimostra il fatto che l'ultima recente esplosione, brutalmente repressa in quasi tutte le più grandi città della Siria è stata già chiamata la "Rivolta del Venerdì Santo", perché centina di migliaia di persone sono scese nelle piazze nel venerdì di preghiera islamico e nel venerdì di Pasqua cristiano in nome della Siria libera.
E' difficile prevedere come si concluderà il drammatico intrigo della situazione siriana, se con una guerra civile di tipo libico o in maniera quasi pacifica come in Tunisia. Di una cosa si può essere quasi certi: se lo sbocco sarà la fine della dittatura e l'adozione di una costituzione che garantisca libere elezioni, queste ultime vedranno come vincitore il partito dei Fratelli Musulmani ed è allora che si metterà alla prova la "sincerità" e la solidità dei principi democratici dell'occidente e di Israele che considerano i Fratelli Musulmani pericolosi estremisti islamici, o se varrà la regola non scritta che per l'occidente e i suoi alleati "democratici" sono soltanto quelli che piacciono a loro.


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