Una quarta voce.
Ho letto con attenzione gli interventi di Domenico Abdullah Buffarini, Davide Lovat ed Alessio Mannino, e suppongo di poter dire qualcosa a proposito di quello del secondo, riservandomi di continuare con calma e sobrietà anche in seguito.
Mi ha colpito dolorosamente la liquidazione come “baggianata” della fede in Gesù come profeta dell’Islam, giudizio che sembra sottintendere qualcosa di molto più sostanziale, e che urge da gran parte dell’intervento di Lovat, cioè non solo la differenza, ma l’inconciliabilità tra cristianesimo ed Islam.
Premetto che se per “cristianesimo” Lovat intende il cattolicesimo ortodosso, connotato da tutta l’elencazione esauriente di caratteristiche che egli ne da, e per “Islam” il suo corrispondente, fatto di regole, articoli, codicilli, come si è storicamente precisato nel corso dei secoli e nelle varie parti del mondo, con tutte le inoppugnabili deviazioni dal suo spirito originario, Lovat ha tutte le ragioni, e non avrei altro da aggiungere.
Ma io intendo per “cristianesimo” ed “Islam” l’essenza del messaggio, sfrondata da tutto il resto, e che è quella vivente, lontano dalle teorizzazioni delle cerchie di “specialisti”, paragonabili a quelle “mura costruite da mano d’uomo che possono essere distrutte da mano d’uomo” di cui parla Agostino nel “De civitate Dei”, nei cristiani e negli islamici in buona fede.
Allora io vedo non solo incompatibilità, non solo ostilità, ma neppure differenza: l’Islam come proseguimento storico del messaggio cristiano.
Alla radice di tutto metto l’appellazione usuale di Allah come “il clemente, il misericordioso”, che sembra esplicitare l’appellativo datogli da Gesù ( premetto che per mio “Dio” ed “Allah” sono termini intercambiabili, alludendo allo stesso concetto) di “padre”, in entrambi i casi prendendo le distanze dal terribile Dio d’Israele veterotestamentario.
Riguardo all’atteggiamento verso il prossimo, che Gesù sintetizza nel non abbastanza tenuto presente dal cattolicesimo interrogatorio finale “Avevo fame e mi hai dato da mangiare, sete e mi hai dato da bere, ero nudo e mi hai rivestito, ero pellegrino e mi hai ospitato, ero in carcere e mi hai visitato” , il Corano sovrabbonda ad ogni sura in raccomandazioni di questo genere, affiancate da corrispondenti maledizioni a coloro che hanno preposto a ciò “la superbia della vita”, per dirla con Paolo, o la schiavitù a Mammona, per dirla con Gesù: senza contare il comandamento dell’elemosina.
Ancora, cosa che si può verificare sul testo coranico, per sicurezza, tanto sembra incredibile, il giudice dell’ultimo giorno sarà non il Rasul, ma proprio Gesù.
Finalmente mentre nel mondo cristiano l’unico paese in cui si attribuisca il nome di Gesù ad una persona è la Spagna ( ed è solo un caso che sia stata una terra islamizzata?), esso, nella forma araba di “Issa” è dato a milioni di islamici. Per non parlare della Madonna, che da noi è l’oggetto preferito di bestemmia, mentre per gli islamici è la madre d’un grande profeta, da rispettare profondamente.
Per concludere in modo personale, mi è capitato tante volte, a contatto con gli strati più abbandonati, umiliati ed offesi dell’Africa nera, o tra i nostri fratelli islamici immigrati fra noi, di vedere delle prove di amore di Dio e del prossimo, incarnato a volte anche da me, che mi hanno fatto prorompere nell’esclamazione di Gesù, paragonando il fedele cristiano a quello islamico:” In verità, non ho trovato tanta fede in Israele”.
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