La numerosa pletora di cialtroni, reazionari, guerrafondai e cripto criminali che in tutti questi anni, partendo dalla tragedia dell'11 Settembre hanno prima teorizzato e poi tentato di praticare uno scontro tra civiltà e una guerra reale contro i paesi musulmani sono in gravi ambage. Le rivolte che scuotono il mondo arabo, dalla Mauritania fino al Libano (ma coinvolgono in notevole misura anche un paese europeo come l'Albania) sono con ogni evidenza una variante imprevista della storia che, non potendo sfuggire all'attenzione del Creatore, il Clemente e Misericordioso non possono che finire con il confluire nell'affermazione di valori positivi universali come quelli che mobilitano milioni di giovani musulmani in Algeria, Tunisia, Mauritania, Egitto, Libano e Yemen: democrazia, giustizia, onestà in chi governa, diritti, lavoro. Provo a immaginare lo sconcerto dei vari "teocom", che a suo tempo furono lo scomposto coro che incitò Bush ad intraprendere la disastrosa guerra in Iraq con il pretesto di combattere il terrorismo fondamentalista islamico e di distruggere le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, che come è noto non esistevano, devono considerare con estrema vergogna il fatto che è ormai accertato come l'uomo politico emergente che è il riferimento di fatto dei moti anti Mubarak egiziani è quel signore, Al-Baradei, che per anni è stato incaricato di scoprire quelle armi che non esistevano e che ha sempre ribadito con grande tranquillità, nonostante le minacce ricattatorie e qualche velata minaccia di morte, che sarebbe stato un atto di irresponsabile violazione dei deliberati dell'ONU condurre una guerra di aggressione contro l'Iraq. Al-Baradei ha sempre dimostrato nello svolgimento di una funzione affidatagli dall'ONU di essere un uomo moderato e capace di sereni giudizi. Egli rifiutò di avallare la menzogna sulle armi di Saddam, ma nello stesso tempo non ha neppure accettato di esagerare oltre il reale il pericolo atomico rappresentato dall'Iran. Il fatto che quest'uomo sia oggi il punto di riferimento della prima grande rivoluzione democratica che scuote il più grande paese del mondo arabo crea qualche problema. Come si fa a dire che i milioni di giovani che chiedono democrazia, lavoro e giustizia e si battono per cacciare dal potere governanti autoritari, corrotti, ladri, liberticidi, abbiano alle spalle i sostenitori di Al Qaeda? Forse è l'impossibilità di sostenere una tesi che susciterebbe il riso anche nei polli che costringe il governo italiano prima ad esprimere l'auspicio che in Tunisia resti al potere un personaggio come Ben Alì, socio in affari dell'ineffabile presidente del consiglio italiano (la televisione di stato tunisina è gestita da mediaset e non citiamo qui quell'ormai noto uomo d'affari tunisino che fa da intermediario negli affari intercorsi tra il dittatore tunisino e il nostro premier), e poi a chiudersi in un pudico silenzio. E forse è lo stesso motivo che induce al silenzio il nostro presidente del consiglio e il ministro degli esteri Frattini a tacere di fronte alla rivolta del popolo albanese contro quel Sadi Belisha diventato presidente dell'Albania grazie ai brogli elettorali e grazie al massiccio sostegno propagandistico delle reti televisive "berlusconiane". Fortunatamente gli albanesi hanno una memoria più lunga di gran parte degli italiani e non hanno dimenticato che il pupillo albanese del monarca di Arcore fu il primo presidente dell'Albania liberata dalla dittatura di Ender Oxa e utilizzò la carica per costruire una gigantesca truffa finanziaria che ridusse alla miseria centinaia di migliaia di famiglie albanesi. E veniamo all'Egitto travagliato da troppi decenni da una crisi economica e sociale che ha provocato milioni di disoccupati, ha ridotto alla fame milioni di egiziani e altri milioni ne ha costretti all'emigrazione. Osni Mubarak è il dittatore di fatto del più grande paese di lingua araba: oggi è incerto tra il ripresentarsi alle elezioni in un contesto di capillare vigilanza repressiva poliziesca per ottenere un ennesimo mandato oppure passare il testimone da faraone al proprio figliolo primogenito. Ma non sembra che i giovani e i meno giovani egiziani siano disposti a subire l'inganno. E non è da escludere che non pochi di essi non abbiano potuto dimenticare che nei giorni in cui Israele bombardava con le bombe al fosforo gli abitanti di Gaza e gli affamava con un blocco totale esteso anche alle acque del mare, Mubarak ordinava che un blocco altrettanto severo venisse posto alla frontiera con la striscia, con ciò rendendosi di fatto complice attivo di uno dei più criminali atti di guerra compiuti dallo stato sionista. Ma Dio, oltre che Clemente e Misericordioso è anche giusto. E le ingiustizie prima o poi si pagano. Come dice il Corano "Dio presenta sempre i suoi conti".
La rivolta sta investendo anche un altro dittatore caro all'occidente, Saleh, pseudo presidente da oltre 20 anni dello Yemen, dedito anch'egli al saccheggio del suo popolo poverissimo, ma sistematicamente appoggiato dall'occidente e in particolare dagli americani, perchè viene considerato un baluardo contro il fondamentalismo islamico. E finiamo il giro parlando dell'Algeria. Data la mia non più tenera età servo il ricordo entusiasmante di una visita che uno dei leader della rivoluzione anti coloniale algerina, combattuta per decenni dal popolo algerino con un eroismo e una tenacia che trovano scarsi riscontri nella storia (oltre un milione di morti su una popolazione di dieci milioni), ci fece l'onore di fare all'università di Roma nell'aula magna della facoltà di giurisprudenza. Quel leader si chiamava Ferhat Abbas: egli ci ringraziò con semplici parole, dicendo che le speranze di vittoria del suo popolo poggiavano sul sostegno dei giovani europei, e in particolare degli italiani che avevano combattuto lungamente nel loro risorgimento per liberarsi dai dominatori stranieri. A nome di tutti noi rispose quel grande uomo della sinistra italiana che è stato Vittorio Foa, a quei tempi segretario aggiunto della Cgl: "Caro fratello Abbas non sei tu, che devi ringraziare noi. Ma siamo noi italiani ed europei che dobbiamo ringraziare te e il tuo popolo, perchè la vostra lotta è un ineguagliabile e insostituibile sostegno alle lotte dei lavoratori, dei giovani, dei democratici perchè anche in Europa si affermino fino in fondo i valori per i quali combattete: libertà, autodeterminazione dei popoli, giustizia e dignità". Quel ricordo mi torna prepotente alla mente oggi; perchè nonostante la rivoluzione algerina sia stata vittoriosa e si sia conclusa con indipendenza proclamata il 4 Giugno 1962, una dittatura di fatto di una classe politica corrotta mantiene in uno stato di intollerabile povertà un paese ricchissimo di risorse, gestite in maniera a dir poco irresponsabile da un gruppo ristretto di potere dimentico degli immani sacrifici che un eroico popolo ha dovuto affrontare nel secolo scorso. Ma noi siamo certi che quella gloriosa eredità finirà per vincere di nuovo e anche per gli Algerini vi sarà libertà, democrazia e lavoro.
Naturalmente ci aspettiamo che i soliti "gufi" portatori di sfortuna presto grideranno "Al lupo! Al lupo!" e si inventeranno l'influenza della "longa manus" del fondamentalismo islamico.
Non si rendono conto questi imbecilli, che ad alimentare l'estremismo pseudo islamista sono proprio le "democrature" sostenute da sempre dall'occidente democratico. Ma in nome di Dio Clemente e Misericordioso la vittoria della giustizia verrà.
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